Lambrusco, identità e futuro di un grande vino popolare


Il Lambrusco è uno dei vini italiani più conosciuti al mondo e, allo stesso tempo, uno dei più complessi da raccontare. Un nome che racchiude territori, vitigni e stili molto diversi, e che per anni ha sofferto una semplificazione narrativa difficile da superare. Oggi però il quadro sta cambiando: il Lambrusco è al centro di una fase di ridefinizione, sospesa tra identità popolare e nuove ambizioni qualitative. In un mercato che chiede vini sempre più riconoscibili e coerenti, la sfida è trovare un equilibrio tra volume e valore, tradizione e visione futura. Un passaggio che coinvolge produttori, territori e denominazioni, chiamati a costruire una narrazione più consapevole. Ne abbiamo parlato con Giacomo Savorini, direttore del Consorzio Tutela Lambrusco DOC, per mettere a fuoco presente e prospettive di uno dei grandi vini identitari italiani.

Giacomo Savorini

Direttore, il mondo del vino vive una contrazione dei consumi: come sta reagendo il Lambrusco e quali strategie sta mettendo in campo il Consorzio per mantenere identità e competitività?

Il Lambrusco ha dimostrato negli anni una resilienza notevole. Di fronte alla contrazione dei consumi, il Consorzio Tutela Lambrusco sta puntando su due direttrici principali: la tutela dell’identità del prodotto e l’innovazione nella comunicazione. Sul fronte della tutela, continuiamo a rafforzare il controllo della qualità e a vigilare sulle denominazioni storiche. Per quanto riguarda la comunicazione, stiamo adottando strategie mirate per raccontare la storia, la cultura e la versatilità del Lambrusco, evidenziando la sua capacità di accompagnare ogni momento di convivialità.

Oggi i consumatori cercano vini più leggeri, freschi e con alcol moderato. È il momento storico perfetto per il Lambrusco? Come state valorizzando questa sua modernità intrinseca?

Assolutamente sì. Il Lambrusco, con la sua anima fresca e naturalmente vivace, si inserisce perfettamente nelle nuove tendenze di consumo, caratterizzate da un’attenzione alla leggerezza e alla piacevolezza in abbinamento al cibo. Questa modernità intrinseca viene valorizzata dal Consorzio attraverso campagne di comunicazione che ne sottolineano la versatilità, nonché tramite iniziative di formazione per operatori e sommelier, affinché possano raccontare con competenza le caratteristiche uniche di ciascuna denominazione. In particolare, stiamo promuovendo il Lambrusco in abbinamenti quotidiani e informali, ad esempio con la pizza o piatti di diverse cucine internazionali, dimostrando che si tratta di un vino contemporaneo, capace di valorizzare sia la tradizione italiana sia esperienze gastronomiche d’oltreconfine.

ll Lambrusco per anni ha sofferto una reputazione ingiusta. Qual è stato il cambio di passo che ha permesso di ribaltare questa percezione e parlare oggi di rinascita?

Per lungo tempo il Lambrusco è stato percepito come un vino semplice e poco strutturato, lontano dall’eccellenza dei grandi vini italiani. Il cambio di passo è sicuramente arrivato grazie al coraggio di una nuova generazione di giovani produttori, che hanno dato un notevole impulso alla filiera e alla promozione, così come grazie all’impegno del Consorzio nel valorizzare qualità, identità e territorio. Abbiamo puntato su una sempre maggiore attenzione in vigna e in cantina, sulla tutela della qualità e delle uve tipiche del territorio, comunicando al pubblico non solo un vino, ma una storia di territorio e tradizione. Oggi il Lambrusco è finalmente riconosciuto per la sua versatilità, freschezza e capacità di accompagnare la convivialità, entrando a pieno titolo tra i vini di riferimento della cucina italiana contemporanea.

In che modo i produttori stanno lavorando in cantina per elevare lo stile del Lambrusco, dai rifermentati in bottiglia al metodo classico? C’è una tendenza anche in questo?

I produttori stanno crescendo in precisione enologica e innovazione, con l’obiettivo di esprimere al meglio le caratteristiche varietali e la personalità di ciascuna denominazione, stile e varietà. Nei rifermentati in bottiglia si lavora sulla tradizione calandola nella modernità e ricercando freschezza ed equilibrio, mentre chi sperimenta il metodo classico punta a produrre vini Lambrusco eleganti e dal maggiore potenziale evolutivo, capaci di confrontarsi con i grandi spumanti internazionali. Questo approccio contribuisce non solo a elevare lo stile del Lambrusco, ma anche a consolidarne la reputazione e a rafforzare la percezione di un vino contemporaneo, moderno e versatile.


Passiamo alla vigna: quali pratiche agronomiche stanno diventando centrali per migliorare qualità e sostenibilità, anche alla luce dei cambiamenti climatici?

L’attenzione alla salubrità delle uve, messa sempre più a rischio da fitopatologie e dal cambiamento climatico, pone il Consorzio in prima fila per sostenere studi insieme a università e istituti di ricerca locali.

Quali progetti sta portando avanti il Consorzio per aiutare i produttori a crescere in termini di sostenibilità certificata senza snaturare la loro identità agricola?

L’Emilia-Romagna è sempre stata una regione all’avanguardia per la lotta integrata, ampiamente diffusa su tutto il territorio. Inoltre, all’interno del Consorzio abbiamo una forte rappresentanza di cooperative e di grandi imbottigliatori che sul tema sostenibilità si muovono autonomamente e già possiedono diverse certificazioni. Ci auguriamo che a livello di territorio si possano fare sempre più passi avanti nella direzione della sostenibilità ambientale, anche e soprattutto seguendo percorsi con certificazione finale.

