Il grande Barolo di Cantine Damilano

Damilano è una delle cantine di Barolo dalle tradizioni antiche, ultra centenarie. L’attività della famiglia Damilano inizia nel 1890 quando, nel comune di Barolo, Giuseppe Borgogno, bisnonno degli attuali proprietari, iniziò a coltivare e vinificare le uve di proprietà.
È però con la generazione successiva, con Giacomo Damilano, che la cantina assume il nome attuale. È lui a dare impulso alla cura delle vigne, a costruire la cantina e ad apportare costanti miglioramenti nella qualità della vinificazione. Infine, dal 1997 la conduzione dell’azienda è in mano ai suoi tre nipoti: Guido, Mario e Paolo Damilano.
La nuova generazione ha da subito lavorato per la valorizzazione del vitigno principe delle Langhe, il nebbiolo, e in special modo per mettere in bottiglia i vigneti più vocati, tutti gestiti da Giampiero Romana, tra i quali troviamo Brunate, Cerequio, Liste e, soprattutto, Cannubi che, come tutti gli appassionati di Barolo sanno, è particolarmente vocata per la produzione di Barolo. La bottiglia più antica, con la scritta Cannubi risale al 1752 ed è conservata a Bra presso la famiglia Manzone… praticamente il Barolo non era ancora nato che il Cannubi esisteva già!

Guido, Mario e Paolo Damilano

Questa preziosa collina si trova ai piedi del paese di Barolo e si allunga lungo la strada che porta ad Alba, terminando dolcemente quasi davanti alla cantina Damilano.
Nella sua Guida ai Vini del Piemonte Renato Ratti scrive nel 1977 “nel comune di Barolo vi è una posizione di eccezionale completezza (localizzata, collina lunga e gradualmente crescente, al centro della valle che divide le due grandi sottozone) dove i terreni di tipo Elveziano e Tortoniano si uniscono e si confondono…”. Precisamente si tratta infatti dell’unica zona, nell’intero comprensorio della produzione del Barolo, nella quale si uniscono e si confondono terreni Tortoniano, Serravalliano e Marne di S. Agata Fossili di epoche geologiche diverse. Sono suoli poco evoluti, costituiti da marne argillose grigio-biancastre in superficie.


E molto infatti del segreto di Cannubi è nei suoi suoli unici, formatisi circa 10 milioni di anni fa, che ad un esame fisico rivelano un’elevata quantità di sabbia fine (elemento fondamentale di fertilità e scioltezza del terreno), associata ad un elevato tenore di calcare con importanti tracce di ossido di magnesio e manganese che lo rendono adatto alla produzione di vini di distinguibile finezza. Inoltre l’esposizione quasi interamente a sud-sud/est e l’altitudine (la sommità della collina tocca quasi i 300 m slm e supera per altitudine anche la piazza principale di Barolo) costituiscono due ulteriori caratteristiche di eccellenza per la coltivazione della vite e la perfetta maturazione dei grappoli, specialmente quelli del Nebbiolo che vengono raccolti a ottobre inoltrato.

Vigneto Cannubi
Vigneto Cannubi

La parte storica della collina di Cannubi si estende per 15 ettari. Due di questi sono di proprietà della famiglia Damilano dal 1935, ai quali si sono aggiunti altri 8 ettari in affitto nel 2008 e che saranno gestiti dall’azienda almeno fino al 2027. Le viti hanno tutte un’età media tra 30 e 50 anni. E da questa preziosa porzione di collina, a sua volta suddivisa a livello agronomico dall’azienda in 20 micro aree, la famiglia Damilano produce e mette in bottiglia i suoi crus portabandiera: il Barolo Cannubi e il Barolo Riserva Cannubi “1752”.



Il primo, di cui abbiamo degustato l'annata 2014, è stato prodotto a partire dal millesimo 1997 e ad oggi risulta un Barolo di grande aderenza al millesimo, che come sappiamo, ha regalato vini diretti e dal "peso medio" proporzionato verso il basso. Il naso è fresco, preciso, ricco di sensazioni di viola e ciliegia che anticipano un sorso succoso, sapido e dai tannini ordinati. Se volete un Barolo dalla grande complessità lasciate stare, andate su altro, ma se invece ricercato un grande nebbiolo espressivo di un annata e di un territorio allora questo vino farà decisamente per voi.


