Alla scoperta dei vini della Moldavia - Garantito IGP


di Stefano Tesi

Alzi la mano chi, fuori da ogni perbenismo e in mancanza di approfondita esperienza diretta, scommetterebbe un euro sulla qualità intrinseca dei vini moldavi.


Direi quasi nessuno, sebbene la piccola ex repubblica sovietica possa vantare in materia una certa tradizione (nonchè vocazione) e con la Georgia fosse stata destinata da Baffone e dai suoi epigoni a fare da cantina centralizzata del grande impero rosso, nonché russo.
Non ho difficoltà ad ammettere che anch’io nutrivo molti legittimi dubbi non tanto sulla teorica esistenza, laggiù, di singoli buoni vini, quanto del livello della qualità media.


Ebbene, ho dovuto ricredermi dopo la trentina di bottiglie delle principali cantine moldave che ho avuto l’opportunità di assaggiare partecipando all’edizione 2018 della Conferenza globale sul turismo del vino organizzata dall'UNTWO, la conferenza globale su turismo del vino appena conclusasi a Chisinau e dintorni.
Due numeri, tanto per inquadrare il tema e prima di segnalare qualche etichetta.
La Moldova produce 1,8 milioni di litri di vino all’anno, principalmente vini fermi ma anche spumanti, e la relativa industria contribuisce al 3,2% del pil del paese, nonché al 7,5% delle esportazioni (circa 67 milioni di bottiglie, al 55% di rosso). Le aziende produttrici di vino ufficialmente censite sono 54 e quasi là metà di esse offre anche servizi legati al turismo.
Una realtà, dunque, fatta di cantine di grande dimensioni, spesso eredi dirette (in termini di superficie vitata e di strutture produttive) di quelle statali di epoca socialista e, per questo e per ragioni geoeconomiche, fine a qualche tempo fa strettamente legate al mercato russo e a quello orientale.

foto: Vivino

La crisi del rublo e il perdurare delle tensioni politiche, con scambio di embarghi, tra Russia e Ue (tensioni tra le quali la Moldova si trova fatalmente in mezzo, sia per le sue espresse simpatie filoccidentali, sia per la sua posizione geografica a ridosso del Mar Nero), ha però presto causato la necessità per i produttori moldavi di trovare a Ovest nuovi mercati di sbocco e di adeguarsi rapidamente agli standard qualitativi delle nostre piazze. Obbiettivo, va detto, raggiunto con sorprendente rapidità, complici forti iniezioni di consulenze e tecnologie italiane.
Oltre ai vitigni internazionali, si coltivano le antiche varietà tradizionali dell’area, le stesse della vicina Romania: Feteasca Alba, Feteasca Regala, Feteasca Neagra e Rara Neagra.
Ecco gli assaggi che più mi sono piaciuti, con una sottolineatura: si tratta di vini che raramente, in vendita diretta, superano i 4 euro a bottiglia.

Asconi Rosè 2017
Da uve Cabernet Sauvignon, è di un bel rosa pallido mattonato, con naso molto pulito e gradevole, frutto intenso ma senza caricature, mentre in bocca è asciutto, agile e sapido. Ottimo prodotto.


Asconi Sol Negru Feteasca Alba 2017
Appena dorato, dà un’immediata nota fresca e aromatica. L’ingresso in bocca è un po’ sfuggente ma poi cresce e si evolve in un gradevole e lungo accento piccante.


Rosè de Purcari 2017
Al 50% da uve di Cabernet Sauvignon, al di 25% Merlot e al di 25% Rara Neagra, ricorda per tonalità la polpa del pompelmo rosa. Al naso richiama la fragola matura e i mirtilli, in bocca ha un corpo inatteso che tuttavia non nuoce all’equilibrio.

Purcari Rara Neagra 2016
All’occhio è di un bel rubino chiaro, al naso è asciutto e gentile, fragrante con una lieve nota metallica che non disturba. In bocca è diretto, pieno, piacevole e beverino, ma elegante. Il migliore dei vini assaggiati in Moldova.

