Campania: i tre Bicchieri 2017 del Gambero Rosso

Bellezza e imprevedibilità. Sono le due carte del vino campano. In primo luogo, il vigneto regionale ci conduce su alcuni tra i siti più spettacolari dello stivale: la Costiera, le isole, le pendici di vulcani spenti, i monti picentini, parchi naturali a strapiombo sul mare come il Cilento. Su un territorio così frastagliato s’innesta un patrimonio ampelografico impareggiabile rilanciato da un numero di cantine di piccole e medie dimensioni in continuo aumento.

Trent’anni fa le cantine recensite nella prima edizione della Guida erano 8, quest’anno sono 106. La Campania del vino è difficile da contestualizzare, anche per la mancanza di un lavoro promozionale organico, ma è forse la regione che più di altre riserva il gusto della scoperta, dove più c’è da capire, raccontare e valorizzare. È fonte di vini autentici, espressivi, dall’imprevedibile evoluzione aromatica, saporiti, d’indole squisitamente mediterranea. In una parola, gastronomici. Il tutto a prezzi molto competitivi.
Tirando le somme, le degustazioni di quest’anno confermano uno scarto evidente: il livello dei bianchi è elevatissimo, con punte di eccellenza di livello internazionale, decisamente meno convincente la qualità media dei rossi per via di una gestione dei legni non sempre felice.
Partiamo dalle novità, ben quattro aziende centrano per la prima volta il massimo riconoscimento. Raffaele Moccia, l’artigiano dei Campi Flegrei, porta il Piedirosso nel circuito dei Tre Bicchieri; Ettore Sammarco, alla soglia degli 80 anni, piazza il colpo grosso con un vino che racconta una vigna terrazzata con vista da urlo su Ravello e ‘o mare; Maura Sarno vede premiata la sua tenacia con un Fiano di Avellino luminoso e ben ritmato; infine Mario Basco, alias Cacciagalli, si propone tra i più ispirati vignaioli regionali, con un vino contemporaneo, figlio di una viticoltura sana e tecniche di vinificazione ragionate e mai invasive: il suo Zagreo è tra i più goduriosi bianchi macerati d’Italia.
In totale sono 22 Tre Bicchieri. La vendemmia 2015 sorride al Fiano di Avellino, ben sei Tre Bicchieri, meno al Greco di Tufo, con alcuni campioni già molto pronti e meno taglienti del solito. Annata di luce e grande definizione per i vini della Costiera Amalfitana, con tanti vini piazzati in finale; buone notizie anche dal casertano e dal Sannio, distretto tra i più vitali e dal rapporto qualità prezzo più che attraente sul terreno dei bianchi. Nota a margine per il Taurasi, denominazione in chiaroscuro, di certo non supportata da millesimi poco felici, ma che evidenzia spesso scelte di cantina poco comprensibili. A mettere il carico sul profilo autentico e tutt’altro che lineare del panorama regionale, i nostri punteggi premiano di frequente i vini base, ribaltando le gerarchie aziendali.

Alois Caiatì 2014
Campi Flegrei Piedirosso 2015 Agnanum
Costa d'Amalfi Furore Bianco 2015 Cuomo
Costa d'Amalfi Ravello Bianco V. Grotta Piana 2015 Sammarco
Falanghina del Sannio Biancuzita 2014 Torre a Oriente
Falanghina del Sannio Janare 2015 Guardiense
Falanghina del Sannio Svelato 2015 Terre Stregate
Falanghina del Sannio Taburno 2015 Fontanavecchia
Fiano di Avellino 2015 Colli di Lapio
Fiano di Avellino 2015 Sarno 1860
Fiano di Avellino 2014 Picariello
Fiano di Avellino 2014 Rocca del Principe
Fiano di Avellino Pietramara 2015 Favati
Fiano di Avellino V. della Congregazione 2015 Villa Diamante
Greco di Tufo 2015 Pietracupa
Greco di Tufo V. Cicogna 2015 Ferrara
Montevetrano 2014 Montevetrano
Paestum Bianco 2015 San Giovanni
Sabbie di Sopra il Bosco 2014 Nanni Copè
Taurasi Coste 2011 Contrade di Taurasi
Trentenare 2015 San Salvatore

Zagreo 2015 I Cacciagalli

Calabria: i tre bicchieri Gambero Rosso 2017

Non è facile riassumere quello che è successo in un anno in una regione enologicamente così complessa e varia come la Calabria. Sicuramente dal punto di vista qualitativo si continua a crescere anche se, come testimonia l’istantanea annuale delle nostre degustazioni, i vini premiati non aumentano. Il gap tra le aziende leader e le altre continua a diminuire e anche abbastanza velocemente. Si è passati, infatti, dall’immobilismo di venti anni fa a un fermento che in pochi anni ha fatto crescere esponenzialmente il numero delle cantine che operano in Calabria e che ha portato anche le aziende storiche a mettersi al passo con i tempi, rivedendo strategie produttive e commerciali.

