Tenuta Camaldoli, la riserva del Piedirosso di Cantine Astroni in tre annate - Garantito IGP

Di Luciano Pignataro


Antico ma moderno: il Piedirosso. Quasi tutte le aziende campane producono Aglianico, poche, pochissime il Piedirosso. Eppure, a volerla dire tutta, è proprio questo vitigno a bacca rossa il segno tipico della viticoltura regionale. Circoscritto da sempre nell’area flegrea, negli ultimi vent’anni ha trovato buone espressioni anche nel Beneventano e nel Sannio.
Gerardo Vernazzaro
Un bicchiere molto sottovalutato negli anni ’90, quando andavano di moda vini più strutturati, poi, lentamente, c’è stata una ripresa significativa grazie ad un pugno di viticoltori flegrei, Giuseppe Fortunato di Contrada salandra, Raffaele Moccia di Agnanum, Vincenzo di Meo della Sibilla e Gerardo Vernazzaro di Cantine Astroni primi fra tutti.
Oggi parliamo di Tenuta Camaldoli, il vino su cui Gerardo ha puntato tutto, con un passaggio in legno. Alt, fermi, non vi spaventate. Non è un tentativo di fare l’Aglianico dei poveri, ma di cercare di recuperare pratiche antiche poggiando sulla conoscenza moderna senza stravolgere il senso di questo vino che è fresco, dai tannini sottili, dal profumo di geranio e di frutta rossa fresca, salato e minerale in bocca con una chiusura quasi amarognola.
Cantine Astroni nasce da Varchetta, oltre cento anni di vinificazione sul cratere degli Astroni, una deller iserve naturali più spettacolari che i Borbone deciso di salvaguardare rinforzando il muro già in precedenza eretto dagli aragonesi. Dentro il cratere una delle ultime tracce di foresta europea. Il presidio viticolo è spettacolare, sulla collina dei Camaldoli, un tempo luogo di preferito per la Pasquetta, c’è la più grande estensione di questo vigneto, il suolo è sabbia nera frutto delle eruzioni degli ultimi cinquemila anni su una base di tufo giallo tipcia di questo areale. Per chi non lo sapesse, i Campi Flegrei sono una sorta di frullato ottenuto dall’attività di un centinaio di vulcani. Non a caso gli antichi romani pensavano che qui fosse l’ingresso dell’Inferno.

In questo territorio onirico, dove tracce di masserie costruite duemila anni fa si intrecciano con palazzoni di cemento in stile anni ’60 l’armonia è proposta proprio dal vigneto. Quasi un vigile urbano che regola il traffico caotico delle costruzioni fermate dal mare.
Gerardo, come gli altri suoi colleghi, è riuscito a cogliere l’anima allegra di questo vitigno, di questo vino. Un vino di beva allegra, da spendere senza ritegno come abbiamo fatto noi su ragù, coniglio alla cacciatora e anche su capretto, un vino della tavola felice, di accompagnamento, da bere senza stanchi rituali ammosciapalle.
Sì, lo studio è stato necessario, ma forse il segreto oggi è riportare il vino nella sua dimensione conviviale, senza voler fare populismo enologico.
Naturalmente non vogliamo esagerare nel tessere le lodi di questo vino, ma la modernità del Piedirosso, in questa espressione di Tenuta Camaldoli che viene travasato in botte di castagno e in due tipi di rovere francese (media e bassa tostature), si esprime con la gioa balsamica del naso ben fusa ai sentori tipici di geranio, con una beva leggera e vivace, veloce, di buono spirito. Insomma, non è greve ed è molto preciso.
La 2011 è forse l’annata più incerta, la 2012 è nel pieno della sua maturità espressiva, la 2013 secondo me è un grandissimo vino da serbare ancora un annetto.