Castel Mimi Sauvignon Blanc 2017
Dorato brillante e intenso all’occhio, al naso rivela una vivacità, una pulizia e una fragranza impreviste rispetto allo stile aziendale. Anche in bocca risulta sapido, gradevole ed equilibrato.


Nota finale: anche gli spumanti che ho assaggiato sono risultati meglio delle aspettative. Va detto che pure in Moldova non sono mancati i tentativi di clonare il Prosecco, per ora vanificati da un’efficace azione diplomatico-commerciale. Il che non mi ha impedito di imbattermi in un “Crisecco”. C’est la vie.

Biava - Moscato di Scanzo 2015 è il Vino della settimana di Garantito IGP

di Luciano Pignataro

L’eccellenza dell’eccellenza, un sorso assurdo da una delle 2000 bottiglie lavorate da Manuele Biava che dal 1988 roduce questo rosso ancestrale in provincia di Bergamo nella DOCG più piccola d’Italia. 


Sorso lunghissimo, fresco, elegante, setoso e pulito, dolce elegante e non stucchevole. Davvero quando si dice: da centellinare


I bianchi della Campania passati in legno: una interessante riflessione - Garantito IGP

Di Luciano Pignataro

Ci sono alcune frasi entrate nel senso comune che spesso diventano un rovesciamento della realtà anche se confermano come spesso ciascuno di noi ha il vizio, direi il limite, di far iniziare la storia con noi stessi. Quando sento un produttore dire, “seguo il metodo tradizionale e vinifico solo in acciaio”, posso sicuramente fargli i complimenti ma non mi pare che i romani, nel Medioevo e nell’800, ma anche nella prima metà del ‘900 si usasse questo materiale quanto piuttosto il legno e le anfore.



Già il legno, un altro mantra italiano, dove la cultura dei vini bianchi invecchiati può vantare solo piccoli episodi isolati e non uno sforzo di ricerca collettivo e territoriale in qualche regione, è l’uso quasi esclusivo dell’acciaio nella lavorazione in bianco. E questo nonostante il fatto che il nostro paese è, secondo i dati diffusi la settimana scorsa, il primo esportatore mondiale per volume e per valore, di vino bianco. La Campania da questo punto di vista non teme confronti, è davvero raro trovare produttori che usino il legno con i vitigni autoctoni.

Noi pensiamo che questo sia uno sbaglio, non vogliamo certo sostituirci a chi il vino lo fa, ma è indubbio che quando l’uso del legno è centrato i risultati sono più che soddisfacenti e soprattutto aiutano sui tempi lunghi. La differenza con lo chardonnay e le altre uve internazionali è che non ci sono protocolli prefissati e dunque si deve partire da zero e andare per tentativi quasi applicando il principio di falsificabilità di Karl KPopper. Ecco allora che questo post un po’ anomalo rispetto ai soliti propone questa piccola guida e che evidenzia come il Fiano sia particolarmente vocato a queste lavorazioni. Il motivo è che si tratta di un vitigno che con il tempo evolve e non resiste come è stato dimostrato scientificamente dal team di studi del Dipartimento di Agraria diretto dal professore Moio.

Fiano di Avellino Stilema - Mastroberardino
L’unico in cui mettiamo il millesimo perché si tratta della prima annata in commercio a cui, speriamo, ne seguano altre. In questo caso solo un 20-25% della massa viene elevato in legno e il risultato, a nostro modesto avviso, è stato davvero eccezionale.

Fiano di Avellino More Maiorum - Mastroberardino
L’azienda di Atripalda ha anche questa etichetta, la prima per la verità prodotta con il Fiano interamente passato in legno a partire dalla metà degli anni ’90. Secondo l’usanza degli antichi, botti grandi. Un vino che regge davvero tempi lunghissimi.




Fiano di Avellino Exultet, Greco di Tufo Giallo d’Arles e Falanghina Via del Campo - Quintodecimo
I tre bianchi di Luigi Moio hanno subito conosciuto il legno per l’affinamento, pur mantenendo la vinificazione in acciaio, con alterni risultati di critica ma con assoluto successo di pubblica. Nel corso degli anni l’uso del legno è stato più parsimonioso, centrato. Sicuramente fra i tre quello che ne guadagna di più è, a nostro giudizio, l’Exultet. In ogni caso si tratta di vini che conservano una freschezza impressionante a distanza di molti anni.