Così in quest’ultimo decennio molte cantine hanno incrementato la loro dotazione di vigneti, costruito nuove e moderne cantine, hanno ripreso a fare ricerca sui vitigni autoctoni e a lavorare sul territorio, e iniziato collaborazioni con enologi di fama mondiale. Allo stesso tempo è molto cresciuta l’attenzione nei confronti dell’ambiente e della sostenibilità, tanto che le aziende in regime di agricoltura biologica o biodinamica non si contano più sulle dita di una mano. E se le grandi aziende, soprattutto quelle del cirotano, si distinguono per la qualità dei loro vini, accanto a loro sta venendo fuori una nouvelle vague di giovani vignaioli che privilegiando l’approccio completamente naturale con la vite e il vino hanno già raggiunto dei risultati molto incoraggianti per il futuro. Da segnalare infine che qualcosa si sta muovendo anche nella provincia di Reggio Calabria, dove un paio di nuove aziende hanno inviato i loro vini alle nostre selezioni. Anche a Saracena stanno venendo fuori altri bravi produttori: a noi è molto piaciuto il Moscato Passito ’14 delle Cantine Diana. Infine lo spazio tiranno ci ha impedito anche quest’anno di segnalare diverse cantine meritevoli di una scheda, come Chimento, Criserà, Malena, La Pizzuta del Principe, Le Moire, Masseria Falvo, Scala e Zito.

Gravello 2014 Librandi
Grisara 2015 Ceraudo
Masino 2014 iGreco

Terroir Marche si presenta a Roma

I vignaioli di Terroir Marche, finalmente, sono sbarcati a Roma e all'interno del The Corner, il nuovo ristorante gestito da Marco Martini, hanno presentato alla stampa e al pubblico di appassionati della Capitale i principi e le idealità condivise da questo Consorzio che ad oggi conta ben 13 cantine associate per circa 118 ettari di vigneto. 


Foto: Primapaginaonline.it

Cosa accomuna questi piccoli grandi vignaioli è presto detto:

Il territorio e l’origine

Pensiamo che i prodotti agro-alimentari non siano merci come le altre. Sono prodotti che vedono la luce sulla e nella Terra. Per questo invochiamo il principio dell’origine, cioè del legame assoluto col territorio. Questo è il solo principio valido nell’identificare un prodotto agricolo poiché ne valorizza il territorio e le genti che vi abitano e che hanno contribuito alla evoluzione di una determinata qualità/specie. 
I territori e le varietà autoctone sono beni comuni.
Tale legame col territorio, però, non deve assolutamente essere interpretato come una difesa di localismi politici e identitari frutto dell’attaccamento conservatore alle radici, ma al contrario come un percorso per costruire una agricoltura cosmopolita, che leghi insieme le produzioni e le culture di tutto il mondo nella diversità dell’origine.

La terra e la sua difesa 

Vogliamo un nuovo rapporto con la terra. Quella stessa terra che un tempo era fonte di stenti e povertà, oggi può proporre una nuova visione dell’ambiente e dei rapporti sociali. Gli agricoltori devono porsi come difensori, e non sfruttatori, dei territori e delle terre. In questo senso l’agricoltura riveste un ruolo fondamentale come presidio ambientale.
In questo contesto, e non come semplice marchio commerciale, si colloca la nostra visione di agricoltura organica, biologica o bio-dinamica. 
Questa idea di agricoltura come presidio del territorio ci porta, conseguentemente, a sostenere tutte le forme di lotta delle comunità locali contro le grandi devastazioni ambientali.

Le relazioni sociali e produttive 

Condividiamo un’idea etica e solidale di economia. Un’idea che pone al centro l’uomo e la natura e per cui l’economia sia un mezzo e non il fine. Siamo convinti che il progresso si misuri secondo variabili che sono anche culturali e sociali; che un vino - ad esempio - non sia solo una merce con un determinato prezzo ma il risultato di una storia complessa, che vede il dispiegarsi continuo dei rapporti fra vignaioli, territori, stagioni, comunità locali. 
Pensiamo che vadano sviluppate tutte le forme possibili di economia e di distribuzione alternative che promuovono una visione umana del commercio, come i Gruppi di Acquisto Solidali, i mercati contadini locali, itineranti o biologici, le botteghe del commercio equo, la vendita diretta, la produzione per famiglie su prenotazione ed in generale tutte le forme che relazionano direttamente produttori e consumatori "critici", visti come co-produttori. Allo stesso tempo invochiamo l’agricoltura contadina (nelle sue molteplici forme di azienda famigliare, di piccola cooperativa, di piccola azienda a conduzione diretta) per la sua intrinseca capacità di esprimersi secondo relazioni produttive differenti da quelle della grande azienda industriale, incentrate sul conto/terzismo, sul lavoro precario e sul lavoro in nero, sullo sfruttamento, sulla rendita.

