Tutti i produttori di vino con propensione all'export
guardano alla Cina come la grande occasione del presente e del futuro, ma il
gigante asiatico potrebbe anche essere una grande minaccia per il settore.
Dalla ricerca dell'Area studi di Mediobanca che viene presentata ogni anno in
occasione del Vinitaly, emerge infatti che l'import cinese di vino è salito dal
2012 del 75%, ma anche che negli ultimi vent'anni la quantità di vigneti
impiantati nel Paese è cresciuta di oltre il 400%, esattamente del 407%.
Anche i consumi in Cina sono in aumento, ma nello
stesso periodo la crescita è solo del 62% a 11,4 milioni di ettolitri, quindi a
un tasso molto inferiore rispetto alla quantità di vigneti impiantati. E' vero
che nel 1995 (anno dal quale partono i dati della ricerca Mediobanca) le vigne
nel gigante asiatico erano quasi assenti, ma questa differenza sta a
significare che la Cina - dove per ora si produce vino di scarsa qualità spesso
con aggiunta di distillati e zucchero per il mercato interno - ha una potenzialità
produttiva inespressa ancora enorme.
In ogni caso l'Italia nel cruciale mercato cinese, con
le conosciute difficoltà e opacità distributive, è ancora molto indietro:
l'anno scorso il primo importatore in Cina è stato la Francia con 973 milioni
di euro in valore, seguita dall'Australia a 640 milioni in aumento del 23% in
un solo anno e che potrà presto sfruttare l'area di libero scambio tra i Paesi
dell'area che comprende anche Pechino. Il Cile è terzo a 290 milioni, la Spagna
quarta a 171 e le etichette italiane solo quinte a quota 143 milioni di
vendite.
Foto: stamptoscana.it |
Secondo le proiezioni dell'Area studi di Mediobanca, i
dazi che la Cina potrebbe applicare ai vini statunitensi porterebbero ai
produttori italiani un beneficio piuttosto limitato (circa cinque milioni
nell'ipotesi più estrema), ma anche la decisione della Brexit ha per ora avuto
un impatto nullo. L'anno scorso in valore le nostre esportazioni sono cresciute
del 6% nel Regno Unito, un mercato che per il 'made in Italy' è il terzo
mondiale a oltre 800 milioni di euro, preceduto solo dalla Germania (985
milioni) e da quello statunitense (1,7 miliardi).
Fonte: Ansa
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