Slow Wine 2014 – i migliori Metodo Classico d’Italia

VINI SLOW
Franciacorta Brut – Clarabella
Lessini Durello Extra Brut Riserva 2008 – Casa Cecchin
Riserva Nobile Brut 2009 – d’Araprì
Il Brut di Clarabella – azienda virtuosa che non solo opera in regime di agricoltura biologica ma aggiunge valori sociali alla propria attività, con l’inserimento al lavoro di persone disabili e la promozione di attività di valorizzazione del territorio – è di impeccabile fattura, teso e fragrante: doti ancora più apprezzate in un economico vino “base”, non millesimato. Il Lessini Durello Extra Brut Riserva 2008 di Roberto Cecchin – da tutti chiamato “l’Ingegnere” – esprime in modo esemplare la rustica eleganza di questo tipico vitigno veneto, con un sorso avvolgente e minerale, ricco di note agrumate e speziate: un ottimo biglietto da visita per questa zona. Felice conferma infine dal territorio pugliese di San Severo: la cantina d’Araprì ci propone quest’anno una Riserva Nobile 2009 in eccellente forma, dal carattere profondo e ben definito, che conferma le grandi potenzialità del bombino bianco nella vinificazione con Metodo Classico.

GRANDI VINI
Brut 2009 – Monsupello

Franciacorta Brut Vintage Collection 2008 – Ca’ del Bosco

Franciacorta Extra Brut Vittorio Moretti Riserva 2006 – Bellavista

Franciacorta Pas Dosé Girolamo Bosio 2006 – Bosio
Franciacorta Pas Dosé Riserva 33 2006 – Ferghettina
Trento Extra Brut Riserva Lunelli 2006 – Ferrari
Monsupello si riconferma la migliore realtà dell’Oltrepò Pavese e un punto di riferimenti per tutta la produzione italiana di Metodo Classico: ci ha presentato un Brut millesimato perfetto, scorrevole e profondo, che rende onore alle potenzialità del territorio. Dalla Franciacorta quattro prodotti di grandissima stoffa: Ca’ del Bosco propone un ottimo e gustosissimo Brut 2008 (con un restyling dell’etichetta, che ricorda quella di un tempo); Bellavista da spolvero a un Extra Brut 2006 ficcante e incisivo, dedicato al fondatore dell’azienda; misura, tensione e profondità contraddistinguono il Pas Dosé Riserva 33 2006 di Ferghettina, qualità che ritroviamo anche nel più voluminoso e persistente Pas Dosé Girolamo Bosio 2006. Dall’altra grande zona spumantistica italiana – il territorio del Trentodoc – arriva, puntuale e convincente come al solito, un vino delle cantine Ferrari: rinviata l’uscita del Giulio Ferrari Riserva del Fondatore, il blasone è tenuto alto da questa raffinatissima, complessa, tagliente e profonda Riserva 2006 che porta il nome di famiglia. Quattro Grandi Vini su sei sono dell’annata 2006, che si conferma come una delle migliori tra le ultime in commercio, quanto meno per i Metodo Classico (in genere viene invece considerata un’annata mediocre, fredda e piovosa).
Segnaliamo inoltre due VINI QUOTIDIANI che, sebbene siano stati prodotti con il metodo della rifermentazione in autoclave (e non con Metodo Classico), rientrano nella tipologia dei vini spumanti.

Cuvée Brut Riserva – Cesarini Sforza
Bardolino Chiaretto Brut 2012 – Costadoro

In Franciacorta – oltre ai vini già segnalati con un riconoscimento – sono emerse altre etichette di grande pregio, che sostanziano l’evidente crescita qualitativa di questo territorio. Ci sono particolarmente piaciuti il Franciacorta Pas Dosé Dom 2004 di Mirabella, il Franciacorta Pas Dosé Nature 2009 di Barone Pizzini, il Franciacorta Satén 2009 di Gatti, il Franciacorta Brut di Faccoli, il Franciacorta Brut Milledì 2009 di Ferghettina, il Franciacorta Brut Cabochon 2008 di Monte Rossa e infine le due etichette di Ca’ del Bosco dedicate alla fondatrice Annamaria Clementi, ovvero il Franciacorta Brut 2005 e il Franciacorta Extra Brut Rosé 2005, che solo per qualche sfumatura ci sono sembrati inferiori al grandissimo Brut 2008.
Trento segnaliamo, oltre alla Riserva Lunelli, il Trento Brut Aquila Reale Riserva 2006 di Cesarini Sforza, il Trento Brut di Balter, il Trento Brut di Maso Martis e il Blanc de Blancs di Castel Noarna. Nell’Oltrepò Pavese ancora Monsupello, che propone grande qualità sia con il Brut sia con il Nature; e poi qualche convincente Cruasé, tipologia che ha visto in genere sensibili miglioramenti qualitativi: in particolare i Cruasé di I Gessi, di Torti e di Bruno Verdi. In Piemonte si segnalano due ottime etichette: il Brut Blanc de Blancs Francesco Galliano 2010 di Borgo Maragliano e il Pas Dosé Blanc de Noirs 2009 della storica azienda Contratto. In Alto Adige l’A.A. Brut Comitissa Gold 2002 di Lorenz Martini e l’A.A. Brut Riserva 2008 di Arunda. In Friuli il Brut 2009 di Piè di Mont e il Brut Etichetta Argento di Vigneti Pittaro. In Veneto il Durello Dosaggio Zero Leon di Masari, il Lessini Durello Brut Etichetta Nera 2007 di Fongaro, il Lessini Durello Brut Riserva 60 2007 di Corte Moschina e il Piave Raboso Brut Rosato Sui Lieviti Redentor 2009 di Tessère. Nelle Marche infine il Verdicchio dei Castelli di Jesi Brut Ubaldo Rosi Ris. 2007 di Colonnara e il Brut Delis 2010 di Garofoli.