Il Piedirosso non ha bisogno del tempo dell’Aglianico, ma nell’assestamento ci guadagna e con il buon protocollo messo a punto da Gerardo, capa a chicco d’uva, è in grado di competere con molti rossi della categoria. Anche illustri.
Solo che invece del petto d’anatra laccato ci mangio una bella frittata di maccheroni. Alè.

www.cantineastroni.com



Il premio Gambelli raddoppia: sono due i giovani enologi vincitori dell'edizione 2017

Sono ben due quest'anno i vincitori del PREMIO GIULIO GAMBELLI, riconoscimento alla quinta edizione istituito da ASET (Associazione Stampa Enogastroagroalimentare Toscana) ed IGP (blog network  “I Giovani Promettenti”) che premia il giovane enologo under 35 il cui lavoro abbia saputo incarnare l'idea di vino portata avanti dal grande Maestro del Sangiovese: rispetto ed esaltazione delle tipicità di ogni singolo vitigno, delle caratteristiche del territorio e delle peculiarità dell'annata vendemmiale.

A spuntarla fra le numerose candidature (e autocandidature) arrivate da tutta la Penisola sono stati DIEGO BONATO e LUCA FACCENDA, operanti rispettivamente in Toscana e Piemonte, i cui vini degustati - rigorosamente alla cieca - da una giuria formata da 10 giornalisti ASET ed IGP hanno più di tutti rispecchiato le finalità del Gambelli.

Diego Bonato e Luca Faccenda
La premiazione si è svolta martedì 13 febbraio nell'ambito della Chianti Classico Collection, kermesse organizzata dal Consorzio Vino Chianti Classico alla Stazione Leopolda di Firenze. Ai vincitori oltre alla targa ricordo un assegno da 1500 euro, grazie al contributo del Consorzio Vino Chianti Classico e di alcune delle aziende di cui Giulio Gambelli è stato amico e consulente: Bibbiano, Collemassari-Poggio di sotto, Fattoria Rodano, Il Colle, Montevertine e Ormanni.

DIEGO BONATO - Az. Tolaini (www.tolaini.it), Castelnuovo Berardenga (SI)
Classe 1982, è cresciuto tra i vigneti di famiglia nei Colli Euganei, nel padovano (Az. Agr. Reassi). Dopo la Laurea in Viticoltura ed Enologia presso l’Università di Padova nel 2004, inizia un percorso professionale che lo porta a diverse esperienze tra Veneto, Nuova Zelanda,  Toscana e Australia. Nel 2008 il ritorno in Toscana presso la famiglia Tolaini, a Castelnuovo Berardenga, dove inizia occupandosi dei vigneti, poi di vigneti e cantina e via fino ad arrivare alla direzione generale dell’azienda.

LUCA FACCENDA – Az. Agr. Valfaccenda (www.valfaccenda.it), Canale (CN)
Diplomato alla Scuola Enologica di Alba nel 2002 e laureato ad inizio 2006 a Torino, dopo le prime esperienze durante gli studi presso la Matteo Correggia di Canale e quelle successive alla laurea in Nuova Zelanda (Sacred Hill e Pegasus Bay) e a Barolo (Az. Agr. G.D. Vajra), a partire da novembre 2006 è nello studio Cordero Consulenze di Priocca (CN) a fianco dell'enologo Cordero Gianfranco e degli altri collaboratori. Contestualmente a questa attività di consulenza, svolta principalmente sul territorio piemontese ma anche in Calabria, Sicilia, Veneto, Liguria e Lombardia, a partire dal 2010 ha ripreso alcuni piccoli vigneti di proprietà e, insieme alla moglie Carolina, ha aperto a Canale l'Az. Agr. Valfaccenda.