Con il Barolo Riserva Cannubi “17522011 si cambia decisamente registro e non solo per l'annata ma anche, soprattutto, per la concezione che c'è dietro questo vino a cui storia inizia quando la famiglia Damilano decide di valorizzare ulteriormente il nucleo storico del suo vigneto Cannubi, situato nella parte più alta e centrale della collina. Si tratta di una piccola porzione piantata con viti di Nebbiolo che oggi hanno un’età tra i 30 e 50 anni. Il diradamento qui è ancora più severo e la resa di uva/ettaro arriva solo a 40 quintali. L’uva raccolta da queste poche viti fermenta in cantina per 20 giorni a temperatura controllata e, successivamente, rimane in contatto con la buccia per altri 30 giorni.
Il vino resta poi per 60 mesi in un’unica botte da 50 ettolitri e infine, per permettergli un affinamento ideale, riposa ulteriori 24 mesi in bottiglia. 
Questo 2011, degustato poco tempo fa, è pura espressione del Cannubi e, per i neofiti, rappresenta tutto ciò che ti puoi aspettare in un grande Barolo. Il naso, prezioso, è corroborato da intensi e complessi aromi di viola, rosa canina, lampone, ciliegia rossa, incenso, tabacco, eucalipto e caffè in grani. Al gusto sfoggia corpo e densità, serrato vigore rinforzato da un quadro sapido elegante e guizzante freschezza. Finale lunghissimo. Vino che cattura, vino che ammalia e incanta i sensi. Ancora giovane, darà il meglio di sé tra venti anni. 

Champagne De Venoge - Cuvée Louis XV 1995 è il vino della settimana di Garantito IGP

di Luciano Pignataro

Durante l'ultimo giro nello Champagne organizzato dal Comité Interprofessionnel du vin de Champagne (CIVC) abbiamo bevuto questo Champagne che stupisce, a distanza di tanti anni, non solo l'assoluta freschezza e il perlage energico e vivace, ma anche il frutto pieno e maturo, la spinta sapida e la chiusura davvero precisa ed entusiasmante


Un grande Champagne da uve pinot noir e chardonnay assemblate in parti uguali.

www.champagnedevenoge.com

Aglianico a Roma - Seconda Edizione - Tre Febbraio 2019


Cinque grandi champagne per la cena dell'Ordre des Coteaux de Champagne - Garantito IGP

di Luciano Pignataro

Durante l'ultimo giro nello Champagne mi sono trovate nella cena ufficiale organizzata dall'Ordre des Coteaux de Champagne presieduto da Bruno Paillard a Palazzo Du Tau, proprio affianco alla Cattedrale di Reims dove sono stati investiti i nuovi cavalieri, tra cui l'italiano Luca Cuzziol.


Una cerimonia in pompa magna, come solo i francesi sanno organizzare, solenne ma con il sorriso, con tanto di squilli di trombe, abiti da sera e cena seduta per 200 persone all'interno della quale sono state presentate cinque magnum per accompagnare i piatti.
Certo, qualcosa sta cambiando, il mercato asiatico ci ha fatto scoprire che i francesi non parlano solo francese ma, quando si tratta di comunicare il loro prodotto, anche un perfetto inglese. Euforia per un’annata definita straordinaria, non per consuetudine, ma perché non ha mai avuto tanto sole e così poca pioggia, tanto che il cambiamento climatico sembra essere benvenuto da queste parti.

Pignataro e Cuzziol

Almeno nella gestione dei vigneti. 
Una nota a margine: tra gli oltre 70 Champagne che abbiamo provato in questo giro, abbiamo trovato una tendenza a marcare freschezza e note salate molto evidente rispetto al passato.

Ma ecco cosa si è bevuto, a futura memoria.

Bruno Paillard, Assemblage 1999
Uno Champagne ottenuto dal classico assemblaggio così distribuito: 29% Chardonnay,29% Pinot Meunier e il resto Pino Noir da uve coltivate in 14 cru. Il dégorgement è stato fatto giusto dieci anni fa. Complessivamente uno sorso fresco, fruttato, agrumato, in buona evoluzione e di gran corpo.


Tattinger - Comptes de Champagne Blanc de Blancs 2007
Ottenuto da una selezione de la Cotes des Blancs e definito un'ode allo Chardonnay. In effetti il sorso è piacevolmente fresco, citrico, non tagliente, dotato di una buona sapidità e con un finale decisamente lungo e preciso, molto appagante.


Deutz -  Cuvée William Deutz 1999
Il vino della serata, complice anche la buona annata. 65% di Pinot Noir, 25% di Chardonnay e 10 di Pinot Meunier. Un vino che si è distinto per la sua complessità olfattiva, fruttato, minerale, balsamico e con rimandi fumè. Al palato gran corpo, anche qui sensazioni complesse, fresco, veloce, piacevole e lungo. Chiusura infinita e pulita. Grande bevuta.


G.H.Mumm, Cuvée R.Lalou 1999
Ancora la stessa annata, stavolta però il vino è ottenuto solo dalle uve Pinot Noir della Montagna di Reims classificate come Gran Cru. Aveva il compito di essere abbinato a un piatto di agnello e ha retto non bene, benissimo. Appena un po' meno complesso del precedente, ha espresso frutta, freschezza, fumè. Assolutamente giovane e pimpante, privo di note ossidative come il precedente del resto.


