Tetramythos e la Grecia sbarca su Percorsi di Vino

E' bello avere come amico Costas Linardos, deus ex machina del sito Ellenika.it, perchè oltre a parlarti della sua Grecia, della quale conosce ogni angolo, è anche un grandissimo amante dell'enogastronomia locale e, non di rado, quando ci vediamo in qualche wine bar di Roma porta sempre qualche chicca da farmi scoprire.


L'ultima volta che ci siamo incontrati, come al solito, tra il serio ed il faceto mi ha ripetuto che:"Questi vini, che poi sono quelli che distribuisco, difficilmente vengono proposti ai turisti in vacanza e credo siano lontani, per qualità, da quello che, comunemente, si intende per vino greco. La Grecia del vino non è, per fortuna, solo vino sfuso o solo Retsina di basso livello...e spero, stasera, di dimostrartelo ancora una volta. Ma, per il buon nome (o cattivo!) della Retsina,la prossima volta che ci vediamo ti porterò una Retsina di qualità, BIO e, per buona parte, fermentata in anfora!"

Bere greco mi diverte sempre e per un appassionato come me è sempre una bella sorpresa scoprire l'esistenza di realtà vitivinicole di grande qualità che dietro hanno una storia fatta di intraprendenza e duro lavoro, credendoci sempre nonostante le difficoltà non solo economiche in cui il Paese versa.

Questo è il caso azienda vinicola Tetramythos che si trova in un luogo unico al mondo come il nord del Peloponneso, esattamente ad Ano Diakopto, sulle pendici del monte Chelmos (Aroania). Un luogo unico, come detto, non solo per la bellezza del paesaggio ma anche per il microclima presente che è influenzato enormemente dalla striscia di mare di 25 miglia per 80 costituita dal Golfo di Patrasso e dal Golfo di Corinto i quali creano condizioni di brezza costante con un effetto raffreddamento non indifferente rispetto alle zone del Peloponneso centrale. Mare ma anche e, soprattutto, montagna perchè la viticoltura dell'azienda possiamo definirla quasi estrema visto che gli attuali 14 ettari di vigneto, composto da varietà autoctone (Roditis, Mavro Kalavritino, Agiorgitiko, Malagouzia) ed internazionali (Sauvignon Blanc, Merlot, Cabernet Sauvignon), sono situati ad una altitudine tra i 600 e i 1050 metri s.l.m. Condizioni simili ad una Valle d'Aosta col mare a picco!

Parte dei vigneti. Fonte: www.snooth.com

Tetramythos è stata fondata formalmente nel 1999 dai fratelli Aristides e Stathis Spanos anche se già nel 1997, quando i loro vigneti erano già stati certificati BIO, vendevano le loro uve ad altri vignaioli della zona. La vera svolta della loro vita, enologicamente parlando, i fratelli Spanos ce l'hanno solo qualche anno più in là, nel 2004, quando incontrano l'eclettico enologo Panagiotis Papagiannopoulos, che dà nuova linfa a tutta la produzione portandola a livelli qualitativi eccelsi grazie anche alla costruzione della nuova cantina con tecnologie più moderne e all'avanguardia per il territorio.

Come detto in precedenza, la storia di Tetramythos è costellata anche grandi difficoltà come quando, nell'estate 2007, un vasto incendio di tutta l'area si è portato via nella notte tutta la nuova cantina e buona parte delle viti di proprietà. Un disastro, tremendo, che è stato parzialmente alleviato dagli aiuti dei tanti colleghi vignaioli locali e da quel pizzico di fortuna, chiamiamola così, che ha sottratto al fuoco la parte alta del vigneto le cui uve, fino a quando nel 2009 non si è costruita la nuova cantina con gli aiuti UE, sono state vinificate in altre cantine della zona.

Parte della nuova cantina

Costas mi ha portato a degustare uno dei loro bianchi, il Roditis Tetramythos (100% roditis) la cui uva, dal particolare colore rosa, è molto popolare nell'Attica, in Macedonia, in Tessaglia e, ovviamente, nel Peloponneso.