Il regolamento del Premio Gambelli è visionabile sul sito www.asettoscana.it

I vini della Russia esistono e sono in mezzo a noi

Il Ministero dell’Agricoltura sta valutando la possibilità di aumentare i dazi sull’importazione di vini e derivati e di ridurre il volume di mosti e materie prime importati nei prossimi 5-7 anni. È quanto ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura Aleksandr Tkachev in un’intervista concessa lo scorso dicembre a Rossijskaya Gazeta. Si tratta di una misura necessaria per incrementare la quota di vino prodotto localmente nel mercato russo.
vendemmia a Krasnodar, 23 agosto 2016. Fonte: Vitalij Timkiv/TASS
La produzione locale
“Oggi la Russia si colloca solo all’11esimo posto nella classifica della produzione mondiale di vino, ma abbiamo delle chance concrete d’incrementare la nostra produzione e di destinare dei volumi anche all’export”, sostiene Tkachev.
Oggi la Russia sta intensificando la produzione vinicola locale. Secondo Tkachev, negli ultimi 10 anni la superficie vitata è aumentata del 30%, raggiungendo gli 85mila ettari. “Per non dipendere dalle importazioni entro il 2020 dovremo piantare altri 50mila ettari di nuovi vigneti”, afferma il ministro.
Negli ultimi due-tre anni sono avvenuti in Russia dei cambiamenti profondi nel settore della produzione vinicola  e della legislazione che lo riguarda: il prezzo delle licenze alle aziende vinicole è diminuito e la viticoltura ha assunto la stessa importanza dell’agricoltura col risultato che i produttori hanno potuto accedere alle sovvenzioni statali.
Gli aiuti da parte dello Stato ai viticoltori e ai produttori di vino sono stati quasi quadruplicati, passando da 9,5 milioni di euro (600 milioni di rubli) a 37,5 milioni (2,4 miliardi di rubli) nel 2016, spiega Evgenij Akhpashev, direttore del dipartimento dell’industria agroalimentare del Ministero dell’Agricoltura della Federazione Russa. A detta di Akhpashev, nel 2017 si prevede di estendere tali misure e di garantire a questo settore volumi di finanziamento non inferiori a quelli del 2016.

La riduzione dell’import
Parallelamente il Ministero dell’Agricoltura sta prendendo in esame una serie di progetti per ridurre l’importazione di mosti e materie prime per la produzione del vino. Nelle aziende vinicole russe viene prodotto attualmente un terzo di tutto il vino presente sul mercato.
“Il mercato del vino in Russia si suddivide grosso modo in tre segmenti, quello del vino russo, o prodotto da uve russe, del vino d’importazione, imbottigliato in Russia, e del vino 'ordinario' a basso costo, prodotto con materie prime importate, ma magazzinato ed etichettato con un marchio russo”, spiega a Rbth Dmitrij Kovalev, coordinatore del progetto “Il nostro vino”.
A detta di Kovalev, il divieto d’importare vini dall’estero risulta poco realistico e delle trasformazioni concrete in questo settore potranno avvenire più verosimilmente nel segmento del vino “ordinario” che implica l’impegno dei produttori vinicoli russi. “In tale direzione è possibile compiere dei passi per ridurre l’importazione di materie prime per consentire alla Russia di sviluppare la produzione locale in condizioni di concorrenza”, dichiara l’esperto.
Il Ministero dell’Agricoltura ha già messo a punto un disegno di legge che rende obbligatoria l’etichettatura con l’indicazione geografica per vini e spumanti destinati alla vendita al dettaglio.
Una rivalutazione dei vini del Mar Mero
“All’estero, e soprattutto in Francia, il vino migliore è quello prodotto dalle piccole aziende”, spiega Dmitrij Kovalev. A suo avviso, oggi in Russia cominciano a comparire aziende simili con vigneti dell’estensione di 10 ettari. “Per esempio, l’anno scorso a dicembre due di queste piccole aziende hanno ottenuto le licenze di produzione”, racconta Kovalev.
Malgrado l’elevata concorrenza del mercato mondiale, la Russia, a detta degli esperti, ha delle discrete chance di diventare un protagonista del mercato globale. “Dal 2008-2009 i produttori vinicoli russi partecipano regolarmente a concorsi internazionali, come quello di Londra, e negli ultimi 5-6 anni hanno ricevuto 300 menzioni”, dichiara Vadim Drobiz, direttore del Centro di ricerca dei mercati federali e regionali degli alcolici (Tsifrra).
A detta di Drobiz, i vini russi possono tranquillamente competere con quelli stranieri, inclusi quelli europei, e anche nel segmento dei vini di alto livello. Tuttavia, rileva l’esperto, ai produttori vinicoli russi occorreranno almeno altri 10 anni per lanciarsi sul mercato globale.
“In Europa ora si guarda con molta attenzione alla regione del Mar Nero, come territorio per l’incremento della produzione vinicola e quindi alle coste della Bulgaria, della Georgia e della Russia. La Georgia ha ottenuto, tra l’altro, una buona affermazione sul mercato con il vitigno Saperavi”, dice Kovalev. Le coste del Mar Nero, spiega l’esperto, si caratterizzano per il loro clima prevalentemente assolato e l’eterogeinità dei terreni, grazie ai quali si ottengono, per esempio, dei buoni rossi secchi, utilizzando vitigni Cabernet, Sauvignon, Syrah, Grenache, Pinot nero. 
I territori russi del vino
I vini russi vengono prodotti nel distretto di Krasnodar, in Crimea, a Sebastopoli, nella regione di Rostov e nelle repubbliche del Caucaso.
L’associazione di  viticoltori e produttori di vino russi ha attribuito la denoninazione di origine protetta ai vini “Kuban” (distretto di Krasnodar), “Dolina Dona” (regione di Rostov), “Stavropol”  (distretto di Stavropol), “Daghestan” (Repubblica del Daghestan), “Dolina Tereka” (Repubblica di Cabardino-Balcaria), “Nizhnyaya Volga” (regioni di Astrakhan e Volgograd), “Krym (repubblica di Crimea”. 