Nicolas Feuillatte -  Palmes d'Or Millésime 2006 Rosé
Rosé ottenuto da Pinot nero in un’annata considerata eccezionale, in grande evidenza la nota di ciliegia che domina l'olfatto e il palato corroborato da buona freschezza e chiusura sapida.


Contini - Vernaccia di Oristano DOC Antico Gregori è il vino della settimana di Garantito IGP

di Carlo Macchi

“C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d'antico” E se questo “antico” è l’Antico Gregori di Contini siamo a posto. 


Una Vernaccia di Oristano dai toni solari al naso, asciutti e meravigliosamente essenziali in bocca.  Una freschezza che affonda nella terra, un mare di bontà che ti porta in cielo.


Cosa lega il mitico “Vin Tonique Mariani” alla Coca Cola?

di Carlo Macchi

A Montalcino durante una cena di solito si bene Brunello o, per aprirla, Champagne. Per questo quando, per chiuderla, i carissimi amici del ristorante il Giglio mi hanno messo sul tavolo una bottiglia panciuta con sopra scritto “Coca”, mi è venuto da alzare il ciglio.
L’ho subito riabbassato assaggiando un liquido ambrato, dal profumo di erbe officinali “e non solo”, elegante, moderatamente amaro e soavemente alcolico, tanto da permettermi di riassaggiarlo e godermelo per ben tre volte.



Ma di cosa si tratta? Di un liquore particolarissimo, che nasce addirittura nel 1863, quando il chimico e farmacista francese Angelo Mariani creò questo tonico utilizzando del Bordeaux in cui faceva macerare per delle ore delle foglie di coca del Perù.
Avete letto bene, coca del Perù: naturalmente il risultato non solo era corroborante ma aveva delle innegabili capacità eccitanti. Il Vin Mariani ottenne immediatamente un successo “eccitante”, tanto da essere richiesto non solo in Francia ma anche all’estero e da personalità di spicco come lo Zar di Russia e addirittura da due Papi, Leone XIII e Pio X. Il primo arrivò addirittura a conferirgli una medaglia d’oro ufficiale.



Il“Vino Tonico Mariani alla coca del Perù” in tempi in cui la medicina non era certo sviluppatissima, diventò un vero e proprio “vino medicinale” e Mariani aprì fabbriche su fabbriche per produrlo, arrivando fino a 12 milioni di bottiglie all’anno.
Tanta fama portava a tante imitazioni: per esempio nel 1886 un certo John Pemberton, medico ad Atlanta, ispirandosi al Vin Tonique Mariani creò la Pemberton’s French Wine Coca. Per farla miscelava vino, caramello, foglie di coca e bacche di cola. Il proibizionismo lo costrinse a rivedere la ricetta, eliminare il vino e le foglie di coca: nel frattempo si era indebitato e così fu costretto a vendere la formula del suo prodotto a chi la fece diventare nientepopòdimenochè Coca Cola.



Il proibizionismo colpi anche Mariani: il colpo successivo gli venne dato dal governo francese che nel 1930 proibì l’utilizzo delle foglie di coca. Così Mariani dovette cambiare la ricetta e piano piano il Vin Tonique perse il suo appeal e la ditta fu costretta a chiudere.
Tutta questa storia mi è stata raccontata tra un sorso e l’altro del rinato (nel 2017) Vin Tonique Mariani, fatto adesso con vermentino corso, erbe varie e un distillato di foglie di coca (naturalmente privato dell’alcaloide psicotropo).



Devo ammettere che mentre lo sorseggiavo pensavo allo Zar che lo beveva, al Papa che gli conferiva una medaglia “al valore”, al medico Pemberton e mi sentivo un po’ trasportato in un mondo antico, dove invece della Coca Cola c’era il Vin Tonique di Mariani: se non era una Belle Époque quella ….

Vin Tonique Mariani è importato in Italia da
Michele Machetti/Kahata Wines
 via Cialdini, 73
Montalcino
Tel. 3357309725

Poggio le Volpi - Frascati Superiore Epos Riserva 2015 è il vino della settimana di Garantito IGP

Vent’anni fa un Frascati con queste caratteristiche era introvabile. I tempi cambiano, per fortuna. Ecco un vino elegante, fortemente floreale, con note di miele di acacia, papaia, mango, pesca, resina. 


