Val delle Corti, un Chianti Classico da brividi

Roberto Bianchi oltre che essere una persona speciale dotata di rara sensibilità, è anche un grande vignaiolo che, per dirla alla Armando Castagno, interpreta in maniera eccellente un terroir unico come quello di Radda in Chianti.
L'ho invitato a Roma un venerdì di Maggio, al Porto Fluviale, era tanto che gli facevo la corte per organizzare assieme un verticale del suo Chianti Classico. Volevo fargli una sorpresa, ad aspettarlo c'era tanta gente ma, una volta scaricate le casse di vino, ci siamo accorti che è lui che ha fatto la sorpresa a tutti noi perchè, tra le varie bottiglie che stava scaricando dal furgone, figuravano anche i millesimi 1996, 1997, e 1998


La sala prima della degustazione
Si inizia a stappare

Quelli sono gli ultimi Chianti Classico prodotti da Giorgio Bianchi, scomparso prematuramente nel 1999, anno a partire dal quale Roberto, assieme alla mamma Lis, prende in mano l'azienda per proseguire e migliorare il lavoro iniziato tempo prima dal padre che nel lontano 1974 vendette la casa di Milano e lasciò il lavoro per trasferirsi in Toscana, a Val delle Corti, che a quel tempo, pieno di rovi e muri a secco crollati, non era certo quel paradiso che è oggi.

La nostra verticale, pertanto, oltre a sfidare l'emozione del tempo, ci dirà anche se e come il lavoro di Roberto si sia differenziato da quello del padre. Due generazioni a confronto ed un unico filo conduttore: l'amore per un Terra e per il sangiovese.


Roberto racconta...

Val delle Corti - Chianti Classico 1996: Roberto mi dice che di questa annata ne ha ancora pochissime in cantina e, mettendo un pò le mani avanti, dichiara pubblicamente che non sa cosa aspettarsi da questo vino che è da troppo tempo che non lo degusta. Apro la bottiglia come una reliquia e lo verso nel mio bicchiere. Il colore è ancora integro, vivo, così come il naso che non lascia molto all'ossidazione e alle "classiche" note brodose di altri Chianti pari annata degustati in passato. Mettendo il naso nel calice, la prima cosa che colpisce è il profilo austero di questo sangiovese che sembra possedere un’anima profondamente ematica e minerale. Inizialmente riottoso, col tempo prende vigore, si apre, spalanca le finestre alla primavera e fa entrare al suo interno ventate agrumate che prendono la forma dell'arancia sanguinella e del pompelmo rosa. Poi arrivano i fiori, la viola e l'iris tratteggiano un contorno soave del vino che col passare dei minuti diventa etereo, sublime. Il sorso è connotato da una freschezza che tutti stentiamo a credere, c’è tanta sostanza e progressione in questo sangiovese di razza che chiude sapido, minerale, grintoso. Commovente.


Val delle Corti - Chianti Classico 1997: questo sangiovese non riesce mai, a differenza del precedente, a scrollarsi di dosso un certo rigore aromatico che prende la forma della terra di Radda. E’ profondo, a tratti viscerale, risente dell’annata calda ma, soprattutto in bocca, ha ancora tanta ricchezza ed energia. Gli manca quel tocco di acidità per farlo persistere come vorrei ma la sua materia e il suo essere passionale gli rendono ampiamente l’onore delle armi.


Val delle Corti - Chianti Classico 1998: l’ultimo vino di Giorgio Bianchi lo beviamo con grande rispetto e Roberto, presentandolo, non può non tradire un pizzico di commozione. Sangiovese gagliardo, una via di mezzo tra la ’96 e la ’97 dove, accanto alle sensazioni “tipiche” scure del vino, si affiancano aromi di erbe aromatiche, frutta di rovo e fiori secchi. La bocca conferma la grinta del vino caratterizzato da tannini duri che il tempo ha solo parzialmente smussato. Fortunatamente la struttura e la verve acida sono tali da garantire un supporto tale da rendere la beva estremamente misurata. Chiude sapido anche se, come per la ’97, manca quel guizzo tale da renderlo indimenticabile come per la ’96.




Val delle Corti - Chianti Classico 2002: quanta paura aveva Roberto di presentare questo vino figlio di un’annata che molti, causa piogge, hanno giudicato quanto meno difficile. Quanto paura aveva Roberto e quanta soddisfazione deve aver avuto quanto tutti, alla fine della degustazione, hanno quasi decretato questo vino come il campione della serata. Esile, elegante ed etereo è un vino senza tempo che, per molti tratti, prende la fisionomia di una ballerina classica che danza sulle punte. E’ uno dei migliori 2002 degustati nella mia vita.