Grappolo di Roditis

Le uve, provenienti da quattro vigneti tra i 14 e i 34 anni situati ad un'altezza che varia tra i 600 e gli 800 metri di altitudine con esposizione nord, sono state vinificate (in bianco) in tini di acciaio usando lieviti autoctoni per l'80%. Dopo pochi mesi di affinamento in bottiglia il vino esce finalmente in commercio e si presenta con un caleidoscopio odoroso di pesca gialla, buccia di limone, muschio, sambuco che fanno da contorno ad un impianto aromatico di viva freschezza e sapidità. 

Al sorso è equilibrato, elegante, declinato su importanti note di sapidità che bel bilanciano una struttura dove è presente un lieve residuo zuccherino. Bella la scia finale, molto agrumata, che invita nuovamente alla beva. Vino molto diretto e piacevole che farà la sua "sporca figura" soprattutto a tavola. Costas mi dice che spesso accompagna il Roditis Tetramythos a piatti di pesce, fritti e all'immancabile feta greca.  



Nell'attesa di provare gli abbinamenti vi consiglio di fare un giro nel sito e di acquistarne una bottiglia di prova. Vi piacerà!



Fattoria Nittardi tra Michelangelo, Chianti Classico e Maremma Toscana

Tra le colline di San Donato, Castellina in Chianti e Panzano c'è un posto chiamato Fattoria Nittardi  dove il canone estetico del bello trova la sua massima fonte di ispirazione. 
Nel cuore del Chianti Classico, nella sua splendida tenuta, mi aspetta Leon Femfert che durante la passeggiata all'interno del Parco delle Sculture, con opere firmate da artisti come Miguel Berrocal e Horst Antes, mi racconta un pò della sua vita e della sua azienda.

"Sai, Andrea, è da poco che sono alle redini di Fattoria Nittardi, prima ho lavorato in giro per il mondo per farmi un pò  le ossa, la mia ultima esperienza l'ho fatta in Cile presso Lapostolle. Mio padre Peter e mia madre Stefania hanno acquistato la tenuta nel 1981 e da allora si sono divisi tra la Germania, dove lavorano come editori di arte, e la Toscana, perchè il vino per loro è un'altra espressione del genio umano, proprio come queste sculture o i dipinti che dopo ti mostrerò".

Mentre andiamo a visitare le vigne attorno alla proprietà, passiamo accanto ad una bellissima torre fortificata. Non faccio in tempo a girarmi per chiedere lumi che Leon, con un sorriso, mi dice che:"....qua il connubio tra arte e vino è sempre stato di casa. Nel XII secolo la struttura era nota come 'Nectar dei' e, pensa, nel XVI secolo divenne di proprietà di Michelangelo che nel 1559, mentre realizzava la Cappella Sistina, scrisse al nipote Lionardo di preferire due botti di vino piuttosto che 8 camice. Per l'occasione si fece inviare il vino di Nittardi per fare un dono genuino a Papa Giulio II".

Una breve passeggiata in mezzo al bosco ci conduce verso i vigneti, tutti di proprietà, che si estendono per circa 12 ha tra Nittardi e Castellina in Chianti ad altezze di circa 450 metri s.l.m. La maggior parte sono a sangiovese, con piante sia giovani che vecchie, mentre una zona residuale è dedicata al canaiolo e al merlot.




Passando tra i filari si nota come le vigne poggiano sul "classico" terreno ricco di alberese anche se, a distanza di pochi metri, non mancano zone maggiormente ricche di argilla e ferro.



La cantina, costruita nel 1995, dista solo un centinaio di metri dai vigneti e dalla casa padronale. Questo è il regno di Carlo Ferrini, che segue l'azienda fin dall'inizio, anche se ad attenderci c'è Roberto Geloni, il fido cantiniere. 
Prima di entrare nella sala di fermentazione, composta esclusivamente da vasche d'acciaio a temperatura controllata, superiamo un piccolo cortile con all'interno tre sculture di ceramica firmate Friedensreich Hundertwasser. Arte e vino, il legame continua.