Ucantin - Maccaia è il Vino della settimana di Garantito IGP

Di Carlo Macchi

Chi dice si scriva scimiscià, chi ximiscia, chi scimixa.
Non è arabo, è ligure: è un vitigno bianco praticamente scomparso che in Val Fontanabuona qualche anima buona sta recuperando.


Naso con tanta frutta, bocca dolce ma non stucchevole grazie all'ottima freschezza.
Con Maccaia vi passa la Macaja.
 



Cascina Zeledria: che bello sciare a Madonna di Campiglio se lì vai a mangiare! - Garantito IGP

Di Carlo Macchi

Sono definitivamente tramontati i bei tempi in cui iniziavo a sciare alle 8 di mattina e, mangiando al volo una barretta di cioccolato o addirittura trangugiando un intero tubetto di maionese (lo so, lo so, mea culpa, mea culpa, mea maionesissima culpa) arrivavo fino alle 17.


Oramai le mie residue forze sciatorie devono essere centellinate, il che vuol dire dopo quattro ore al massimo devo mettere le gambe sotto un tavolo per riposarmi e mangiare qualcosa.
Questo qualcosa di solito è una minestra abbinata ad una bottiglietta d’acqua, quindi un menù quasi da malato di stomaco, ma aumentando il cibo in pancia diminuisce esponenzialmente la voglia delle mie gambe di rimettersi a sciare.
Ma… (c’è sempre un ma in ogni cosa) se è l’ultimo giorno che sci e poi devi partire, se riesci a sciare fino alle 13.30 e andare a mangiare più tardi e soprattutto se il posto dove vuoi andare  è la Cascina Zeledria, dove hai mangiato da papa due sere prima, allora altro che minestrina!


In effetti la cosa è andata proprio così: lo scorso genaio la prima sera che ero a Madonna di Campiglio mi hanno portato in auto ai quasi 1800 metri della Cascina Zeledria: questa bellissima baita è praticamente sulle piste da sci e di solito ci arrivi con un gatto delle nevi,  ma la sua mancanza (della neve, non del gatto) ci ha fatto arrivare tranquillamente  in auto.
Cena memorabile e così, quando si è trattato di pranzare prima di partire da Campiglio, ho imposto una sosta non da brodino caldo alla Zeledria.

