di Carlo Macchi
Dalla lunga serie di interviste
che Winesurf ha fatto in questi giorni ai presidenti di molti consorzi italiani
esce un quadro tra il desolante e il tragico.
Visto che “La vigna non si può
spengere” e fra poco più di 4 mesi saremo in vendemmia, la stragrande
maggioranza delle aziende vinicole italiane si ritrova ad avere la cantina
piena, ordini zero e una nuova raccolta in arrivo, con i conseguenti costi per
(come negli anni scorsi) portare avanti il vigneto. Il problema è che negli
anni scorsi i vini partivano e arrivavano i bonifici, che servivano (anche) per
pagare la normale gestione aziendale. Tanto per fare un esempio, chi deve
imbottigliare adesso o ha appena imbottigliato, con che soldi pagherà
bottiglie, tappi, capsule e etichette? Qualcuno, specie le grosse aziende o
comunque quelle che si erano attrezzate da tempo, ha “un paracadute”, formato
dalle vendite nella GDO e tramite canali internet (Tannico ha aumentato le vendite
del 100%) ma non servono certamente a far quadrare i bilanci e a svuotare le
vasche per metterci il vino nuovo.
Si parla sempre più di
distillazione, ma a che prezzi e di quali vini? Qualcuno parla invece di
potatura verde e probabilmente tutti i consorzi abbasseranno la resa per
ettaro, ma tutte queste misure serviranno solo a rimandare quello che ancora
non ha una data ma che comunque io chiamo “il punto di non ritorno”.
Quello che fa più paura ai nostri
produttori non è tanto il portare avanti l’annata, il tirare la cinghia, ma per
quanto durerà il blocco che costringe la catena bar-
ristorante-enoteca-albergo-turista a rimanere ferma al palo. Senza chi compra e
beve il vino tanti produttori moriranno, finanziariamente parlando, più o meno
lentamente.
Purtroppo dai discorsi fatti in
questi giorni pare proprio che quando si ripartirà lo si farà per scaglioni e
per tipologie. Qui purtroppo il mondo del vino ho paura si becchi il bastoncino
più corto: infatti pare che il settore ristorazione sarà l’ultimo a riaprire i
battenti. Ma appena riaperto quale ristorante ordinerà del vino e soprattutto
quale ristorante lo pagherà praticamente al momento e non con la solita trafila
a cui i produttori italiani sono abituati? Quindi il mondo del vino ripartirà
per ultimo dopo gli ultimi e questa cosa andrebbe fatta presente ai politici
locali, regionali, nazionali, perché questa situazione creerà, come detto una
serie non certo breve di tracolli finanziari, a meno che lo stato e le banche
non intervengano a supporto REALE delle aziende.
Le misure potranno essere diverse
e io riporto quelle che i alcuni presidenti di consorzio hanno presentato nelle
interviste: dal congelamento dei mutui e la loro riprogrammazione spalmata nei
prossimi anni (diciamo 20-25), ai sostegni finanziari devoluti quasi “a
pioggia” basati sul reddito dell’anno precedente, a finanziamenti quasi a fondo
perduto o con rateizzazioni lunghissime.
Purtroppo sui giornali nazionali
o nei telegiornali quando si parla di categorie in crisi la parte del leone la
fanno sempre la Confindustria, le aziende siderurgiche, meccaniche e i
sindacati di questi i settori, mentre il comparto agricolo non è nemmeno
relegato ai titoli di cosa, figuriamoci quindi il mondo del vino, salito alle
cronache solo perché i Carabinieri hanno multato una persona che usciva dal
supermercato con solo tre bottiglie di vino, ritenendo il suo acquisto non di beni di prima necessità.
La mia paura è che da questa
crisi ne usciranno con le ossa rotte soprattutto i più piccoli e così si
perderà una “biodiversità” un modo comunque diverso di produrre lo stesso vino,
portando ad una maggiore omologazione produttiva. Non per niente chi vende
adesso è perché è posizionato nella GDO, non certo famosa per presentare e
affiancare le piccole cantine
particolari .
Cari amici produttori, la
situazione non sarà facile per tutti ma forse per voi sarà peggio. Per questo
mi permetto di lanciare due piccole proposte. La prima è semplicissima: tutti noi conosciamo
dei produttori e quindi alziamo la cornetta e ordiniamo almeno 6 bottiglie.
Oramai tutti spediscono dappertutto e questo piccolo gesto, se fatto da molti,
servirà almeno a dare un briciolo di speranza per il futuro. La seconda
proposta è questa: tutte le manifestazioni con pubblico, che verranno fatte in
Italia entro il 2020 (sperando naturalmente che a maggio si possa, lentamente
ripartire) non dovrebbero prevedere costi di partecipazione per i produttori.
La loro quota di partecipazione dovrebbe essere ammortizzata da una parte con
un minor ricavo da parte degli organizzatori e dall’altra con l’aumento, anche
del 100%, del biglietto d’ingresso. Così noi appassionati potremmo dare
un’ulteriore mano alla ripartenza della viticoltura in Italia, aiutando quelli
che ripartiranno per ultimi e dopo gli ultimi.
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