Grifalco della Lucania: viaggio nell''Aglianico del Vulture - prima parte

Pian di Camera, da dove sto scrivendo, non dista molto dal maestoso castello di Venosa che in questa giornata di Agosto, con la luce dell'estate, sembra ancora più maestoso e possente. Assieme a me, Ciceroni di eccezione, ho tutta la famiglia "Grifalco", così amo chiamarla, composta da papà Fabrizio Piccin, fino a poco tempo fa uno dei soci della toscana Salcheto, mamma Cecilia Naldoni, il cuore commerciale e relazionale dell'azienda, e dai tre figli Lorenzo (giovane e promettente enologo) , Andrea e Francesca.


La famiglia Piccin. Foto: ilviandantebevitore.blogspot.com 
Grifalco nasce nel 2003, anno in cui Fabrizio e Cecilia decidono di abbandonare definitivamente la Toscana e il suo Nobile di Montepulciano perchè, mi confessa Fabrizio, non c'erano più le basi per produrre un vino così come lo intendeva lui. 
Viaggiando spesso verso sud rimane folgorato dalla Lucania, terra di ricca di storia e tradizioni, e dal suo principale vitigno, l'Aglianico del Vulture, così lontano eppure così vicino da quel sangiovese che una volta vinificava con amore.
Il colpo di fulmine è stato immediato e così, dopo aver valutato ogni singolo aspetto del terroir, Fabrizio e Cecilia entrano in punta di piedi in terra lucana creando le basi per una iniziativa di successo che oggi, a circa dieci anni di distanza, ha spazzato via tutti i pregiudizi locali che inizialmente avevano accompagnato il progetto.


Attualmente l'azienda possiede circa 16 ettari di vigneto, tutto certificato biologico, suddiviso in quattro territori ben diversi:
  • Ginestra: due ettari di vigneto di almeno 60 anni di età posti su un poggio aperto su tutti e quattro i fronti. Terreni a composizione tufacea argillosa posti a circa 500 metri di altezza. Resa per ha circa 60 quintali di uva;
  • Venosa: sette ettari di vigneto tra i 7 e i 25 anni posti su un altopiano ben ventilato e soleggiato. Terreno caratterizzato da forte componente di scheletro e ciottoli, di medio impasto argilloso. Altezza media di 400 metri. Resa per ha circa 75 quintali di uva. 
  • Maschito: parte dei vigneti ha circa 25 anni mentre un'altra è composta da piante di oltre 60 anni di età. Altitudine di circa 500 metri di altezza. Terreno caratterizzato da una buona composizione di argilla con presenza di scheletro. Resa per ha circa 75 quintali di uva.
Vigneti attorno alla cantina
In cantina, inaugurata nel 2007 con una grande festa, affianco Lorenzo Piccin per farmi spiegare come fanno il vino.

Il ragazzo, che ha studiato ad Alba, ha le idee chiarissime:"fermentiamo separatamente ogni particella dei nostri vigneti, dividiamo le botti prima di tutto per le diverse zone dei vigneti e poi per le diverse particelle, guardando all'età, all'esposizione delle vigne e alla maturità  delle uve. Le fermentazioni variano a seconda dell'idea di vino che vogliamo avere: per il Gricos durano circa 6 giorni, senza macerazioni sulle bucce. Per il Grifalco facciamo macerazioni che arrivano anche fino a 10-12 giorni. Per il Damaschito e il Bosco del falco le macerazioni sono ritenute molto importanti, le uve provengono dai vigneti più vecchi e i vini rimangono a contatto con le bucce anche per più di 18 giorni. In questi casi controlliamo più volte al giorno l'integrità  delle bucce. effettuiamo circa due/tre rimontaggi al giorni e alcuni délestage  durante tutto il processo di vinificazione. Dopo la svinatura con tutti i vini comincio a lavorare con le fecce. Ogni vino svinato produce nei primi mesi una grande quantità di sedimento, tolgo la parte "spessa" sgrossando le fecce dai residui come bucce e semi, il resto viene reinserito nella botte insieme al suo vino. Proseguo questo lavoro per molti mesi lavorando in maniera (sporca) ogni volta che sposto un vino da una botte ad un'altra, oppure nelle barrique mi preoccupo che le fecce vengano mantenute sempre in sospensione lasciandole poi decantare nuovamente nel giro di un paio di settimane per poi ripetere di nuovo l'operazione. Questo processo va avanti anche per vari anni, in maniera sempre più delicata ed oculata, fino a che non decido di aver raggiunto il risultato che cercavoQuesto modo di lavorare è nato provando a mettere in pratica un'idea che mi è venuta pensando ai vini francesi e al loro modo di lavorare. Mi domandavo come erano in grado di lavorare i loro vini utilizzando legni per cosi' tanto tempo riuscendo, nonostante tutto, a tirar fuori vini eleganti e profondi senza che i sentori di legno prendessero il sopravvento. La risposta che mi sono dato, caro Andrea, mi ha portato a questo modo di lavorare con le fecce, mantenendole insieme al vino fino a renderlo credo più profondo e rotondo".

Chapeau al coraggio e alla determinazione di un ragazzo poco più che ventenne!

Tornando alla struttura, questa si presenta essenziale e funzionale, divisa in due piani. Il primo accoglie la sala contenente le varie vasche in acciaio funzionali alla fermentazione in acciaio delle varie uve provenienti dalle varie parcelle. Come vedete dalla foto, il vino viene poi portato al piano interrato attraverso un semplice ma pratico sistema a caduta.


L'altro piano, interrato, accoglie la zona affinamento del vino. In particolare troviamo barrique, tonneau e botti di rovere di Slavonia. 

  

  

Un'altra piccola sala, ricavata in un interstizio della cantina, è adibita a spazio di affinamento delle bottiglie che attendono di essere immesse nel mercato. Si aspetta il momento giusto!