Adesso farò soffrire quelli che amano sciare: giornata di sole stupenda, neve perfetta, quasi nessuno sulle piste e io soddisfattissimo di me stesso con un nuovo paio di sci che mi facevano sentire il Thöni de noantri. Dopo aver sciato più a lungo del normale prendiamo la pista Zeledria: normalmente si arriva davanti al rifugio con gli sci mentre al ritorno si viene riportati  in pista attaccati ad una fune trainata da cavalli, ma in quei giorni vista la carenza di neve (non di cavalli) c’era un pulmino che faceva avanti-indietro di continuo.
Arriviamo, molliamo gli sci ed entriamo. Veniamo subito accolti dai numerosi e gentilissimi camerieri  che ti accompagnano ad un tavolo ben apparecchiato (tovaglia bianca, sovratovaglia di stile montanaro, tovagliolo di stoffa, posate, piatti e bicchieri adeguati). Non siamo infatti in un rifugio spartano dotato di self-service, da Zeledria si mangia seduti e serviti come dio comanda.


Anche se era un pranzo “non da sciatori” saltiamo l’antipasto: io mi tuffo su un piatto di buonissimi strangolapreti al burro fuso, qualcuno preferisce il ricchissimo orzotto mentre altri vanno sui classici canerderli al burro fuso.
A proposto di burro, Zeledria produce e vende burro e formaggi sia di produzione propria che di altri caseifici trentini e si possono acquistare nello spaccio davanti alla baita. Per questo forse il burro abbonda nei piatti, ma dopo aver sciato cosa volete che siano 50 grammi di burro in più o in meno.

E cosa volete che siano 250 grammi di formaggio fuso con dell’ottima polenta (ma veramente ottima!) per colmare la fame rimanente e bere con soddisfazione il buon teroldego della casa. Qualcuno invece opta per la pietra ollare su cui cuocere carni e verdure, mentre altri al posto del formaggio fuso puntano su salsicce e finferli, ferma restando la meravigliosa polenta.


Come capite siamo davanti ad una cucina territoriale fatta da ottime materie prime e da una mano rispettosa e molto “sostanziosa”.
Abbastanza sostanziosa è anche la carta dei vini, composta quasi essenzialmente da vini trentini di buon livello, ma torno a consigliare, specie per un pranzo “sciatorio”, il teroldego della casa.
Ala fine abbiamo speso 35 euro a testa (vino e caffè compreso) e ci siamo alzati belli allegri, pronti per altre tre…forse meglio due…anzi un’ora di sci.
Comunque non ci crederete ma in quell’ora ho sciato da dio, alla faccia della minestrina!

Ristorante Cascina Zeledria
Località Zeledria
Madonna di Campiglio (Tn)
Tel./Fax 0465 440303
info@zeledria.it

Una magnum di vino...è per sempre

Una bottiglia di vetro formato Magnum, che ha una capacità doppia rispetto alla consueta Bordolese da 0,75 litri, o ancora di più i formati particolari Jéroboam, pari a tre litri (4 bottiglie), e Mathusalem, che contiene sei litri di vino (8 bottiglie), sono non solo di prestigio ma anche le migliori barriere contro il rischio ossidazione dei vini destinati a lunghi invecchiamento. A studiare l'effetto-formato sulle bottiglie è una ricerca compiuta da Gianpaolo Andrich del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell'Università di Pisa e illustrata a Roma in occasione di un convegno di Assovetro. 

Foto: Fondazione Sommelier d'Italia
Dalle analisi emerge che nei quattro vini in esame (un bianco, un rosé, un rosso novello e un rosso strutturato) al diminuire del volume del contenitore utilizzato, tende ad aumentare il rapporto che intercorre tra la superficie esposta al trasferimento di materia (O2) e il volume del vino in questo contenuto. Nella Magnum, ha detto il ricercatore toscano, c'è il migliore rapporto tra volume e superficie esposta. 