Foto: Hermann Hops

Da notare che in questa cantina vengono vinificate anche le uve della tenuta maremmana di Nittardi che dal 1996, tra Magliano e Scansano, ha messo a dimora circa 17 ha di vigneto diviso tra uve "autoctone" (sangiovese ed alicante) e internazionali (merlot, cabernet sauvignon, syrah, petit verdot, cabernet franc).

La sala affinamento, ça va sans dire, rispecchia molto la filosofia enologica di Ferrini per cui spazio all'uso di barrique e tonneaux di vari legni e diverse tostature.




Decidiamo che è giunta l'ora di andare di bere. Un'altra breve passeggiata ci riporta verso la casa padronale, adibita anche ad agriturismo di charme, dove ci accoglie una bellissima sala degustazione con all'interno una miriade di quadri colorati inerenti al vino. Leon mi spiega che la sua famiglia, fin dal 1981, chiede annualmente ad un artista di fama internazionale di realizzare per il Chianti Classico "Casanuova di Nittardi" l'etichetta e la velina che avvolge le bottiglie. In questi anni hanno collaborato con l'azienda artisti come Yoko Ono,  Günter Grass (Premio Nobel per la Letteratura) e il nostro Dario Fo.



Il quadro con l'etichetta di Dario Fo
L'etichetta di Yoko Ono
Il wine tasting proposto da Leon Femfert ha previsto sia vini chiantigiani che maremmani. Qui seguito le mie considerazioni.

Ben 2012 (100% vermentino): al naso rivela profumi molto franchi di melone bianco, pesca, mandorla con l'aggiunta di sbuffi salmastri. Al sorso si rivela molto territoriale, la salinità del vino passa in evidenza e mantiene il sorso fresco e in ottimo equilibrio. Finale abbastanza persistente e sapido. Il vino fa solo acciaio.


BEN 2012
Ad Astra 2011 (50% sangiovese, 25% cabernet sauvignon, 12,5% alicante, 12,5% syrah): naso molto giovane dove ancora evidenti emergono le note di legno, tabacco trincerato, frutta di bosco e liquirizia. La bocca è di bella struttura, avvolgente, equilibrata e dotata di un finale molto persistente dove ritornano le spezie dolci e la frutta nera matura. Affinamento: parte del vino in contenitori di acciaio inox e parte in barriques di rovere francese da 225 l per 6 mesi.


Ad Astra 2011
Chianti Classico "Casanuova di Nittardi" 2011 (97% sangiovese, 3% canaliolo): naso molto territoriale dove spiccano le note di fiori, ciliegia, muschio, note terrose e spezie orientali. Sorso molto equilibrato, dinamico, con una portante nota fresco-sapida a dare slancio ad un finale di buona persistenza con ritorni minerali. Affinamento: 6 mesi in barriques di rovere francese (secondo passaggio), 6 mesi in bottiglia.

Casanuova di Nittardi 2011

Chianti Classico Nittardi Riserva 2010 (95% sangiovese, 5% merlot): rispetto al suo "fratellino minore" degustato in precedenza questo vino si caratterizza per una maggiore profondità e per una diversa struttura. C'è più concentrazione, nel frutto, nel floreale, nel minerale prevale una componente più maschia e più virile che solo il tempo potranno "alleggerire". Sorso morbido con ampi tannini ad accompagnare un finale lungo dai toni di china e rabarbaro. Da aspettare, rigorosamente, Affinamento: 2 anni in tonneaux, 1/3 di primo passaggio.


Nittardi Riserva 2010

Nectar Dei 2010 (40% cabernet sauvignon, 30% merlot, 20% syrah, 10% petit verdot): il "supermaremmano" di casa Nittardi si rivela ricco fin dall'impenetrabile colore, che ricorda il succo di mirtillo. Segue una avvolgente naso di mora, macis, pepe nero, cioccolato, curcuma e liquirizia. Bocca piena, vellutata, con potenti venature fruttate e minerali e tannini fitti e abbastanza dolci. Chiude, lunghissimo, su note di spezie nere e china. Da provare su una bistecca di vacca Maremmana. Affinamento: 16 mesi di barrique a cui seguono 6 mesi di bottiglia.