Girando tra le varie botti presenti non si poteva non chiedere a Lorenzo di farci degustare qualche vino in anteprima anche se, ovviamente, ancora in affinamento. Detto, fatto! Eccolo dirigersi verso la prima vasca e spillare un pò del futuro Grifalco 2011, un vin che oggi si caratterizza per una certa nervorsità giovanile che comunque non nasconde un equilibrio di fondo e una caratterialità davvero interessanti. 
L'altra anteprima, sorprendente, riguarda un Cru che l'azienda ancora non ha mai messo in commercio, il Ginestra, la cui prima annata di produzione è appunto la 2012. I terreni maggiormente argillosi in questo caso fanno la differenza e, nonostante il vino sia ancora in pieno affinamento in barrique, la struttura, la profondità e la persistenza del vino fanno presagire che questo sarà un grande Aglianico del Vulture. Lo seguirò con attenzione.

Per finire, in bellezza, Fabrizio Piccin ci apre un pezzo di storia dell'azienda, ovvero il Grifalco 2004.



Il vino si presenta ancora di un colore rubino profondo, compatto, impreziosito da un corredo aromatico ancora giovane che rilascia aromi di marasca, prugna matura, cuoio, liquirizia, cacao amaro e l'inconfondibile mineralità vulcanica. Classe e bilanciamento al gusto, vagamente morbido e dal timbro tannico ben definito e vellutato. La lunga persistenza lascia il palato con ricordi insistiti di mineralità e frutta nera. Un vino buonissimo che rappresenta un biglietto da visita di tutto rispetto per la famiglia Piccin che in queste terre, dalla Toscana, ha portato solo serietà e rispetto per il territorio. 


Grifalco è un'azienda giovanissima che va seguita. Io lo farò!

Tre Bicchieri 2014 Abruzzo

Regione di grandi numeri e, da tempo, anche di grande qualità. L’apripista è il Montepulciano d’Abruzzo, la seconda tipologia italiana, ma anche Trebbiano, Cerasuolo e i rampanti autoctoni fanno la loro parte. Tradizionalmente poco sensibile al fascino dei vitigni internazionali a favore della riconoscibilità territoriale capace di tradurre la grande varietà ambientale abruzzese: ghiacciai, colline, spiagge. In aumento i premiati, in crescita la qualità, con la spiccata predilezione verso un’enologia più contenuta e minimale, oltre che – come abbiamo imparato in tanti anni - naturale e tradizionale prima di tante tendenze attuali. Grandissimi nomi e piccole realtà si aggiudicano i favori nostri e del pubblico, con conferme di anno in anno e continue nuove scoperte: capaci, ognuno diraccontare il territorio e di dare nuove interpretazioni di grandi vitigni.


Montepulciano d'Abruzzo Cocciapazza '10 Torre dei Beati
Montepulciano d'Abruzzo Colline Teramane Adrano '10 Villa Medoro
Montepulciano d'Abruzzo Colline Teramane Neromoro Ris. ’09 Bruno Nicodemi
Montepulciano d'Abruzzo I Vasari ’10 F.lli Barba
Montepulciano d'Abruzzo Marina Cvetic ’10 Masciarelli
Montepulciano d'Abruzzo Nativae ’12 Tenuta Ulisse
Montepulciano d'Abruzzo Ris. ’09 Castorani
Montepulciano d'Abruzzo Ris. ’08 Contesa
Pecorino ’11 Luigi Cataldi Madonna
Pecorino ’12 Tiberio
Trebbiano d'Abruzzo ’11 Valentini
Trebbiano d'Abruzzo C'Incanta ’10 Cantina Tollo
Trebbiano d'Abruzzo V. di Capestrano ’11 Valle Reale

Cuprese, sette storiche annate ed una certezza chiamata 1991!

Verdicchio, sempre Verdicchio, fortissimamente Verdicchio e quando penso a questo vitigno la mia mente ed il mio cuore non possono che reclamare il Cuprese di Colonnara, soprattutto se bevuto con qualche anno sulle spalle.

Con un pò di amici, durante un'afosa estate romana, abbiamo messo in fila un pò di vecchie e nuove bottiglie perchè la voglia di (ri)provare certe emozioni, di capire fino a dove può spingersi questo Verdicchio dei Castelli di Jesi, è sempre tanta, troppa.

Cuprese 2011: è il più giovane della batteria e questa freschezza la si sente subito al naso che si apre su note quasi di linfa accompagnate da sbuffi di pesca, nespola e biancospino. L'olfatto non è particolarmente complesso così come il sorso che si presenta vivace ma non particolarmente ampio e progressivo. Probabilmente va aspettato ancora un pò, per ora è un Cuprese molto di testa e poco di pancia.


Cuprese 2010: sarà l'annata diversa, sarà una maturazione maggiore, ma questo Verdicchio ha connotati molto diversi rispetto alla 2011 essendo più coinvolgente nei profumi che si fanno più morbidi e setosi sciorinando fragranze di ginestra, mela e pesca matura, susina gialla e sprazzi di viva mineralità. Al sorso si nota un corpo che appaga senza strafare, la tensione acida accompagna tutta la beva il cui profilo agrumato e minerale ti accompagna fino a molto tempo dopo la deglutizione.


Cuprese 2004: l'annata in questione ha rappresentato un crocevia fondamentale per la produzione del vino perchè sino a questo millesimo per produrre il Cuprese si è adottata la tecnica dell'ossidazione dei mosti mentre dal 2005 si vinifica in riduzione. Le differenze? Nel primo caso si ottengono vini stabili adatti al grande invecchiamento mentre con la riduzione si guadagna si predilige l'immediatezza e la ricerca di profumi primari e secondari. Fatta questa importante ed opportuna premessa, il Cuprese 2004 mi è parso un vino dagli affascinanti tratti autunnali, il suo profumo di miele di castagno e mela cotogna lo rendono quasi spalmabile mentre al sorso si rivela esuberante, fresco e sapido. E' un vino che ha personalità, mi piace!


