Le mie ultime "fatiche" ad EAT-ALIA 2009

Ieri sera, con la degustazione di Sandro Sangiorgi, si è chiusa la seconda edizione di EAT-ALIA, rassegna delle eccellenze enogastronomiche italiane. Dopo i circa dieci laboratori del gusto curati e, spesso, condotti da me posso dire di essere molto contento di come è andata soprattutto perché sia io che il pubblico presente hanno potuto scoprire molti prodotti interessanti.

Più che soddisfacente, ad esempio, è stato il laboratorio dove si presentavano i salumi di Castelli abbinati ad una realtà vinicola laziale molto interessante come la Tenuta Ronci di Nepi che è un’azienda che si trova, come facile intuire, a pochi passi dalla bella cittadina laziale di Nepi. In tale ambito, durante il gioco dei vari abbinamenti, ho scoperto un vino davvero notevole, il Vigna Manti, uno chardonnay da vecchie viti passato sapientemente in legno per qualche mese. Il Manti è un vino fine ed avvolgente, per nulla scontato nel suo bouquet aromatico, che ho trovato incredibilmente poliedrico nel suo matrimonio con i salumi castellani, soprattutto con la coppa di testa, la spianata romana e il tronchetto porchettato.

Altro bellissimo laboratorio è stato quello condotto da me e
Paolo Ghislandi di Cascina I Carpini che ha giocato col pubblico con i suoi vini gemelli (X e Y), cioè due barbera da lui prodotti ma vinificati uno con lieviti indigeni e l’altro con lieviti selezionati. Un contesto dove si è creato un vero e proprio panel di degustazione dove ogni invitato poteva dire la sua su tutte le varie difformità riscontrate, un gioco dove davvero tutti sono rimasti basiti quando, all’ultimo, Paolo ha scoperto le carte in tavola in anteprima assoluta (il panel di degustazione è stato tenuto in tutta Italia) svelando al pubblico che il vino Y, quello che alla fine è piaciuto di più, è stato creato con i soli lieviti presenti nella sua cantina di Tortona. Davvero un’esperienza ludica e istruttiva quella con Cascina I Carpini e che, a mio modo di vedere, dovrebbero perseguire altri produttori.

Infine, una delle mie soddisfazioni più grandi è stata quella di “duellare”, nel laboratorio di abbinamento con le ostriche, con due dei più grandi mastri birrai italiani e cioè
Teo Musso e Leonardo di Vincenzo. Con loro e con Paolo Mazzola, grande esperto di birra artigianale, abbiamo giocato, tirandoci spesso colpi di fioretto, nell’abbinamento tra il moscato secco e la Wayan di Teo e la Sally Brown, una stout molto interessante del Birrificio del Ducato. Il laboratorio, in particolare, prevedeva per il vino due possibili matrimoni gustativi, uno con il moscato secco di Terracina 2008 della cantina Sant’Andrea, di grande persistenza e morbidezza con i suoi sentori di frutta matura che ben si sposava con l’ostrica al naturale, così sapida e marina che tutto voleva meno che un vino di pari caratteristiche. L’altro moscato era francese, della Loira, un muscadet de sévre et maine sul lie che, come mi hanno ribattuto sia Teo che Leonardo, con la sua grandissima acidità e con i suoi sentori citrini (all’opposto rispetto al precedente moscato laziale) cozzava alla grande con le ostriche, sia al naturale che gratinate. Ottimo, anzi stupendo il matrimonio di quest’ultime con la speziata ed eterea Wayan de Le Baladin che Teo Musso ha portato nella sua versione per il mercato americano e che aveva ben due anni di affinamento sulle spalle. Alla fine chi ha vinto? Senza che Leonardo mi senta, per me un bel pareggio e palla al centro anche se devo ammettere che le birre artigianali di oggi, per complessità e carattere, nulla hanno da invidiare ai migliori vini del mondo.

Detto questo chiudo qua il mio report su EAT-ALIA, ringraziando tutta l’organizzazione, in primis
Cosimo Errede, per l’opportunità che mi è stata data e vi aspetto tutti alle prossimi eventi e laboratori del gusto sempre targati Percorsi di Vino. A presto.

Il mondo del vino in campo per Telethon

Grazie alla disponibilità dell’Associazione Italiana Sommelier Roma e alla generosità di tanti produttori italiani il meglio della produzione vinicola per sostenere la ricerca. E per chi non beve: una Lambretta 125, le magliette della nazionale cantanti e gli abiti di Trilli, la fatina di Peter Pan.
Q
ualità e ricerca, due termini che sono nel Dna di Telethon e che ben si abbinano alle produzioni del nostro Paese. Nell'ambito delle iniziative per la raccolta 2009 e della maratona web, Telethon propone un'asta con eccellenti prodotti del made in Italy.
Grazie al co
ntributo di Bibenda, rivista dell’Associazione Italiana Sommelier di Roma, e del suo presidente Franco Ricci, Telethon mette all’asta su E-bay oltre 40 lotti di bottiglie di vini prestigiosi, regalati a Telethon dai migliori produttori disseminati sul territorio nazionale.
I lotti disponibili, che offrono una copertura geografica pressoché completa della Penisola, comprendono vini rossi, bianchi e da dessert. Una scelta estremamente variegata che spazia attraverso tipologie diverse. Accanto alle confezioni per amatori, invitanti proposte per semplici buongustai ed eleganti confezioni regalo in cassette di legno.
Tra le offerte, per i palati più raffinati ed esigenti, spiccano bottiglie di assoluta ecc
ellenza.
Ma, come detto, non è solo il vino a comporre l’asta di Telethon. Sostenendo la ricerca scientifica sulle malattie genetiche, si possono portare a casa una Lambretta 125 N, alcune magliette della Nazionale cantanti, una prestigiosa confezione comprendente un libro di fotografie e un cd sul film di Giuseppe Tornatore, Baarìa.

L’asta pensa anche ai più piccoli. Tra i lotti pregiati anche due cimeli Disney. Si tratta degli abiti realizzati dall'Accademia di Belle Arti di Firenze utilizzati per la presentazione del Dvd dei film Disney su Trilli, la celebre fatina compagna di avventure di Peter Pan.

Per aggiudicarsi uno dei lotti all’asta c’è tempo dalla mezzanotte tra venerdì 4 e sabato 5 dicembre alla mezzanotte tra sabato 12 e domenica 13 dicembre, visitando il sito www.ebay.it.