Val delle Corti - Chianti Classico 2004 Riserva: se avessi bevuto il vino alla cieca avrei detto che davanti a me c’era un il Monprivato di Mascarello. La prima riserva di Roberto mostra un sangiovese di purissima luce, è un diamante che brilla per freschezza ed integrità col suo naso ampiamente agrumato, aromatico e floreale e la sua bocca fine e di giuste proporzioni dove tutte le componenti sembrano modellate ed equilibrate da un laser di precisione. Per chi ama i grandi sangiovese, quelli senza spazio e senza tempo. La Riserva viene prodotta solo nelle grandi annate e con le migliori uve Sangiovese (100%), selezionate dai vigneti più vecchi del podere.




Val delle Corti - Chianti Classico 2005: dopo la 2002, l’altra grande paura di Roberto è stata questa annata che, come ci ha spiegato, è stata mantenuta in bottiglia 2 anni oltre la media visto che, inizialmente, questo Chianti non lo convinceva assolutamente tanto da fargli esclamare: ”Perché l’ho fatto?”. Era la Pasqua del 2008 quando, per l’ultima volta, ha provato ad aprire l’ennesima bottiglia che, visto il periodo, era totalmente risorta diventando il sangiovese cercato e voluto. Rispetto alla 2002 è meno vibrante in termini di freschezza ma ha una complessità aromatica davvero affascinante dove dominano le note di cola, timo, menta, ciliegia e terra rossa. Bocca dinamica, a tratti speziata, dotata di soffice trama tannica e chiusura sapida. E per fortuna Robbè!

Val delle Corti - Chianti Classico Riserva 2006: il vino, rispetto alla precedente annata, si fa più intenso sia nel colore che nella gamma aromatica che regala note di mirto, ciliegia, aghi di pino, anice, iris e anice stellato. Al sorso il vino è fresco, agrumato, teso ed in perfetto equilibrio. In chiusura una lieve nota fumè dona ulteriore eleganza a questo Chianti dal volto mediterraneo.




Val delle Corti - Chianti Classico Riserva 2007: questo vino non è solo luce ma anche gioia di vivere ed un inno alla territorialità con sensazioni ancora croccanti di mammola e ciliegia ed una profonda mineralità rossa che ritroviamo anche al palato dove tutto è ancora primario, soprattutto la spina acida è ancora tagliente e dotata di fitti tannini dalla grana fine. Chiude su ampie volute sapide, fruttate e floreali. Probabilmente è la quadratura del cerchio per Roberto che, forse, sta strizzando l’occhio a suo papà che lo guarda fiero da lassù.

Qualche foto della serata alla fine, ricordi indelebili!











Grand Cru d'Italia, il top del vino italiano secondo Gelardini & Romani

Le classifiche, si sa, sono fatte per essere discusse e per scontentare molti. Sicuramente anche questa avrà fatto storcere il naso a qualcuno visto che, parlando di Grand Cru, c'è chi ricorda che questa classificazione in Borgogna l'ha stabilita la storia in base alla reale qualità del terroir.
Gelardini & Romani, invece, ne stabiliscono una tutta loro a fini meramente speculativi visto che il loro mestiere è quello di mettere grandi vini all'asta, soprattutto in oriente dove da poco si sono stabiliti. Peccato, le loro aste a Roma erano sempre interessanti!

Comunque, secondo la Gelardini & Romani Wine Auction, la Top Ten della classificazione dei "Grand Cru d'Italia 2013" presentata il 28 maggio a Roma prevede i seguenti vini: Brunello di Montalcino Riserva Biondi Santi, Masseto, Barolo Riserva Monfortino Giacomo Conterno, Amarone Romano dal Forno, Barolo Riserva Le Rocche del Falletto Bruno Giacosa, Amarone Giuseppe Quintarelli, Sassicaia, Montepulciano d'Abruzzo Valentini, Barbaresco Riserva Bruno Giacosa, Brunello di Montalcino Riserva Soldera.
La catalogazione raccoglie le etichette piu' ricercate ed apprezzate da collezionisti ed investitori di tutto il mondo, articolata in base ai maggiori livelli di prezzo ed alla minore percentuale di lotti invenduti.