Le Serole - Terre del Principe
Da sempre rappresenta il bianco di punta dell'azienda Terre del Principe di Peppe Mancini e Manuela Piancastelli. L'unico bianco passato in legno ottenuto dal Pallagrello Bianco. Anche in questo caso una insospettabile e piacevole longevità

Fiano di Avellino Bechar e Greco di Tufo Devon - Antonio Caggiano
Anche il Bechar è partito con il legno, progressivamente aggiustato a favore del frutto. Il risultato, a distanza di anni, è davvero straordinario. Abbiamo appena bevuto un 2008 freco, integro, complesso, in grado di reggere qualsiasi confronto. Essendo Caggiano famoso soprattutto per i rossi (Taurasi Macchia dei Goti e Salae Domini) confessiamo di aver trascurato parecchio le sue etichette bianche.

Fiano Campania Case Fatte - Boccella
Una piccolissima produzione di Fiano a Castelfranci prodotto fuori dal disciplinare docg. Un bianco “naturale” che mantiene una buona polpa e bei sentori, in buon equilibrio con il legno. Pensato dall’enologo irpino Fortunato Sebastiano.

Fiano di Avellino Brancato - Tenuta del Cavalier Pepe
Per una produttrice di scuola francese il passaggio in legno sarebbe quasi obbligatorio, ma per il momento Milena Pepe si limita solo a questa etichetta facendola uscire con un anno di ritardo rispetto alla vendemmia. Un bel prodotto che però deve ancora trovare il punto di equilibrio.

Fiano Cilento Pietraincatenata - Maffini
Anche Luigi Maffini ha progressivamente alleggerito la presenza del legno uscendo con un anno di ritardo rispetto alla versione in acciaio, il Kratos. A nostro giudizio uno dei migliori bianchi italiani in grado di esprimere il meglio dopo una decina danni.



Greco Paestum Elea - San Salvatore 1988
L’unico bianco passato in legno da Peppino Pagano. Non tutto, circa il 20% in barrique mentre il resto della massa fa acciaio. Buona frutta agrumata, speziature dolci al naso ma al palato grande verve acida e finale gratificante, sapido e amaro

Costa d’Amalfi Fiorduva Furore - Marisa Cuomo
Forse uno dei bianchi più conosciuti a livello nazionale, una grande successo commerciale. Qui, come nei vini di Caggiano e Maffini, abbiamo comunque la mano di Moio e anche qui abbiamo visto un progressivo diminuire del peso del legno. In ogni caso sicuramente una grande bianco, subito in equilibrio ma anche capace di reggere bene nel corso degli anni.

Falanghina dei Campi Flegrei Vigna del Pino - Agnanum
E la Falanghina? La sua freschezza e la sua immediatezza tengono quasi tutti lontani dal legno, ma qualche esempio c’è, come questa piccola produzione di Raffaele Moccia ad Agnano nel comune di Napoli. Buona longevità e ottimo equilibrio grazie all’uso delle botti grandi.

Falanghina Strione - Cantine Astroni
Un tentativo di misurare le capacità della Falanghina, ingrassata sui lieviti e in parte sul legno dopo la fermentazione in acciaio. Siamo sempre nel Comune di Napoli e questa è una delle tre versioni, le altre due in acciaio, pensate da Gerardo Vernazzaro.



Falanghina Facetus - Fontanavecchia
Chi invece usa senza le barrique dopo la vinificazione in acciaio è l’azienda Fontanavecchia di Libero Rillo a Torrecuso nel Sannio. Anche in questo caso il vino entra in commercio un anno dopo la vendemmia e i risultati sono decisamente molto interessanti.

Beneventano Sogno di Rivolta - Fattoria La Rivolta
Un bel progetto di bianco è proprio costituito da questo vino composto per metà da falanghina e per metà da fiano e greco in parti uguali. Un vino, lavorato da Vincenzo Mercurio in barrique, che regala una straordinaria evoluzione dopo qualche anno. Tra i nostri preferiti.