Aggiornamento EAT-ALIA 2009

Sono cotto e stracotto, ieri sono stato chiuso a curare tutti i laboratori praticamente tutto il pomeriggio e la sera fino alle 22. Non ho potuto scrivere nulla nel frattempo ed ora mi sto già preparando per ripartire visto che alle 13 ho un interessante laboratorio con i salumi e i vini di una bella realtà laziale che è Ronci di Nepi.
Qualche flash di ieri: bellissa la Freisa di Chieri 2006 di Balbiano, un giovane produttore piemontese che sta puntando molto sul rilancio di questo vitigno molto spesso sottovalutato. Un vino elegante, fine, vellutato che mi davvero entusiasmato per la sua florealità ed aromonia di bocca.
Altra menzione speciale per le birre artigianali italiane, davvero grandi in tutte le loro tipologie. In tale ambito mi è piaciuta molto la Cometa di Atlas Coelestis, la 25 dodici di Birra del Borgo, la 77 del Birrificio Aeffe.
Oggi alle 18 grande evento con l'abbinamento birra, moscato ed ostriche. Presente Teo Musso.
A dopo...se ce la faccio

Ma alla fine, sto vino fa bene o male ai denti?

Prima di immergermi totalmente su Eat-Alia 2009, oggi vorrei fare qualche piccola considerazione su un tema di scottante attualità, direi quasi fondamentale per la sopravvivenza della Repubblica Italiana e cioè: ma il vino fa bene o male ai nostri denti?????
La domanda è fondamentale perchè leggendo quello che scrivono i giornali non ci sto capendo più nulla e questa cosa sta disturbando notevolmente il mio sonno. Voglio sapere, sapere subito, altrimenti divento come il signor Livore!! Tutto parte da una notizia letta sul Corriere della Sera del 21 ottobre 2009 che sostanzialmente afferma l'opportunità preferire vini a pH elevato (minore acidità) se non si vuole che lo smalto dei denti venga intaccato inesorabilmente e diventi pieno di chiazze bruttissime. Quindi, se proprio dobbiamo bere vino, se proprio vogliamo farci del male, che almeno questo sia rosso visto che i bianchi sono inevitabilente più acidi. Prima mazzata per i bianchisti.

Oggi, a distanza di quasi due mesi, esce quest'altra
notizia: noooooooooooo il vino non fa male ai denti, anzi bevetene tanto visto che recenti studi medici rilevano che un calice di vino rosso al giorno leva il dentista di torno. In pratica i ricercatori dell'Università di Pavia hanno scoperto che alcune sostanze contenute nella bevanda sono in grado di neutralizzate l'attacco allo smalto dei denti da parte di batteri come il famigerato Streptococcus mutans, ritenuto responsabile dei danni a incisivi, molari e compagnia bella. I batteri si "nutrono" dei residui di cibo, degli zuccheri e intaccano lo smalto dei denti favorendo la carie. Le sostanze contenute nel vino rosso invece creano una specie dei pellicola protettiva attorno ai denti che impedisce ai batteri di attaccarvisi e compiere la loro opera di devastazione.

Quindi usiamo il vino rosso come colluttorio al posto del Listerine? Seconda mazzata per i bianchisti.


Ora, dopo aver letto questi articoli, mi rispondete alla domanda? Fa bene o male sto vino?
Pure i ricercatori, un pò di coerenza no?

- 1 ad Eat-Alia 2009 - Roma, 5/6/7 Dicembre

Vi aspettiamo tutti a Roma a Palazzo Rospigliosi per una tre giorni dove Percorsi di Vino e i tanti ospiti della manifestazione daranno vita ad una grande varietà di laboratori del gusto che, da come mi dicono, sono già quasi tutti esauriti.
Col mio blog, ovviamente, seguirò in diretta la manifestazione sperando di fornire materiale interessante per tutta una serie di approfondimenti, sulla birra artigianale e sul vino, che posterò nei giorni successivi all'evento. Allora che dire...SEGUITECI!

Le grandi degustazioni dell'Enoclub Siena: la verticale storica di Coulée de Serrant di Nicolas Joly

Oggi Percorsi di Vino riporta una bellissima degustazione fatta dal mio amico Davide presidente dell'Enoclub Siena. Una verticale storica di Coulée de Serrant che ci fa capire pregi e limiti di un vino per certi versi estremo e che incarna l'anima irrequieta del suo produttore: Nicolas Joly.

La
Coulée de Serrant fu piantata nel docicesimo secolo dai Monaci Cistercensi e da allora è sempre restata vitata. I vini de La Coulée de Serrant sono stati sempre considerati come prodotti rari ed unici, sia ai tempi dei re Luigi XIV e Luigi XI che ne tessevano le lodi che ai nostri tempi, visto che molti dei più importanti critici enologici del mondo considerano i vini dell'Azienda tra i più significativi e longevi di Francia.

Il merito va al mitico produttore
Nicolas Joly, che ha dato vita in Francia ad un importante movimento di rinnovamento viticolo ed enologico chiamato "Renaissance des AOC", che ha lo scopo di recuperare le radici naturali ed agricole della coltivazione dei vigneti per valorizzare le peculiarità dei vini attraverso le reali potenzialità del territorio. Oggi a testimoniare il retaggio storico dell'Azienda rimangono i ruderi del monastero cistercense e dello Château de la Roche, una grande fortezza smantellata nel 16° secolo in occasione delle guerre di religione affinchè non diventasse una roccaforte protestante. I sotterranei di questi antichi edifici fungono oggi da cantina di invecchiamento e sono annessi all'abitazione ricostruita due secoli dopo la distruzione del castello e che è la sede attuale della Coulée de Serrant.