Il Lambrusco è un vino molto diffuso nella ristorazione informale, ma sta conquistando sempre più carte dei vini di livello. Come sta cambiando il suo posizionamento?

Negli ultimi anni il Lambrusco ha compiuto un vero e proprio salto di percezione. Se storicamente era legato principalmente alla convivialità informale, oggi viene riconosciuto anche come vino di qualità, capace di arricchire carte dei vini sofisticate e menu di ristoranti di alto livello. Questo cambiamento è frutto di un lavoro costante dei produttori e del Consorzio nel valorizzare qualità, territorio e identità varietale, oltre che della crescente attenzione dei sommelier verso vini più immediati ma pur sempre dal carattere distintivo. Il Lambrusco dimostra così una capacità unica: mantenere la sua natura popolare pur affermandosi come scelta di qualità anche in contesti gastronomici più eleganti.

L’export continua a essere un pilastro. Quali mercati stanno crescendo e quali invece risentono maggiormente della crisi globale del vino?

L’export rappresenta da sempre un asset strategico per il Lambrusco, e oggi registra dinamiche differenziate a seconda dei mercati. Innanzitutto i vini Lambrusco sono esportati in oltre 90 Paesi. Tra i mercati principali vanno innanzitutto menzionati gli USA cui sono dirette oltre 13 milioni di bottiglie (tra DOC e IGT Emilia) ogni anno. Su questo mercato siamo alle prese con un equilibrio da ridefinire dopo l’introduzione dei dazi, ma ciò che è certo è che in una piazza tanto importante e competitiva non possiamo permetterci di perdere quote di mercato. Ci sono anche mercati che mostrano un interesse crescente, ad esempio il Messico e il Brasile, che tradizionalmente preferiscono vini Lambrusco con un più alto residuo zuccherino.


Molti giovani vignaioli stanno tornando alle origini con versioni più secche, territoriali e anche artigianali. Come si integra questa energia con la visione del Consorzio?

Accogliamo con entusiasmo l’energia dei giovani vignaioli, che portano innovazione senza dimenticare il legame con il territorio e le tradizioni. Le espressioni secche, territoriali e artigianali rappresentano un arricchimento per l’intero panorama del Lambrusco, contribuendo a diversificarne l’offerta e a valorizzare le specificità di ciascuna denominazione e tipologia. L’innovazione dei giovani produttori si integra perfettamente con la nostra visione: un Lambrusco di qualità, riconoscibile, contemporaneo e capace di parlare sia ai consumatori tradizionali sia a chi cerca nuove esperienze enologiche.

Dal punto di vista sociale, il Lambrusco è un territorio fatto di cooperative, famiglie e vignaioli che presidiano la terra. Quanto è importante salvare questo tessuto umano e produttivo?

Il tessuto umano e produttivo che caratterizza l’areale del Lambrusco è al cuore della sua identità. Cooperative, famiglie e piccoli vignaioli custodiscono conoscenze e tradizioni che sono irrinunciabili per dar vita a vini sinceri, che parlino la lingua del territorio in cui nascono. Salvaguardare questo patrimonio significa preservare un modello agricolo sostenibile e comunitario. Il Consorzio lavora costantemente per supportare queste realtà, attraverso formazione, innovazione e iniziative di promozione, perché il Lambrusco non sia solo un prodotto, ma una storia di persone e di territorio. In aggiunta al tessuto umano e produttivo, c’è da considerare anche l’importantissimo ruolo svolto dalla viticoltura in ambito di tutela ambientale. La coltivazione della vite ha un ruolo essenziale nel preservare la compattezza dei terreni evitando erosioni e smottamenti.

Raccontare il Lambrusco non è facile: tanti vitigni, territori diversi, stili diversi. Come si costruisce una narrazione unitaria senza appiattire la ricchezza della denominazione?

Le tante sfaccettature dell’universo Lambrusco sono per noi un grande valore. Nel raccontare il Lambrusco, la nostra sfida è di trovare un giusto equilibrio tra varietà e identità comune. Il Consorzio lavora per valorizzare le differenze, dai vitigni alle tecniche di vinificazione, dai territori alle diverse espressioni stilistiche, senza perdere di vista ciò che unisce tutte le denominazioni: versatilità, convivialità e legame con il territorio emiliano. La narrazione unitaria si costruisce attraverso una comunicazione chiara e coerente dei valori del Lambrusco. In questo modo, la ricchezza dei diversi stili non viene appiattita, ma valorizzata, facendo emergere un’immagine del Lambrusco contemporanea, riconoscibile e capace di conquistare nuovi pubblici.


Guardando ai prossimi 10 anni, qual è il futuro del Lambrusco? Come immagina il suo ruolo in un mercato che chiede vini autentici, sostenibili e identitari?

Nei prossimi dieci anni, ci aspettiamo che il Lambrusco continui a consolidare il suo posizionamento come vino versatile e contemporaneo, capace di soddisfare le nuove esigenze dei consumatori che cercano prodotti autentici che siano veri e propri ambasciatori del territorio. Il Consorzio lavorerà per rafforzare questi valori attraverso promozione domestica e internazionale, supporto ai produttori per incentivare innovazione e percorsi di sostenibilità certificata. L’obiettivo è far sì che il Lambrusco non sia solo un’icona della tradizione emiliana ma un vero e proprio simbolo dell’Italia nel mondo. Un esempio di eccellenza moderna con un’immagine definita e consolidata nel panorama vitivinicolo mondiale.

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