La tracciabilità dei prodotti e del prezzo

Il rapporto fra produttori e consumatori oltre che diretto deve essere trasparente. Per questo noi vogliamo certificare direttamente come lavoriamo la terra, quali sono i nostri rapporti con il lavoro ed il capitale, come trasformiamo i prodotti della terra e il prezzo di cantina a cui vendiamo gli stessi.

Rivendicare la terra, rivendicare la vita. 

Rivendicare la terra significa per noi rivendicare la vita, riappropriarci certamente del valore economico, ma riappropriarci anche di un intero mondo di relazioni, di tradizioni e di sentimenti, divenendo una comunità organizzata e diffusa che abbia coscienza che si è giunti ai limiti dell’irreversibilità dell’insensatezza globale.  Le prossime generazioni si troveranno costrette a produrre prevalentemente per riparare i danni delle produzioni precedenti.  Non abbiamo nulla contro la tecnologia e la scienza. Ciò che critichiamo è la riduzione della vita a macchina, la sostituzione di ogni elemento della vita con un prodotto di sintesi da laboratorio. Per questo ci batteremo contro gli Organismi Geneticamente Modificati. Gli Ogm costituiscono oggi la più grande minaccia alla sensibilità planetaria. Contro di essi non c’è tempo da perdere né alcuna possibilità di mediazione. 
La ricerca, la sperimentazione, le legislazioni permissive, l’uso degli Ogm costituiscono un crimine contro la terra e contro l’umanità. Occorre fare di tutto perché ciò non accada.


Durante la serata Giampaolo Gravina ha condotto un interessante laboratorio di degustazione dove sono stati presentati tredici vini rappresentativi dei vignaioli di Terroir Marche. Io, umilmente, ho preso qualche appunto che spero possa servirvi da stimolo per futuri approfondimenti e/o acquisti!


Peruzzi - Verdicchio Metodo Classico Dosaggio Zero 2011: Liana Peruzzi, dal 1998, produce solo spumante metodo classico usando il verdicchio proveniente dal suo vigneto di circa due ettari coltivato secondo il regime biologico. Questo spumante matura 40 mesi sui lieviti e si fa apprezzare per un perlage setoso e per una sapidità a tratti irriverente che invita continuamente alla beva. Bellissima scoperta!


Valturio - Tamerice 2015l'azienda nasce nel 2002 sul progetto ambizioso di riportare il Montefeltro, regione di confine a cavallo di Marche, Toscana e Romagna, alla produzione di vino di alto livello. Dal sapiente uvaggio di moscato, incrocio Manzoni e viognier, nasce questo vino dall'anima estroversa e gioviale la cui aromaticità dona carattere senza alcun eccesso.


Paolini & Stanford Winery - B54 2015: Raffaele e Dwight sono i due soci fondatori di questa cantina dal respiro internazionale specializzata sui vini rossi ma che, come in questo caso, non disdegna di fare delle prove anche sui bianchi. Questo vino, ad esempio, è un incrocio Bruni al 100% (incrocio per impollinazione di verdicchio di Jesi e sauvignon blanc) che si fa apprezzare per un corredo aromatico composto da fiori gialli e frutta matura e per un sorso estremamente salino con finale quasi "acciugoso". 


La Marca di San Michele - Capovolto 2015: da una delle aziende simbolo di Terroir Marche, essendo tra i suoi soci fondatori, nasce questo vino che da anni è un inno alla territorialità di Cupramontana anche in una annata, come la 2015, decisamente calda e difficile da gestire sia in vigneto che in cantina. Vino bandiera!




La Distesa - Terre Silvate 2015: altra azienda fondamentale per il Consorzio grazie all'estro di Corrado Dottori che pur condividendo con La Marche di San Michele lo stesso territorio, dà vita come sempre ad un verdicchio molto più "estremo" o, per dirlo alla Gravina, scarsamente civilizzato che sicuramente non passa inosservato per personalità e dinamismo. Una volta bevuto lo si ricorderà per sempre, parola mia!