Cuprese 2002: prima di berlo Emiliano Bernardi, l'export manager di Colonnara che era presente con me alla degustazione, mi ha aveva confidato che probabilmente poteva essere una delle sorprese della serata. Scettico, avvicino il naso che non fa fatica a captare la coinvolgente ed inaspettata stratificazione olfattiva del vino che vira subito verso note idrocarburiche che ricordano molto alcuni riesling tedeschi a me cari. Ma non c'è solo quello. Il ventaglio aromatico, col tempo, si apre ed escono accenti di caramello, torroncino, zenzero, miele di castagno, nocciola. In bocca l'annata fresca dona una ventata di freschezza tonificante corroborata da una nota sapida che accompagna la lunga e commovente persistenza. Emilià, quanto c'hai ragione!!!



Cuprese 1999 (magnum): corredo aromatico di grande integrità dominato da una trama olfattiva dove le spezie orientali sembrano amalgamarsi con un corredo balsamico di erbe officinali di grande fascino e seduzione. Ossigenandosi, poi, escono anche note di gomma pane, grafite e miele di zagara. Al sorso è setoso ed aristocratico, potente e fresco, ricco e vellutato. Questa annata non delude mai, mettete in cantina questo Cuprese perchè riserverà ancora molte sorprese.


Cuprese 1995: rispetto alla '99 sembra di essere andati indietro di oltre 20 anni visto che il ventaglio olfattivo risulta contrassegnato da un'ossidazione e da una "pesantezza" che mai avevo riscontrato fino ad ora. La frutta si fa gialla e molto matura, primeggia l'arancia amara e il cedro candito, le spezie prendono la forma del curry e dello zafferano, il miele pennella contorni che si fanno col tempo tostati e autunnali. In bocca il vino è cremoso, suadente, ancora ben bilanciato dall'acidità e da un tocco sapido che si lascia apprezzare perchè contribuisce all'equilibrio finale. Questo Cuprese sta scollinando, pulite i vostri bicchieri e bevetelo il prima possibile.

Cuprese 1991: tempo fa, quando andai a visitare Colonnara, per questo vino scrissi le seguenti parole:"vino si apre su note salmastre, saline, per poi aprirsi su intensi effluvi di polline, cera, mallo di noce a cui seguono, col tempo e l’ossigenazione, sentori di spiccata mineralità ed erbe. Alla gustativa il vino è incredibilmente fresco, giovane, dotato di progressione salina che, come un mosaico, piazza i suoi tasselli a 360° all’interno del palato. Un vino immenso, un capolavoro di cui non solo Colonnara ma tutta l’Italia dovrebbe essere fiera. Francesi? Prrrrrrrrrrrr". 
Oggi, dopo due anni da quella bevuta, trovo questo 1991, non so come dirlo, più giovane. Quello bevuto qualche tempo fa a Roma aveva un corredo aromatico tipico dei grandi Verdicchio con tre/cinque anni sulle spalle. Non mi crederete ma c'ho sentito i fiori bianchi, la frutta quasi acerba, il melone invernale, la melissa, il sambuco, l'anice, la salinità del mare. Non può essere, eppure è tutto vero e confermato dalla bocca che ha l'acidità tagliente di una base per spumanti che amplifica il gusto incentrato su agrumi, sapidità minerale ed erbe aromatiche. Siamo di fronte ad un alieno dell'enologia italiana, un vino uscito dalla piscina di Cocoon. Vi prego, ditemi il segreto!




Tre Bicchieri 2014 Lazio

Da vini quotidiani a prodotti d'eccellenza, questa la sfida intrapresa dal Lazio, dove pur con qualche lentezza si continua l'opera di valorizzazione dei vitigni che più caratterizzano il territorio. Con il bel risultato della biancolella a Ponza.
In gran parte concentrato su vini di buona fattura, dal prezzo corretto e rassicuranti per il consumatore, il Lazio vitivinicolo - pur mantenendo un andamento costante e senza rivoluzioni – continua con impegno l'opera di valorizzazione di uve caratteristiche del territorio. Malvasia puntinata, bellone, aleatico, grechetto, nero buono di Cori fino ai vari cesanese, sono oggetto di riscoperta e di lavoro, anche da parte di diverse aziende biologiche e biodinamiche e piccoli produttori che presentano vini di carattere, anche se in alcune aree di produzione si combatte contro un'inveterata tradizione di vino quotidiano difficile da sradicare.

Molto si muove nella zona del cesanese, a cavallo delle province di Frosinone e Roma, il Viterbese stenta a prendere il volo come potrebbe, considerando anche la presenza di alcuni tra i migliori viticoltori della regione, mentre buoni risultati li sta dando la biancolella nella piccola Ponza. Segnaliamo invece, con curiosità e malcelata perplessità, la nuova denominazione di origine Roma.


Baccarossa 2011  Poggio Le Volpi               
Cesanese del Piglio Romanico 2011  Coletti Conti               
Ferentano 2011   Falesco           
Montiano 2011  Falesco    
Poggio della Costa 2012 Sergio Mottura     

La bottiglia di vino più vecchia al mondo?

Probabilmente questa, di origine romana e datata 325 d.C.. Si trova all'interno della mostra permanente del vino del Museo Storico del Palatinato di Speyer, piccola cittadina della Renania-Palatinato (Germania).

Foto:mediacenter.dw.de

La bottiglia è conservata magnificamente, presenta manici a forma di delfino ed è stata trovata all'interno di una tomba romana rinvenuta a Speyer attorno al 1867.
La cosa fantastica è che dentro, come si può vedere, c'è ancora del liquido anche se un pò....melmoso!!

