Progressive Südtiroler Experiments - Garantito IGP

Di Stefano Tesi

La memoria sensoriale fa miracoli, basta metterla alla prova. Solo che non è frequente trovare qualcuno pronto a chiamarla al cimento
Ci prova Alois Lageder, anzi Alois Clemens Lageder, figlio e delfino del celebre vignaiolo altoatesino, con un’operazione itinerante (noi abbiamo partecipato a quella fiorentina, presso la Trattoria Moderna) che è al tempo stesso di marketing, di formazione e di socializzazione, ribattezzata “La diversità dell’Alto Adige – Degustazione di componenti“. Che la casa vinicola di Magrè (BZ) sia abilissima nel comunicare il proprio lavoro è cosa risaputa, ma bisogna ammettere che stavolta la trovata è particolamente brillante e, soprattutto, utile per tutti. Giornalisti compresi. 


Consiste in questo: prendi una dozzina di vini aziendali, scelti come ideonei a veicolare il messaggio (e non necessariamente tutti pronti, anzi la maggior parte campioni da botte), li raggruppi sotto quattro temi fondamentali in base ai quali assaggiarli comparativamente, li sottoponi quindi a un gruppo di giornalisti, sommelier, distributori e addetti ai lavori e infine apri il dibattito su impressioni, opinioni, prospettive. 

Ecco i temi e i vini prescelti per l’occasione: 

Geologia e clima” (ovvero come il vino muta in funzione di questi due fattori), con della bassa atesina e Muller Thurgau 2017 della Val d’Isarco. 

L’uomo” (ovvero la sua interazione col vino attraverso la scelta consapevole di tecniche agronomiche, enologiche etc), con Porer 2017 (ovvero Pinot Grigio) in tre diversi campioni da botte ottenuti con vinificazione classica, con macerazione di 12 ore del grappolo intero e con vinificazione del grappolo intero nel mosto per 6 mesi e Porer 2016.

Vitigni Tradizionali e Nuovi” (quindi esperimenti con varietà non autoctone o vinificazioni “diverse” di varietà autoctone) con Blatterle, Incrocio Manzoni, Schiava e Tannat, tutti “Comete”, cioè parti della linea aziendale di otto “vini-laboratorio” destinati alla ricerca e all’innovazione, ancorchè regolarmente in commercio.

Periodo di Vendemmia” (come uno stesso vino può cambiare in base al tempo di raccolta e al taglio tra le diverse partite da ciò ricavate) con Cor Römigberg (Cabernet Sauvignon) 2016 a vendemmia precoce, Cor Römigberg a vendemmia ritardata e Cor Römigberg 2015 (già in bottiglia).


Dettaglio fondamentale: la soggettività dei giudizi e anche la sospensione dei medesimi, senza pretese ed anzi con quasi esplicito divieto di ricerca di conclusioni assolute.I risultati sono stati egregi, anche perchè dal vino in sè il discorso si è forzatamente e subito esteso, come Clemens desiderava, alle sue implicazioni: la tecnica di coltivazione convenzionale, biologica e biodinamica, l’impatto paesaggistico e ambientale della viticoltura alle diverse quote, la necessità da un lato di difendersi da e dall’altro di assecondare i cambiamenti climatici in atto, con l’opportunità/bisogno dei produttori di sperimentare e di creare vini “effimeri“, cioè magari destinati a entrare e a uscire presto dalla produzione secondo l’evoluzione dei diversi elementi (questo il senso della linea delle “Comete“) non solo in ragione del mercato ma di altri fattori. L’evoluzione, pure, delle tecniche agronomiche in termini non soltanto di ratio economica ma di processo sociale.


Fatale che la chiacchierata si accendesse, meno ovvio che l’assaggio desse i risultati che ha dato. Se infatti non era difficile prevedere che l’opulento e ammiccante (ma venduto sfuso, dettaglio non secondario) Muller Thurgau 2017 dal calcare dolomitico della Bassa Atesina risultasse meno fine ed elegante del fresco e biodinamico omologo eisacktaler, non lo erano affatto le quasi abissali differenze tra i diversi campioni di Porer, nè i risultati del taglio soggettivo che ognuno dei degustatori ha potuto fare con i tre vini, simulando il blend del 2016 (70% da vinificazione classica, 20% da macerazione breve e 10% da vinificazione a grappolo intero).