Col di Corte - Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore "Vigneto di Tobia" 2015 : questa azienda giovanissima, con vigneti tra Montecarotto ed Ostra, produce due Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico di cui questo, derivante da una unica parcella, rappresenta la versione più rappresentativa. All'olfattiva conquista per finezza agrumata e floreale mentre alla gustativa è assolutamente coerente ed armonico donando un finale di assoluta purezza sapida. Bellissima scoperta!



Di Giulia - Il Grottesco 2013: Giulia Fiorentini gestisce tre ettari di vigneto a Cupramontana e questo verdicchio, fuori dalla DOC, mi ricorda molto il vino di Dottori per il suo essere ribelle e poco avvezzo ad essere inquadrato nonostante il suo respiro agrumato e la sua chiusura asciugante e "buccioso". Sono sicuro che Giulia stia ancora cercando la sua strada ma se questa è la direzione sono sicuro che la meta non è lontana.

PievaltaVerdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2013: altra azienda fondatrice del Consorzio e altro Verdicchio di assoluto valore grazie ad un delizioso equilibrio tra l'aspetto mediterraneo del vino e quello della freschezza ben ben si fondono donando una persistenza solida e territoriale di qualità sopraffina.

La Valle del Sole - Pecorino 2014: situata nella valle di Offida, questo piccola azienda marchigiana, che è anche agriturismo, ha creduto da sempre nel biologico e nella riscoperta delle uve locali del territorio Piceno come questo pecorino in purezza che si fa ricordare per il suo carattere molto "minimal" che rende la beva di grande piacevolezza nonostante manchino i soliti acuti aromatici a cui spesso siamo abituati quando degustiamo questa tipologia di vino.



Pantaleone - Onirocep 2013: il nome del vino è un piccolo gioco visto che se lo leggete al contrario vi riporterà al nome del vitigno che, tempo fa, non poteva essere menzionato in etichetta in quanto l'azienda non si trovava in zona DOC. Oggi, invece, Nazzareno Pantaloni e le figlie Federica e Francesca si trovano in zona Doc Faleria (la denominazione è stata allargata territorialmente) e producono a Colonnata Alta, sulle montagne vicino ad Ascoli Piceno, dove il panorama, caratterizzato da calanchi, sembra essere più adatto alla coltivazione di Müller-Thurgau o pinot bianco. Questo pecorino, di converso, è algido e verticale ed è assolutamente dirompente per bontà e territorialità.



Fiorano - Giulia Erminia 2014: questo pecorino in purezza, che fermenta e affina per 12 in tonneau di rovere francese, durante la degustazione è risultato estremamente giovane con ancora del legno da digerire. Più interessante è invece il Donna Orgilla la cui vinificazione in acciaio preserva tutte le caratteristiche del vitigno dotato in questo caso di notevole spessore agrumato e minerale.

Aurora - Fiobbo 2014: da molto tempo il Fiobbo rappresenta un punto di riferimento per chi cerca un pecorino elegante ma al tempo stesso slegato dagli senza eccessi aromatici a cui spesso siamo abituati bevendo questa tipologia di vino. L'annata 2014, con il suo clima freddo e piovoso, regala un pecorino dal passo decisamente lento che dovrà sicuramente dialogare col tempo per potersi esprimere ai massimi livelli. Intendiamoci: io lo amo anche ora questo vino!!

Vigneti Vallorani - Avora 2010: Rocco Vallorani chiude la degustazione di Terroir Marche con un grande ma poco conosciuto Falerio DOP, prodotto in tiratura limitata di 6660 bottiglie marchiate e registrate a mano, il cui uvaggio è composto da un sapiente mix di uve locale come passerina e pecorino (proveniente da vigneti di circa 25 anni) e trebbiano (vigneti di circa 45 anni). Sei anni di affinamenti in bottiglia regalano a questo vino una complessità inaspettata che giocata su note olfattive di fieno, camomilla, ginestra essiccata, agrume candito e tanta sapidità che ritrovo anche al sorso dove l'armonia di fondo è costantemente incalzata senza posa da una spinta acida e sapida che terminano in una persistenza salmastra di grande impatto. Grandissimo vino e grandissima sorpresa finale. Grazie Rocco!


Foto: almavinocuatre.blogspot.com

Tre Bicchieri 2017 Toscana Gambero Rosso

È ancora la Toscana la regione più premiata dalla Guida dei Vini quest’anno e, dato ancor più rilevante, è anche la regione con il maggior numero di aziende che ottengono per la prima volta i Tre Bicchieri, ben 10, decisamente sopra il 10 percento del totale regionale, che quest’anno si attesta a 80.