Foto: http://www.dailymail.co.uk/
La bottiglia non è stata mai aperta perchè si ha paura che il contenuto possa soffrire notevolmente il contatto con l'ossigeno. Quello che si può vedere, quindi, è che all'interno è presente un liquido bianco trasparente, probabilmente quello che era vino, mischiato assieme a delle erbe e ad altre sostanze organiche. Gli esperti, vedendo la bottiglia, hanno stabilito che il contenuto si è mantenuto fino ad oggi in quanto sopra a tutto i romani avevano versato una grande quantità di olio di oliva che ha protetto il vino da ogni possibile ossidazione.

Conosco gente che farebbe pazzie pur di bere un solo goccio di questo (ex) vino romano. Vuoi mettere il vanto con gli amici sommelier?

Slow Wine 2014 Radda in Chianti superstar

Slow Wine 2014 è in piena continuità con le edizioni precedenti almeno per quello che riguarda il Chianti Classico, denominazione che ci è particolarmente cara sia per la qualità dei vini che il territorio riesce a esprimere sia per l’attenzione alla sostenibilità diffusa in tutto il comprensorio del Gallo Nero. Prova ne sia l’alta densità di chiocciole assegnate alle aziende di questa parte di Toscana. La bontà della produzione enologica è diffusa e mai come negli ultimi anni la voce dei vignaioli ci pare accordata in una polifonia di interpretazioni avvincenti e ricche di carattere. In questa coralità una voce solista si stacca per continuità e qualità: è quella di Radda in Chianti. Sarà per l’altitudine o la storica vocazione del comune oppure per un fantastico punto di riferimento come Montevertine che ha ispirato più di un produttore, fatto sta che negli ultimi anni ci sembra che questo versante della denominazione abbia davvero interpretato perfettamente gli andamenti vendemmiali. Proprio a Radda abbiamo assegnato una nuova chiocciola all’azienda Monteraponi  del bravo Michel Braganti e spazio a una realtà emergente come quella di Istine guidata dalla giovane e strachiantigiana Angela Fronti che fa il suo ingresso in guida. Un’ulteriore conferma viene da Poggerino, realtà di assoluto livello qualitativo capitanata da Piero Lanza che ottiene la bottiglia data la qualità diffusa su tutta la produzione.

Ecco, nel dettaglio, i vini selezionati quest’anno per il Chianti Classico.
GRANDE VINO
Castello di Rampolla  Sammarco    2009 
Felsina  Fontalloro    2010             
Isole e Olena  Cepparello    2010            
Monteraponi  Chianti Cl. Ris. Baron Ugo 2009   
Montevertine  Le Pergole Torte 2010     
Querciabella Camartina 2010                   
Rocca di Castagnoli Castello di San Sano Chianti Cl. Ris. Guarnellotto 2010  
San Giusto a Rentennano Percarlo 2010             

VINO SLOW 
Badia a Coltibuono  Chianti Cl. Ris.  2009                       
Bandini Villa Pomona  Chianti Cl. Ris.       2010 
Cacchiano  Chianti Cl. Myticum      2009  
Castello di Monsanto Chianti Cl. Ris.         2010  
Cigliano Chianti Cl. Ris. 2009                     
Cinciano  Chianti Cl. Ris.  2010               
I Fabbri Chianti Cl. Ris. 2010                    
Le Cinciole Chianti Cl. 2010           
Montemaggio  Chianti Cl. Ris. 2008          
Montevertine Montevertine 2010          
Poggerino  Chianti Cl. Ris. 2009 Bugialla            
Riecine  Chianti Cl. Ris. 2009                     
Val delle Corti  Chianti Cl. 2010                            

VINO QUOTIDIANO
Castellinuzza  Chianti Cl.  2011                 
Castellinuzza e Piuca  Chianti Cl. 2011     
Vallone di Cecione Chianti Cl. 2011
Querciavalle Rosso del Cavalier Tranquillo 2011          
Vecchie Terre di Montefili Rosso 2010         

Tre Bicchieri 2014 Liguria

Una regione che risponde sempre più agli interessi e ai gusti attuali. Tutta autoctoni di grande sapidità e complessità aromatica, che nonostante un 2012 complicato, conquista ben sette Tre Bicchieri.
Rappresenta lo 0,4 della produzione complessiva nazionale, ma la qualità, soprattutto dei bianchi, convince sempre più consumatori e sempre più al di fuori dei confini regionali. L'interesse diffuso per i vitigni autoctoni e il gusto attuale che predilezione sapidità e complessità aromatica piuttosto che dolcezza e frutto, fanno la fortuna di pigato e vermentino, rossese e ormeasco, bosco e albarola, fino a bianchetta genovese e lumassina.
Il riscontro c'è e interessa zone produttive, sia di nicchia, come le Cinque Terre, che più ampie, come i Colli di Luni o la Riviera Ligure di Ponente, e che riguarda anche, unico caso per i vini rossi, il Rossese di Dolceacqua; mentre ancora convincono poco altri rossi prodotti in tutta la regione.

Cinque Terre ’12 Samuele Heydi Bonanini 
Colli di Luni Vermentino Et. Nera ’12 Cantine Lunae Bosoni 
Colli di Luni Vermentino Il Maggiore ’12 Ottaviano Lambruschi 
Riviera Ligure di Ponente Pigato ’12 Maria Donata Bianchi 
Riviera Ligure di Ponente Pigato Cycnus ’12 Poggio dei Gorleri 
Riviera Ligure di Ponente Pigato U Baccan ’11 Bruna 
Rossese di Dolceacqua ’12 Terre Bianche

Note di gusto al Pomigliano Jazz Festival 2013


Alla sua XVIII edizione il Pomigliano Jazz Festival rinnova la formula itinerante con concerti in programma nei siti di interesse archeologico e storico culturale dell’areale  vesuviano e dell’alto nolano. Il Festival conferma quindi la grande volontà di utilizzare la musica come potente strumento non solo culturale e di aggregazione, ma anche di promozione del territorio. Musica, storia, cultura ed eno gastronomia compongono quindi il patrimonio sul quale fare leva per creare sviluppo economico e turistico.  A questo fine il programma Note di Gusto  prevede  itinerari eno gastronomici organizzati in collaborazione con le condotte Slow Food Vesuvio e Agro Nolano.