A partire dal 1985 la vigna è interamente coltivata in
biodinamica, in parte utilizzando il cavallo al posto di qualsiasi trattore a causa delle forti delle pendenze che caratterizzano questa zona che si affaccia sulla Loira. Attualmente tutte le vigne ricevono compost biodinamico ottenuto da 12 bovini allevati nelle stalle aziendali, a cui si uniscono circa una trentina di pecore che pascolano liberamente mantemento rasata l'erba spontanea che cresce nei filari e nei prati e boschi circostanti. La vendemmia viene sempre effettuata in 4-5 passaggi nell'arco di 4-5 settimane per raccogliere solo i grappoli nelle condizioni ottimali e a maturazione avanzata, mentre le rese di uva non superano i 35-40 quintali per ettaro.
Attualmente sono coltivati a vigneto 7 ettari nella DOC Savennières "Coulée de Serrant", 5 ettari di Savennières "Le Vieux Clos" e 3 ettari di Savennières Roche aux Moines "Clos de la Bergerie.(Fonte enotime.it)

Per avvinare i bicchieri e fare un primo confronto abbiamo iniziato con il
Savannieres 2004, il "base". Certamente godibile e più immediato, una bottiglia da aprire con meno problemi ed impegno intellettuale, seppur assolutamente non banale. Si riconosce la medesima matrice e una parte dello spettro aromatico, l'impegno intellettuale lascia il posto al puro piacere. A ruota, abbiamo versato le prime sei annate. L'impressione iniziale è di una generale uniformità nel colore (dal giallo intenso all'oro brillante) e al naso, una spina acida sempre ben marcata e un grado alcolico che sale molto nelle annate più recenti . Già abbiamo capito che le differenze si giocheranno su pochi decisivi particolari. Le evoluzioni in bicchiere nettamente diverse scaveranno dei netti solchi distintivi per una qualità tutt'altro che uniforme da un'annata all'altra. Di seguito i miei giudizio, assolutamente personali. Seguirà il panel con la media

1981
- Parte molto bene al naso ma si appiattisce dopo un po'. La componente acida prevale nettamente su quella alcolica (nonostante i 14.5% dichiarati all'epoca). Il citrino tende a mortificare il vino nella sua progressione, fino ad un finale monocorde. Con le ore emerge in bocca un netto brodo di verdure, asparagi. 89/100Alla prova a bottiglia aperta mostra tenacia e personalità, molto maggiore della 1988. Iodio, mineralità. L'acidità appare meglio integrata con l'alcool. Il vino si dimostra mobile e vitalissimo. Il mio consiglio è di seguire la bottiglia aperta per molte ore, avendo modo e tempo. Il voto sale nettamente, 92/100

1988
- Inizialmente più vivace del 1981. Più integrato con l'alcool (13.5%). Si appiattisce con le ore, è un peccato. 91/100 alla prima impressione. Diventa un 89/100 dopo ventiquattro ore senza tappo: svanisce quasi completamente, lasciando una flebile spina acida ed un finale appena accennato.

1992
- Non emerge, meno acido del 1981. Negli anni si conserva la comune matrice territoriale e tipologica. 90/100Molto penalizzata nella prova a bottiglia aperta, svanisce. (88/100 di stima)

1993
- Simile al 1992 ma più scarico. Qualcuno ha sospettato che la bottiglia avesse preso del freddo,nel corso degli anni. 91/100 Non è stata possibile la prova a bottiglia aperta ed è un peccato, anche se viene da sospettare un esito simile all'annata precedente.

1994
- Sempre grande carica acida. Parte molto bene, cede un po' e tende ad appiattirsi nel corso delle ore. 92/100

1995
- Molto diverso dagli altri. L'acido è integrato in note terziarie, da uve mature, vere e proprie note passite. Certamente più complesso e piacevole, meno affilato e tagliente. 93/100

1996
- Bel naso. L'alcool è assorbito meglio. La potenza alcolica si esprime in maniera complessa, supportata da un vigorosa spina acida. 94/100

1999
- Tappato. Inizialmente minerale e "strano", il "tappo" esce con certezza dopo una mezz'ora circa. n.g.

2002
- Note terziarie, gioca su registri simili al 1995. A tratti piacione. Generalmente molto apprezzato dagli altri degustatori presenti, valutato come la migliore bottiglia, insieme al 1996. Personalmente ne sono rimasto meno convinto ed entusiasta. Comunque un 91/100

2003
- Naso caldo e lievemente iodato. Bocca meno espressiva del naso. Grande potenza alcolica che annienta la mineralità, una giusta maturità di frutto. 88/100

La grande tenuta e progressione della 1981, penalizzata da una prima degustazione, lascia pensare che le annate più recenti possano avere una longevità e costanza inferiore. Solo una mia impressione. In generale si tratta di uno stile piuttosto freddo e celebrale. Non è un caso che le annate più apprezzate siano state quelle dove il calore e la maturità delle uve trovavano una buona sintesi con la naturale acidità delle uve Chenin.

Dovendo fare una degustazione di annate scelte, opterei per 1981-1994-1995-1996-1999-2002 (visto il tappo sfortunato, una riprova per la 1999 è d'obbligo).

Grazie a Davide per questo bel resoconto...alla prossima.

Ad EAT-ALIA 2009 andremo a Nord e Sud di Roma...

Tra Nord e Sud di Roma è uno dei laboratori di EAT-ALIA del quale sarò relatore, un percorso gustativo che ci farà viaggiare all’interno del territorio laziale, nel comprensorio dei Castelli Romani per quanto riguarda i salumi (il nord) e nei pressi dell’antica città di Nepi, cuore di un territorio ricco di storia, per lunghissimi anni dimora di Papi (il sud).
Come è prodotta la vera Coppietta di Frascati? Quale è la sua storia? Avete mai provato il gusto della vera porchetta fatta ancora totalmente a mano disossando la carne che poi viene condita con aglio, rosmarino, sale e pepe, legata a mano e cotta in forno?

Sapori unici, quasi dimenticati, che riscopriremo la prossima domenica grazie al
Salumificio Castelli, una bella realtà aziendale laziale che oggi Mauro Castelli, artigiano norcino da quattro generazioni, porta avanti con grande orgoglio cercando di tenere viva la tradizione e la cultura della gastronomia locale promuovendo la conoscenza del territorio attraverso la produzione di salumi di eccellenza.
Coppa di testa, spianata romana, coppiette di Frascati e tronchetto porchettato, verranno da me e Marco Greggio (esperto di analisi sensoriale) sapientemente abbinati ai vini della Tenuta Ronci di Nepi, interessantissima realtà vitivinicola che a sud di Roma, nei pressi di Nepi, si estende per circa cinquanta ettari, di cui venti vitati, su fertili colline dal clima dolce e temperato della riserva naturale del parco della Valle del Treja.L’azienda di Simone e Sabrina Improta si avvale della consulenza di Luigi Moio per la parte enologica e produce grandi vini IGT da uve Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Montepulciano, Merlot, Petit Verdeau, Chardonnay, Sauvignon Blanc, Falanghina e Trebbiano giallo Imperiale.

Per questa degustazione l’
Oro di Né, chardonnay in purezza molto equilibrato e persistente, verrà abbinato alla coppa di testa Castelli per un matrimonio di sapori che esalterà le caratteristiche peculiari di entrambe i prodotti.