Coinvolgente, e non poteva essere diveramente, la degustazione della “Cometa” Bla XVI (Blatterle 100% (antico e raro vitigno altoatesino), del Fòrra Bianco 2016 (Incrocio Manzoni, secondo Lageder “il vitigno del futuro per l’Alto Adige” per la sua capacità di mantenere la freschezza), del Natsch XVI (un’altra “Cometa” da una Schiava dell’area di Caldaro vinificata a grappolo intero) e soprattutto del Tan Sai XVI (“Cometa” altamente sperimentale, 100% Tannat vinificato come un rosato, dal naso molto semplice ma dalla bocca profondissima).

Biodinamica spinta, infine, con i tre Cor Römigberg, da un vigneto presso Caldaro coltivato da cinque anni in collaborazione con un caseificio che porta le vacche a pascolare in vigna, arricchendola con il letame: marcatissime le differenze tra i campioni a vendemmia precoce e ritardata che poi, in bottiglia, vanno in blend al 30 e al 70%.


Sintesi: se fuori dal tecnicismo di lasciano parlare prima i sensi e poi la lingua, l’accrescimento conoscitivo è enorme e anche la “comunicazione” dell’iniziativa recupera almeno in parte la propria vocazione originaria di flusso di informazioni con uno scopo e un’origine, ma più trasparenti.

Giacomelli - Vermentino Colli di Luni DOC 2016 “Giardino dei Vescovi" 2016

Duemila bottiglie che nascono dentro una vecchia vigna dei monaci di Castelnuovo di Magra, luogo di confine, colline tagliate dai torrenti e dall'omonimo fiume. 


Ricco e floreale al naso, lungo, ampio, cremoso, piacevole, destinato ad un lungo cammino. Un grande vermentino da conservare.

http://www.azagricolagiacomelli.com

Bechar 2003 di Cantine Caggiano ovvero come bere un Fiano di Avellino senza pregiudizi - Garantito IGP

Di Luciano Pignataro

Il pregiudizio è un meccanismo mentale simile ad una scorciatoia che non porta da nessuna parte. La imbocchiamo convinti di accorciare le distanze, saltare faticosi apprendimenti e arrivare primi per poi trovarci di fronte ad un muro, il muro della non conoscenza. Vale nella vita, vale anche nel vino.

Cantine Caggiano

Bechar 2003 bevuto alla cieca: uno Chardonnay? Un Bourgogne? Ha dieci, quindi, vent’anni? Lo sentiamo e ci piace moltissimo grazie all’olfatto complesso in cui la frutta, agrumato di cedro, si fonde con note balsamiche e spezie. Al palato sapido e fresco, di grande spessore, con un ritorno di quello che si è sentito al naso amplificato da note di idrocarburi.

L’esperienza mi butta a indovinare: un More Maiorum di Mastroberardino?

No, il Bechar di Caggiano 2003. Ed ecco allora l’elenco dei pregiudizi che crolla dopo aver scoperto questa bottiglia.

Il primo, che non mi appartiene ma che è ancora molto diffuso nei luoghi comuni del consumatore medio, è che i bianchi vecchi, anche molto vecchi, non siano buoni da bere.


Il secondo, che non mi appartiene ma che è declamato dagli enofighetti, è che il legno sia incompatibile con un buon Fiano, o in genere con i bianchi.

Il terzo, mio personale, è che le piccole aziende specializzate in rosso non possano fare grandi bianchi e viceversa, soprattutto quando sono fuori zona. Ricordo che criticai Molettieri e Caggiano per la scelta di produrre Fiano di Avellino e Greco.


Il quarto, anche questo mio, è che da uve comprate è impossibile fare un buon vino. Anche qui sono stato smentito dal risultato.

Infine il quinto, che riguarda la 2003, annata caldissima, la più calda a memoria post metanolo. I fatti stanno dimostrando invece che nelle zone fredde è possibile beccare bei risultati.