Bocca salina, avvolgente, succosa, bella interpretazione di un’annata che ne ha visti pochi di questo livello.

www.poggiolevolpi.com

Sangue di Lupo: un liquore d’uva fragola che sa di Alto Piemonte - Garantito IGP

di Roberto Giuliani

Isabella. Così si chiama l’uva fragola che i fratelli Romano e Sergio Beretta impiantarono negli anni ’60 a Suno, uno dei comuni dove nascono ottimi vini delle Colline Novaresi. Ben 3 ettari, seguiti con amore per vendere questa varietà come uva da tavola; dopo gli anni ’90, la mancanza di forza lavoro in famiglia ha costretto i Beretta a ridurre la piantagione a soli 1,5 ettari. Un vero peccato trattandosi di un’uva di nicchia che rappresenta una tradizione che ha radici lontane in questo territorio.

filari di uva fragola

Negli ultimi anni l’azienda Agrivil – che ha vocazione cerealicola - è passata a Claudia Paganotti, che ha forgiato la propria esperienza sulle uve e i vini di Ghemme. Pur continuando a vendere l’Isabella come uva da tavola, approfittando della sua notevole qualità, Claudia ha deciso di considerare la trasformazione artigianale di quest’uva preziosa in composte, confetture extra, succhi e nella produzione di un liquore, unico nel suo genere, che ripropone il colore tipico degli acini, con caratteristiche di dolcezza, intensità di profumi e alcolicità non eccessiva (intorno ai 30°, molto meno di una grappa).
La creazione e il nome del liquore nascono dall’intuizione del figlio della titolare, Alessandro, che riconoscendo il colore rosso sangue, ha abbinato il lupo simbolo di Suno creando anche un’armonia simbolica nel nome.
Claudia ha subito creduto in questo prodotto dal profumo intenso e dal sapore delizioso dando continuità all’azienda, cercando opportunità in nuovi mercati e promuovendo sia l’uva fragola Isabella che la sua collocazione territoriale tipica. 
Proprio quest’anno è riuscita a far avviare il percorso di registrazione come marchio De.C.O.  per i comuni di Suno e Mezzomerico.
Il Sangue di Lupo viene venduto in due formati, 500 ml e 200 ml, quella in mio possesso è la seconda.


Devo dire che quando l’ho sorseggiato la prima volta, a casa di Alfonso Rinaldi, mitico produttore del Costa di Sera dei Tabacchei, un bianco strepitoso a base di erbaluce, sono rimasto molto colpito dai profumi e dalla piacevolezza al gusto. Accostato al naso ho sentito un forte richiamo all’uva di origine, che così lavorata si avvicina alla confettura di amarene, ma anche belle sfumature di noce, leggera china, rosa canina e persino tabacco aromatico da pipa. All’assaggio vieni quasi travolto dalle sensazioni, viene fuori il miele di castagno, poi la frutta secca, la dolcezza è moderata e questo permette di godere al meglio del forte impatto aromatico, persistente e piacevolissimo. 


Difficile limitarsi, soprattutto se hai la possibilità di goderlo a fianco di crostate e biscotteria secca. Da provare assolutamente!

AGRIVIL – di Paganotti Claudia Maria
Via Guglielmo Marconi, 24D - Suno (NO)
Email: claudiapaganotti@gmail.com
Liquore “Sangue di lupo”
Bottiglia ml. 500 € 13,00 compresa I.V.A. 22%
Bottiglia ml. 200 €.  9,00 compresa I.V.A. 22

Fratelli Lolli - Passerina del Frusinate IGT "Gricciano" 2016


Qualcosa di positivo a Piglio (FR) e dintorni sta accadendo, la viticoltura del Lazio sta crescendo anche grazie a questi giovani ragazzi che credono nell'agricoltura biodinamica e nel vino c.d. naturale. 


Prova ne è questa passerina che profuma di fieno e ginestra e che ha il sapore rustico delle domeniche passate a tavola con gli amici,

http://aziendaagricolalolli.com

Filippo Calabresi e la nuova identità di Tenimenti d’Alessandro - Garantito IGP

Me li ricordo bene i vini di Tenimenti d'Alessandro, era la fine degli anni '90 e sul mitico forum del Gambero Rosso in molto acquistavano casse di Syrah "Il Bosco" che, soprattutto sotto la consulenza di Stefano Chioccioli, era pluripremiato dai principali critici del vino internazionali. Tanti appassionati attratti da questo rosso toscano impenetrabile, intensamente speziato e fruttato, prodotto da questa azienda acquistata dalla famiglia d'Alessandro nel 1967 al fine di dare nuova luce ad un territorio, quello del cortonese, che a quei tempi di certo non era famoso per la qualità dei vini prodotti. 



Infatti, bisogna aspettare la fine degli anni '80 perchè a Cortona e dintorni si riaccendesse la spia qualitativa grazie ad una intensa fase di sperimentazione vitivinicola rivolta, soprattutto, allo studio dei vitigni internazionali la cui successiva messa a dimora ridisegnò totalmente le finalità produttive di tutte la aziende coinvolte. In particolare, da queste ricerche, emerse la vocazione di questo territorio per il syrah e, in maniera meno eclatante, per il viognier, grandi vitigni del Rodano che ben adattandosi agli ambienti caldi, luminosi e asciutti, trovano nel cortonese il modo di esprimersi con una propria forte identità. 

