di Stefano Tesi
Alzi la mano chi, fuori
da ogni perbenismo e in mancanza di approfondita esperienza diretta,
scommetterebbe un euro sulla qualità intrinseca dei vini moldavi.
Direi quasi nessuno, sebbene la piccola ex repubblica sovietica
possa vantare in materia una certa tradizione (nonchè vocazione) e con la
Georgia fosse stata destinata da Baffone e dai suoi epigoni a fare da cantina
centralizzata del grande impero rosso, nonché russo.
Non ho difficoltà ad ammettere che anch’io nutrivo molti legittimi
dubbi non tanto sulla teorica esistenza, laggiù, di singoli buoni vini, quanto
del livello della qualità media.
Ebbene, ho dovuto ricredermi dopo la trentina di bottiglie delle
principali cantine moldave che ho avuto l’opportunità di assaggiare
partecipando all’edizione 2018 della Conferenza globale sul turismo del vino organizzata dall'UNTWO, la conferenza globale su turismo del
vino appena conclusasi a Chisinau e dintorni.
Due numeri, tanto per
inquadrare il tema e prima di segnalare qualche etichetta.
La Moldova produce 1,8 milioni di litri di vino all’anno,
principalmente vini fermi ma anche spumanti, e la relativa industria
contribuisce al 3,2% del pil del paese, nonché al 7,5% delle esportazioni
(circa 67 milioni di bottiglie, al 55% di rosso). Le aziende produttrici di
vino ufficialmente censite sono 54 e quasi là metà di esse offre anche servizi
legati al turismo.
Una realtà, dunque, fatta di cantine di grande dimensioni, spesso
eredi dirette (in termini di superficie vitata e di strutture produttive) di
quelle statali di epoca socialista e, per questo e per ragioni geoeconomiche,
fine a qualche tempo fa strettamente legate al mercato russo e a quello
orientale.
foto: Vivino |
La crisi del rublo e il perdurare delle tensioni politiche, con
scambio di embarghi, tra Russia e Ue (tensioni tra le quali la Moldova si trova
fatalmente in mezzo, sia per le sue espresse simpatie filoccidentali, sia per
la sua posizione geografica a ridosso del Mar Nero), ha però presto causato la
necessità per i produttori moldavi di trovare a Ovest nuovi mercati di sbocco e
di adeguarsi rapidamente agli standard qualitativi delle nostre piazze.
Obbiettivo, va detto, raggiunto con sorprendente rapidità, complici forti
iniezioni di consulenze e tecnologie italiane.
Oltre ai vitigni internazionali, si coltivano le antiche varietà
tradizionali dell’area, le stesse della vicina Romania: Feteasca Alba, Feteasca
Regala, Feteasca Neagra e Rara Neagra.
Ecco gli assaggi che più mi sono piaciuti, con una sottolineatura:
si tratta di vini che raramente, in vendita diretta, superano i 4 euro a
bottiglia.
Asconi Rosè 2017
Da uve Cabernet Sauvignon, è di un bel rosa pallido mattonato, con
naso molto pulito e gradevole, frutto intenso ma senza caricature, mentre in
bocca è asciutto, agile e sapido. Ottimo prodotto.
Asconi Sol Negru Feteasca Alba 2017
Appena dorato, dà un’immediata nota fresca e aromatica. L’ingresso
in bocca è un po’ sfuggente ma poi cresce e si evolve in un gradevole e lungo
accento piccante.
Rosè de Purcari 2017
Al 50% da uve di Cabernet Sauvignon, al di 25% Merlot e al di 25%
Rara Neagra, ricorda per tonalità la polpa del pompelmo rosa. Al naso richiama
la fragola matura e i mirtilli, in bocca ha un corpo inatteso che tuttavia non
nuoce all’equilibrio.
Purcari Rara Neagra 2016
All’occhio è di un bel rubino chiaro, al naso è asciutto e
gentile, fragrante con una lieve nota metallica che non disturba. In bocca è
diretto, pieno, piacevole e beverino, ma elegante. Il migliore dei vini
assaggiati in Moldova.
Castel Mimi Sauvignon Blanc 2017
Dorato brillante e intenso all’occhio, al naso rivela una
vivacità, una pulizia e una fragranza impreviste rispetto allo stile aziendale.
Anche in bocca risulta sapido, gradevole ed equilibrato.
Nota finale: anche gli spumanti che ho assaggiato sono risultati
meglio delle aspettative. Va detto che pure in Moldova non sono mancati i
tentativi di clonare il Prosecco, per ora vanificati da un’efficace azione diplomatico-commerciale.
Il che non mi ha impedito di imbattermi in un “Crisecco”. C’est la vie.