"Rispetto all'ultima classificazione che risale al 2009 abbiamo elaborato una lista di 30 etichette contro le 27 della passata edizione" - afferma Raimondo Romani - In particolare un'etichetta e' uscita dalla classificazione per mancanza di record d'asta e quattro etichette hanno invece raggiunto i requisiti per esservi comprese. Altra novita' rispetto al 2009 e' la nuova, prima, fascia di prezzo, oltre ?300, naturale conseguenza della rivalutazione intercorsa in questi quattro anni delle tre etichette che stanno sul podio".

Durante la serata, che si e' svolta presso il ristorante romano Romeo Chef and Baker, a Luca Martini, Miglior Sommelier del Mondo 2013 (AIS), e' stato affidato il compito di presentare quattro delle migliori etichette: il Barbaresco Riserva Produttori del Barbaresco 2005; Il Brunello Castelgiocondo Riserva 2001; Il Paleo Le Macchiole 2001 e il Montepulciano d'Abruzzo Valentini 1993.


"Dopo l'estate abbiamo in programma la piu' grande asta di vini italiani di sempre che si terra' ad Hong Kong. A questo scopo resteremo in Italia fino a settembre per raccogliere le collezioni e completare il catalogo. L'Asta sara' preceduta da un Road Show per promuovere i Grand Cru d'Italia sia nelle principali citta' della Cina che ad Hong Kong" ha preannunciato Flaviano Gelardini.
Per il prossimo appuntamento in Italia si dovra' attendere dicembre per l'ormai tradizionale asta Natalizia dei Grand Cru d'Italia "en primeur", l'unico appuntamento che, anche per questioni affettive, i due giovani imprenditori non vogliono rinunciare a svolgere in patria.

E voi, siete d'accordo con questa classificazione oppure...

Il Wine Italy Tour Heres di Roma

Essere invitati da Heres fa sempre piacere perchè sai che alla fine della degustazione avrai bevuto bene godendo come un riccio. 
La loro selezione, specialmente quella che fa capo a Heres Import, è talmente di alto livello, a tratti inavvicinabile, che spesso le persone fanno la fila e sgomitano solo per quella. 
Come dargli torto se davanti a te si stappano senza problemi bottiglie di grande Champagne o Borgogna? Strano, ma anche io ho iniziato proprio da lì ......

Gli Champagne erano degnamente rappresentati da Pol Roger che proponeva ben quattro tipologie: Pure (non dosato), Brut Réserve, Blanc de Blancs Vintage 2002 e Brut Vintage 2002





La mia preferenza è andata sul Pure e sul BdB Vintage 2002, due prodotti, ovviamente, di diversa complessità ma caratterizzati da una acidità sferzante, tagliente così come piace a me. Vini che dissetano!

Si passa ai bianchi, si va verso i vini di Chablis, gli chardonnay venuti dal freddo come a qualcuno piace chiamarli. Il produttore di riferimento Heres è Billaud-Simon che ha portato a Roma ben cinque vini, partendo dal Petit Chablis 2011, passando per i vari Premier Cru 2010 ( Mont Milieu e Les Vaillons) per arrivare al grandioso Chablis Grand Cru Les Preuses 2010. Le mie preferenze? Il Petit Chablis è davvero agrumato e diretto, piacevolissimo d'estate, ma quando bevi il Grand Cru tocchi davvero alte vette. Didattico, per tutti quelli che lo chardonnay deve sapere di banana..




Gli altri due grandi bianchi della Borgogna facevano capo al Domaine Antoine Jobart. In degustazione il Bourgogne Blanc 2010 e il Meursault "En La Barre" 2010. Rispetto agli Chablis sono vini più rotondi, tridimensionali, mentali, confortevoli. 



La Borgogna, quella rossa, durante la manifestazione era in mano a Luca Santini che era spesso tallonato da questo "losco" figuro che ho ripreso di spalle. Il Maestro e l'Allievo, l'Allievo e il Maestro, chi ha superato chi?


Il pinot nero selezionato da Heres è senza dubbio il fiore all'occhiello dell'azienda. I nomi sono quelli che molti appassionati vorrebbero avere in cantina: Joseph Voillot, Domaine Chandon de Briailles, Bart, Rossignol-Trapet, Domaine d'Eugénie, Domaine des Lambrays, Chateau de la Tour. Non hanno portato tutto, mancavano ad esempio Fourrier e Mugneret-Gibourg, ma sono sopravvissuto lo stesso....