E' morto Beppe Rinaldi, una della grandi anime del Barolo

Purtroppo la notizia è giunta questa mattina. Beppe Rinaldi, detto "Citrico" per il suo modo di parlare onestamente e senza filtri, è morto all'età di 69 anni dopo una malattia che, in poco tempo, non gli ha lasciato scampo. Il mondo del vino italiano, non solo delle Langhe, ha perso una grande persona oltre che un bravissimo vignaiolo. 

foto: Winestories

Alla moglie Annalisa e alle figlie Marta e Carlotta vanno le condoglianze di Percorsi di Vino che lo ricorda con questo articolo.

Il Barolo di Giuseppe Rinaldi a confronto: Brunate Le Coste Vs Cannubi San Lorenzo Ravera



Il vino in Belgio comincia a diventare realtà grazie ai cambiamenti climatici

Snobbato finora dai cugini francesi, il vino belga si fa spazio sulla carta dei vini del mondo. La ragione starebbe nel riscaldamento globale che aumenterebbe la qualità e quantità del prodotto. Le cifre del 2017 lo confermano: il numero di produttori di vino è aumentato da 117 nel 2016 a 128 nel 2017 e la produzione ha sfiorato il milione di litri. John Collijs, distributore di vini e liquori belgi, ci racconta che cinque anni fa c'erano circa 80 ettari di viti per tutto il Belgio. 


"Ora siamo passati a 350 quindi siamo stati in grado di moltiplicare per 5 l'area e la produzione. Da 5 anni a questa parte le cose stanno andando alla grande". John ritiene che il cambiamento climatico possa in parte spiegare il miglioramento della produzione belga. D'altra parte, riconosce ad esempio che il sole di quest'anno modificherà il calendario della raccolta dell'uva. "Credo che il raccolto verrà s sicuramente anticipato. Normalmente il raccolto in Belgio va dalla seconda settimana di settembre al massimo la seconda settimana di ottobre. Penso che molti vigneti e i produttori di vino quest'anno faranno la vendemmia all'inizio di settembre ". 


Ci spostiamo presso la tenuta Chenoy vicino a Namur, la più grande area viticola del paese per vino rosso. Qui lavora Jean Bernard, esperto di agricoltura biologica, che si dice scettico sull'impatto del cambiamento climatico sulla produzione vinicola belga. "Sono molto prudente riguardo questo argomento perché prima di tutto non sappiamo se si puoi parlare di riscaldamento. Preferisco dire cambiamento climatico. Non sappiamo veramente cosa stia succedendo e sono anche molto diffidente nei confronti degli eventi estremi. Abbiamo avuto un anno in cui è andato tutto bene, fa caldo come nel M Mediterraneo, tutti i belgi sono contenti e lo sono anch'io. Ma questo non ci protegge da tempeste e grandine. Ovviamente vediamo che ci sono dei cambiamenti ma non so dire se tra 30 anni ci troveremo nella situazione opposta". Per Jean-Bernard Despatures, la crescita della produzione belga può essere spiegata da vari fattori. Le viti sono invecchiate e i viticoltori conoscono meglio le loro terre. 


"E' necessario il territorio, le buone condizioni climatiche e un certo savoir faire e questo non può essere improvvisato: c'è bisogno di teoria ma soprattutto di pratica. Essendo invecchiate le vigne, iniziamo ad avere un ecosistema di vino belga che esiste davvero, a differenza di 20 - 25 anni fa, dove ci sentivamo molto molto soli ".
Un vino di migliore qualità, sia belga o no, viene consumato con moderazione nel paese della bitta. Si stima che il consumo in Belgio sia di 300 milioni di bottiglie all'anno.

Fonte: Euronews

Muscari Tomajol - Nethun Bianco 2017 è il vino della settimana di Garantito IGP

di Roberto Giuliani

A pochi chilometri dal mare e dalla medievale Tarquinia, nasce questo vermentino (da un clone corso) di Marco Muscari davvero eccellente, da bere assolutamente almeno 6 mesi dopo che è uscito: mandorla, timo, salvia cedro e iodio; bocca salina, succosa, fresca, godibilissima, da bere ad infinitum.