Già lo scorso anno si è intrapresa questa strada con grande successo: protagonista fortunatissima degli eventi del gusto è stata la papaccella napoletana, tipico ortaggio della zona. Il riscontro sul pubblico e sulla diffusione commerciale di questo peperone riccioluto e gustosissimo è stato molto incoraggiante. Forti di tale esperienza, quest’anno il programma delle condotte Slow Food Vesuvio e Agro Nolano, partners del festival, è più ricco ed articolato e vede protagonisti i prodotti dell’orto vesuviano. Come è ben noto, la produzione agricola che cinge il Vesuvio è  ricca di bio diversità e particolarmente saporita, grazie al suolo vulcanico ricco di sali minerali che le dà vita. Torna quindi tra i banchi di degustazione la papaccela, essendo figlia della stagione in corso, insieme a tutti gli altri ortaggi ed al rinomato pomodorino del piennolo – richiestissimo ormai nelle cucine dei grandi chef italiani ed internazionali. Pertanto il calendario di appuntamenti musicali sarà affiancato da quello dal sapore buono, pulito e giusto. Ad ogni artista sarà abbinato uno chef che offrirà in degustazione i suo piatti ispirati ai prodotti dell’orto del Vesuvio. Inoltre lo spazio dedicato alla cucina sarà affiancato da stands di agricoltori vesuviani. Sarà quindi possibile degustare ed acquistare i prodotti di contadini autentici e fedeli alla tradizione agricola del territorio: Azienda Agricola Madrenatura: la giovane Marialuisa Squitieri, laureata in Storia Medievale, ha ritrovato con fiducia le radici contadine della propria famiglia a Poggiomarino. Con energia ed entusiasmo ha aperto un punto vendita nel cuore del centro storico di Napoli, proponendo la filiera corta dei tanti prodotti agricoli della sua della sua terra e tante altre colture campane realizzate in regime biologico.

Vincenzo Egizio a Brusciano è il re della papaccella, il peperone di Napoli, tondo, riccio e costoluto. Lo ha salvato dall’estinzione e rilanciato con successo insieme ad altre colture dell’area vesuviana.
Libera Feola, anche lei contadina che resiste con passione e caparbietà all’invadenza del cemento e della grande distribuzione. E’ specializzata nella produzione di confetture di frutta e succhi realizzati con metodi naturali e nel pieno rispetto dell’ambiente.
L’Associazione Pomodorino del Piennolo del Vesuvio presieduta da Saverio Bifulco, piccolo agricoltore di San Giuseppe Vesuviano, si sono occupati di riportare il giusto valore al proprio mestiere di custodi della terra e di pregiati artigiani dell’oro rosso del Vesuvio.
Itinerario Enogastronomico del Pomigliano Jazz festival.

Domenica 15 settembre Anfiteatro di Avella: alle ore 10 percorso con guide di Legambiente nel Parco Nazionale del Vesuvio con partenza  dal parcheggio antistante il Palazzo Mediceo di Ottaviano. Il percorso dura 4 ore e termina al ristorante Villa Giovanna con degustazione di piatti realizzati con le produzioni stagionali dell’orto vesuviano. Segue visita all’azienda agricola Saverio Bifulco, produttore di pomodorini del piennolo, via Profica Paliata San Giuseppe Vesuviano, mob. 3336275495.
Alle ore 21
l’anteprima con il concerto di Ludovico Einaudi, che presenta per la prima volta in Campania, all’Anfiteatro Romano di Avella (AV), il suo recente lavoro “In a time lapse”. Accompagnato da un ensemble di archi, percussioni ed elettronica. Chef della serata è Antonella Rossi del ristorante Napoli Mia(Napoli), abile interprete della cucina napoletana ben articolata tra tradizione e innovazione.

Mercoledì 18 settembre appositamente per Pomigliano Jazz e per la settecentesca Villa Cappelli a Pollena va in scena con un progetto inedito realizzato Trocchia (NA). Tre tra i migliori jazzisti campani – il sassofonistaMarco Zurzolo, il chitarrista Antonio Onorato e il pianista Francesco Nastro – danno vita ad una performance sospesa tra  jazz, fusion, sonorità mediterranee e improvvisazione, ispirata dalle suggestioni del golfo di Napoli e del Vesuvio.
Chef della serata  è Raffaele Vertolomo del ristorante O Primm’ammore di Pompei: giovane chef fortemente motivato a far diventare l’elegante ristorante della città di Pompei un punto di riferimento importante nell’area vesuviana.
Giovedì 19 settembre ore 21 il Palazzo Mediceo di Ottaviano (NA) accoglie Franco D’Andrea con il progetto “Three – Traditions and Clusters”. Un trio atipico che vede il pluripremiato pianista di Merano dialogare con il clarinetto di Daniele D’Agaro  e il trombone di Mauro Ottolini, per un live ispirato al jungle style ellingtoniano, tra riff, contrappunti improvvisati, poliritmie e astrazioni contemporanee.
Al trio è abbinato lo chef Ivan Paradiso del  Cieddì di Portici, il ristorante dotato di orto personale che ama proporre i prodotti del mare insieme a quelli della terra .

Venerdì 20 settembre  il Parco delle Acque di Pomigliano vede esibirsi in prima serata, nella sua unica data italiana, il leggendario sassofonista statunitense Archie Shepp con il suo quartetto (Tom Mc Clung al pianoforte, Darryl Hall al contrabbasso e Steve Mc Craven alla batteria) in un concerto inedito con l’Orchestra Napoletana di Jazz diretta da Mario Raja.
Alle note di Shepp sono abbinati i piatti di Inghermarck Guida di Tenuta Montecorbo di Massa Lubrense, giovane chef che ama utilizzare con fantasia e grande conoscenza delle tecniche di cucina i prodotti dell’orto che coltiva personalmente.