Ecco allora quante cose può insegnare una semplice bevuta, spingere al protocollo più importante per un assaggiatore di vino oltre che nella vita: vivere e bere senza paraocchi fa bene a noi e a chi ci sta intorno.

www.cantinecaggiano.it

Mauro Bricolo, Country Manager per l'Italia, ci svela i segreti di Vivino che vuole diventare leader nel settore dell'e-commerce del vino mondiale

Le ultime notizie riguardanti gli sviluppi di Vivino, che si sta consolidando come il principale marketplace di vino al mondo, non potevano non suscitare in me la curiosità di capirne qualcosa di più per cui sono andato ad intervistare Mauro Bricolo, Country Manager Italia, per capire di più su passato, presente e, soprattutto, futuro della APP sul vino più scaricata al mondo.

Mauro, Vivino ormai è una APP che un po’ tutti i wine lover conoscono ma, per quei pochissimi che ancora non la conoscono, puoi descrivere le sue principali caratteristiche?

Attraverso Vivino, la APP sul vino più scaricata al mondo, disponibile sia per Android che per Apple, permtte agli utenti di scattare una fotografia a un’etichetta di vino con il loro dispositivo mobile e la tecnologia proprietaria Vivino, per il riconoscimento delle immagini, fornisce istantaneamente valutazioni, recensioni, prezzi e l’opzione di acquisto per ogni bottiglia.

Mauro Bricolo

Come funziona il vostro sistema di valutazione?

È un sistema di punteggio a 5 stelle. Quando qualcuno recensisce un vino fornisce un rating da uno a cinque e ciascun utente, per ogni bottiglia inserita nel database, vedrà il punteggio totale del vino che è una media voti ottenuta.

Vivino è stata lanciata quasi otto anni fa e, immagino, sia stato duro metterla in piedi visto che prima di questa applicazione non c’era nulla a riguardo.  In tale ambito mi piacerebbe sapere come è nata l’idea e quali sono state le principali difficoltà incontrate.

Vivino è stata fondata da Heini Zachariassen e Theis Søndergaard nel 2010. L’idea è venuta ad Heini, quando girando all’interno di un supermercato si rese conto della difficoltà nel scegliere una bottiglia di vino. Da qui l’idea di un app per alleviare il senso di smarrimento dei consumatori amanti del vino nonostante all’epoca ci fossero già oltre 600 app sul vino. L’idea vincente è stata permettere di riconoscere le bottiglie fotografando l’etichetta. Come già detto dallo stesso Zachariassen all’interno di una intervista al Corriere della Sera, inizialmente nessuno era sicuro che funzionasse, si facevano le prove fotografando centinaia di etichette grazie anche all’aiuto di un gruppo di ragazzi indiani che hanno collaborato alla fase di start up. Hanno capito che l’idea funzionava solo nel 2012 quando è stata rilasciata una nuova versione dell’app in grado di riconoscere il 70 per cento delle bottiglie fotografate. Da quel momento in poi il progetto è andato avanti in maniera esponenziale.

Il successo è legato ai vostri numeri. Attualmente quanti utenti attivi avete in Italia e, in generale, nel mondo?

Dopo otto anni consecutivi di crescita, Vivino vanta  nel mondo una comunità di 30 milioni di appassionati di vino di cui 2,3 solo in Italia. Altri numeri che possono rendere l’idea di cosa siamo oggi:
  • la più grande libreria di vini nel mondo con oltre 10 milioni di bottiglie recensite;
  • 500 mila vini scansionati e 2 milioni di pagine visitate;
  • oltre 200 mila aziende vinicole rappresentate

Quali sono i Paesi dove l’APP è più scaricata e quali invece quelli dove “soffrite” di più?

I Paesi principali sono in ordine gli USA, Brasile e Italia. La Francia è al quarto seguita da Regno Unito, Germania e Spagna. Soffriamo invece un po’ dove il vino non è ancora molto diffuso per cui direi in generale nei Paesi asiatici anche se ultimamente le cose stanno andando molto meglio.


Sulla base delle valutazioni date dagli utenti italiani, quali sono i vini in Italia più apprezzati?

Le statistiche di media voto sono molto corrispondenti con le valutazioni dei grandi critici sia italiani che internazionali. Quindi su Vivino i migliori vini medio votati in Italia, non i più votati, sono alla fine quelli che tendenzialmente si vendono di più. Ti posso dire, pertanto, che le tipologie di vino che in generale vendo di più sono Primitivo di Manduria, Amarone della Valpolicella, Ripasso della Valpolicella, il Brunello di Montalcino.

E quelli meno?