Nella zona del Chianti Classico Cigliano raggiunge la meta, insieme a Torre a Cona, nei Colli Fiorentini e a Istine, bellissima realtà guidata da Angela Fronti. A questi si aggiungono i 16 Tre Bicchieri ad altri Chianti Classico e gli 8 igt sempre dal medesimo areale. Niente male per una zona che a torto (e quanto!) viene considerata sonnacchiosa, ostaggio delle storiche realtà, incapace di rigenerarsi. Speriamo che se ne convincano presto i produttori stessi, che trovino così il modo di valorizzare – anche dal punto di visto economico visto il prezzo ancora troppo basso delle uve a denominazione – il patrimonio di cui dispongono.

A Montalcino i premi sono 14, di cui uno, quello di Uccelliera, va al Rosso. Le Riserve ’10 battono - di poco - i Brunello ’11 7 a 6. Qui val la pena sottolineare come la 2011 sia nei fatti un’annata molto valida, che rischia ingiustamente di venir adombrata da una 2010 tanto enfatizzata. Anche a Montalcino due realtà neotrebicchierate, Tenuta di Sesta e Giodo, la piccola realtà dell’enologo Carlo Ferrini.

Con l’annata 2013 tornano a brillare intensamente i Bolgheri, 11 i vini premiati che arrivano dall’areale. Grande equilibrio, tensione e struttura, tannini perfettamente maturi e, ci scommettiamo, anche capacità di invecchiamento. Qualcosa si muove anche qui visto che entra in Guida con i Tre Bicchieri Fabio Motta e il suo Le Gonnare ‘13. La denominazione del Nobile di Montepulciano conferma la sensazione avuta già lo scorso anno, con vini sempre più a fuoco, soprattutto nella componente tannica, che i particolari terreni della zona tenderebbero di loro natura a rendere ostica. Anche qui una new entry, Tenuta di Gracciano della Seta.

La Maremma - Morellino e Montecucco - non sta certo ferma a guardare e continua a essere vincente quando lo stile è sottrattivo più che muscolare, che quando il territorio e il clima sono generosi l’uomo deve imparare ad alleggerire la mano, non certo ad appesantirla. Qui tra le aziende premiate per la prima volta Antonio Camillo e il suo Maremma Toscana Ciliegiolo Vigna Vallerana Alta ’14, una lettura elegante e raffinata del delicato vitigno. Eleganza, raffinatezza e delicatezza anche per il Pinot Nero ’13 Podere della Civettaja, dall’Appennino Toscano con ribelle ostinazione.