Nectar Dei 2010

Sois Mignon di Oliver Lemasson ovvero un altro modo di chiamare il sauvignon naturale della Loira

Alcune bottiglie, a volte, hanno dietro una storia travolgente, fatta di passione e testardaggine. 

Oliver Lemasson è uno di noi. Ha iniziato a lavorare come sommelier all'interno dell'enoteca di Eric Macé a Rennes, una delle prime che in Francia si occupava di vini naturali (la Cave du Sommelier) . 
Oliver confessa che in quel periodo, parliamo di fine anni '90, assaggia tutto ciò che propone in vendita innamorandosi perdutamente di questa tipologia di vini tanto che, pochi anni dopo, chiede a Marcel Lapierre (uno che nel Beaujolais veniva chiamato il Papa dei vini naturali) di poterlo aiutare in vigna. Non c'è problema! Per quattro vendemmie Oliver si occupa dei vigneti aziendale mentre al quinto anno gestisce anche la cantina.

Oliver Lemasson. Foto: http://www.oenos.net

Lemasson capisce che è quella la sua strada per cui nel 2002, assieme ad  Hervé Villemade (vignaiolo di Cheverny - Loira), fonda Les Vins contés, un piccolo négoce che i due gestiscono assieme per quattro anni e che poi, per varie vicissitudini, passa definitivamente nella mani di Oliver che, ed arriviamo ad oggi, acquista uva da piccoli vignaioli naturali della zona di Touraine e Cheverny (7 ettari di vigneto in totale) a cui bisogna aggiungere una piccola porzione di vigna, circa tre ettari, che coltiva direttamente nei dintorni di Monthou sur Bièvre e nella valle del Cher.

La diversità dei vari terroir permette di creare ogni anno circa 12 cuvées, a volte anche 14, distinte tra bianchi, rosati e rossi. I primi vengono vinificati in botte grande senza aggiunta lieviti selezionati e zolfo per essere poi imbottigliati senza filtrazione. I rossi, invece, stante la scuola di Lapierre, sono vinificati tramite macerazione carbonica per un periodo che varia tra i 15 e i 30 giorni per essere poi affinati in botte.

Le botti per la macerazione carbonica. Fonte:http://www.wineterroirs.com

Il Sois Mignon 2012 me l'hanno presentato Stefano e Roberto di Remigio che, prima di aprirlo, mi hanno sottolineato ardentemente che si trattava di un vino base, quasi da tavola.
Il Sois Mignon è un sauvignon in purezza da viti di circa 70 anni di età piantate su suoli essenzialmente sabbiosi.
Il naso è quanto più lontano dallo stereotipo che spesso noi italiani abbiamo di questo vitigno: fresco, minerale, leggermente agrumato con tocchi balsamici. La "tipica" pipì di gatto tanto decantata è, fortunatamente, un lontano ricordo.
Sorso tonificante, pulito, cristallino e dotato di allungo sapido e fresco. 

Foto: http://www.amicalementvin.com

Lemasson ama dire che i suoi sono "vini di sete" adatti per essere "bevuti a secchi". Obiettivo raggiunto! Svuotate con grande godimento due bottiglie senza nemmeno rendermene conto. Il costo si aggira attorno ai 15 euro. Meditate cari produttori italiani, meditate....

Sangiovese Purosangue 2013: i miei consigli per gli acquisti "alternativi"

Si è chiusa qualche giorno fa la due giorni di Sangiovese Purosangue, bellissima manifestazione organizzata ormai da qualche anno da Davide Bonucci (Enoclub Siena) e Marco Cum (Riserva Grande).
Come al solito la selezioni dei vini, ovviamente tutti sangiovese di razza, è stata di alto livello per cui fare una scrematura e individuare i migliori assaggi è sempre difficile. Per aiutarmi, stavolta, eviterò di parlare di Brunello di Montalcino (a cui dedicherò post  a parte visto che ho partecipato al seminario condotto da Armando Castagno) e dei "soliti" Chianti Classico al fine di dare il giusto spazio a quelle che per me sono state le grandi rivelazioni della manifestazione, vini di cui non scrive nessuno....o quasi.