Sabato 21 settembre:  alle ore 10 viaggio attraverso 2000 anni di storia vitivinicola imponente all’ombra del Vesuvio. Visita guidata  al cellarium di Villa Augustea a Somma Vesuviana e incontro con il produttore  alla cantina contemporanea Cantine Olivella di Sant’Anastasia con degustazione vini; via Zazzera San’Anastasia, tel. 081 5311388.  In serata, sempre al Parco delle Acque di Pomigliano, tocca ad un altro mito assoluto del sax alto: Benny Golson. L’ottantaquattrenne compositore statunitense (già al fianco di Dizzy Gillespie e Art Blakey) nella sua unica data al sud Italia, si presenta con un quartetto. In apertura il giovane pianista Francesco Villani presenta in trio il suo ultimo lavoro “Il premio di consolazioneinedito con ospite speciale il pianista Antonio Faraò. A completare la formazione il contrabbassista Aldo Vigorito e il batterista Claudio Romano. A seguire, l’esibizione di Jaques Morelembaum and the Cello Samba Trio con ospite la cantante Paula Morelembaum, per uno spettacolo affascinante tra samba, bossa nova e musica da camera. Infine, il giovane pianista Mario Nappi presenta in trio il suo ultimo lavoro “Thank You”, tra brani originali e rivisitazioni di classici partenopei.

Alla ricchissima serata musicale arriva da Capri lo chef Eduardo Estatico del ristorante J Kitchen del J K Place Capri, talento emergente nella gastronomia campana fortemente impegnato nella valorizzazione dei prodotti tipici dei vari territori della regione.
Domenica 22 settembre: alle ore 10 percorso nel Parco Regionale del Partenio con partenza da Roccarainola. Segue degustazione di prodotti e piatti dell’agro nolano offerta dall’Hosteria Le Gourmet di Avella, deliziosa osteria dall’aria retro.
In serata  gran finale alle Basiliche Paleocristiane di Cimitile (NA) con l’omaggio di Enrico Rava e dellaPMJLab (band di 10 elementi prodotta dalla Fondazione Musica per Roma) all’indimenticabile Lester Bowie. In apertura l’interessante duo Soupstar, ovvero Giovanni Guidi Gianluca Petrella, entrambi vincitori del premio top jazz.

Grande chiusura anche di Note di Gusto con l’oste Mimmo De Gregorio del ristorante Lo Stuzzichino di Sant’Agata sui Due Golfi, famosissima chiocciola Slow Food.

Tre Bicchieri 2014 Valle d'Aosta

Poco meno di 400 ettari vitati (250 a denominazione) da Morgex a Donnas e una fetta importante della produzione controllata dalle cantine sociali, che mantengono un buon livello qualitativo, ma con una proposta statica.
I vini locali sono molto noti nella regione, meno al di fuori di essa. Le nuove generazioni di produttori puntano ad ampliare gli impianti dei numerosi vitigni autoctoni, soprattutto rossi - vuillermin, mayolet e cornalin - per rimanere sempre più legati al territorio. Un approccio interessante che apre buoni margini di crescita. Il presente fornisce importanti conferme, anche per quanto riguarda grandi passiti e ottimi bianchi.

Valle d'Aosta Chardonnay ’12 Di Barrò
Valle d'Aosta Petite Arvine ’12 Château Feuillet
Valle d'Aosta Petite Arvine ’12 Elio Ottin
Valle d'Aosta Pinot Gris ’12 Lo Triolet

Il vino naturale non esiste?!?

I discorsi stanno a zero, ormai quando si parla di vini naturali deve sempre scoppiare la polemica. Se poi questa viene alimentata da un politico, allora son guai seri.

Foto: Sorgente del Vino

Secondo quanto riportato dall'Ansa, Massimo Fiorio, vicepresidente della Commissione Agricoltura dell’attuale Governo Letta, ha annunciato lo scorso 9 settembre una interrogazione parlamentare avente come oggetto i vini naturali sostenendo che:“Occorre fare chiarezza su cosa significa ‘vino naturale’: molte bottiglie con questa etichetta stanno invadendo il mercato italiano. Si tratta di una definizione ad oggi autodisciplinata che rischia di disorientare i consumatori e penalizzare i produttori. Se da un lato la produzione e la commercializzazione di vino ‘naturale’ sta continuamente aumentando (sono nate associazioni di viticoltori, consorzi di aziende e fiere specifiche), gli uffici competenti del dicastero dell’Agricoltura stanno, al tempo stesso, intensificando le indagini e le ispezioni nei punti vendita intimando il ritiro delle bottiglie con tale denominazione. Per questo motivo abbiamo chiesto al ministro Nunzia De Girolamo di assumere una posizione chiara e coerente, per tutelare in primo luogo i cittadini e le aziende del settore: o si definisce una norma specifica per la dicitura ‘vino naturale’ o va vietato, per legge e senza eccezioni, il commercio in Italia di vino che presenti aggettivi, nelle confezioni, negli imballaggio o nelle etichette, riferiti a disciplinari di produzione non ufficialmente regolamentati”.

Ovviamente, non si sono fatte aspettare le repliche: la prima, banale, è che Fiorio è quanto meno disattento visto che da tempo sulle etichette c'è il divieto di scrivere "vino naturale". 

Il caso Bulzoni ce lo siamo già dimenticato?

Anche il sito Puntarella Rossa non si è fatto sfuggire l'occasione di dire la sua intervistando l'amico Antonio Marino de Les Vignerons il quale ha controbattuto in maniera acuta alle parole di Fiorio che ha poi replicato sostenendo quanto segue:"Vorrei tranquillizzare chi ritiene che l'interrogazione nasca dal tentativo di difendere grandi gruppi, anzi nasce dall'esigenza di tutelare produzioni coraggiose. Vedo imballaggi e promozioni che utilizzano la definizione "vino naturale" per vini prodotti in modo convenzionale".