E' più difficile vendere Barbera d’Asti, Chianti e alcune tipologie di vini siciliani. C’è una situazione particolare che riguarda il Barolo che, nonostante abbia ottimi voti medi, si vende meno del previsto.

A livello mondiale, invece, quale è il vino/i vini più votati?

Se togliamo dal discorso il mondo dei vini californiani che seguono una logica particolare vito che sono molto votati e molto venduti prettamente all’interno del loro mercato locale, posso dire che, a mio giudizio, il gusto sia molto uniforme nel mondo ovvero agli italiani, ai tedeschi, agli americani, ai cinesi, per fare un esempio, piacciono più o meno gli stessi prodotti ovvero vini molto piacevoli e diretti. La fascia media di prezzo si aggira attorno ai 13 euro.

Veniamo al presente. Vivino nei giorni scorsi ha lanciato un progetto ambizioso, ovvero Vivino Market e Vivino Premium. Ce ne puoi parlare?

Vivino Market è la nuova tecnologia implementata all’interno della app e del sito Vivino in grado di suggerire il vino in base ai gusti personali dell’utente. Vivino Market sfrutta i dati raccolti dalla community di 30 milioni di utenti per raccomandare quei vini, con i punteggi più alti, che soddisfano il gusto personale e le preferenze di prezzo di ogni utente, in base alla cronologia delle sue valutazioni e delle scansioni di vini effettuate. Più l’utente utilizza Vivino, più la sua esperienza sarà personale e i suggerimenti customizzati. Vivino Market segna l’evoluzione di Vivino, dall’essere l’app dedicata al vino più scaricata al mondo a diventare il più grande e il migliore marketplace di vino online.
Vivino Premium, invece, è il programma di spedizioni che consente agli utenti un numero illimitato di spedizioni gratuite, per tutti gli acquisti effettuati attraverso Vivino. In occasione del lancio, Vivino offre un periodo di prova gratuito di 30 giorni (il servizio costa 24 euro all’anno). Vivino Premium è un passo importante per sbloccare il potenziale del mercato online del vino, sia per i consumatori che per i partner  di mercato in tutto il mondo. Oltre a beneficiare delle spedizioni gratuite, gli utenti Vivino Premium riceveranno anche l’accesso anticipato a offerte selezionate, con sconti fino al 50%.


Attualmente, quante sono le vostre aziende vinicole partner sia in Italia che nel mondo?

Oltre 200.000 aziende nel mondo. I vini disponibili all’acquisto in Italia sono oltre 12.500.

Una curiosità: come selezionate le aziende vitivinicole e, conseguentemente, i vini da inserire a catalogo?

In queste caso dobbiamo distinguere tra le modalità di vendita ovvero tra offerte dirette agli utenti che hanno accettato di ricevere proposte di acquisto tramite mail e il marketplace vero e proprio. Per la prima tipologia di vendita, che è quella che seguo io in prima persona per l’Italia, il criterio di selezione segue alcuni paletti ovvero che siano vini che abbiano una media voto elevata associato ad un buon rapporto qualità/prezzo. Mi preme sottolineare in questo ambito una cosa: noi a Vivino non facciamo “pirateria” perché concordiamo sempre col produttore il prezzo di vendita del suo vino.

A che obiettivo puntate a livello di vendite?

Vivino si prefigge l’ambizioso obiettivo di diventare il marketplace del vino numero uno al mondo e, in termini di fatturato, ci prefiggiamo di vendere 1 miliardo di dollari di vini entro il 2020. A breve si arriverà al momento in cui, solo con la foto dell’etichetta, si avrà la possibilità immediatamente di acquistare quella bottiglia dove e come vuoi. Una vera e propria utopia che diventa realtà!

Pensate che la concorrenza possa rallentare questo progetto?

Ad oggi, a mio parere, Vivino per come è strutturato non ha concorrenti sia in Italia, dove i principali siti di vendita on line come Tannico o Vino75 viaggiano su logiche totalmente diverse, sia nel mondo.

Non avete paura di un colosso come Amazon?

Amazon, e questo è un mio parere personale, è e sarà sempre di più il Marketplace per eccellenza dove comprare, come in un grande magazzino, un po’ di tutto ma come accade nel mondo non virtuale c’è il supermercato e c’è anche l’enoteca di qualità. E’ una logica che vale anche per altri settori altrimenti colossi come Yoxx, per la moda, o Eprice per l’elettronica non esisterebbero.