Iniziamo con la Vernaccia di San Gimignano "Selvabianca" 2012 dell'azienda Il Colombaio di Santa Chiara che tra aromi di erbe aromatiche, fieno e spiccata mineralità riesce anno dopo anno a conquistarmi anche grazie ad una bevibilità super. Il "Campo della Pieve" 2011 si conferma invece una Vernaccia di San Gimignano di grande profondità e balsamicità e, ad oggi, rappresenta uno dei vini bianchi italiani dal miglior rapporto q\p!!


Verso Pitigliano incontriamo Poggio Concezione di Susanna Patalacci che dal 2003 ha avviato una bella realtà biologica nel cuore della Maremma Toscana. I suoi vini, prodotti dal 2010 nella nuova cantina e prodotti senza l’utilizzo di lieviti selezionati aggiunti e altri coadiuvanti per la vinificazione, sono espressione diretta e sincera del territorio e, tra i vari presentati, ho scelto di citare il Serment 2010, blend di Trebbiano (80%), Malvasia e Vermentino (20%) il cui profilo olfattivo mi riconduce in tutto e per tutto alla mineralità tufacea e ad una gagliardia che raramente nei bianchi trovo così ben definita. E' la sua prima annata per cui compratene e tenetelo in cantina perchè in futuro darà grandi soddisfazioni!


Sempre in Maremma, stavolta però a Gavorrano, 125 km più a nord di Pitigliano, si trova Tenuta Casteani che presentava il "dimenticato" Sessanta 2007. Perchè dimenticato? Semplicemente perchè la stessa azienda non sapeva di averlo ancora in cantina, nascosto in chissà quale angolo remoto. Devo dire, senza dubbio, che l'ulteriore affinamento di questo IGT Rosso Maremma Toscana (90% sangiovese e 10% alicante) ha dotato il vino di ancora più eleganza e complessità regalando un terziario che spazia dalle note di terra bagnata fino ad arrivare al tabacco da pipa. Vino che dà nuove speranze al territorio venduto ad un prezzo che definire economico è dire poco. Che aspettate a contattare la ragazza qua sotto?


"Passa da Ornina, vai subito prima che finisce il vino" è stato il refrain che ho udito per buona parte della manifestazione. I fratelli Biagioli, occhi chiari comi le loro idee, hanno la loro Fattoria in zona Ornina, nel basso Casentino, dove producono questo sangiovese purosangue che in passato aveva anche una piccola percentuale di merlot. Vista la zona, e il passaggio in barrique di oltre 12 mesi, ti aspetti un vini opulento e "piacione" ed invece ti arriva un sangiovese bello intenso ma dall'equilibrio circense e dalla beva assassina. I ragazzi hanno appena iniziato ma se continuano così diventeranno presto celebri. Ah, io ve l'ho detto!


Roberto Giuliani su Lavinium mi ha anticipato di un soffio ma, anche se lo scoop è andato perso, come non parlare del Sangiovese di Romagna Superiore "Monte Brullo" Riserva 2009 di Costa Archi alias Gabriele Succi. Profondo, intenso, graffiante, è uno dei migliori sangiovesi di Romagna mai assaggiati e, per equilibrio, ampiezza e persistenza, rappresenta quasi un riferimento per la denominazione. Gabriele sta crescendo, migliorando, e questo potrebbe essere solo l'inizio. Da notare anche un ottimo Assiolo 2011 (sangiovese 100%) che, rispetto al fratellone maggiore, ha il pregio di essere più di incisivo e lineare. 


Sempre in tema Romagna, accanto a Gabriele sedeva Elisa Mazzavillani che ha proposto i vini dell'azienda di famiglia targati Marta Valpiani, sua mamma. Tra i vari sangiovesi romagnoli proposti mi ha colpito per eleganza e florealità il base cioè il Castrum Castrocari 2009, il secondo da sinistra nella foto in basso. Vini leggermente diversi da quelli di Costa Archi ma con la medesima impronta distintiva.