Baron'Ugo 2012 Monteraponi

Bolgheri Camarcanda 2013 Ca' Marcanda

Bolgheri Rosso Sup. 2013 Sapaio

Bolgheri Rosso Sup. Grattamacco 2013 Grattamacco

Bolgheri Rosso Sup. Millepassi 2013 Donna Olimpia 1898

Bolgheri Rosso Sup. Paleo 2013 Macchiole

Bolgheri Sassicaia 2013 San Guido

Bolgheri Sup. Le Gonnare 2013 Motta

Bolgheri Sup. Ornellaia 2013 Ornellaia

Bolgheri Sup. Podere Ritorti 2013 Luoghi

Bolgheri Sup. Sondraia 2013 Poggio al Tesoro

Brunello di Montalcino 2011 Poggio di Sotto

Brunello di Montalcino 2011 Chiuse

Brunello di Montalcino AdAlberto Ris. 2010 Caprili

Brunello di Montalcino Giodo 2011 Giodo

Brunello di Montalcino Madonna delle Grazie 2011 Marroneto

Brunello di Montalcino Nello Ris. 2010 Baricci

Brunello di Montalcino Ris. 2010 Capanna

Brunello di Montalcino Ris. 2010 Canalicchio di Sopra

Brunello di Montalcino Ris. 2010 Tenuta di Sesta

Brunello di Montalcino Ris. 2010 Biondi Santi - Tenuta Il Greppo

Brunello di Montalcino Trentennale 2011 Talenti

Brunello di Montalcino V. Schiena d'Asino 2010 Mastrojanni

Brunello di Montalcino V. V. 2011 Ragnaie

Carmignano Le Farnete Ris. 2013 Farnete/Cantagallo

Carmignano Ris. 2013 Piaggia

Castello del Terriccio 2011 Castello del Terriccio

Cepparello 2013 Isole e Olena

Chianti Cl. 2014 Borgo Salcetino

Chianti Cl. 2013 Val delle Corti

Chianti Cl. 2013 San Felice

Chianti Cl. Bugialla Ris. 2013 Poggerino

Chianti Cl. Cigliano 2013 Cigliano

Chianti Cl. Gran Sel. 2013 Castello d'Albola

Chianti Cl. Gran Sel. Colledilà 2013 Barone Ricasoli

Chianti Cl. Gran Sel. Riserva di Fizzano 2013 Rocca delle Macìe

Chianti Cl. Gran Sel. San Lorenzo 2013 Castello di Ama

Chianti Cl. Lamole di Lamole Et. Bianca 2013 Lamole di Lamole

Chianti Cl. Le Vigne Ris. 2013 Istine

Chianti Cl. Ris. 2013 Brancaia

Chianti Cl. Ris. 2013 Castello di Volpaia

Chianti Cl. Ris. 2013 Castello di Radda

Chianti Cl. Ris. 2013 Lilliano

Chianti Cl. Ris. 2013 Nittardi

Chianti Cl. Villa Cerna Ris. 2013 Cecchi

Chianti Colli Fiorentini Badia a Corte Ris. 2013 Torre a Cona

Chianti Rufina Nipozzano V. V. Ris. 2013 Frescobaldi

Colline Lucchesi Tenuta di Valgiano 2013 Valgiano

Cortona Syrah Il Bosco 2012 Tenimenti Luigi d'Alessandro

Do ut des 2013 Carpineta Fontalpino

Duemani 2013 Duemani

I Sodi di S. Niccolò 2012 Castellare di Castellina

Le Pergole Torte 2013 Montevertine

Maremma Toscana Baffo Nero 2014 Rocca di Frassinello

Maremma Toscana Ciliegiolo V. Vallerana Alta 2014 Camillo

Maremma Toscana Sangiovese Carandelle 2015 San Cristoforo

Montecucco Rosso Ris. 2013 Colle Massari

Montecucco Sangiovese Ad Agio Ris. 2012 Basile

Morellino di Scansano Madrechiesa Ris. 2013 Terenzi

Morellino di Scansano Ris. 2013 Roccapesta

Nobile di Montepulciano 2013 Dei

Nobile di Montepulciano I Quadri 2013 Bindella

Nobile di Montepulciano Il Nocio 2012 Boscarelli

Nobile di Montepulciano Ris. 2012 Tenute del Cerro

Nobile di Montepulciano Ris. 2012 Gracciano della Seta

Orma 2013 Orma

Petra Rosso 2013 Petra

Petresco 2012 Cinciole

Pinot Nero 2013 Civettaja

Rosso di Montalcino 2014 Uccelliera

Saffredi 2013 Pupille

Sangioveto 2010 Castello di Monsanto

Siepi 2013 Castello di Fonterutoli

Terre di Pisa Nambrot 2013 Ghizzano

Tignanello 2013 Antinori

Valdarno di Sopra Galatrona 2013 Petrolo

Valdarno di Sopra V. dell'Impero 2013 Sette Ponti

Vernaccia di S. Gimignano Albereta Ris. 2013 Colombaio di Santa Chiara

Vernaccia di S. Gimignano Carato 2012 Montenidoli

Vin Santo di Carmignano Ris. 2009 Capezzana

Sardegna: i tre bicchieri 2017 del Gambero Rosso


Se si osservano i vini premiati, ma anche la moltitudine delle etichette che conquistano le finali o i Due Bicchieri, si arriva facilmente a dedurre che la strada intrapresa diversi anni fa è a buon punto. Parliamo di un percorso basato esclusivamente sui grandi vitigni della tradizione, coltivati però solo nelle zone in cui vale veramente la pena operare, al fine di produrre vini di alta qualità che possano ben figurare nei mercati globali. E così che, nonostante le varie denominazioni regionali non valorizzino i territori più piccoli e circoscritti, gli assaggi di quest’anno ci portano verso aree che oramai da tempo dimostrano essere particolarmente vocate. A tutto questo si aggiunge una buona annata 2015 - per quanto più calda, meno equilibrata e quindi non ai livelli della precedente - capace di offrire alcune grandissime etichette e tantissimi vini piacevoli, sebbene da consumare nel breve periodo.
Tra i bianchi, fa piacere riscontrare ottime perfomance non solo della nota Gallura, ma anche di altre zone come il Campidano o il nord ovest dell’Isola. Sui rossi netta affermazione del Cannonau di Sardegna nelle zone ad alta vocazione (dall’Ogliastra alla Barbagia, passando per il sud), risultati soddisfacenti arrivano dal Sulcis col Carignano e belle sorprese da altri autoctoni purtroppo non disciplinati da denominazioni, come nieddera o barbera sarda. Riguardo ai premi non mancano sia conferme sia novità.
Alcuni vini sono una vera e propria garanzia anno dopo anno. Tra questi senza dubbio il Cannonau di Sardegna Dule di Gabbas o il Capichera dell’omonima azienda di Arzachena, così come il Vermentino di Gallura Sciala di Surrau, lo Stellato di Pala (buonissimo Vermentino di Sardegna), i Carignano del Sulcis di Mesa e Giba e il D53, grande esempio di Cannonau ogliastrino. Ottimo risultato inoltre per il Barrile di Contini (ottenuto da uve nieddera) e per il Cuvée 161 di Sella & Mosca (frutto dell’uva torbato), entrambi ambasciatori della biodiversità ampelografica. Rappresentano invece delle vere novità ben tre vini: il Senes ’12 di Argiolas, alla sua prima annata, è un Cannonau che affascina per tipicità ed eleganza; il Falconaro ’11 è ottenuto da un blend da uve tradizionali e fa si che la Cantina di Dolianova conquisti per la prima volta l’ambito premio; grandioso, infine, il Latinia ’10 di Santadi, che dimostra quanto sia grande il potenziale sardo nel produrre vini dolci da uve passite.