Ultima domanda: per affrontare una sfida del genere, ho letto, che la società si sta riorganizzando internamente. Ce ne puoi parlare?

Esattamente, non molto tempo fa Vivino ha nominato Chris Tsakalakis nuovo Chief Executive Officer della società, con effetto immediato. Tsakalakis prenderà le redini dal fondatore di Vivino, Heini Zachariassen, che rimarrà nel Consiglio di Amministrazione e manterrà il ruolo di Chief Evangelist della compagnia. Il nuovo CEO proviene da StubHub, società leader nell’acquisto e vendita di biglietti del mondo e porterà la sua esperienza in Vivino per aiutare l’azienda a raggiungere gli obiettivi che avevo citato in precedenza ovvero costruire un grande mercato globale in grado di cambiare il modo in cui il vino viene scelto, condiviso e venduto. Siamo tutti emozionati, augurateci buona fortuna!

Cantina Gungui - Cannonau di Sardegna DOC Berteru 2017 è il Vino della Settimana di Garantito IGP

Di Carlo Macchi

La foto non ci sta perché ancora non era imbottigliato (questa è di un’altra annata), ma il vino ci sta eccome! 


Un cannonau così profumato, complesso, completo (e non fa legno!) difficilmente l’avevo gustato. Merito solo della vigna e di Luca Gungui. Poche bottiglie dal prezzo non basso, ma per un vino così…

Tarabusino: una cena memorabile grazie al Collio - Garantito IGP

Di Carlo Macchi


“Ma dove sta la laguna?” la domanda sorge spontanea perché mi hanno detto che il Tarabusino si trova sulla Laguna di Grado, ma il moderno ed elegante palazzotto che si intravede in lontananza sembra solo immerso nel verde. Invece il verde è solo alle spalle, la laguna stava davanti, con il suo serio silenzio, interrotto solo da qualche anatra maleducata.

Il ristorante

Dall’ampio terrazzo del Tarabusino si domina la parte iniziale della Laguna di Grado, mentre il sole alle spalle ammanta la campagna e l’acqua di mille colori, quasi gli stessi che ritroviamo nei primi antipasti serviti in piedi. Antipasti “nascondino”, nel senso che ti sembra di mangiare una cosa e invece è un’altra, dal Gazpacho con gelato al pistacchio che in realtà è cocomero con gelato di bucce di piselli, alla bella ciliegiona che invece nasconde uno gnocco di goduriosa consistenza. I gamberetti invece sono gamberetti, ma talmente buoni e gustati con foga felina, che non ho controllato bene se magari fossero stati altro, che ne so, polpettine di canguro podolico.

Panorama

Scherzi a parte una serie di antipasti di altissimo profilo che però sono solo un trionfale ingresso ai quattro piatti che abbiamo gustato seduti.
Il primo si chiama Antipasta (come avete capito anche allo chef piace giocare) ed è un antipasto dove pasta, matan (razza) affumicato e verdurine in carpione, giocano tra un gocce di aceto di lampone
Il secondo è una “semplice” capasanta accanto a dell’asparago bianco in uno zabaione di Friulano. Il primo è un piatto “Arlecchino” ma di grande equilibrio e freschezza, mentre il secondo ti fa capire cosa voglia dire avere la capasanta fresca e non quella che ha viaggiato per mezzo mondo per arrivare alla tua tavola.

Antipasta!

Il ruolo di piatto di sostanza lo svolge invece il tagliolino Macino con calamaretto spillo e rosmarino. Prima di dirvi com’è due parole sulla pasta Macino: nasce dal riutilizzo delle vinacce di ribolla gialla, quindi da uno scarto di lavorazione e ne viene fuori un tagliolino di rara consistenza e masticabilità. Se a questa pasta, piuttosto grezza, ci aggiungi calamaretti spillo freschissimi, rosmarino e tanto buon olio extravergine il risultato lo capisci solo alla quarta volta che li richiedi e non ti vergogni per niente.