Le Casalte - Vino Nobile di Montepulciano "Quercetonda" 2010


di Roberto Giuliani

Non sono molti i Nobile di Montepulciano che riescono a farmi emozionare, sicuramente potrebbero essere decisamente di più, ma ci sono ancora molte cose che rendono quel territorio dalle indubbie potenzialità, ancora condizionato da scelte di campo orientate più al mercato che a esprimere tutte le qualità del prugnolo nelle diverse altitudini, esposizioni e composizioni del suolo. Certamente negli ultimi anni ho assistito a rassicuranti passi avanti, una riduzione del contributo dei vitigni internazionali e un uso del legno più oculato, oltre alla nascita di nuove e promettenti realtà.
Quella di Chiara Barioffi, invece, non è certamente nuova ma ormai consolidata (fondata nel 1975 dai genitori Guido e Paola); ha le sue vigne in frazione Sant'Albino e quella destinata al Quercetonda è allevata ad alberello.

Chiara Barioffi

Per le sue caratteristiche genera un Nobile capace di crescere per molti anni, Chiara lo produce solo nelle annate che reputa all'altezza, come questa 2010, che oggi (credo sia stata messa in vendita a inizio 2015) è davvero in splendida forma: colore granato profondo, bouquet intenso di prugna, ciliegia nera, cacao, confettura di amarene, liquirizia, tabacco, cardamomo, humus, venature balsamiche e tanto altro ancora.


Al palato rivela nettamente l'approccio di Chiara, che dopo le "lezioni" del compianto e insostituibile Giulio "Bicchierino" Gambelli, ha saputo interpretare perfettamente la natura del sangiovese, senza cercare di agire in cantina per "sistemarlo", ma lasciando che sia lui a trovare i suoi equilibri con l'affinamento. Ed ecco che troviamo un tannino di grande levatura, di grana finissima e dolce, ingannevole nell'attacco deciso, rassicurante nell'immediata attenuazione dell'effetto astringente a vantaggio di una succosità di frutto, ben sostenuto dalla freschezza, che avvolge e tocca in profondità; il linguaggio speziato viaggia su note pepate e di liquirizia, fornendo verve al sorso, la cui persistenza è veramente notevole. Un gran bel Nobile, di cui varrebbe la pena fare scorta perché ha le carte per una lunga evoluzione.

Le Casalte – Azienda Agricola di Chiara Barioffi
Via del Termine, 2 Loc. S.Albino – Montepulciano (SI)
Tel.: +39 0578 798246

Terra Madre Salone del Gusto 2018: tutti gli appuntamenti sul vino, la birra e i distillati


Vini, bollicine, birre, rum e, come ormai di consueto, cocktail... Gli appassionati della cultura del “buon bere” consapevole e sano non hanno che l’imbarazzo della scelta alla dodicesima edizione di Terra Madre Salone del Gusto, a Torino dal 20 al 24 settembre 2018, grazie ai 50 Laboratori del Gusto in programma in cui sommelier e produttori, importatori e bartender vestono i panni di appassionati Ciceroni per un giro del mondo racchiuso in un bicchiere.


Partiamo dal libanese Château Musar – un grande vino al pari dei migliori Bordeaux che racchiude cinquant’anni di storia della viticoltura mediorientale – per tornare alle colline di casa nostra con un omaggio a Domenico Clerico, a poco più di un anno dalla sua scomparsa, in cui si degusta, tra gli altri, il Barolo Classico 2014. Dal nuovo Presidio Slow Food del Clairin, il rum agricolo di Haiti, alle nuove frontiere della miscelazione con i Maestri del Cocktail e le loro proposte regionali. E infine, i Laboratori che garantiscono l’accesso a un universo parallelo, quello delle slow beer. Vi presentiamo oggi una carrellata delle più sfiziose proposte ancora prenotabili sul sito www.slowfood.it. A voi il compito di scovarle tutte…