Elisa e Gabriele
Il Nobile di Montepulciano, a mio parere, è una DOCG che da tempo, per varie ragioni, sta soffrendo una crisi abbastanza profonda. Tra i pochi produttori che amo in quell'areale spicca sicuramente Chiara Barioffi de Le Casalte la quale, durante la manifestazione, ha portato un fuoriclasse assoluto chiamato Quercetonda 2010. Appena odorato e bevuto con Chiara abbiamo detto che trattasi del miglior Nobile di Montepulciano da lei finora prodotto. Un nuovo punto di riferimento per la denominazione è nato, speriamo che il trend prosegua e si estenda a macchia d'olio!


Tra i le aziende ospiti che non proponevano vini a base sangiovese vorrei segnalare The Great Gig in the Wine, azienda di distribuzione vesuviana che, tra i vari vini, presentava un Gattinara "Pietro" 2009 di Paride Iaretti dal grande respiro di rosa essiccata e spezie dolci che vale un ulteriore approfondimento su Percorsi di Vino.


Infine, Giovanna Maccario presentava anche il Rossese di Dolceacqua Superiore "Posaù" e "Luvaira" 2012. Oggi è quasi un delitto recensirli perchè imbottigliati da pochissimi giorni ma...se vi dico che sono splendidi fin da subito? Grande annata 2012, tra poco a Roma cercheremo di approfondire il discorso in maniera più specifica. Stay tuned!


Il Vino come patrimonio culturale mondiale. Sì, ma in Francia!

Proposta di legge al Parlamento di Parigi per ''affermare chiaramente che il vino è parte integrante del patrimonio culturale e gastronomico'' della Francia. ''Il vino, prodotto della vigna, fa parte del patrimonio culturale e gastronomico protetto, in Francia'', si legge nella proposta di legge, presentata dal senatore socialista, Roland Courteau.

Il parlamentare sottolinea che il vino viene inoltre menzionale come parte integrante del pasto gastronomico dei francesi, ''iscritto dall'Unesco nella lista del patrimonio immateriale dell'umanità''. L'attività viticola rappresenta inoltre un elemento ''essenziale'' della bilancia commerciale transalpina, su cui si basano centinaia di migliaia di posto di lavoro, diretti o indiretti. Inoltre, continua il senatore, ''vent'anni di ricerche e lavori scientifici hanno dimostrato che, se consumato con moderazione e regolarmente, il vino porta benefici alla salute''.

Foto: lemarcheduvinenitalieetenfrance.blogspot.com

''Realtà obiettive'', che secondo Courteau vengono spesso contestate da ''persone o servizi ufficiali, che generano confusione tra la necessaria lotta contro l'alcool per la protezione della salute pubblica e i benefici dovuti al consumo moderato di vino''. Per questo, è per lui necessario adottare la sua proposta di legge. 

La viticoltura è la prima attività economica dell'Aude, il dipartimento francese in cui Courteau è stato eletto.

Fonte: Ansa.it

Il ritorno di Sangiovese Purosangue a Roma. Pronti per l'eccellenza?


Programma

SABATO 2 NOVEMBRE

ore 11.00 Apertura banchi di assaggio

ore 13.00 Cheese - Seminario con abbinamenti formaggio-Sangiovese, in lingua inglese, a cura de La Formaggeria con i Sommelier di Riserva Grande

ore 15.00 Seminario Le zone del Sangiovese di Toscana a cura di Marco Cum

ore 17.00 L'Evoluzione del Sangiovese. Seminario di approfondimento sulle vecchie annate del Sangiovese, a cura di Davide Bonucci 

ore 19:00 Presentazione del Corso professionale per la qualifica di Sommelier Masterclass promosso da Riserva Grande in collaborazione con la Regione Lazio e la Provincia di Roma presso La Sala Sette Conference (7 piano dell'Hotel) Brindisi Inaugurale - Ingresso Libero.

