di Lorenzo Colombo
Per la rubrica del sabato, InvecchiatIGP, andiamo solitamente a cercare quelle bottiglie che nel corso degli anni si sono accumulate nella nostra cantina e delle quali a volte non ricordiamo più neppure l’esistenza. E’ il caso di questo Soave, acquistato, molto probabilmente, durante una nostra visita presso la cantina Monte Tondo, della famiglia Magnabosco.
Si tratta di un vino che attualmente rientra in una delle 33 UGA riconosciute al territorio del Soave, ma che allora non lo era.
Iniziamo quindi dalla nascita delle UGA
Lo studio di zonazione del Soave, iniziato nel 1995, aveva portato all’individuazione di 14 sottozone individuate in base alle loro caratteristiche orografiche, climatiche e pedologiche.
UGA Soave |
Da questo studio si era poi arrivati dapprima all’individuazione di 45 macrozone (39 delle quali all’interno del territorio del Soave Classico) ed infine, nel 2019, si è giunti a poter ufficialmente registrare 33 UGA (Unità Geografiche Aggiuntive), 28 delle quali nella zona classica.
L’azienda
Il fabbricato dell’Azienda Monte Tondo non passa certamente inosservato, situato com’è a poche centinaia di metri dall’uscita autostradale Soave-San Bonifacio, si trova nel comune di Soave, nella parte più meridionale del territorio della Doc Soave Classico dove si trovano anche i vigneti per la produzione del loro Soave Doc Monte Tondo.
Credit: maderural.com |
La famiglia Magnabosco dispone però anche di vigne in altre zone, ovvero sul Monte Foscarino dove in due distinti vigneti si producono il Soave Classico Doc Casette Foscarin, oggetto della nostra degustazione e il Soave Classico Superiore Docg Foscarin Slavinus. Sempre nel territorio del Soave e precisamente sul Monte Tenda si produce un altro Soave, e precisamente un Recioto di Soave, ci sono poi altri vigneti sul Monte Gazzo, dove oltre alle uve per la produzione del Soave troviamo anche Cabernet sauvignon. Infine altri vigneti si trovano in Valpolicella, a Cazzano di Tramigna, dai quali si ricavano Valpolicella, Amarone e Ripasso.
In totale sono una quarantina gli ettari vitati per una produzione annuale di circa 300.000 bottiglie.
Il vino
I vigneti per la produzione di questo vino (90% Garganega e 10% Trebbiano di Soave) si trovano in Località Casette, sul Monte Foscarino, qui i suoli, di natura vulcanica, sono caratterizzati dalla presenza di basalto e vanno a conferire ai vini i tipici sentori minerali e sulfurei.
La fermentazione si svolge in vasche d’acciaio, il vino viene quindi posto parte in barriques e parte in tonneaux usati dove sosta per sei-otto mesi, viene quindi assemblato e rimane in affinamento per altri quattro-cinque mesi in acciaio, segue un’ulteriore sosta di almeno sei mesi prima d’essere messo in commercio. All’interno del Cru Foscarino, uno tra i più ampli tra i 33 Crus del Soave, l’azienda Monte Tondo produce due vini, il Casette Foscarin, oggetto del nostro assaggio, e il Foscarin Slavinus.
La degustazione
Diciamo che l’approccio con questo vino non è iniziato nel modo giusto, l’apertura della bottiglia non è stata infatti delle più facili, il tappo si è dapprima spezzato in due e la parte rimanente all’interno del collo della bottiglia si è letteralmente sbriciolata, a nulla è valso neppure l’utilizzo del cavatappi a lamelle, abbiamo così dovuto filtrare il vino con un colino per eliminare ogni residuo di sughero e versarlo in un decanter. Svolte queste operazioni preliminari passiamo alla degustazione vera e propria, iniziando come prassi stabilisce, dall’analisi visiva.
Il vino si presenta con un color giallo-oro luminoso, c’era da aspettarselo visto che sono passati (quasi) vent’anni dalla vendemmia. Lo troviamo intenso al naso dove le note boisé ed i ricordi di legno, seppur affievoliti dal tempo, sono ancora presenti, lo troviamo complesso, son sentori che vanno dallo zucchero vanigliato all’albicocca, dalla camomilla all’Erba Iva (Achillea Moschata), vi troviamo inoltre ananas maturo, pesca gialla, fiori secchi, accenni sulfurei e note minerali ed un impercettibile sentore d’idrocarburi.
In bocca notiamo il suo buon corpo, la vena acida ancora ben presente, la sua nota sapida, confettura di pesca gialla, albicocca, mela cotogna, ananas e, nuovamente, leggeri ricordi di legno, lunghissima infine la sua persistenza. In pratica la classica bottiglia sulla quale non avevi grandi aspettative ma che alla luce dei fatti ti stupisce.
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