Il
Vigna Manti, chardonnay in purezza passato in barrique per sei mesi, sarà invece proposto insieme alla spianata romana Castelli, un abbinamento sicuramente inusuale, per certi versi temerario, ma che darà delle risposte sicuramente interessanti.

I
l Veste Porpora, blend di Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Merlot, è il primo rosso della degustazione e lo abbineremo ad un grande classico delle fraschette dei Castelli Romani: le coppiette di Frascati.

L’ultimo vino della Tenuta Ronci di Nepi che andremo a degustare sarà il Ronci, Cabernet Sauvignon al 100%, che con i suoi sentori di frutta croccante e spezie nere, la sua grande struttura e la sua persistenza, sarà il perfetto partner del tronchetto porchettato, altra grande specialità del salumificio Castelli realizzato con le parti pregiate del suino magro lavorate esclusivamente a mano seguendo le tecniche per la preparazione della porchetta.

Non vi è venuta l’acquolina in bocca? E allora che aspettate? Prenotate subito il laboratorio di degustazione su
www.eatalia.eu e seguite Percorsi di Vino!

Bordeaux 2007: focus su Sauternes e Barsac

Qua le cose cambiano di netto, a mio parere siamo di fronte ad una grandissima annata per questa area che si trova nella parte meridionale della regione vinicola di Bordeaux, all'interno del vasto territorio delle Graves, a circa 40 chilometri a sud-est dalla città di Bordeaux.
Vini dolci emozionanti, freschi, dotati di un frutto cristallino e di una botrytis che spesso non si è fatta sentire durante la degustazione, segno che l’annata, a dispetto di quanto scritto da Aline Baly di Coutet, non è stata così ricco di muffa nobile. Oppure è la tanta frutta, giovane e vibrante, che nasconde in questo momento la botrytis?

Chateau Bastor-Lamontagne 2007: che goduria questo naso dove spiccano, intensissimi, aromi di buccia di arancia, limone candito, litchi, pompelmo, pesca, pasticceria. In bocca è denso, pieno, splendidamente bilanciato tra zuccheri (che si sentono subito al primo sorso) e acidità che tende dopo qualche secondo a pulire il palato senza far risultare il vino pesante. Intensissimo e persistente il finale dove torna la pasticceria con una nota di bignè alla crema da sballo.

Chateau Guiraud 2007: naso di media complessità dove di evidenziano sbuffi di agrumi canditi, frutta esotica matura, miele e pasticceria. Piuttosto denso e marcato al palato, forse non ancora equilibrato visto che la dolcezza e la botrytis sono piuttosto marcati. Stimolante il finale su note di miele e frutta esotica candita.

Chateau La Tour Blanche 2007: naso leggermente più delicato rispetto ai precedenti vini, si odono echi di miele e la frutta non è più candita, sento moltissimo la mela golden, la susina matura e il frutto della passione. Leggero cenno floreale. In bocca che irradia un morbido calore, stemperato da succosa freschezza e vena sapida che sfuma in macedonia di frutta esotica. Ricorda molto l’annata 2005.

Chateau Suduiraut 2007: un vino che sprigiona al naso forza ed eleganza con richiami di arance candite, kaki, zafferano, caramello e una lieve nota iodata che denota la presenza di una elegante botrytis. Dolce al palato anche se la freschezza gustativa e la sapidità offrono ampio contrasto. Vino molto elegante che ha dalla sua anche una grandissima chiusura finale incentrata su note tostate e di frutta gialla matura.

Chateau Climens 2007: naso molto esotico il suo, tanti i richiami al mango, all’ananas e al frutto della passione, poi esce la nota tostata, nocciola, mandorla amara, pasticceria da forno. In bocca entra in punta di piedi, cremoso, e poi esplode allargandosi con la sua trama, fresca e sapida, che tengono tutta la struttura in grande equilibrio. Persistenza da record che gioca le sue componenti aromatiche su ritorni iodati, segno di una botrytis presente ma ben amalgamata al tutto. Ottimo davvero.

Chateau Coutet 2007: all’olfatto la prima cosa che sentiamo è l’elegante nota di miele, sembra di mettere il naso in un sacchetto di caramelle Sperlari. Col tempo, poi, esce la frutta, arancia candita e litchi, e una splendida nota di spezie orientali. In bocca il vino è perfettamente armonico anche se manca un po’ della ricchezza che avevano trovato al naso. Rimane un vino estremamente elegante con una splendida nota di miele a chiusura del sorso.

La nuova via del commercio enologico: il Baratto Wine Day

Avete delle bottiglie che non vi piacciono più? Avete qualche doppione come succedeva con le figurine? Siete stanchi di bere sempre e solo Barolo e volete scambiare la vostra preziosa bottiglia un un Amarone d'antan?

Bene, se domenica 29 novembre siete in zona Rocca di Reggiolo (RE), o se anche non lo siete, non potete non partecipare alla prima edizione del Baratto Wine Day. Discovering the wines of Roussillon Nata da un ‘idea di Studio Cru di Vicenza, la manifestazione si presenta come uno spazio di condivisione e di libero scambio di bottiglie di vino.

Poche e semplici le regole: ingresso con minimo 6 bottiglie da scambiare e bandito l’utilizzo di denaro. Il resto viene lasciato alla capacità contrattuale dei partecipanti, senza alcun limite, nel vero spirito del baratto. Il Baratto Wine Day si inserisce in un programma più articolato che prevede i festeggiamenti per il compleanno dell’Acetaia San Giacomo, produttice di Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia a Novellara sabato 29, sempre presso la Rocca di Reggiolo, a partire dalle 22.00.

La domenica invece il grosso del programma: il Baratto Wine Day dalle 10.00 alle 16.00, intervallato alle 13 da un pranzo con alcuni dei produttori più interessanti della nouvelle vague del Lambrusco: Cinque Campi, Le Barbaterre, Vittorio Graziano e Storchi. Sarà un pranzo aperto al dialogo, in cui i produttori si mescoleranno agli ospiti per spiegare e illustrare, in un’atmosfera informale, i loro vini e la loro filosofia produttiva, che li sta portando alla ribalta del mondo un tempo dimenticato del Lambrusco.

A seguire, all’interno della biblioteca civica di Reggiolo, la presentazione del libro dello chef Gianni D’Amato: “Rigoletto: Sinfonie del Gusto”, edito da Gribaudo Editore. A seguire buffet in Rocca per assaggiare alcune delle creazioni del cuoco Reggiano.