In rapida carrellata:

Da bere a secchi, ancora e ancora

Per chi vuole scoprire l'altra Borgogna...

La Borgogna per tutti a prezzi umani

Piccolo grande mostro

Piccolo grande mostro BIS

Un village da acquistare al volo

Quando l'altra Borgogna è grande Borgogna

Incantevole l'annata 2008

Soave ed intenso, è Lui!

Lascio la Francia non senza un senso di nostalgia ma i vini italiani selezionati dalla Heres sono di grande livello e ancora tutti da scoprire. Tanti gli assaggi fatti ma sul mio Moleskine l'asterisco è andato ai seguenti vini:

Una lama datata 2012. Da vasca.

incenso e polpa allo stato puro

Cinzia Merli non sbaglia un colpo. Quale scegliere?

Etna o grande Borgogna?

Il tempo a mia disposizione non era molto, tante le cose che ho saltato, tanti i produttori Heres che meriterebbero ulteriori approfondimenti. La prossima tappa del Wine Italy Tour Heres sarà a Milano il prossimo ottobre. Se siete da quelle parti non dovete mancare, io farò di tutto per esserci e per terminare il giro...


Poderi Sanguineto, viaggio nel Vino Nobile di Montepulciano che ci piace

Quando arriviamo a Poderi Sanguineto, Patrizia ci aspetta davanti all'entrata della cantina. E' vestita come l'abbiamo vista sempre, pantaloni e maglione color verde militare e scarponi. Lei e Dora, che non c'era e che probabilmente era a caccia, sono abituate a lavorare duro, tutti i giorni dell'anno, e la nostra visita non è che un piccolo intervallo all'interno di una giornata di lavoro che andrà avanti fino al tramonto.


Appena usciamo dalla macchina ci saluta cordialmente presentandoci orgogliosamente  Poderi Sanguineto, un piccolo mondo rurale di circa 35 ettari (quasi 4 a vigneto) dove il tempo scorre lentamente tra animali da cortile e vigne (e vino) da curare.
Non esiste una vera e propria zonazione dell'areale del Nobile di Montepulciano ma in tanti indicherebbero proprio Sanguineto, il cui nome deriva forse dal sangue versato da Romani ed Etruschi che proprio da queste parti consumavano epiche battaglie, come una delle migliore aree dove piantare prugnolo gentile anche se, in molti, negheranno la cosa.
Causa pioggia e terreno fangoso non possiamo passeggiare per il vigneto e così Patrizia ci fa entrare subito in cantina, la sua seconda casa, visto che è lei ad occuparsi della parte enologica affidando a Dora quella prettamente agronomica.

Il vigneto in lontananza
Dentro queste mura tutto è all'insegna della naturalità e della tradizione, si usano solo botti grandi di rovere e durante la vinificazione, tranne un pò di solforosa all'inizio, non si impiega alcun tipo di prodotto chimico, men che mai lieviti selezionati, e non viene effettuata alcuna filtrazione.

Le botti
Cinque minuti e siamo subito nella piccola sala degustazione. Patrizia ci apre il Rosso di Montepulciano 2011 e il Nobile 2010
Lo devo ammettere, inizialmente una certa "fretta" della proprietaria ci aveva fatto pensare che si volesse sbarazzare presto di noi, siamo arrivati alle 11.00 e già alle 11.15 eravamo a degustare il loro vino. In fin dei conti è sabato anche per loro, almeno così pensavo.

Patrizia si siede davanti a noi e prende tre bicchieri, ci guarda e ci sorride serenamente, forse ha finito ci studiarci e ha capito che non siamo così rompiscatole, forse si è tolta un peso di dosso terminando il classico tour aziendale che avrà fatto mille volte. Davanti ad un bicchiere di vino, in fin dei conti, tutte le barriere si abbassano!