Tagliolino Macino con calamaretto spillo e rosmarino

Piatti freschi, piatto sostanzioso, cosa manca adesso? Ma naturalmente il piatto elegante e creativo: detto così uno potrebbe aspettarsi la solita microelucubrazione gastronomica per nani anoressici e invece la rana pescatrice con melanzana affumicata e pesto di erbe è stato il piatto più riuscito della serata: erano anni che non mi godevo il sapore del pesce saporito (occorreva sottolinearlo) perfettamente amalgamato a verdure saporite (idem) e lavorate alla perfezione. Una silenziosa sinfonia di piacere che non si conclude in un sol boccone (il famoso coigustus interruptus) ma si declina in una normale porzione. Uno dei migliori piatti di pesce degli ultimi anni!

Rana pescatrice con melanzana affumicata e pesto di erbe

E i vini? Vi domanderete come mai non ne ho parlato prima e la risposta è semplice. Tutto questo bendiddio mi/ci è stato offerto dal Consorzio Collio, durante Enjoy Collio Experience, la manifestazione che ha presentato alla stampa nazionale e internazionale le nuove annate in commercio e di cui vi parlerò presto. Quindi siamo andati dalla Ribolla Gialla, al Friulano, al Collio Bianco naturalmente con vini di vari produttori. Abbinamenti di ottimo livello anche perché, come diceva un mio vecchio amico “Fidati, se mangi un piatto buono e ci metti un vino buono, male non stai” e in effetti siamo stati benissimo!

chef Franzin

Da sottolineare quattro cose, come i piatti gustati:
  • la cucina di Roberto Franzin non solo si ispira al territorio ed è rispettosa delle peculiarità produttive locali, ma riesce ad essere anche creativa senza voli pindarici.
  • preparare un menù per più di 40 persone in un locale che al massimo ne ospita 20-25 non è facilissimo e quindi la grande cena assume ancora più valore.
  • quando un Consorzio ti porta a cena fuori dalla zona di produzione vuol dire che i responsabili hanno capito quanto sia importante creare una rete tra le eccellenze “vicine e lontane” ma che possano ruotare attorno alCollio, in modo che si riesca a legare indissolubilmente il ricordo di un vino a quello di un piatto e tutti e due al territorio, creando un legame indissolubile.
  • la quarta cosa è brevissima: non potete non andare a mangiare al Tarabusino!
Tarabusino. Via Luseo, 1,  Loc.  Primero (GO)
Prenotazioni: www.tarabusino.it
Telefono: 0431 878918
Prezzo medio: attorno ai 60/65 euro vini esclusi

Colli Orientali del Friuli Bianco DOC "Ellégri" 2016 - Ronchi di Manzano

Non so voi ma io conosco pochissime aziende vinicole in Italia che possono contare su un team famigliare tutto al femminile "capeggiato" da Roberta Borghese, friulana DOC con mansioni da tuttofare che vanno dalla conduzione dei vigneti fino alla promozione dei vini, e dalle figlie Lisa e Nicole che sono da poco entrate in azienda per fornire il loro contributo alla causa.

Fonte /www.womenforitaly.com

Queste tre donne, bellissime tra l'altro, sono oggi il cuore di Ronchi di Manzano, azienda di proprietà della famiglia Borghese dal 1984 operante già dal 1969 all'interno del vocatissimo territorio dei Colli Orientali del Friuli tanto che i conti di Trento, proprietari da generazioni di buona parte di queste terre, avevano particolare predilezione per Ronchi di Manzano, sia per la felice esposizione delle vigne sia per il carattere del terreno, marnoso, di origine eocenica. Questa marna molto particolare, che in friulano è conosciuta come “ponca”, ricchissima di micro elementi e sali minerali, caratterizza i vitigni e, di conseguenza, i vini prodotti, donando loro la massima tipicità.

Foto: www.bereilvino.it

Tanti i vitigni coltivati all'interno dei 40 ettari di vigneti di proprietà dove troviamo sauvignon blanc, friulano, chardonnay, ribolla gialla, pinot grigio, merlot, cabernet franc, cabernet sauvignon, refosco dal peduncolo rosso, verduzzo, picolit e pignolo tutti curati secondo il principio del minor uso della chimica possibile.

La cantina

Tra i 17 vini prodotti da Ronchi di Manzano, distinti tra Classici e Cru, oltre al buonissimo Picolit ho recentemente bevuto il loro Ellégri Bianco 2016 che rappresenta un blend di  sauvignon, friulano, chardonnay e picolit vinificati separatamente (chardonnay e picolit fermentano in botti di legno da 5 hl) per poi essere assemblati e determinare un'unica massa poco prima dell'imbottigliamento.