L'idea è sicuramente carina e poi, alla fine, ogni scusa è buona per poter bere del buon vino e mangiare alla grande. Sarebbe carino, se la formula funziona, replicarlo anche in altre città. A Roma, la mia città, ci saranno collezionisti o semplici amatori pronti a scambiarsi bottiglie convinti di poter fare l'affare del secolo? Secondo me sì! Rimaniamo sintonizzati allora. Ah, per maggiori informazioni andate sul sito www.barattowineday.it oppure telefonare al 392.9286448.

Gelardini e Romani ed il Gran Galà Grand Cru d’Italia

Lo scorso venerdì a a Roma, nella fantastica sede di Villa Aurelia, la Gelardini&Romani Wine Auction ha presentato il Gran Galà Grand Cru d’Italia, una serata volta alla scoperta dei 28 vini del Bel Paese più ricercati ed apprezzati dai collezionisti di tutto il mondo. Masseto, Monfortino, Biondi Santi, Gaja, Tignanello, Pergole Torte, Messorio, Dal Forno e molti altri vini sono stati classificati in base ai maggiori livelli di prezzo e alla minore percentuale di lotti invenduti dalla prima Casa d’Aste italiana specializzata in vino.
“Non è nostra intenzione promuovere l’ennesima guida sui vini – affermano Flaviano Gelardini e Raimondo Romani, i fondatori della Casa d’Aste -”nè, tantomeno, volevamo dare patenti di bontà ma, sfruttando un criterio oggettivo, e cioè le nostre aggiudicazioni, siamo riusciti a selezionare, per fasce di prezzo, i Grand Cru d'Italia più richiesti sul mercato, tanto che, come abbiamo spiegato nell'articolo uscito su "Il Mondo", se si vuole investire con sicurezza nel vino, non c'è niente, in Italia , al di fuori di questa lista.

E quale è la lista?

- Toscana - Brunello di Montalcino Riserva Biondi Santi
- Veneto - Amarone Riserva Dal Forno
- Piemonte - Barolo Monfortino G. Conterno

- Toscana - Super Tuscan Masseto Tenuta dell'Ornellaia

- Toscana - Super Tuscan Redigaffi Tua Rita
- Piemonte - Barolo Brunate Voerzio

- Piemonte - Barolo Rocche del Falletto B. Giacosa

- Veneto - Amarone Riserva Quintarelli
- Toscana - Super Tuscan Sassicaia Tenuta San Guido

- Piemonte - Barolo Sperss Gaja

- Toscana - Super Tuscan Solaia Antinori
- Toscana - Super Tuscan Messorio Le Macchiole
- Toscana - Brunello di Montalcino Riserva Soldera
- Toscana - Brunello di Montalcino Madonna del Piano Valdicava
- Piemonte - Barbaresco Asili B. Giacosa

- Piemonte - Barbaresco S.Stefano B. Giacosa

- Piemonte - Barolo Cascina Francia G. Conterno
- Piemonte - Barolo Granbussia A. Conterno
- Toscana -Super Tuscan L'Apparita Castello di Ama

- Piemonte - Barbaresco Gaja
- Toscana
- Super Tuscan Ornellaia Tenuta dell'Ornellaia

- Piemonte - Barolo Vigneto Arborina E. Altare

- Piemonte - Barolo Cannubi Boschis Sandrone
- Toscana - Super Tuscan Pergole Torte Montevertine

- Toscana - Super Tuscan Saffredi Le Pupille
- Toscana - Super Tuscan Tignanello Antinori
- Toscana Super Tuscan Oreno Sette Ponti

- Toscana - Super Tuscan Flaccianello Fontodi


Se cliccate qua trovate anche la suddivisione per fasce di prezzo presente sul sito ufficiale della casa d’aste. Percorsi di Vino ha seguito l’evento in parte, ho dovuto lasciare sul più bello causa i mille impegni per la programmazione di EAT-ALIA 2009 del prossimo 5/6/7 Dicembre a Roma. Però qualcosa ve la posso dire e cioè che:

• Il posto era da sogno e l’organizzazione come al solito;


• L’evento era troppo mondano per i miei gusti, troppe babbione e troppa gente con la puzzetta sotto il naso che, secondo me, non sa nemmeno la differenza tra un Brunello e un
o Chardonnay. La stessa gente ha poi invaso il buffet della California Catering nemmeno fossero tutti concorrenti dell’Isola dei Famosi;

• Il vino della serata è stato, come mi aspettavo, il Masseto 2007 che con €466,00 a bottiglia ha ottenuto l’aggiudicazione, per bottiglia, più alta dell’asta, superiore anche ai 1er Cru di Bordeaux (Cheval Blanc, Margaux e Latour che si sono fermati a €419,40). D'altra parte Chateau Lafite Rothschild 2008 registra l’aggiudicazione più elevata fra le Magnum con €855,40. Le aggiudicazioni sono state in linea con la Classificazione dei 28 Grand Cru d’Italia. Invenduti solo i lotti relativi ai Magnum di Solaia 2007 e di Barbaresco di Gaja 2007, maison quest’ultima che ha registrato la più alta percentuale di lotti invenduti dell’intera asta, tanto che meno del 50% dei lotti di Gaja hanno trovato un acquirente, contro una media di invenduti del resto dell’asta molto vicina allo zero.

Ultima considerazione: perché la gente sta in fissa per il Masseto, un vino certamente buono ma che non vale nemmeno un unghia rispetto a certi Bordeaux che costano uguale o di meno e che durano qualche decade in più? Potenza del marketing….

Bordeaux 2007: focus sui vini del Médoc

L'area vinicola del Médoc si trova nella parte occidentale del bordolese e si estende dalla periferia nord della città di Bordeaux - esattamente dal villaggio di Blanquefort - fino alla Pointe de Grave, nella riva sinistra della Gironda, per una lunghezza di circa 80 chilometri. In accordo al sistema di qualità francese, il Médoc è diviso in due aree, il Médoc - o Bas-Médoc - nella parte settentrionale della regione, e l'Haut-Médoc, situato nella parte meridionale e che occupa una superficie maggiore. Delle due zone, la più interessante è certamente l'Haut-Médoc, infatti è da qui provengono tutti i vini più celebri della regione, ed è qui che si trovano i famosi comuni di Margaux, Pauillac, Saint-Julien e Saint-Estèphe. Secondo il sistema di qualità francese, nella regione sono definite otto aree vinicole, di cui 2 regionali - Médoc (Bas-Médoc) e Haut-Médoc - e sei denominazioni comunali: Margaux, Pauillac, Saint-Julien, Saint-Estèphe, Listrac-Médoc e Moulis en Médoc. Le zone migliori sono tutte situate nei terreni ghiaiosi lungo la riva della Gironda, mentre le zone più interne - caratterizzate da terreni meno drenati - producono vini di minore qualità.(1)

Anche per questi vini, durante la degustazione, ci sono state luci (poche a dire la verità) e più qualche ombra, pochissime le bottiglie con un briciolo di anima, sicuramente a certi prezzi anche in Italia si beve molto ma molto meglio. Passiamo in rassegna le etichette che ho esaminato.