Le chiedo la genesi di Poderi Sanguineto I e II. "Purtroppo Dora non c'è, altrimenti te lo spiegava lei, ma tutto questo lo si deve a suo padre Federico Forsoni che, negli anni '60, si è letteralmente indebitato per acquistare questo posto. Lavorando come mediatore di bestiame è transitato tante volte da queste parti e, alla fine, non ha saputo resistere a questa Terra che l'ha folgorato dal primo istante in cui l'ha calpestata.
Nel 1963 pianta la vigna che in gran parte vedete qua di fuori con l'unico scopo di produrre il vino per se stesso e per insegnare alla piccola Dora il rispetto della vigna e, di conseguenza, della Natura.
Nel 1987, quando arrivo io a Poderi Sanguineto, il signor Forsoni era morto da qualche anno e tutto era in mano a Dora che, in quel periodo, vendeva le sue uve, grandi uve, alle aziende del posto come Boscarelli, Romeo o Triacca. 
Dal 1997, poi, la svolta: parte del loro prugnolo gentile, mammolo e canaiolo, viene tenuto per esigenze "interne" mentre il resto viene venduto per finanziare l'acquisto delle attrezzature adatte a creare una nostra cantina e per imbottigliare la prima annata di Poderi Sanguineto I e II che esce in commercio nel 2001. Il sogno di produrre un grande Nobile di Montepulciano si era avverato!".

La conversazione sembra ora intrattenuta tra vecchi amici e, tra un aneddoto e l'altro, ci viene versato il Rosso di Montepulciano 2011, straordinario per espressione di frutto, freschezza e facilità di beva. Lo stile Sanguineto, la sua classe, è facilmente riconoscibile anche nel suo "base".


Patrizia è un fiume in piena, ci racconta delle litigate con Dora quando, durante la prima vendemmia, pensava avesse colto le uve ad un grado zuccherino sbagliato. "Dora ma che cavolo hai combinato? - le ripetevo precipitandomi in vigna - Sei sempre stata perfetta e sto casino proprio alla nostra prima vendemmia lo dovevi combinare???? Ho misurato le uve e hanno un grado alcolico di 18°!! Sapete una cosa? Alla fine mi ero sbagliata o, meglio, il misuratore si era sbagliato visto che alla fine, probabilmente la Natura ci ha messo lo zampino, quel vino aveva un grado alcolico di circa 13,5 gradi di alcol.....

Il secondo vino versato è il Nobile di Montepulciano 2010, sanguigno, profondo, floreale, minerale e, soprattutto, dotato di una leggerezza davvero inconsueta per questa denominazione fatta spesso di vini caricaturali. Anche in questo caso il timbro di Dora e Patrizia è presente più che mai e si chiama "beva compulsiva".

Il tempo scorre inesorabile e noi dobbiamo raggiungere Chiara Barioffi a Le Casalte, è quasi ora di pranzo ma rimangono dieci minuti per una domanda impertinente:"Patrizia sappiamo che producete anche un buon bianco.....non è che potremmo averne?"

Un sorriso e poco dopo arriva la bottiglia di Bianco Toscano 2011, un IGT composto da diverse uve tra cui malvasia bianca, malvasia verde, trebbiano toscano, grechetto e biancame. 
La storia di questo vino è abbastanza curiosa. Inizialmente era il vino della casa di Dora e Patrizia e veniva venduto qua nella zona ad amici ed appassionati locali. Poi, un giorno, viene in cantina l'importatore giapponese che, venuto a sapere di questo bianco ricercato, vuole assaggiarlo a tutti i costi. Ovviamente, piace da impazzire e vorrebbe prenderne qualche bottiglia. Patrizia, però, fa orecchie da mercante, troppo complicato e costoso imbottigliare ed etichettare poche unità del loro Bianco Toscano. L'anno dopo, lo stesso importatore riassaggia il vino e fa la stessa proposta:"Lo voglio prendere!!". Patrizia gli spiega i problemi che l'avevano fatta desistire anche l'anno passato ma lui, deciso, la blocca dicendole:"Aspetta, non ne voglio poche bottiglie, le prendo 2000...3000, va bene?". Il discorso cambia e così nasce quello che oggi è un grande bianco toscano del quale Dora e Patrizia conservano sempre qualche bottiglia per i vecchi clienti. 
Come dare torto a tutte le persone che amano questo vino? Il profumo è un intreccio aromatico di erba tagliata, frutta gialla matura, salvia, menta, ginestra. Bocca aromatica, fine, strutturata, di grande freschezza e sapidità. Patrizia ci fa un'ultima confidenza:"Con Dora, freddissimo, lo beviamo nelle calde sere d'estate, sedute qua fuori a goderci la brezza della sera. Stanche ma felici".


E' con questa immagine mentale che lasciamo Poderi Sanguineto il cui ricordo, indelebile, ci cullerà fino a quanto non ritorneremo da queste parti. Dora e Patrizia ci aspettano ancora. 