Ereditando l'anima di ben quattro vitigni il risultato non può non essere un vino dalla complessità aromatica spiccata ma al tempo stesso territoriale stracolma di suggestioni di frutta matura, dolce speziatura, impressioni marine e tanta florealità che richiama la margherita e l'acacia. All'assaggio il vino non cambia di una virgola, con la preziosa rifinitura di guizzi freschi e sapidi che sostengono la struttura decisa del vino che chiude armonioso, minerale, deciso.

Bella scoperta!

Sergio Arcuri - Il Marinetto Rosato 2017 è il Vino della Settimana di Garantito IGP

Di Roberto Giuliani

Alberello. Coltivazione biologica. Limo e argilla. Gaglioppo. Un rosato che fa spettacolo, a mio avviso il migliore fatto da Sergio Arcuri. 


Profuma di rosa, melagrana matura, ciliegia candita, arancia rossa, pompelmo rosa. Fresco e avvolgente, succoso, senza spigoli, sapido, tanto frutto e mineralità.


Friuli Colli Orientali Friulano San Pietro 2016 I Clivi: il vino per sottrazione - Garantito IGP

Di Roberto Giuliani

Mi ha sempre affascinato il percorso di Mario Zanusso, iniziato con papà Ferdinando negli anni '90, quasi 30 anni durante i quali ha visto gli effetti delle mode sul vino friulano e delle altre regioni. Mode che né suo padre prima, né lui dopo hanno seguito, non certo perché immuni dalla necessità di vendere per vivere, ma consapevoli che se avessero seguito la corrente, avrebbero perso la fondamentale opportunità di capire fino in fondo le potenzialità dei vigneti e delle uve di cui disponevano. 


La sperimentazione è stata lo strumento necessario per prendere consapevolezza, per inquadrare cosa potevano dare il friulano, la ribolla, la malvasia, il verduzzo, il merlot, quale fosse il percorso ottimale per portare nel vino i profumi e i sapori della loro terra.

Mario Zanosso

Certamente i viaggi effettuati infinite volte in Francia, l'aver approfondito la conoscenza di grandi vini friulani di aziende come Gravner, Schiopetto, Jermann, Ronchi di Cialla, Abbazia di Rosazzo, e poi in Piemonte e Toscana, sono stati un arricchimento importantissimo. Il fatto di fare vini sempre più bevibili, meno alcolici, meno potenti, mentre molti altri produttori facevano esattamente il contrario, la dice lunga sulla loro filosofia, sulla visione del vino non come mito modaiolo, costruito per prendere premi o conquistare mercati, ma come espressione vera di un linguaggio proprio e inimitabile, frutto della simbiosi fra vigneto, microclima, uomo e cultura. 
Difficile non rimanere colpiti dai vini dei Zanusso, il San Pietro in particolare mi è sempre piaciuto per questa sua indole schietta e riconoscibile, che nel 2016 si identifica nelle evidenti note floreali, nel richiamo alla mandorla e alla nocciola, nelle sfumature agrumate di lime, ananas e cedro, nella profondità minerale.


La spiccata freschezza e la leggiadria del sorso, senza per questo mancare di spessore, mettono in evidenza gli aspetti migliori del friulano, il fondo salino accentua il gusto stimolando la voglia di berne ancora, senza mai stancare.

Guastaferro – Taurasi DOCG “Primum” 2008 - Garantito IGP


Raffaele, da vigne anche centenarie piantate in contrada Piano dell’Angelo, produce questo aglianico in purezza che è uno spettacolo di equilibrio e profondità, lontano mille miglia da certi stili dopo conta solo la grassezza associata alla potenza alcolica. 


Un Taurasi da tenere gelosamente in cantina per chi, come me, ha il cuore a Sud!



Il Tai Rosso 2016 dell'azienda Punto Zero sarà il rosso dell'estate di Garantito IGP?