Alghero Torbato Terre Bianche Cuvée 161 2015 Sella & Mosca
Barrile 2013 Contini
Cannonau di Sardegna Cl. D53 2013 Dorgali
Cannonau di Sardegna Cl. Dule 2013 Gabbas
Cannonau di Sardegna Senes Ris. 2012  Argiolas
Capichera 2014 Capichera
Carignano del Sulcis 6Mura 2011 Giba
Carignano del Sulcis Buio Buio Ris. 2013 Mesa
Falconaro 2011 Dolianova
Latinia 2010  Santadi
Vermentino di Gallura Sup. Sciala 2015 Surrau
Vermentino di Sardegna Stellato 2015 Pala

Ka Manciné - Sciakk 2012 è il Vino della settimana di Garantito IGP



Sono sicuro che neanche Maurizio Anfosso abbia mai bevuto il suo rosato da rossese di questa età. Naso di ruggine e frutta rossa essiccata mentre al sorso, dopo aver fatto un giro per le montagne russe, allunga sapido con ritorni marini. Ad avercene ancora…


www.kamancine.it


Il Rosato 2015 di Podere Sanlorenzo - Garantito IGP

Luciano Ciolfi, anima di Podere Sanlorenzo, ci è "ricascato" e, dopo aver prodotto nel 2014 il suo primo rosato, ha deciso di concedere il bis visto l'enorme successo di vendite avuto.

E così, anche nel 2015, annata dalle temperature bollenti e totalmente agli antipodi rispetto alla precedente, il nostro bravo vignaiolo di Montalcino ha deciso di allietare di nuovi i palati di noi appassionati di vino proponendo un rosato da sangiovese vinificato come lo scorso anno, ovvero attraverso... il salasso (ndr).


Il colore del vino, un rosato molto intenso la cui scala cromatica supera abbondantemente il chiaretto, fin da subito fa percepire che di fronte a noi un liquido che più che ballare sulle punte come un'abile ballerina è in realtà un abile centometrista dotato di muscoli e vigore agonistico.

Tutte le nostre supposizioni vengono ovviamente confermate al naso dove il rosato di San Lorenzo denuncia il carattere dell'annata ovvero mostra i muscoli e tutto l'ardore di un sangiovese in purezza dove la ciliegia sotto spirito assieme a sensazioni di fiori secchi e note iodate rappresentano un quadro aromatico di grande impatto e che non lascia spazio ad ulteriori interpretazioni. Luciano è un vignaiolo vero e così sono i suoi vini ovvero sinceri e territoriali fino al midollo.


Il sorso è coerente e la sua struttura e un leggero tannino non fanno altro che evidenziare che questo Rosato, alla cieca, potrebbe essere tranquillamente scambiato per un ottimo rosso da sangiovese.
 
Come si dice a Roma, è la morte sua se abbinato ad una ottima bistecca al sangue. Bravo Luciano, avanti così!!!