Ovviamente, in tutto questo processo di evoluzione qualitativa del territorio che, più o meno, ha abbracciato almeno trenta anni, i d'Alessandro sono stati in primissima linea (a loro si deve molto circa la creazione, nel 1999, della prima DOC Cortona) fino al 2013 quando, dopo anni di alti e bassi, decisero di passare il testimone alla famiglia Calabresi anche se bisogna aspettare altri due anni, siamo nel 2015, affinchè Filippo Calabresi, classe 1990 ed una passione sfrenata per il vino che l'ha portato per anni tra i piccoli produttori della California e dell'Oregon, prenda in mano definitivamente la gestione di Tenimenti d'Alessandro dando vita ad una vera e propria svolta filosofica e produttiva che si basa su due principi cardine: cura e attenzione per la campagna, ovvero abbandono totale delle pratiche convenzionali attraverso il solo uso di zolfo e poltiglia bordolese, e totale assenza di compromessi in cantina al fine di preservare frutto e freschezza tramite vinificazione in acciaio per i vini pensati per un consumo quotidiano mentre, per le selezioni, si tenta di esaltare il potenziale di invecchiamento del syrah grazie a lenti affinamenti in vecchi contenitori di legno.

Filippo, che incontro in azienda qualche mese fa, nonostante la sua giovane età ha le idee già abbastanza chiare, è conscio della piccola rivoluzione, ideologica e produttiva per come era concepita un tempo l'azienda, che sta cercando di porre anche se, come mi fa notare, tutto ciò non deve essere immediato e soprattutto spiazzante per il mercato, soprattutto per gli importatori esteri, che potrebbero non comprendere certe scelte con la conseguenza di abbandonare la barca nel bel mezzo della tempesta che poi diventerebbe anche finanziaria.


Questa frattura tra passato, presente e, sopratutto, futuro è evidente camminando con Filippo nei vigneti adiacenti la casa padronale (36 ettari di cui 8 a viognier e 28 a syrah) dove il vecchio corso, quello dai vini "belli e pettinati", è distinguibile attraverso sesti di impianto da 8500 ceppi per ettari (anno 1991) mentre l'"era Calabresi" prevede per i nuovi impianti una gestione più distesa arrivando a sesti non oltre le 4500 piante per ettaro.


Non solo, la voglia di sperimentazione di Filippo, la sua esigenza di libertà e anche, vivaddìo, di sbagliare senza troppi problemi, lo ha portato ad intraprendere un progetto tutto suo, chiamato DO.T.E. (Down to Earth), dove da un piccolo vigneto di circa 2 ettari, fuori dal corpo aziendale, Calabresi di cimenta con la biodinamica in vigna e, in generale, con una espressione enologica totalmente naturale e libera da vincoli in modo tale che i vini prodotti (bianchi, rosati, rossi e rifermentati), come scrive lui stesso nel sito, raccontino con spontaneità la loro ragion d'essere, al di là di protocolli e disciplinari di produzione, facendo leva sui cardini del progetto ovvero salubrità, eticità, quotidianità.

Sii come la fonte che trabocca e non come la cisterna che racchiude sempre la stessa acqua.

(Paulo Coelho)


Tornando a Tenimenti d'Alessandro, la casa madre, come già scritto in precedenza i cambiamenti riguardano anche la gestione di cantina dove per i vini più importanti, ad esempio Il Bosco, si sta sperimentando un protocollo di vinificazione, iniziato nel 2015, che prevede l'utilizzo in fermentazione del grappolo intero che, secondo Calabresi, è molto funzionale all'aromaticità e all'energia del vino mentre dallo scorso anno si sta collaudando anche l'adozione della tecnica del cappello sommerso (Piemontesina) che tende a favorire una estrazione tannica di rara eleganza. 

Lo stesso protocollo, per ciò che concerne l'affinamento, prevede poi la maturazione del vino per un anno in barrique usate per poi passare in botte grande da 32 hl per due anni ed, infine, 1 anno di affinamento in bottiglia prima di uscire sul mercato.


Assieme a Filippo, curioso dei riscontri, abbiamo degustato alcuni vini ancora non in commercio, veri e propri campioni di botte che, come vedremo, hanno generato ottimi spunti di riflessione.

Fontarca 2017 (100% viognier): prodotto fin dal 2007 è il bianco storico dell'azienda che proviene dalla vecchia vigna di viognier piantata nel 1991. Seppure giovanissimo questo bianco esprime carattere e solarità, sensazioni agrumate, vegetali e un corredo minerale di primissimo piano. Bocca piacevolmente intensa e dal delicato finale sapido.