Vino: dal Nord al Sud dello stivale

Lasciamo il Barolo di Clerico per fare un passo verso una tradizione più popolare con La Barbera è femminile, per carpire le differenze tra quella d’Asti e quella d’Alba, vini con caratteristiche molto diverse dovute al terroir in cui nascono, nonostante il vitigno sia lo stesso. Ora dal Piemonte ci trasferiamo in Veneto, dove sorseggiamo un calice di Soave, per una verticale con annate parallele dei cru Calvarino e La Rocca di un altro grande della viticoltura recentemente scomparso, Leonildo Pieropan. Andiamo verso il Sud dove troviamo il Fiano di Avellino DOCG della cantina Pietracupa, che con la sua eleganza conferma la grande vocazione all’invecchiamento. Infine, per celebrare il 50esimo anniversario della denominazione Montepulciano d’Abruzzo, Terra Madre Salone del Gusto presenta i laboratori: Cinquant’anni di Montepulciano, una panoramica di stili e interpretazioni dell’annata 2015; In verticale: Emidio Pepe, il decano del Montepulciano, in una straordinaria degustazione di sei annate.

Vino: là dove osa il naturale

Uno dei settori che anima il più ampio dibattito tra sostenitori e detrattori è quello sui naturali e biodinamici che a Terra Madre Salone del Gusto viene approfondito con Vini dell’anima, naturali come “natura” comanda, attraverso la degustazione a bottiglie coperte dei vini di tre produttori di altrettante regioni. Protagonista di un altro Laboratorio del Gusto è la Tenuta di Valgiano, con Saverio Petrini, percussore della biodinamica in Italia, in particolare in quella Toscana altra, la Lucchesia, che detiene il primato degli ettari coltivati secondo i principi biodinamici. Una storia la sua che ha il lieto fine con la fondazione di Lucca Biodinamica: «un’unione nata dal basso, dall’esigenza dei produttori di creare qualcosa insieme». Ma Saverio è anche e soprattutto un agricoltore: «Sono nato in campagna, ma a sette anni mi hanno portato a Milano: lo shock è stato tale che non mi sono più ripreso e ho cercato in tutti i modi di uscire dalla città. Finché non sono approdato a Valgiano, dove la proprietà ha appoggiato le mie scelte facendo rinascere la tenuta». Ad accompagnare il racconto di questa bella esperienza agricola una verticale con annate prodotte prima e dopo la conversione in biodinamica, per capire, bicchiere alla mano, quanto pratiche più vicine alla natura possano cambiare un vino.

Vino: uno sguardo oltreconfine

Varcando i confini nazionali troviamo i vini dell’Europa Centrale – Austria, Slovenia, Ungheria, Repubblica Slovacca, Germania – con produttori dediti ai princìpi dell’agricoltura biologica e biodinamica attraverso una selezione di sei vini tra i più rappresentativi dell’intera regione. Un altro tour europeo lo si può fare degustando i vini in anfora a partire da quello della Georgia, Presidio Slow Food. Non è tutto, a Eataly Torino Lingotto ci possiamo spingere fino ai Balcani, custodi della più antica storia del vino in Europa, degustando antichi vitigni locali di produttori di piccola scala che seguono un approccio slow, a misura d’uomo, rispettoso della natura, del terroir e delle tradizioni locali.

L’Enoteca

Se l’appuntamento che più vi interessa fosse esaurito, non demordete: in Enoteca, ospitata nella corte interna di Palazzo Reale, vi aspettano circa 600 etichette tra bolle, bianchi, rossi e dolci delle cantine selezionate nel Progetto Vino, che promuove e coinvolge il meglio della produzione vitivinicola attraverso attività di educazione e comunicazione. Tra questi, le selezioni territoriali dedicate all’Alta Langa, official sparkling wine di Terra Madre Salone del Gusto, presente anche nel Mercato di Lingotto Fiere con un proprio spazio, ma anche a Montepulciano d’Abruzzo, Franciacorta, Morellino di Scansano e Puglia in Rosé.
Come sempre, al nostro fianco nel raccontare il vino e la storia di chi lo produce, gli insostituibili sommelier della Fisar.

