di Carlo Macchi
Gli amici certe volte ti stupiscono, come Giuseppe che ti arriva, bel bello, con alcune bottiglie di Giorgio Grai e dice “Carlo queste sono per te!”
Giorgio Grai, che ci ha lasciato circa tre anni fa, credo che nel mondo del vino italiano e non solo ne abbiano sentito parlare tutti. Un personaggio di quelli scomodi, ruvidi, ma con un palato quasi assoluto. Magari non avrà fatto un giorno di vendemmia in vita sua, come dice un famoso produttore altoatesino, ma sicuramente il vino lo conosceva e lo sapeva riconoscere. Aveva un palato eccezionale, ha lavorato per grandi nomi e, naturalmente, per sé stesso, producendo e imbottigliando vini con il suo nome e cognome. Comprava quello che riteneva adatto, niente di meno, lo seguiva nel tempo, magari creava vari assemblaggi e poi decideva cosa imbottigliare. Del resto, quello in cui non era secondo a nessuno era assemblare vini e trovare sempre il miglior equilibrio possibile.
In questo rasentava la perfezione e la cosa si comprendeva meglio dopo che il vino si trovava in bottiglia da qualche anno. Così quando il mio caro amico Giuseppe, notaio a Ravenna, appassionato e conoscitore di vini come pochi mi ha detto “C’è anche un "Pinot Bianco 2001” sono rimasto a bocca aperta. Non ho retto molto e dopo qualche giorno l’ho aperto. Prima però mi sono soffermato sulla retroetichetta che recita da una parte 12.5°, e questo nel 2001 ci poteva anche stare. Poi leggo la data di imbottigliamento e vedo: 2015.
Ci penso un attimo e realizzo di avere in mano un Pinot Bianco altoatesino di più di venti anni, creato forse dal più grande “mescolavin” (tanto per ricordare anche il grande Giacomo Tachis) di vini bianchi italiano, che è stato imbottigliato “solo” 14 anni dopo la vendemmia.
Mi aspetto mirabilie mentre lo stappo e il colore conferma subito che sono di fronte a qualcosa di particolare: giallo paglierino dorato ma certamente non molto spinto sulla nota dorata, dimostra la freschezza del vino. Freschezza che si conferma in bocca dove profumi minerali e floreali si intrecciano, portando avanti note di pietra focaia accanto a udite, udite, sentore di mela verde. La caratteristica principale del naso è però l’eleganza e la complessità aromatica, mai sparata o eccessiva.
In bocca non sai cosa aspettarti e all’inizio, per la sua freschezza sottotraccia mi delude quasi. Però basta aspettare un po’ e dal fine palato viene fuori una sapidità notevole abbinata ad una note dolce, che assieme a una profonda fermezza gustativa rende il vino lunghissimo e, indovinate, elegantissimo.
Chiude con una nota quasi dolce che un po’ ti sconcerta ma ormai ho capito che con questo vino non esiste un punto fermo, tutto cambia. Se Eraclito coniò la famosa frase che non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume io adesso affermo che non si può bere due calici uguali dello stesso Alto Adige Riserva Pinot Bianco 2001 di Giorgio Grai, anche se vengono dalla stessa bottiglia.
Grazie Giuseppe!
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