Rosso 2016 (100% syrah): un tempo “Borgo Syrah”, rappresenta per certi versi il vino più anarchico dell'azienda. Già, non l'ho ancora scritto, ma l'evoluzione filosofica e stilistica di Tenimenti d'Alessandro è caratterizzata anche da un avvenimento importante, di forte rottura politica col passato, concretizzatosi con il recente abbandono da parte dell'azienda dalla DOC Cortona. La bocciatura dei campioni 2016 da parte della Commissione di assaggio della DOC ha portato Filippo a comunicare la sua decisione al Consorzio viste le troppe divergenze di visione rispetto alla cifra stilistica del Syrah di Tenimenti d'Alessandro che, grazie anche ai recenti cambiamenti climatici, Filippo cerca di interpretare in maniera più libera, fedele all'annata, senza dimenticare la bevibilità che  troppo spesso viene messa in discussione con rossi ricchi di estratto e caratterizzati da elevato grado alcolico.
Dal mio punto di vista il vino non ha assolutamente difetti, anzi, la sua relativa trasparenza e la dinamicità sono fattori assolutamente vincenti per un vino, finalmente, di facile beva come deve essere Il Rosso.

Il Bosco 2014: questo vino, ancora in affinamento, è figlio di una annata non semplice che Filippo, nella sua prima vendemmia, interpreta al meglio delle possibilità donandoci un syrah molto fresco e, soprattutto, molto più "leggero" rispetto a quanto eravamo abituati col passato col quale, già da questo millesimo, si vogliono prendere le giuste distanze.

Cru 2015 (campione di botte)syrah vinificato secondo il protocollo Il Bosco dove per la prima volta, in assemblaggio, c'è 1/3 della massa proveniente da vinificazione con grappolo intero. Ad oggi il risultato è sorprendente, si sente la cifra stilistica di Filippo, la sua voglia di cambiare e alleggerire e, soprattutto, di far uscire vini già pronti ed espressivi.


Cru 2016 (campione di botte): syrah vinificato secondo il protocollo Il Bosco dove per la prima volta, in assemblaggio, c'è 2/3 della massa proveniente da vinificazione con grappolo intero. Ad oggi risulta meno limpido al naso rispetto al precedente ma al sorso si conferma decisamente più pronto e dinamico della 2015.

Cru 2017(campione di botte): syrah vinificato secondo il protocollo Il Bosco dove per la prima volta, in assemblaggio, c'è 2/3 della massa proveniente da vinificazione con grappolo intero mentre al restante parte proviene da cappello sommerso. Vino strabiliante, leggiadro e luminoso che, a mio parere, rappresenta più di tutti il cambiamento in corso in azienda e, soprattutto, ciò che ha in mente Filippo Calabresi per il futuro!

Azienda Agricola Simone Rossi - Merlot 2015 è il vino della settimana di Garantito IGP


di Lorenzo Colombo

La Val San Martino è suddivisa tra cinque comuni bergamaschi e quattro del lecchese. Da uno di quest’ultimi, Calolziocorte, arriva questo Merlot, unico prodotto dell’azienda di Simone Rossi.


2.500 bottiglie ricavate da un ettaro vitato e vinificato a Rovagnate, nella cantina del Consorzio Terre Lariane. Provatelo! (Se lo trovate).


Ci ha lasciati Daniele Maestri

La notizia è di poco fa, all'inizio non ci credevo, pensavo fosse la solita bufala ma, purtroppo, devo confermare che non è più tra noi Daniele Maestri.
Per me, che ho iniziato con la vecchia AIS Roma targata Ricci, è stato un grande Maestro. 

Daniele era un uomo di cultura straordinaria, non solo di vino, e ci mancherà davvero a tutti. Che la terra ti sia lieve. 

Foto: Canadian Club of Rome

In Slovenia alla scoperta della Rebula nella Vipavska Dolina - Garantito IGP


di Lorenzo Colombo

Nella seconda metà del mese d’Agosto siamo stati in Slovenia, precisamente nella Vipavska Dolina in occasione dell’evento Vipavska rebula Emperor’s Choise.


La Vipavska Dolina (8.080 ettari vitati) è una delle quattro sottozone in cui è suddivisa la Primorska, una delle tre regioni vitivinicole della Slovenia, confina con l’Italia, e precisamente con il Friuli-Venezia Giulia. S’estende per 25 km da Nova Gorica sino al monte Nanos ed è climaticamente caratterizzata dalla Bora, vento che può soffiare sino a 200 Km/ora, in questa zona la viticoltura si sviluppa su 2.240 ettari. I suoli sono in genere costituiti da Flysch dell’Eocene, che qui può assumere due diverse forme: viene chiamato “Sovdan” quando ci sono rapidi cambiamenti tra strati di marna e di arenaria e “Opoka” quand’è principalmente composto da marne.