Slow beer

Sam Calagione è uno dei più importanti personaggi del mondo contemporaneo della birra artigianale. Il suo birrificio, Dogfish Head, nel Delaware, è diventato uno dei più importanti luoghi di sperimentazione e creazione birraria al mondo, con etichette come la Midas Touch, la Noble Rot o la Sah’tea, con cui il birrificio si è guadagnato la fama internazionale. Lasciamo la costa Est degli Stati Uniti e raggiungiamo la California, dove il birrificio Firestone Walker produce le sue birre maturate in legno, in degustazione nel Laboratorio ospitato da Eataly Torino Lingotto “Rock&Roll is Vintage”. Il gran tour europeo parte dal laboratorio God Save the Beer per assaggiare alcune delle produzioni più significative dei birrifici artigianali inglesi, abbinate a una selezione di formaggi dello stesso Paese. Dalla patria della produzione brassicola, il Belgio, arrivano invece leFlemish Red Ales maturate in botti di rovere.
Ma il mondo della birra non è fatto solo di grandi produttori: anche gli “assemblatori”, categoria in crescita, riescono a dare vita a prodotti nuovi e complessi. Con Oltre la produzione: l’arte degli assemblatori di birra incontriamo tre blender del Belgio e due affinatori italiani. Sapete come si dava un gusto particolare alla birra prima che si introducesse l’uso dei luppoli? Con le erbe, naturalmente, e questa tradizione è nuovamente in auge. A guidarci alla scoperta di questa tecnica, con l’assaggio di birre italiane, scozzesi e statunitensi, è l’etnobotanico e Rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Andrea Pieroni, nel Laboratorio Birre e foraging, un incontro possibile.
Molti appuntamenti in programma sono realizzati in collaborazione con QBA – Quality Beer Academy, official partner di Terra Madre Salone del Gusto, che presenta una selezione di birre che tocca diverse culture, stili e tradizioni, con le eccellenze di alcuni dei birrifici più interessanti del panorama internazionale, tra cui BraufactuM, Brouwerij Boon, Firestone Walker, Kloster Scheyern, Rodenbach.
Le tre birre realizzate con i Presìdi Slow Food dal veneto Birrificio Antoniano accompagnano i piatti in alcuni appuntamenti del programma di Fucina Pizza e Pane. Inoltre, la birra con Grano Timilia del pane nero di Castelvetrano (Tp), con il Mais biancoperla della pianura veneta centro-orientale e con Grano Solina dell’Appennino abruzzese sono a disposizione dei visitatori del Mercato a Lingotto Fiere.

Mixology

Grande novità dell’Enoteca, quest’anno, sono il Punto Mixology, con le creazioni dei bartender de I Maestri del Cocktail, e il Punto Vermouth, curato dall’Istituto del Vermouth di Torino: l’occasione giusta per provare grandi innovazioni e splendidi classici.
I Maestri del Cocktail sono anche protagonisti una bella sfida raccontata e proposta in degustazione in tre Laboratori del Gusto: realizzare cocktail con soli prodotti di un determinato territorio. Se accendiamo i riflettori su Torino, dove è nato il Vermouth, vino aromatizzato fondamentale per buona parte della miscelazione, è possibile rinunciare a tutto ciò che è prodotto al di fuori del Piemonte? Quanti e quali drink riusciremmo a realizzare? Lo scopriamo nell’evento Manhattan in salsa piemontese: una serie di cocktail con materie prime, liquori e distillati provenienti esclusivamente da questa regione. E possiamo replicare la sfida creando cocktail internazionali con il gusto, i profumi e gli aromi unici della Toscana e del Veneto, utilizzando la straordinaria varietà di materie prime offerte da questi territori.
Clicca qui per leggere l’intervista a Gianpiero Francesca dei Maestri del Cocktail

Il mondo dei rum, e non solo…

A Terra Madre Salone del Gusto 2018 tra i protagonisti c’è il rum: con Il rum secondo Luca Gargano, il patron di Velier – distributore di distillati, liquori e vini esclusivi in Italia – e uno dei massimi esperti in materia, ci guida alla scoperta delle sue distillerie preferite, tra fermentazioni, alambicchi e serpentine. Mentre in altri appuntamenti ci conduce a Trinidad con i grandi rum di Caroni e ad Haiti con la degustazione del Clairin, nuovo Presidio Slow Food.
E per chi non esaurisce mai la curiosità di degustare altri liquori, Terra Madre Salone del Gusto consiglia il Laboratorio del Gusto Alla scoperta della Chartreuse, un elisir dal gusto incredibile, dato da ben 130 erbe e piante officinali, dalla caratteristica colorazione.