A presto!

Dora e Patrizia in un momento delle riprese del documentario Senza Trucco di Giulia Graglia

Robert Mondavi Private Selection Cabernet Sauvignon 2011

Degustato ieri durante un evento privato da Romeo.

Già le note di degustazione che si trovano sul sito internet non promettono bene

Aromas: Red cherry, red plum, and blackberry with a hint of spice
Flavors: Cherry and blueberry with smoky oak and vanilla
Texture: Smooth with a long finish


Il colore, a dire il vero, non era malaccio, un bel rubino chiaro molto brillante.

Il vero incubo non è stato tanto odorare il vino ma berlo. Ho in mente solo un sentore. Questo!


Niente, è più forte di loro, sò Ammericani!! 

Il Barolo Otin Fiorin Piè Franco-Michet 1999 di Teobaldo Cappellano


A chi di Guide si interessa:

Nel 1983 chiesi al giornalista Sheldon Wasserman di non pubblicare il punteggio dei miei vini. Così fece, ma non solo, sul libro Italian Nobile Wines scrisse che chiedevo di non far parte di classifiche ove il confronto, dagli ignavi reso dogma, è disaggregante termine numerico e non condivisa umana fatica. Non ho cambiato idea, interesso una fascia ristretta di amici-clienti, sono una piccola azienda agricola da 20 mila bottiglie l'anno, credo nella libera informazione, positiva o negativa essa sia. Penso alle mie colline come una plaga anarchica, senza inquisitori o opposte fazioni, interiormente ricca se stimolata da severi e attenti critici; lotto per un collettivo in grado d'esprimere ancor oggi solidarietà contadina a chi, da Madre Natura, non è stato premiato.
E' un sogno? Permettetemelo".

Un produttore che scrive questa parole sulla retro etichetta del suo vino farebbe sicuramente clamore ma, se si scopre che a volere quelle frasi è stato un grande vignaiolo di Langa come Teobaldo Cappellano, la presunta boria lessicale muore soffocata da ogni sua sillaba e tutto rientra nei canoni di un orgoglio contadino ormai desueto, lontanissimo dalle luci di una ribalta che non si pretende ma si conquista giorno dopo giorno con la Terra e il sudore.

Foto di quel gran Beone di Andrea Federici
Di questo Barolo esistono due tipologie: quella da vigne a piede franco chiamata Piè Franco-Michet (nebbiolo varietà Michet) e la versione da vigne a piede americato denominata Piè Rupestris-Nebioli 

Il Barolo Piè Franco-Michet 1999, per il degustatore più sensibile, è ad alto rischio Sindrome di Stendhal perchè dopo il secondo bicchiere, così come è successo a me, è facile provare gli stessi sintomi provati dallo scrittore francese che così descrisse il suo stato d'animo di fronte di fronte alle opere d'arte:"Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere".

Il Barolo Piè Franco-Michet 1999 è profondo come gli abissi della nostra (in)coscienza, intenso come il rosso di un tramonto estivo, armonico come il suono di un violino d'orchestra ed elegante come un vestito sartoriale.


Foto di quel gran Beone di Andrea Federici
Sorso dopo sorso, attraversando descrittori e sensazioni infinite, il ricordo va ancora una volta a Baldo Cappellano, un uomo immenso, senza etichetta, che non ho fatto in tempo a conoscere se non per la sua eredità morale che prende sostanza e forma del suo grande nebbiolo di Langa. Grazie di cuore

Navelli, naturale come il verde di Abruzzo

Navelli vale il viaggio, da qualunque parte di Italia voi siate quell'angolo verde di Abruzzo è un piccolo paradiso che vale la pena scoprire non solo per un week end "a tutto vino" come questo passato.
Palazzo Santucci ci accoglie in tutta la sua bellezza e maestosità, chissà cosa penserebbe oggi Camillo Caracciolo, feudatario, vedendo la sua residenza trasformata per qualche giorno in un rifugio di enoappassionati di vino naturale.




Entriamo attorno alle 12 e siamo già affamati per cui la prima tappa, d'obbligo, la facciamo da Gregorio Rotolo che anche questa volta ha portato con sé dei formaggi strepitosi.




Iniziamo a bere. Prima di tutto gli spumanti dove, tra i vari, mi colpisce il Colfòndo di Casa Belfi che non tradisce le aspettative su questa tipologia ancestrale di Prosecco che avevo avuto modo di degustare varie volte in passato. Fresco, con sentori di mela verde e crosta di pane, è un ottimo compagno durante le torride serate estive.