Crus de Medoc

Clos Greysac 2007
: naso intenso ed espressivo, estroverso nella sensazioni di ciliegia, mora e visciola e vaniglia. Bocca solida e di appagante ampiezza, sorretta da discreta freschezza e da un godibile tannino anche se il legno si fa ancora sentire e lascia un leggero amarognolo dopo la deglutizione. Costo del vino circa 20 euro. Si beve di meglio a quel prezzo.

Crus de Margaux


Chateau Durfort-Vivens 2007
: naso interessante questo dove alla frutta nera di rovo si aggiunge un ventaglio di spezie esotiche che regalano un quadro aromatico molto originale. Bocca molto in sintonia con il naso, anche qua la frutta rossa e nera si amalgama ad uno speziato che determina una finale molto articolato e di discreta sapidità. Non certamente un vino di grande complessità però, nonostante tutto, regala spunti interessanti.

Chateau Giscours 2007
: naso succoso e profumato: mora, mirtilli, violetta, liquirizia e refoli di caffè. Palato equilibrato, morbido, animato da un tannino ben disciolto e da una bella sensazione di freschezza e da buoni spunti di sapidità. Buona persistenza. Promette bene.

Crus de Saint-Julien


Chateau Léoville Barto
n 2007: naso di grande struttura, compatto, sobrio, dove la frutta rossa e nera sono ben amalgamate all’interno di un quadro aromatico dove sono ben inseriti intagli floreali e speziati. Lo stile classicheggiante si rivela anche al palato dove tutto è armonico, elegante, con un finale di erbe aromatiche di grande piacevolezza. Grande potenziale, un vino che sicuramente comprerei per aspettarlo.

Chateau Talbot 2007
: olfatto scuro, tenebroso, che rimanda a note di prugna matura, ginepro, humus, foglie secche, china, pepe nero. In bocca non si ritrova la stessa struttura del naso, rimane comunque di grande spessore e con un tannino ancora scalpitante. Un vino che deve smussare qualche angolo, rispetto ai suoi “colleghi” sembra già più evoluto e maturo. Sono curioso di risentirlo tra qualche anno.

Crus de Paulliac


Chateau Lynch-Bages 2007
: non mi è piaciuto o, forse, non l’ho capito questo vino ma dal mio punto di vista aveva al naso una nota tostata che copriva un po’ tutto. In bocca l’ho trovato esile, ancora un po’ scomposto con questo tannino che galoppava tra le pupille gustative. Un prodotto verso il quale avevo delle aspirazioni….negate

Chateau Pontet-Canet 2007
: un vino che esprime dolcezza, sia al naso che in bocca con questi toni di amarena, cassis, lamponi maturi, vaniglia e un pizzico di cioccolato. L’eleganza comunque non manca, la bocca è molto concentrata e squillante, di bella freschezza, anche se una nota di legno di troppo fa stonare un quadro complessivo di grande coesione ed armonicità. Manca di complessità ma anche oggi è un vino di grande bevibilità.

Crus de Saint-Estephe


Chateau Cos Labory 2007
: olfatto molto “strano” dove c’è tanta frutta che sembra un po’ cotta, marmellatosa, in controtendenza all’annata 2007 che è tutto meno che siccitosa e calda. Bocca calda, morbida, dotata di una trama tannica un po’ ruvida ed asciugante che ancora deve amalgamarsi con il resto della struttura che risulta un po’ carente nella freschezza complessiva. Un vino un po’ pesante, a tavola, oggi come oggi, non ne berrei più di un bicchiere.

(1)= Fonte Diwinetaste.it

La strana coppia di sommelier ad honorem: Carlo Conti e Biondi Santi

Scorrendo le notizie su internet mi sono imbattuto in questa particolare notizia vinosa: Carlo Conti e Franco Biondi Santi diventeranno sommelier ad honorem. Vediamo le motivazioni: il presentatore fiorentino e il padre del Brunello di Montalcino riceveranno l'attestato domenica 13 dicembre nei saloni del Grand Hotel di Firenze in Piazza Ognissanti in occasione di Eccellenza di Toscana, presentazione al pubblico dei vini prodotti in Toscana, che hanno ottenuto 4 e 5 grappoli di gradimento nella guida DUEMILAVINI 2010 edita da Bibenda.
La toscanita' vitivinicola che Carlo Conti riserva alle nostre etichette, proponendosi cosi' come ambasciatore per i nostri vini e il nostro territorio, e' la motivazione principale che ha spinto l'Associazione Italiana Sommelier a conferire proprio a lui l'attestato di sommelier ad honorem.
Un tributo alla storia enologica e' la motivazione che riguarda Franco Biondi Santi, che da decenni rappresenta la storia del vino in Toscana, afferma il Presidente AIS toscana Osvaldo Baroncelli. E' stata la sua famiglia, continua il Presidente, alla fine dell'ottocento a 'inventare' il Brunello e ancora oggi si conferma fedele custode di una delle tradizioni enologiche piu' illustri del nostro paese. Alle eccezionali ed inimitabili caratteristiche organolettiche dei suoi vini - afferma Baroncelli - si somma la forza evocativa del marchio, uno dei pochi brand che puo' ancora oggi competere con i miti dei vini francesi. La famiglia e l'azienda Biondi Santi continuano a rappresentare la storia del vino in Toscana, espressione genuina di un territorio simbolo del mondo vitivinicolo. La ricerca assoluta della qualita', sommata alla tipizzazione dei prodotti legati al territorio, rappresentano gli elementi portanti sui quali da sempre poggia l'azienda e la sommeliere toscana, conclude Baroncelli. e' orgogliosa di poter consegnare questo premio a Franco Biondi Santi". Le etichette del Granducato segnalate nell'edizione 2010 della guida sono quasi 800, a testimonianza della crescita qualitativa del prodotto 'made in Tuscany'.
Tra queste, quasi 300 hanno raggiunto le massime quotazioni di quattro e cinque grappoli: il massimo punteggio e' stato raggiunto da 55 etichette, mentre i quattro grappoli sono stati attribuiti a ben 241 vini di Toscana.

