Tranquilli, la riunione annuale di Winesurf che si è svolta in Oltrepò
Pavese non è stata così piena di assaggi da farmi credere di vedere un mare
dove invece è tutto un susseguirsi di colline.
Il mare a cui mi riferisco non è d’acqua ma di vino e viene prodotto
appunto sulle belle colline di questo territorio. Tanto per darvi un ‘idea In
Oltrepò ci sono ben 3300 ettari di pinot nero ( Borgogna a parte, praticamente
quello di mezza Europa messo assieme) e se ci mettiamo tutte le altre uve, a
partire dalla croatina e dalla barbera per arrivare a riesling e moscato gli
ettari salgono a più di 11.000. Un vero mare di vigneti che si trasforma ogni
anno in una marea di vino.
Qui nascono i problemi, relativi a come controllare questa marea. Per anni semplicemente non è stata controllata e quindi la stragrande
maggioranza del vino prodotto era venduto sfuso o se si imbottigliava, spuntava
(e purtroppo spunta anche adesso) prezzi bassissimi.
Ma ogni mare che si rispetti, specie quello verde dei vigneti
dell’Oltrepò, per essere “solcato” ha bisogno di indicazioni, di esempi: per
questo sono fondamentali i fari e oramai in Oltrepò ce ne sono diversi, alcuni
anche da molto tempo anche se ben pochi lo sanno.
Un faro che esiste da quasi un secolo è Frecciarossa, cantina “Con un grande avvenire dietro le spalle” mutuando
il titolo della famosa autobiografia di Vittorio Gassman. Infatti quando
Valeria Radici, titolare dell’azienda, ci ha mostrato i passaggi storici di
questa cantina (esportava negli Stati Uniti negli anni Trenta del secolo
scorso!) siamo rimasti stupiti del coraggio e della lungimiranza. Poi siamo
rimasti stupiti dei vini, che riescono a declinare il riesling, la croatina e
soprattutto il pinot nero con affinata maestria.
Il pinot nero dell’Oltrepò Pavese merita un discorso a parte perché è
veramente “croce e delizia” di questo territorio. Si parte da vini di basso
profilo, anche con importanti residui zuccherini, magari lo si vinifica
frizzante, vendendolo a prezzi da realizzo. Così chi vuole fare le cose
seriamente, sia spumantizzandolo in validi metodo classico, sia vinificandolo
per ottenere le vellutate profondità del vitigno si ritrova a dover scalare
montagne di diffidenza: dal mare di vino alle montagne da superare il passo non
è breve né facile, però quando assaggi il Giorgio
Odero 2011 di Frecciarossa, pinot nero di ampia caratura borgognona,
capisci quanto possono dare queste terre al blasone del vitigno.
Non ha grande blasone invece “il demone-angelo Bonarda”, vino che rappresenta tutto il peggio di quello che
l’immaginario collettivo del vino di qualità immedesima con l’Oltrepò (frizzante,
con zucchero residuo e da bere giovanissimo) ma nello stesso tempo incarna ,
quando ben fatto, un vino angelico, dove le sensazioni di frutta arrivano a
ondate e la bocca è corteggiata in maniera elegante da bollicine fini e da una
freschezza che il residuo zuccherino riesce a rendere armonica. Per esempio
nella Moranda di Travaglino, cantina
che pur puntando moltissimo sul pinot nero non tralascia i i vini base del
territorio.
Un territorio che, anche e soprattutto attorno al Distretto del vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese (che
ringraziamo!), sta cercando di crescere. E un modo per crescere è “La Mossa perfetta”, cioè un marchio
che raccoglie una serie di piccoli produttori sul concetto di “Bonarda angelica”
e cerca di fare massa per presentare quella che dovrebbe essere la vera
immagine di questo vino.
Ne abbiamo degustate diverse è siamo convinti che un vino del genere
non possa rimanere nel dimenticatoio, perché unisce piacevolezza a grande
adattabilità gastronomica, senza considerare il prezzo incredibilmente
interessante.
Se il pinot nero dell’Oltrepò può dare grandi soddisfazioni vinificato
in rosso forse è nel metodo classico che può riuscire veramente a sfondare sul
mercato. Oramai tutte le cantine di livello hanno bollicine da proporre e molte
di tale livello che non sfigurano (anzi!) in confronti con il meglio della produzione
nazionale: sto pensando al Notte
d’Agosto di Alessio Brandolini, un metodo classico rosé da pinot nero in
purezza di grande finezza e complessità, perfettamente a suo agio
dall’antipasto al secondo.
A proposito di bollicine, quelle prodotte da Cristian Calatroni ci sono sembrate avere un grande futuro.
Probabilmente perché rappresentano una ricerca certosina che parte dai vigneti,
privilegiando quote attorno ai 500 metri e terreni particolarmente adatti.
Cristian in realtà, come altri produttori di qualità, non va a cercare di
piantare dove non c’era vigna ma semplicemente sfrutta vecchi vigneti esistenti.
L’azienda è piccola ma ha le idee chiarissime: le sue bollicine tra qualche
anno saranno contese tra gli appassionati, ricordatevelo.
Cristian Calatroni |
L’azienda della famiglia Calatroni
e tante altre piccole cantine, molte riunite attorno al grande faro del Distretto del vino di Qualità, dimostrano
che l’Oltrepò Pavese ha al suo interno tutto quello che serve per affermarsi
come territorio di alta qualità riconosciuta e finalmente far calmare le
pericolose maree al suo interno.
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