Foto: Puntarella Rossa

Il dibattito, ovviamente, è andato avanti e ha previsto, oltre che la controreplica di Marino, anche due commenti assolutamente intelligenti e condivisibili di Paolo Rusconi e Francesco Romanazzi

Il primo, nel suo intervento, ha chiesto a Fiorio il motivo per cui il termine naturale debba essere vietato solo sul vino mentre in altri prodotti alimentari è assolutamente legale (vedi ad esempio acqua minerale naturale addizionata di acido carbonico).

Romanazzi, invece, ha ribadito un concetto che sento ripetuto spesso dai piccoli vignaioli c.d. naturali:"La regolamentazione è di per sé un'arma a doppio taglio, che potrebbe aprire la strada non tanto all'invasione del naturale di cui parli tu, ma a quella del finto-naturale che temiamo noi".

Anche su Facebook la discussione è stata accesissima e, in questo contesto, mi permetto di trascrivere integralmente quanto scritto da Marilena Barbera, produttrice siciliana di rara saggezza, che ha pubblicato il suo sfogo sul proprio profilo. Da leggere tutto di un fiato..

Gentile Onorevole Fiorio,

io capisco l’esigenza di chiarezza di cui Lei parla, davvero. Poi, però, ho letto le Sue dichiarazioni, come ampiamente riportate dalle agenzie, e ho iniziato a mettere in discussione alcune mie convinzioni.

Pensavo, certo a torto, che il consumo di alimenti con meno additivi o con nessun additivo fosse preferibile al consumo di alimenti cosiddetti “convenzionali”, ai quali – nel caso del vino - può essere aggiunta legalmente (e senza obbligo di dichiarazione in etichetta) una innumerevole quantità di differenti sostanze di sintesi.

Pensavo, e sicuramente mi sbagliavo, che lo sforzo di molti vignaioli nell’offrire un alimento il meno possibile manipolato e il più possibile fedele alla materia prima di provenienza fosse una scelta produttiva da supportare e favorire, in quanto si pone nella direttrice del rispetto del diritto alla salute dei cittadini che la Repubblica Italiana riconosce e protegge (nel caso non lo ricordasse, all’art. 32 – un po’ in fondo, ma vabbé).

Pensavo, e a questo punto dovrò rivedere le mie convinzioni, che l’articolo 2 della nostra Costituzione, postulando il principio dell’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, si riferisse anche al dovere di protezione del ruolo che i piccoli contadini e vignaioli naturali (non me ne voglia, ma un altro termine non lo trovo) svolgono – nel loro piccolo, certamente – nel perseguimento dell’interesse generale per il benessere [alimentare] della nostra nazione.

Ed infine pensavo, ma evidentemente la mia impressione di fondo è sbagliata, che un Paese nel quale si effettuano trivellazioni petrolifere senza i necessari approfondimenti sulle conseguenze per la salubrità dei mari, dove proliferano discariche abusive, dove si installano dispositivi emettenti radiazioni poco o nulla compatibili con la salute, dove si autorizza lo sventramento di montagne, lo scempio di boschi, l’azzeramento di comunità, dove si sottace e si minimizza l’impatto di stabilimenti altamente inquinanti, fosse un Paese nel quale – a dispetto delle enunciazioni di principio - chiunque potesse fottersene, in realtà, dell’altrui salute e benessere.

Per questo mi meravigliano non poco le sue dichiarazioni, perché delle due l’una: o tuteliamo la salute oppure no. Vietare, come riportato, “per legge e senza eccezioni, il commercio in Italia di vino che presenti aggettivi, nelle confezioni, negli imballaggi o nelle etichette, riferiti a disciplinari di produzione non ufficialmente regolamentati” mi pare una sonora stronzata.
Anche se per affermarla Lei ha, non me ne voglia se mi riesce difficile crederci, tirato in ballo il presunto interesse dei piccoli produttori a non subire la (presunta) sleale concorrenza di prodotti importati.





P.S.: ho chiesto allo stesso Fiorio se mi rilascia una dichiarazione sul tema, attendo...

Tre Bicchieri 2014 Calabria

Una tradizione vitivinicola millenaria e un passato recente non brillante che solo da una decina d'anni ha ripreso nerbo, con ottimi risultati. Prova ne sia il fatto che quest'anno i Tre Bicchieri assegnati alla Calabria sono quattro, con il comprensorio di Cirò, ovvero tutto il crotonese, a far da traino, con grandi numeri e livello qualitativo in impennata costante. In crescita anche il Cosentino che registra un'evoluzione decisiva di anno in anno.

Cirò Rosso Duca Sanfelice Ris.’11 Librandi
Grisara ’12 Roberto Ceraudo    
Masino ’11 iGreco    
Moscato Passito ’12 Luigi Viola   

Fulvio Bressan: a Londra si distruggono le sue bottiglie

A Londra, si sa, sono molto più pragmatici di noi italiani e dalle parole sono passati ai fatti. 

Jacob Kennedy, proprietario del ristorante Bocca di Lupo, sta passando alla storia come il primo ad aver distrutto le bottiglie prodotte dall'azienda di Fuvio Bressan in risposta alle frasi razziste comparse su internet un pò di tempo fa.

Kennedy, secondo quanto riportato dal London Evening Standard, avrebbe rotto ben cinque bottiglie di vino sostenendo che:"Fulvio Bressan, non solo sei un razzista, sei anche un furbetto visto che hai cercato di rimangiarti le parole per salvare il tuo culo.

Ecco il video che sta facendo furore su YouTube!


Ovviamente Percorsi di Vino dice NO a queste stronzate fatte solo a fini pubblicitari!