Whispering Angel, il rosé che batte tutti i record è il Vino della settimana di Garantito IGP

Di Angelo Peretti

Ora il Whispering Angel è forse il rosé più famoso al mondo.
L’anno scorso ha venduto due milioni e mezzo di bottiglie, quest’anno chiuderà sui tre milioni e mezzo, il prossimo anno pare punti a sette milioni.
Colore chiarissimo, fruttini, spezie, sale. La Provenza nel bicchiere, a 16 euro in enoteca.
Côtes de Provence Whispering Angel 2015 Château d’Esclans

Paltrinieri, ossia il Sorbara del Cristo - Garantito IGP

Di Angelo Peretti

C’è stato un tempo in cui i carrettieri si fermavano al Cristo, per rifocillarsi e far riposare i cavalli, e ci si è fermato anche Mario Soldati coi suoi cineoperatori quando girava l’indagine sulle valli del Po nei primi anni della televisione. Oggi la trattoria con l’edicola votiva del Cristo è chiusa, ma i campi lì intorno hanno preso il suo stesso nome. Terra buona, fertile, là dove la Secchia e il Panaro fanno una gobba che li avvicina. Non serve neanche irrigare. Fossimo in Francia, quella porzione di campagna modenese la chiameremmo gran cru. Siamo in Italia, non abbiamo mai classificato sul serio le vigne migliori, e per di più non abbiamo ancora voluto metterci in testa l’idea che il Lambrusco, e permettetemi, soprattutto il Lambrusco ben poco colorato, fatto con le uve del Sorbara, è un vino di quelli che ti ci dovresti spellare le mani dagli applausi.


A far rinsavire anche i più scettici ci pensano le bottiglie di Alberto Paltrinieri e della moglie Barbara, che hanno casa e vigne proprio lì al Cristo, frazione di Sorbara del comune di Bomporto, provincia di Modena, Emilia.
Il primo che prese a piantar vigne fu nonno Achille, chimico e farmacista, nel 1926, e poi il figlio Gianfranco s’è allargato negli anni del boom economico. A ciascuno dei figli lasciò quattro biolche di terra. Ora gli ettari di Alberto e Barbara sono quindici, tutti al Cristo, appunto. Il vigneto non è un corpo unico, ma poco ci manca, ché fra i due punti più lontani ci sarà sì o no un chilometro. Il più vicino è a una manciata di metri dalla soglia di casa.
Le uve sono quelle del lambrusco di Sorbara, più qualcosa di salamino, che fa da impollinatore.
Che cosa caratterizza il lambrusco di Sorbara? Poco colore – e il vino ne viene fuori rosato, mica rosso - e spiccata acidità. Niente sdolcinature, aggiungo. I Sorbara son vini seri, secchi. Con le bolle, ovvio.
Alberto e Barbara il Sorbara lo adorano. Ci fanno ben cinque vini, usandolo in purezza. Due sono spumanti, e uno dei due è un metodo classico (e sono entrambi notevolissimi, seppur assai diversi l’un l’altro). Tre sono frizzanti. Poi, ci sono altre due versioni di Lambrusco in casa Paltrinieri, e sono un Sorbara “classico” col salamino e un Emilia, l’unico rosso nella coloritura. In tutto fanno sette interpretazioni lambruschiste, e qui di seguito cerco di raccontarle tutt’e sette in poche righe.

Lambrusco di Modena Grosso metodo classico 2013 Paltrinieri
Trenta mesi sui lieviti. Colore bellissimo, buccia di cipolla. Asprigno, citrino. Ribes, marasca, mandarino, kumquat. Bolla finissima. Si strabeve. Gran vino. Chapeau.
(93/100)

Lambrusco di Sorbara Riserva Brut Lariserva 2014 Paltrinieri
Il rosa è splendido e poi – wow! – che naso. Spezia finissima e fruttini. Ha il frutto croccantino e polposetto, però anche una bella traccia agrumata. Lunghissimo.
(88/100)

Lambrusco di Sorbara Leclisse 2015 Paltrinieri
Charmat di tre mesi abbondanti. Fiori di pesco brillante nella tonalità. E poi che beva! Fruttino, fruttino, fruttino che non finisce più. Golosissimo.
(92/100)

Lambrusco di Sorbara Sant’Agata 2015 Paltrinieri
Un frizzante secco. Il più scuretto - rosa corallo - fra i Sorbara in purezza. Caramellina al lampone. Da mettere su piatti ruspanti.
(78/100)

Lambrusco di Sorbara Radice 2015 Paltrinieri
Che colore! Un rosa perlaceo spettacolare. Si beve con gli occhi. Però soddisfa e tanto anche all’assaggio. Il frutto è masticabile. Fa la presa di spuma in bottiglia.
(91/100)

Lambrusco di Sorbara Piria 2015 Paltrinieri
Un classico blend di Sorbara e salamino. Rosa fior di pesco nella tinta. La ciliegia e mela tendono all’asprigno. Poi il succo dei lamponi. E fiori.
(80/100)

Lambrusco dell’Emilia Solco 2015 Paltrinieri
Un cambio di registro netto. L’unico Lambrusco rosso. O meglio, tra rosso, violaceo e nero. Poi, fruttini, arancia, pepe. Morbidezza. Va giù un calice dopo l’altro.
(88/100)