Il "giro dei bianchi" dura almeno un paio di ore, non amo moltissimo i c.d. macerati ma due perle le ho trovate. Trattasi del Vermentino Colli di LuniPoggi Alti2011 di Casa Caterina e della Malvasia 2007 di Franco Terpin.


Il primo è un esempio di come il mare e le erbe aromatiche possano trasformarsi in vino mentre la Malvasia di Terpin è la dimostrazione di come un grande vino bianco possa celarsi al mondo solo dopo setti anni.
Interessante, cambiando stile di vinificazione, è stato l'assaggio del Pecorino 2010 di Emidio Pepe che, pur nella sua gioventù, colpisce per struttura e tipicità. Certo, il prezzo attorno alle 40 euro non è che giochi a suo favore...


Ultima segnalazione per i bianchi: con un pizzico di orgoglio non posso non elogiare Casale Certosa, piccola cantina del Lazio in conversione biodinamica, che ha una gamma di vini dal rapporto q/p davvero strepitoso. L'Alborea 2011, mix di grechetto e malvasia del Lazio, è un bianco davvero buono che ai profumi erbacei e fruttati unisce grande rotondità ed eleganza. 


Per quello che concerne i rossi, visto che siamo in Abruzzo, vorrei distinguere tra assaggi di Montepulciano e tutto il resto.
Il rosso più importante della Regione era declinato in tante espressioni e filosofie produttive caratterizzate da un unico comune denominatore: struttura e potenza gustativa.

Durante la manifestazione l'ennesima conferma è venuta dal Prologo 2010 di De Fermo che incanta sempre per sapidità e profondità gustativa. 


Se la bontà delle vecchie annate del Montepulciano di Abruzzo di Emidio Pepe non sono più una novità per i curiosi del vino, un certo stupore, almeno per me, è arrivato dalla Riserva 1999 di Praesidium che si presenta di grande balsamicità e con una nota salmastra di fondo a dargli carattere. Bocca, come al solito, lunga e carnosa.
Tenace e di buona prospettiva anche il Montepulciano di Nuvole e Pane anche se deve trovare ancora la strada dei migliori.

Altra sorpresa, sempre da montepulciano anche se in veste marchigiana, è venuta dall'Erasmo Castelli 2005 dell'azienda Maria Pia Castelli. Parlando con il responsabile commerciale (?) ho potuto capire perchè, già dal primo assaggio, questo vino mi è sembrato un "piccolo Kurni". Rese ridicole (35 quintali per ettaro) lunghe fermentazioni in tini di rovere ed affinamento in barrique nuove per circa due anni danno vita ad un piccolo mostro di concentrazione e profondità che si svilupperà solo nel corso dei prossimi anni. Proprio come il vino di Casolanetti.....


Tra gli altri rossi presenti a Navelli (non da vitigno montepulciano) grande goduria è arrivata grazie alla barbera di Nicoletta Bocca e Fabrizio Iuli.

L'Austri 2006 di San Fereolo, bevuto durante il bel seminario tenuto da Emanuele Giannone dal titolo Il Canto della Terra, dimostra come la barbera può diventare tutto meno che un vino semplice da bere nell'arco di un anno. Grande eleganza, complessità, austerità sono i tre aggettivi che mi sono venuti in mente appena ho bevuto il primo sorso. Un grande vino che conferma come la seta venga bene anche a Dogliani.


Foto: Andrea Federici
Fabrizio Iuli, così come Nicoletta Bocca, ha una gamma di vini di primo piano a larga maggioranza di barbera. Tra i vari mi ha impressionato per sostanza e profondità il Barabba 2007, barbera in purezza da vigne storiche impiantate dal nonno negli anni '30. Anche in questo caso, come detto per Nicoletta Bocca, parliamo di un vino godibilissimo ora ma che ha tutti i crismi per andare avanti ancora per moltissimo tempo. Fossero così tutte quelle che bevo....


L'ultimo assaggio lo dedico al Barrosu 2010 di Giovanni Montisci, un cannonau riserva che porta tutta la mediterraneità nel bicchiere. Anno dopo anno sempre più buono. Grazie a Riccardo La Ginestra che ce lo ha fatto degustare!


Foto: Vinoir.com


Alla prossima cara, verde e naturale Navelli!