Emmanuel Giboulot - IGP "Terres Beaujolaises" 2016

di Andrea Petrini

Emmanuel Giboulot, tostissimo vigneron biodinamico borgognone che si lascia denunciare pur di non trattare le sue vigne, produce questo gamay in purezza, da vigne piantate nel Beaujolais, che è uno spettacolo di succosità e bevibilità soprattutto se lasciato freddare qualche ora in frigo. 


I vino rossi leggeri, con questo caldo torrido, vanno bevuti freschi. Messaggio ricevuto?

Elisabetta Foradori - Lezèr 2017

Elisabetta Foradori è dal 1984, anno in cui ha preso in  mano le redini dell'azienda, che sta cambiando la storia del vino trentino e, forse, anche di quello italiano. Testarda e determinata fin dai suoi esordi ha puntato forte sul teroldego coltivato sui suoli alluvionali di Campo Rotaliano arrivando, attraverso una attenta selezione massale, al riconoscimento di ben 15 biotipi di questa uva da cui è nato nel 1986 il "mitico" Granato. Da queli anni molto è cambiato in Foradori, soprattutto in tema agronomico visto che dal 2002 l'agricoltura è stata convertita totalmente alla biodinamica ricevendo, nel 2009, anche la certificazione Demeter.

Fonte: sito Foradori

La voglia di sperimentare e, per certi versi, di stupire di Elisabetta Foradori ultimamente l'ho trovata condensata non tanto nella nuova impostazione stilistica del Granato, di cui magari parlerò in altro post, ma nel suo Lezèr, aggettivo trentino che significa leggero, la cui genesi, ben descritta nel sito aziendale, inizia con l'intenzione di iniziare a vinificare un teroldego tipico dei mesi caldi. L'occasione, seppure nefasta, arriva con la grandine di agosto 2017 che, nonostante abbia danneggiato il 40% del raccolto, ha dato vita, tanto non c'era nulla da perdere, all'occasione giusta. L'uva delle vigne danneggiate è stata usata per porre in essere un mosaico di decine di prove di vinificazione con breve macerazione che hanno assemblato nel Lezèr: vari tentativi in anfora, legno, cemento ed acciaio, in lotti separati e mai più di 24 ore di permanenza sulle bucce.

La vecchia cantina - Foto: sito aziendale

Il risultato è un teroldego in purezza dal colore rubino tenue, quasi rosato, nato per essere bevuto e non contemplato da orde di sommelier da competizione. Non troverete nel Lezèr grandi complessità aromatiche, è un vino semplice e diretto che profuma di fragola e rosa il cui richiamo alla leggerezza, insito nel suo nome, lo si deve soprattutto alla beva che, supportata da una struttura agile come Carl Lewis, è talmente irresistibile e succosa, anche grazie ad una gradazione alcolica di appena 12,5%, da garantire il fine della bottiglia manco stesse bevendo una Peroni ghiacciata nel Sahara ad Agosto. 


Piccola precisazione: il Lezèr non è assolutamente un vino banale ma, come nell'intenzione del produttore, è un nettare pensato per serate tra amici dove vige la legge del pane, salame e tanta allegria. Consiglio finale: non bevetelo caldo ma apritelo dopo qualche ora di frigo. Non ve ne pentirete!

Di Lenardo – Friuli Doc Pinot Grigio 2017 “Gossip” Pinot grigio Ramato

Di Lorenzo Colombo 

Bello il colore, luminoso, proprio del rame, come da tempo non siamo più abituati a vederne, fieno, erbe di montagna e pesca gialla al naso, fresco, succoso, fruttato (nuovamente la pesca gialla) e persistente al palato. 


Un vino che si lascia bere senza tante elucubrazioni mentali e proprio come il suo nome, di bocca in bocca la bottiglia presto finisce.