A far la parte del leone nelle forniture dell'industria del vetro alle aziende vitivinicole, precisa Marco Ravasi, presidente della sezione Contenitori in vetro di Assovetro, "restano comunque i formati Bordolese e Collio per spumanti. Il comparto vitivinicolo è un ottimo cliente: su 4 milioni di tonnellate di vetro prodotte l'anno sono destinate alla produzione di bottiglie in vetro 1,6 milioni di tonnellate e di queste circa 300mila vanno alle aziende spumantistiche, comparto in netta crescita e a forte vocazione all'export. Come lo è la produzione generale dei contenitori in vetro - conclude Ravasi - che nei primi dieci mesi del 2016 è cresciuta, rispetto allo stesso periodo del 2015, del 2,4%. 

La nostra sfida è renderle sempre meno fragili e al contempo più leggere per garantire trasporti e export del made in Italy abbattendo i costi per le imprese del vino"

Balgera - Valtellina Sforzato DOC 1999 è il Vino della settimana di Garantito IGP

Di Roberto Giuliani


I vini di Paolo Balgera maturano a lungo in cantina prima di uscire, niente di più saggio.


Questo chiavennasca appassito sui graticci ha un equilibrio perfetto, profuma di viole appassite e frutta composita, spezie finissime.
Il sorso è armonico, freschissimo, avvolgente, succoso, bellissimo.

Febbraio, epidemia di anteprime: i 10 giorni che sconvolsero il mondo! - Garantito IGP

di Roberto Giuliani
Manca poco ormai, credo che in tutto l’anno non esista un periodo tanto concentrato di anteprime come quello che si svolge nel mese di febbraio, una dura prova anche per i più allenati degustatori.

La parte del leone è appannaggio della Toscana, ben otto intensi giorni, da sabato 11 a sabato 18, durante i quali giornalisti e operatori assaggeranno centinaia di vini spostandosi tra Firenze, San Gimignano, Montepulciano e Montalcino. Ecco la sequenza:
Sabato 11 febbraio

Firenze, Fortezza da Basso, Pad. Cavaniglia – Anteprime dei Consorzi: Morellino di Scansano, Montecucco, Maremma Toscana, Cortona, Carmignano, Valdarno di Sopra Doc, Bianco di Pitigliano e Sovana, Colline Lucchesi, Orcia, Val di Cornia e Isola d’Elba.
Alle ore 10.00 si svolgerà la conferenza stampa / Workshop “Vini e territori toscani: la percezione all’estero”, mentre alle ore 15.00 ci sarà la Degustazione guidata “Alla scoperta delle denominazioni toscane”.

Domenica 12

Firenze, Fortezza da Basso – Chianti Lovers Anteprima 2017
Il programma prevede orari differenziati: dalle ore 9:30 l’ingresso è aperto ai giornalisti, operatori del settore e sommelier; dalle ore 16:00 alle ore 21:00 si apriranno le porte al pubblico con i vini di oltre 100 aziende in degustazione.


Lunedì 13 e martedì 14

Firenze, Stazione Leopolda – Chianti Classico Collection: il nome non è stato scelto a caso, infatti sarà possibile degustare non solo le nuove annate di Chianti Classico, Chianti Classico Riserva e Chianti Classico Gran Selezione, ma anche quella già in commercio e una selezione delle annate passate, in pratica svariate centinaia di vini!
Già arrivare fino a qui è un bel traguardo, ma siamo ancora all’inizio…

Mercoledì 15

San Gimignano (SI), Museo di Arte Moderna e Contemporanea De Grada – Anteprima Vernaccia di San Gimignano: saranno protagoniste la Vernaccia 2016 e la Riserva 2015, ma anche alcune annate precedenti, una settantina di vini di 38 aziende.
A corredo dell’anteprima, alle ore 10.30 nella Sala Dante del Palazzo Comunale, si svolgerà la degustazione “San Gimignano incontra La Clape; la Vernaccia e il Bourboulenc“, presentata nientemeno che dalla Master of Wine Rosemary George.


Giovedì 16

Montepulciano (SI), Fortezza – Anteprima Vino Nobile di Montepulciano 2014 e Riserva 2013 (anche in questo caso è possibile degustare alcune annate precedenti). Alle ore 14.30 degustazione di annate storiche: 50 anni di Nobile di Montepulciano.