Dopo Bruno Vespa anche Carlo Conti....il mago Zurlì no? Mah....

Percorsi di Vino ad EAT-ALIA 2009

Dal 5 al 7 Dicembre 2009 il Palazzo Rospigliosi di Roma ospiterà la seconda edizione di Eat-Alia, l’evento enogastronomico dedicato all’eccellenza italiana.
Dopo il grande successo riscosso durante la scorsa edizione grazie ai prodotti tipici delle tradizioni regionali italiane, Eat-Alia ritorna per l’edizione 2009 nella prestigiosa location di Palazzo Rospigliosi.

Anche quest’anno Eat-Alia si focalizzerà principalmente sul tasting e la conoscenza diretta dei produttori da parte del pubblico, con lo scopo di offrire allo stesso modo un contatto diretto con le aziende produttrici e gli op
eratori locali.

Eat-Alia oltre ad essere un evento en
ogastronomico commerciale riesce a fondere qualità, cultura, tradizioni, arte e musica. Eat-Alia offre al pubblico l’opportunità di frequentare brevi corsi di degustazione e laboratori del gusto.

Saranno organizzati convegni e dibattiti per offrire agli ospiti le nozioni base di un corretto consumo del vino e dell’abbinamento col cibo.
A Roma, per gli appassionati di wine&food, si conferma dunque l’appuntamento per la seconda edizione Eat-Alia 2009 presso Palazzo Rospigliosi in via XXIV Maggio 43.

Eat-Alia apre le porte al pubblico Sabato 5 e Domenica 6 dicembre 2009. Nella giornata di Lunedì 7 Dicembre, Eat-Alia sarà aperta esclusivamente al pubblico di operatori del settore, creando così uno speciale momento di incontro B2B.

E io in tutto questo?? Sono il responsabile dei laboratori del gusto della manifestazione assieme a Stefania e condurrò alcune degustazioni molto ma molto interessanti. Quali? Basta leggere il programma della manifestazione su
www.eataliablog.com oppure rimanete sintonizzati su Percorsi di Vino

Bordeaux 2007: poche luci e molte ombre - Il mio focus sulla denominazione Pessac-Léognan

Non mi aspettavo di meglio dalla degustazione dei Bordeaux 2007 che si è tenuta a Roma qualche giorno fa. L’annata, anche se generalizzare è sempre sbagliato, non è stata delle migliori soprattutto per i rossi mentre, come vedremo, risulta più che soddisfacente, con punte di grande qualità, per i vini bianchi e per quelli dolci.
Leggendo i vari articoli dei maggiori esperti mondiali di Bordeaux non si può pensare ad un’annata eccezionale (alla faccia di chi in Italia scrive sempre di millesimi memorabili) e questo per due ordini di problemi: il primo, in questa area il clima irregolare ha determinato notevoli problemi sia in fase di fioritura che in fase di germogliamento, creando notevoli problemi alla maturazione dell’uva. Secondo, il cattivo tempo di Giugno, Luglio, Agosto, con il suo grigio e le sue pioggerelle ha creato notevoli problemi di muffa che sono stati in parte tamponati con un incremento notevole dei trattamenti chimici. In particolare ad Agosto, quando le pioggia non cessava mai, si è pensato al vero disastro e solo un bel Settembre e un Ottobre molto caldi e secchi hanno evitato una vendemmia apocalittica. Il risultato di tutto questo? Non è tutto da buttare, soprattutto per i vini bianchi secchi di Pessac-Léognan le cui uve sono state raccolte in buone condizioni ai primi di Settembre e, in secondo luogo, per i vini di Sauternes e Barsac la cui vendemmia ha portato a vini eleganti, pieni anche se la botrytis, all’assaggio, non era evidente per tutte le tipologie. E i rossi? Come detto in precedenza i danni sono stati ridotti e questo grazie ad un grandissimo lavoro in vigna che ha modificato un po’ la visione di questi vigneron che prima del 2007 erano più concentrati sulle pratiche di cantina. Una nuova strada che, fortunatamente, ha permesso di salvare il salvabile e di porre in essere una qualità decente con picchi di eccellenza distribuiti qua e là.

Pessac-Léognan 2007: Note di degustazione


I vini bianchi secchi di questa regione vitivinicola sono tra le note più positive della giornata romana. L’annata relativamente fresca ha prodotto sicuramente vini molto vivaci, di buona spina acida, sicuramente meno pesanti rispetto al 2006 e di maggiore vivacità e freschezza se paragonati a quelli usciti nel caldo millesimo 2005.


Chateau Bouscaut Blanc 2007
: inizialmente molto minerale al naso, poi esce la susina e la mela cotta. Al palato è caldo, avvolgente, un po’ grasso, con adeguata spalla acida a sostenere una gradevole sapidità. Grande futuro sicuramente.

Chateau Carbonnieux Blanc 2007
: al naso è molto fresco, delicato, con un quadro aromatico fatto di fiori e piccoli frutti poco maturi. Bocca inaspettatamente strutturata, calda, morbida che svela un vino molto succoso che perde forse un po’ di brio nel finale grazie forse ad una acidità che non cambia marcia.

Domaine de Chevalier Blanc 2007
: naso molto elegante, fine, che si apre con note di frutta in macedonia e fiori bianchi di campo. Un soffuso minerale, che esce col passare del tempo, fornisce profondità e maggiore complessità. In bocca è fine, equilibrato, con buona corrispondenza al naso. Il finale, come per il precedente vino, non è così lungo ed appagante anche se torna una bellissima nota di fiori di pesco.

Chateau de France Blanc 2007
: rispetto ai precedenti il quadro olfattivo di questo vino è più opulento, i profumi richiamano la frutta gialla matura, il miele e le spezie orientali. Bocca che delude, non risponde al naso essendo la struttura molto esile, snella anche se di buona progressione. Poco armonico.

Chateau La Louvière Blanc 2007
: naso molto profondo, compatto, che si apre con note di polvere da sparo, pirite, poi esce la frutta, la mela golden, gli agrumi. Al palato offre buona struttura e sapidità e si caratterizza per una bella scia finale delicatamente agrumata. Uno dei migliori della batteria.