La Rebula (Ribolla) è un vitigno che ha una lunga tradizione nella Vipavska Dolina (Valle della Vipava) tanto che viene menzionata sin dal 13° secolo, altra certificazione della sua importanza è data un documento che attesta che nel 1503, Massimiliano I, imperatore del Sacro Romano Impero, ordinò un carico di “Ribollio”, definito “eccellente vino della Vipava”.


Il vitigno - che, con poco più di 220 ettari occupa circa il 10% della superficie vitata della Vipava - è piuttosto duttile tanto che può essere vinificato in svariati modi, dando vita a diverse tipologie di vino, dagli spumanti a freschi vini fermi sino a quelli ottenuti con più o meno lunghe macerazioni sulle bucce.
I vini in degustazione guidata erano venticinque, quindici prodotti da Rebula in purezza e dieci frutto di blend tra Rebula ed altri vitigni (complessivamente abbiamo maggiormente apprezzato i primi), frutto di annate diverse e prodotti con differenti stili di vinificazione.


Ecco comunque una sintetica descrizione dei nostri preferiti:

Rebula in purezza

Posestvo Berce: Rebula Berce 2016
Le uve provengono da vigneti di trent’anni d’età, situati su suoli marnosi. Il vino s’affina per diciotto mesi in botti e sosta ulteriori quattro mesi in bottiglia. Si presenta con un color giallo carico. Molto interessante al naso, intenso ed elegante, complesso, con sentori d’uva e note di confetto. Dotato di buona struttura e con bella vena acida, lunga la sua persistenza. Elegante e complesso. E’ il vino che in assoluto ci è maggiormente piaciuto.

Posestvo Svetlik: Rebula Svetlik 2011
Da vigneti di 12 anni d’età, situati su Flisch e sedimenti morenici. Quattordici giorni di macerazione sulle bucce, due anni in botti da 25 ettolitri e due anni di bottiglia. Color arancione-ramato di buona intensità. Mediamente intenso al naso, elegante, presenta sentori di chinotto, di buccia d’uva ed ovviamente di note macerative. Sapido, asciutto, con spiccata nota tannica, bucci d’uva, frutta secca, lunga la persistenza.

Kmetija Slavček: Rebula Reserva 2013
Suoli marnosi e vigneti di trentacinque anni d’età. Affinamento per due anni in barriques da 200 litri, per metà d’acacia e l’altra metà di rovere, segue un ulteriore anno in botti di rovere da 2.000 litri. Il colore è giallo carico-oro antico, con leggera velatura. Molto intenso al naso, elegante e complesso, vi si trovano note macerative e di fiori gialli; molto interessante. Asciutto con spiccate note tanniche e pronunciata vena acida, sentori di buccia di mela, lunga la persistenza.

Posestvo Svetlik: Rebula Svetlik  Selekcija 2012
I vigneti, di dodici anni d’età, si trovano su Flisch con sedimenti morenici. Quattordici giorni di macerazione sulle bucce, affinamento per tre anni in botti da 4,5 ettolitri e sosta per ulteriori tre anni in bottiglia. Color rame, intenso e luminoso. Discretamente intenso al naso, presenta note di frutta secca, miele di castagno ed accenni chinati. Intenso al palato, asciutto, tannico, con bella vena acida e lunga persistenza, sentori di buccia d’uva.

Kmetija Bizjak - Vina Bizjak: Rumena Rebula 2015
Suoli marnosi e vigneti di trentacinque anni d’età. Affinamento per due anni in barriques d’acacia e sosta di tre mesi in bottiglia. Color oro antico. Intenso al naso, presenta note di miele, di fiori d’acacia e di tiglio e sentori di buccia di mela. Strutturato, sapido, tornano al palato gli accenni di miele ed i sentori di buccia di mela uniti a quelli di buccia d’uva, molto lunga la persistenza.

Batič: Rebula 2017
Vigneti di diciannove anni d’età, situati su suolo composto da marne. Tutto il processo, sia in vigna che in cantina, segue i principi della biodinamica e rispetta i cicli della luna. Il vino matura in acciaio sino al mese d’aprile. Dal color paglierino scarico. Intenso al naso, presenta sentori vegetali che rimandano al fieno ed all’erba secca. Dotato di buona struttura, sapido, si colgono leggere note macerative, frutta gialla, buccia d’uva, erba secca, erbe officinali. Un vino interessante e dotato di buona complessità. Curioso, anche per quanto riguarda la bottiglia, che a prima vista sembra fatta per i turisti ma che in realtà è frutto del lavoro di un artista.

Guerila – Rebula Extreme 2015
Vigneti d’età variabile, dai cinque ai venticinque anni, coltivati seguendo i dettami della biodinamica, collocati su suoli composta da Flysch. Quarantacinque giorni di macerazione, affinamento per due anni in botti da 500 litri, nessuna filtrazione. Color giallo di buona intensità. Intenso al naso, complesso, presenta note floreali (fiori gialli) e sentori di buccia d’uva e di mela. Strutturato, asciutto, tannico, di buona complessità, si colgono sentori di bucci d’uva e leggere note brucianti, lunga la persistenza.