Venerdì 17 e sabato 18

Montalcino (SI), Chiostro Museo di Montalcino – Benvenuto Brunello: sarà possibile degustare il Brunello 2012 e Riserva 2011, il Rosso di Montalcino 2015, il Moscadello di Montalcino e il Sant’Antimo. Anche in questo caso si tratta di alcune centinaia di etichette…

Benvnuto Brunello
I sopravvissuti a questa lunghissima kermesse, potranno continuare a farsi del male spostandosi in Romagna, presso il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, dove lunedì 20 si svolgerà Vini ad Arte, Anteprima del Romagna Sangiovese.

Infine martedì 21 altro spostamento, in Umbria, nella Sala Consiliare di Montefalco (PG) si svolgerà l’Anteprima Sagrantino 2013, nelle versioni “secco” e “passito”, affiancati dalla retrospettiva “Sagrantino Vintage“, annata 2007.


Chi arriverà in fondo a questa maratona eno(ma anche gastro)logica non vincerà nulla, ma potrà fare lo sborone dicendo di avere degustato più di 1000 vini in dieci giorni.


"PREMIO GAMBELLI 2017" AL GIOVANE ENOLOGO U35: : LUNEDI' 13 FEBBRAIO LA PROCLAMAZIONE A FIRENZE

Ultimo atto dell’edizione 2017 del PREMIO GIULIO GAMBELLI, che LUNEDI' 13 FEBBRAIO vedrà la proclamazione del vincitore nel corso di una cerimonia in programma alle ore 20 presso la Stazione Leopolda di FirenzeSarà così finalmente svelato il nome del giovane enologo under 35 il cui lavoro abbia saputo incarnare al meglio l'idea di vino portata avanti dal grande Maestro del Sangiovese: rispetto ed esaltazione delle tipicità di ogni singolo vitigno, delle caratteristiche del territorio e delle peculiarità dell'annata vendemmiale.

Queste le finalità del riconoscimento, istituito nel 2012 da ASET (Associazione Stampa Enogastroagroalimentare Toscana) ed IGP (I Giovani Promettenti, blog-network costituita da Lorenzo Colombo, Roberto Giuliani, Carlo Macchi, Angelo Peretti, Andrea Petrini, Luciano Pignataro e Stefano Tesi).

Un successo crescente quello del Premio, alla sua quinta edizione, con tanti professionisti in gara da tutta la Penisola selezionati grazie alle segnalazione del giornalisti di settore e, novità introdotta dall'edizione 2016, per autocandidatura. Minimo tre i vini presentati in assaggio da ognunotutti già in commercio, la cui “gambellianità” è stata valutata attraverso una degustazione alla cieca – con sola segnalazione di tipologia, annata e varietà utilizzate - da una giuria formata da 10 giornalisti ASET ed IGP.

La consegna del Premio, ospitata a rotazione dai Consorzi partner - Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano, Brunello di Montalcino e Consorzio della Denominazione San Gimignano - avverrà quest'anno nell'ambito della Chianti Classico Collection 2017, la kermesse promossa dal Consorzio Vino Chianti Classico.
Oltre alla targa ricordo il vincitore riceverà un assegno da 1500 euro, riconoscimento economico possibile grazie al contributo del Consorzio Vino Chianti Classico e di alcune delle aziende di cui Giulio Gambelli è stato amico e consulente: Bibbiano, Collemassari-Poggio di sotto, Fattoria Rodano, Il Colle, Montevertine e Ormanni. Il regolamento del Premio Gambelli è visionabile sul sito www.asettoscana.it

I VINCITORI DELLE PASSATE DIZIONI:
Premio Gambelli 2013 - Fabrizio Torchio 
(Grape - Gruppo Ricerche Avanzate Per l’Enologia)
Premio Gambelli 2014 - Gianluca Colombo (Az. Segni di Langa, Roddi – CN / Cordero Consulenze)
Premio Gambelli 2015 – Francesco Versio (Az. Bruno Giacosa, Neive – CN)

Premio Gambelli 2016 – Sebastian Nasello (Az. Podere Le Ripi, Montalcino - SI)

Da Romanée-Conti a Petrus, il mondo del vini contraffatti è una realtà tutta francese


Château Petrus, Domaine de la Romanée-Conti, Château Lafite Rothschild, Château Mouton Rothschild, Château d'Yquem, Château Lafleur, Domaine Comtes George de Vogüé, Domaine Henri Jayer, Château Haut Brion e Château Cheval Blanc. Ecco, secondo la specialista "enoico-forense" Maureen Downey, la top 10 delle etichette più contraffatte del mondo. 