Chateau Latour-Martillac Blanc 2007: Si caratterizza per un percorso odoroso di grande stoffa, con sensazioni intense di litchi, pesca gialla, susina, fiori di acacia e un tocco di zenzero. In bocca è di grande freschezza, molto agrumato, solo il tempo equilibrerà le durezze espresse ora. Di grande beva per chi ama questa tipologia di vino. Ottimo futuro.

Chateau Smith-Haut-Lafitte Blanc 2007: molto diretto al naso, simile al precedente per le note citrine, mela verde e di frutto della passione. Bocca molto fresca e sapida ed un intenso finale aromatico sono le caratteristiche di questo vino che, come il precedente, promette di dare grandi emozioni nel futuro. I rossi? Nulla di emozionante da segnalare, qualcosa di meglio lo troviamo a Saint Emilion e Pomerol. Il tempo di scrivere le note di degustazione e pubblico tutto!!

Quello che non sapete di Tenuta di San Leonardo

Venerdì sono stato in Trentino per visitare un’azienda che amo e che, come vedrete, amerò ancora di più dopo averla girata in lungo ed in largo. Sto parlando di Tenuta San Leonardo.

Ospite di Anselmo Guerrieri Gonzaga, con Stefania ed altri due amici, abbiamo potuto scoprire un’oasi dove non solo si beve gran bel vino (e dopo parlerò della nuova etichetta) ma, soprattutto, un luogo dove si ricerca, si coltiva e si valorizza la memoria. Già, perché la tenuta traspira storia da ogni mattone, da ogni suo granello di terra, da ogni vigna.

Il marchese Carlo Guerrieri Gonzaga e, successivamente, Anselmo hanno ricercato e valorizzato il loro passato che, peraltro, è la storia di un territorio e della sua gente: come scrive il sito internet aziendale, le prime testimonianze della Tenuta risalgono al 900 d.C., quando il vescovo di Verona Nokterio concesse in usufrutto al Vescovo di Trento alcune terre da lui possedute in Val Lagarina, boschi, prati e vigneti ubicati nel sito di Sarnis. Furono però, tre secoli dopo, i Frati Crociferi (un ordine assai diffuso in Europa, che rimase a San Leonardo sino al 1656) ad incrementare e a dare uno sviluppo moderno alla coltura della vite nel loro monastero. Nel corso dei secoli la Tenuta è stata teatro di numerosi episodi storici: nel corso delle due guerre mondiali, ad esempio, San Leonardo ospitò dapprima il Comando del XXIX Corpo d'Armata italiano ed è proprio qui che l'Austria formulò la richiesta d'armistizio. Durante la seconda guerra mondiale, inolltre, San Leonardo fu sede della sezione del Controspionaggio del Comando superiore tedesco sul fronte italiano.

Quello che mi ha sbalordito è l'assenza di boria in tutto questo, c'è solo la consapevolezza di un grandissimo patrimonio che vuole essere condiviso con tutti noi grazie alla costituzione del museo etnografico della civiltà contadina, una organica raccolta di testimonianze ed oggetti della civiltà contadina nell'area della bassa Vallagarina e dei Campi Sarni, un ricco archivio agricolo "dal 1500 al 1960" relativo all'azienda e alla storia della famiglia dei marchesi Guerrieri Gonzaga, proprietari e viticoltori a San Leonardo sin dal XVIII secolo, con un particolare interesse per la figura della marchesa Gemma Guerrieri Gonzaga nata de Gresti di San Leonardo, che nel 1916 svolse un'opera meritoria per favorire il rimpatrio dalla Russia e dalla Siberia di dodicimila prigionieri trentini, triestini e istriani, soldati dell'esercito austro-ungarico, detenuti in oltre cento campi di concentramento in Siberia.

La storia, la bellezza dei vigneti e delle cantine della Tenuta, la grande coesione, l’eleganza e la cordialità delle persone di San Leonardo, la splendida cappella fondata nel 900 d.C., sono tutti ricordi, solide certezze, che mi hanno permesso e mi permetteranno nel tempo di avere una concezione a 360° del loro vino, solo in questo modo potremmo apprezzare e capire appieno cosa si cela dietro bicchiere di San Leonardo o di Terre di San Leonardo…….

C’è un novità infatti: a Merano è stato presentata la nuova etichetta aziendale, un classico taglio bordolese frutto di un attento assemblaggio delle uve della Tenuta. "Terre" ricalca le orme del suo fratellone maggiore nascendo dal medesimo terroir.

Un second vin in stile puramente francese che non vuole avere la stessa eleganza e complessità del San Leonardo ma che, invece, risulta estremamente bevibile e di grande immediatezza. Un vino quotidiano, costando meno di 10 euro, che vorrei avere sempre nella mia tavola, una sorta di anticipo di quel godimento edonistico che è stato il San Leonardo 1996, gentilmente offertomi da Anselmo, e che con i miei amici ci siamo bevuti anzi, sgargarozzati, alla Casa del Vino.

A presto.

P.S.: mi son scordato di dire una cosa: sia Carlo che Anselmo Guerrieri Gonzaga, oltre al patrimonio culturale del territorio, tengono moltissimo a preservare i loro boschi, le loro piante, i loro fiori, grazie a progetti di salvaguardia mirata di tutto il micromondo San Leonardo.

Influenza A/H1N1 e vino rosso: e se fosse vero?

Una dose quotidiana di vino rosso come profilassi contro l'influenza, e' l'insolita prescrizione per le scimmie dello zoo di Krasnoiarsk, in Siberia. Lo scrive oggi il quotidiano russo Komsomolskaia Pravda.
'L'influenza suina, come noto, si diffonde ovunque. Anche le scimmie se la possono prendere data la loro somiglianza del loro organismo a quello umano', spiega il veterinario dello zoo. 'E cinquanta grammi di vino al giorno e' tutto quello che a loro abbisogna per la prevenzione', aggiunge convinto lo specialista.
Secondo quanto riporta il giornale, 'le scimmie bevono il vino con piacere, tanto che finito il bicchiere fanno anche schioccare la lingua'. 'Da parte loro, i veterinari vigilano attentamente che la dose quotidiana non sia superata, perche' le scimmie mostrano di voler impadronirsi della bottiglia intera', aggiunge la gazzetta.

Ragazzi se fosse vero prenoto un bancale di Ornellaia, se non servisse per l'influenza almeno, dando retta a Paris Hilton, servirà per altre cose....