ore 19.30 Aperitivo presso la Terrazza di Sette Conference (7 piano dell'Hotel)

ore 20.00 Chiusura dei banchi di asssaggio

DOMENICA 3 NOVEMBRE

ore 11.00 Apertura banchi di assaggio

ore 11 Seminario-dibattito in collaborazione con Wine Entusiast

ore 13.00 Cheese. Seminario di abbinamento enogastronomico formaggio-sangiovese a cura de La Formaggeria con i sommelier di Riserva Grande 

ore 15.00 Seminario sui vari Cru di Montalcino a cura di Armando Castagno

ore 17.45 Seminario I terroir del Chianti Classico a cura di Armando Castagno

ore 19.00 Chiusura dei banchi di assaggio

Vino e biodinamica secondo Dario Bressanini

Il video è decisamente lungo, dura più di un'ora e un quarto, ma vale la pena ascoltare Dario Bressanini sul tema della biodinamica. Lui è un "laico" e sul tema ha scritto un capitolo sul suo ultimo libro intitolato Le Bugie nel carrello.

Sarebbe interessante un confronto con Carlo Noro. Chissà che un giorno non ci riesca.


Carbone Vini e la verticale d Stupor Mundi

Luca Carbone ci aspetta con la sua macchina a Melfi, nei suoi occhi ancora l'euforia per la prima giornata di Cantinando. Con noi, oggi, non c'è Sara, sua sorella, che dal 2004 gestisce con Luca l'azienda di famiglia ereditata dai genitori che già nei primi anni '70 producevano vino in questo territorio.
Andiamo subito a visitare i vigneti di proprietà, un patrimonio ampelografico di grande bellezza e valore, che attualmente si compone di circa 18 ettari di vigneto, in prevalenza aglianico.
Il nucleo storico dei vigneti si trova a Melfi, in località Piani dell'Incoronata (5.5 ha di aglianico con impianti di circa 40 anni) e Montelapis (3 ha di aglianico impiantato tra il 1985 e il 1989), ad oltre 500 metri s.l.m., su terreni che non tradiscono la loro origine vulcanica. L'esposizione delle vigne, per chi vuole spaccare il capello, va da ovest ad est.
Le altre vigne, prevalentemente di nuovo impianto, si trovano in Contrada Braide (4 ha di aglianico), dove poi visiteremo la nuova cantina di vinificazione, e in località Vizzarro nella quale, oltre a 2 ha di aglianico, troviamo anche fiano (1 ha) e moscato (1 ha). In questo caso, mi spiega Luca, i terreni essendo maggiormente distanti dal Vulture hanno una minore presenza di cenere e lapilli e una maggiore concentrazione di argilla.

Il vigneto a Pian dell'Incoronata
Vecchie vite a Pian dell?incoronata
Nuovi impianti in Contrada Braide
Per tutto ciò che riguarda la vinificazione, come già detto sopra, l'azienda nel 2010 ha finito di costruire la nuova cantina, nella parte più alta della collina di Braide. Il luogo è incantevole, silenzioso, dominato dai falchi che ci girano sopra la testa e dalle vigne che circondano la struttura. Questo è un pò il mondo di Luca Carbone che, assieme all'enologo Sergio Paternoster, ha il privilegio di trasformare in vino ciò che Natura ha dato. 
Come è possibile vedere dalle foto, la nuova cantina è moderna ed essenziale, c'è tanto acciaio e qualche barrique. 


Arriviamo in cantina!!
L'interno
L'interno
Ci aspetta la verticale storica di Stupor Mundi per cui è tempo di riprendere la macchina in direzione Melfi perchè a Via Nitti 48, sede operativa dell'azienda con annesso wine shop, ci aspetta un luogo magico, unico, la bottaia della famiglia Carbone.
Scendiamo oltre i 15 metri sotto il livello stradale per visitare questi meravigliosi tunnel scavati col piccone nella roccia lavica. Ancora possiamo vedere i segni sulle pareti le cui gradazioni di colore, che passano dal nero al marrone chiaro, rappresentano un libro di storia sull'attività eruttiva del Vulture nel corso del tempo. Stupendo! 
Luca, tra le varie cose, mi spiega anche che tutto ciò è stato trovato quasi per caso visto che tutto ciò era interrato fino a pochi anni fa. Nessuno della famiglia avrebbe potuto immaginare quanta meraviglia era lì ad attendere pazientemente i Carbone!!