Di Andrea Petrini


E' la terza volta quest'anno che torno a scrivere del vino dei Colli Berici, un territorio tutto da scoprire che si presenta oggi come il cuore vedere del Veneto il cui interno è impreziosito dalla presenza di opere uniche al mondo come le ville ville venete disegnate da Andrea Palladio, oggi unanimemente riconosciuto come il più importante architetto che il mondo occidentale abbia mai prodotto. 

mappa Colli Berici

Dal punto di vista geografico i Colli Berici, posizionati centralmente rispetto ai più famosi Colli Euganei e ai Monti della Lessini, rappresentano una formazione collinare di altezze modeste (300-400 metri s.l.m.), localizzata nella zona più a sud di Vicenza, i cui rilievi si sono formati circa sessanta milioni di anni fa da corrugamenti e sollevamenti tettonici. La natura dei suoli si combina in una trama di caratteri, ideali per dar vita a vini strutturati e eleganti. La roccia calcarea, i terreni ad argille rosse ricchi di scheletro, quelli basaltici di origine vulcanica, l’altitudine che preserva da nebbie e gelate tardive, le ridotte precipitazioni: l’insieme di queste condizioni favorisce la coltivazione di un’ampia varietà di vitigni, la crescita di uve assolutamente sane e la produzione di vini di forte personalità.

Dei 3000 ettari vitati dei Colli Berici una buona percentuale è dedicata alle due uve più importanti del territorio ovvero la garganega e il tai rosso. Quest'ultimo, in particolare, deriva dal vitigno chiamato un tempo tocai rosso che, geneticamente, appartiene alla stessa famiglia del cannonau sardo, del grenache francese e della garnacha spagnola. 

tai rosso

La leggenda narra che il tai rosso sia arrivato nei Berici grazie ad un falegname che al termine del servizio militare nel Comitato ungherese dello Zemplen (ai tempi di Maria Teresa d’Austria), importò a Barbarano Vicentino, sua città natale, alcune barbatelle di questo vitigno che aveva visto coltivare e vinificare nella zona del Tokaji. La versione storicamente e documentata, però, considera il tai rosso un dono ricevuto nei secoli scorsi dai vescovi di Vicenza, feudatari di Barbarano e ospiti a più riprese ad Avignone, i quali avrebbero portato e piantato nel territorio dei Colli Berici dei tralci di uve provenzali del Vaucluse.


Di sicuro, poi, c'è che dei Colli Berici e dei suoi vitigni si è innamorata nel 1994 la famiglia de' Besi che dopo varie esperienze nel campo della zootecnia ha voluto puntare, acquistando una proprietà tra Lonigo e Sarego e fondando l'azienda Punto Zero, sulla viticoltura all'interno di una terra ricca di bellezza e di un enorme potenziale da valorizzare. Il progetto, rimasto abbastanza statico per una decina di anni, prenderà velocità solo nel 2006 quando i de' Besi incontrano Celestino Gaspariallievo di Giuseppe Quintarelli e consulente per varie aziende in Valpolicella, grazie al quale si intraprenderà finalmente un percorso stabile e definitivo che porterà l'azienda Punto Zero, attualmente con una superficie vitata di 11 ettari divisa tra cabernet sauvignon, merlot, syrah, carmenere, tai rosso, pinot bianco e incrocio manzoni, alla messa in commercio delle prime bottiglie nel 2015.

vigneti aziendali

Tornando al tai rosso, proprio pochi giorni fa mi sono imbattuto nel loro Tai Rosso 2016 prodotto da vigneti (appezzamento di 0,20 ha) con una media di 10 anni di età e una resa di appena 60 quintali/ettaro. In generale, il tai rosso è un vitigno che dà vita sempre a vini dal coloro rosso molto trasparente, quasi chiaretto, la cui forza, a mio parere, è rappresentata come un questo vino dal bouquet olfattivo leggiadro e primaverile dove si incontrano effluvi di fruttini di bosco e cesti di rose rosse. 


Al sorso la musica non cambia, c'è tanta soavità di colore rosso, nonostante il grado alcolico prossimo a 14,5°Vol., grazie ad un tannino praticamente assente che rende la beva scorrevolissima e praticamente inarrestabile se, come me, lasciate la bottiglia un paio d'ore in frigo al fine di bere il Tai Rosso ad una temperatura di circa 12-13°. 

Ecco, ho trovato il mio rosso estivo per eccellenza, chissà se gli altri IGP faranno altrettanto!

www.puntozerowine.it