Vina Ušaj – Ussai: Rebula 2012
Vigneti di 23 anni d’età posti su suoli argillosi. Tre anni di sosta in barriques e due anni in bottiglia. Aranciato-ramato il colore. Buona l’intensità olfattiva, netti i sentori macerativi, si coglie buccia d’uva e succo di mela. Asciutto alla bocca, note tanniche, buona la vena acida, tornano i sentori di buccia d’uva, lunga la persistenza.

Vina Zgonik: Rebula 2015
Suoli composta da marna e vigneti di ventisette anni d’età. Due anni in barriques usate e cinque mesi in bottiglia. Color giallo carico – oro antico. Buona l’intensità olfattiva, sentori di buccia d’uva e leggere note di legno. Asciutto al palato, tannico, si coglie frutta secca, lunga la persistenza.

Mlečnik: Rebula 2009
Il suolo è composto da Flisch eocenico, i vigneti hanno quindici anni d’età. Affinamento per due anni in botti grandi e per altri tre in bottiglia. Color rame intenso, con sfumature aranciate. Intenso al naso dove si colgono sentori di buccia di mela e note vanigliate. Strutturato, asciutto e con tannino in evidenza, sapido, buona vena acida, legno ben presente. Sembra un vino rosso.

Vinogradništvo JNK: Rebula 2009
Vigneti d’età compresa tra i quindici ed i quarant’anni, situati su suoli marnosi. Venti mesi in barriques usate e quattro mesi in bottiglia. Color ramato-aranciato, con leggera velatura. Discretamente intenso al naso, si colgono accenni di rabarbaro e note di frutta secca e legno. Dotato di buona struttura, asciutto, con netti sentori tannici e legno percepibile, buona la vena acida come pure la persistenza.


Uvaggio ed assemblaggio

Jamsek 1887 Vina: Prepih 2015 (60% Rebula, 20% Zelen, 20% Pinela)
I vigneti hanno quindici anni d’età e si trovano su Flisch. La ribolla sosta in macerazione per un anno in barriques, dopo di che vengono aggiunti gli altri due vitigni. Color rame scarico. Intenso al naso, complesso, si percepiscono sentori di chinotto, di erba Iva (camomilla di montagna), di radici di genziana. Intenso anche al palato, asciutto, con note tanniche, si ripropongono i sentori di radici e di erba Iva, unitamente a quelli di fieno di montagna. Assai elegante e complesso. Un vino notevole, che ci è piaciuto moltissimo.

Batič: Angel Belo 2011 (40% Pinela, 20% Chardonnay, 20% Malvazija, 10% Rebula, 7% Laški Rizling, 2% Zelen, 1% Vitovska)
Vigneti di trent’anni su suoli marnosi. La composizione e la lavorazione di questo vino varia anno per anno. Color giallo dorato luminoso. Intenso al naso, ampio, si colgono sentori di buccia d’uva e di mela, mela matura, note floreali e d’erbe officinali. Dotato di buona struttura, sapido, asciutto, con note tanniche e buona vena acida, buona la persistenza su sentori di buccia d’uva.

Štokelj: Planta Bela 2017 (60% Chardonnay, 20% Rebula, 20% Pinela)
Suolo marnoso e vigneti di quindici anni d’età. Nove mesi tra barriques ed acciaio, un ulteriore mese in bottiglia. Color paglierino scarico, luminoso. Bel naso, intenso, con note vegetali (sedano) ed aromatiche, si colgono inoltre frutta bianca (pesca) e sentori agrumati. Fresco, pulito, con accenni aromatici e di melone, lunga la persistenza.

Cavit e il suo Riesling Renano Trentino "Una Tantum" 2014 - Garantito IGP


di Carlo Macchi

Un Riesling con i controc… zebedei! Annata tragica ma ti ritrovi un riesling a cui quasi non credono gli agronomi, gli enologi e infine i fortunati come me. Grande naso dove agrumi e idrocarburi si spalleggiano. 


Bocca con acidità viva ma accanto a corpo e complessità. Sbagliato il nome: meglio Una Spessum.

Ottomani - Chianti Colli Fiorentini 2016 è il Vino della Settimana di Garantito IGP

Presente la battuta delle elementari? “Chi fuma più di un turco? Un ottomano: una sigaretta per mano”. 


Per farmi perdonare la freddura ecco questo rosso di corpo antico e frutto pieno, quasi sovramaturo, maestoso ma senza ridondanze. Fatto con Sangiovese e Canaiolo da quattro agronomi (cioè otto mani) verso l’Impruneta. Con bistecca e funghi fritti, una bevuta solenne!

www.ottomanivino.com