Si scende
Meraviglia 
Meraviglia 
Notate le picconate?

Non trovate anche voi che difficilmente si possa trovare un posto migliore per far riposare il vino dentro le botti?

Risaliamo le scale di pietra e torniamo verso la sala che accoglie il wine shop. Sopra un tavolino vedo che sono aperte alcune bottiglie. Guardo meglio. La verticale di Stupor Mundi è pronta!

Il vino, vero e proprio Cru di aglianico proveniente dalla vecchie vigne di Piani dell'Incoronata e dedicato a Federico II di Svevia, rappresenta la sfida più importante dei fratelli Carbone che producono altre due tipologie di Aglianico del Vulture, il 400 Some e il più "facile" ed immediato Terra dei Fuochi. Non dobbiamo dimenticare, poi, gli ottimi Rosa Carbone (2012 prima annata) e il Fiano, unico bianco aziendale che se la batte tranquillamente con i più blasonati campani.  

Torniamo alla verticale.

Aglianico del Vulture Stupor Mundi 2009: la carica cromatica visiva annuncia un vino ricco, profondo, dal frutto nero ben maturo, succoso, a cui segue un invitante abbraccio balsamico fatto di bacche di ginepro, eucalipto. Col tempo, evolvendo nel bicchiere, esce tutta la carica minerale del territorio di origine. Spessore gustativo innervato dal calore e tannino ancora scalpitanti. E' giovanissimo, da domare, conservare ma, nonostante ciò, la beve risulta scorrevole e senza pesantezze dovute a quell'apporto di legno che spesso rappresentava in passato la principale criticità. Il vino, dopo 20 giorni di macerazione, affina circa un anno in legno (barrique e tonneau) per il 50% nuovo e per il 50% di secondo passaggio.

Aglianico del Vulture Stupor Mundi 2008: rispetto al precedente, questa annata si caratterizza per un naso voluttuoso, quasi erotico, a causa di un ventaglio aromatico che va dalla rosa appassita fino all'incenso e ai profumi orientali di spezie. Al sorso conferma il suo carattere sinuoso, rotondo, dalla trama tannica molto fitta, intensa, che supporta una struttura ben domata anche dalla sferzante acidità. Vino dal carattere internazionale. Macerazione di circa 20 giorni e sosta in barrique nuove.



Aglianico del Vulture Stupor Mundi 2006: il vino, nonostante quasi 8 anni, mantiene una sua compostezza di fondo con richiami di erbe medicinali, infuso al rosmarino, humus, mon chery e, ovviamente, pietra lavica. Palato deciso, complesso, caratterizzato da un tannino grintoso ed austero che ben si integra in una struttura dove alcol e legno ancora devono essere perfettamente assorbiti. Persistenza minerale, giocata su sensazioni scure ma al tempo stesso nobili. Il vino ha fatto 12 mesi di barrique da 225 lt nuove.

Aglianico del Vulture Stupor Mundi 2005: il colore del vino, rubino scuro con riflessi violacei, ci svela fin da subito che questo è un aglianico possente, che non ha perso nulla, o quasi, in circa otto anni di età. Il naso è scuro, austero, sa di grafite, humus, terra, macis, catrame, bacche nere selvatiche. Il tutto, perfettamente integrato all'interno di una cornice dal respiro speziato. Al sorso è intenso, struggente per fittezza gustativa e tattilità. E' un "vinone", probabilmente è stato concepito per esserlo, mi piacerebbe risentirlo tra altri 5 anni per capire se sarà in grado di rompere i suoi argini e diventare ancora più esplosivo. 


Ringrazio Luca per la bella esperienza, una cavalcata temporale di quasi cinque anni che ben fa capire, oggi, dove vogliono arrivare i ragazzi. Il territorio del Vulture ha bisogno di qualità e costanza per rilanciarsi e per comunicare i suoi grandi vini. Il Vulture ha bisogno dei fratelli Carbone.

Luca Carbone