Una lista, comprensibilmente, tutta francese, ma che è solo la punta dell'iceberg di un fenomeno che, secondo la stessa Downey, è letteralmente endemico al mondo del vino e a tutti i livelli: secondo quella che è conosciuta come la "Sherlock Holmes del vino", come riportato da "Forbes" (www.forbes.com), "almeno il 20% di tutto il vino del mondo è contraffatto in qualche modo, e se si considerano tutti i tipi di contraffazione, dallo sfuso le cui varietà di produzione vengono denominate male in etichetta fino al Lafite, la cifra è probabilmente bassa".

Credit: FBI.com
Un panorama effettivamente desolante, e che viene da una fonte indiscutibile sul tema: Downey ha non solo rappresentato uno dei testimoni chiave del processo che ha letteralmente "sollevato il coperchio" sul mondo delle contraffazioni di vini di lusso, quello a Rudy "Dr. Conti" Kurniawan, ma è tutt'ora una delle consulenti più autorevoli nel mondo delle case d'aste e del collezionismo enoico. E, nonostante il fatto che i casi di contraffazione si siano moltiplicati nel corso degli ultimi anni, Downey ha rincarato la dose: "i casi di contraffazione", ha affermato a colloquio con la wine writer Jeannie Cho Lee, "sono in aumento, e non in diminuzione, a livello globale, e anche il crimine organizzato è entrato nel settore. Le bottiglie contraffatte non vengono tolte dal mercato, ma vengono spesso rivendute da venditori che le fanno passare di mane, in certi casi anche sapendo che si tratta di falsi. L'ho visto succedere in molte occasioni". Parole indubbiamente pesanti, e che assumono un'importanza ancora maggiore se si considera che la maggiore preoccupazione dell'esperta è l'Estremo Oriente, dove la contraffazione "è un problema molto più diffuso e rilevante che nel resto del mondo. Sfortunatamente i compratori nei mercati emergenti non sono esperti in tema di cosa fare per tutelarsi in tema di autenticazione del vino, e di conseguenza quei mercati sono un bersaglio primario per chi crea falsi e per chi li commercia. Si stima che all'incirca metà di tutti i vini di lusso in Cina siano contraffatti".

Credit: CBS News
Inoltre, ha aggiunto Downey, la situazione non è migliorata nemmeno dopo i numerosi casi eclatanti che hanno popolato le cronache di settore negli ultimi quindici anni: "I vini contraffatti da Kurniawan valgono almeno 50 milioni di dollari nel mercato attuale, e anche se non c'è modo di dire con esattezza quante di quelle bottiglie sono arrivate in Asia, se si guarda al numero di aste tenute da Acker Merral & Condit a Hong Kong, direi sicuramente più della metà". Un "j'accuse" in piena regola, quello di Downey, dato che secondo l'esperta non solo il ceo della casa d'aste, Jonh Kapon, ha finanziato le compravendite di Kurniawan, ma "Kurniawan ha avuto un ruolo fondamentale nel creare la figura professionale di Kapon, e anche nel creare la presenza di Acker Merrall & Condit come player mondiale". Infine, la preoccupazione maggiore ora è rappresentata dai falsi di Borgogna: "Stiamo assistendo, ora come ora, a un numero di bottiglie contraffatte dall'Europa, e in quantità senza precedenti. Sono annate recenti, prodotte da nuove fonti e vendute da case d'aste sospette. Vengono dal Belgio, dalla Francia e dalla Svizzera", ha concluso l'esperta.

Rocca delle Macie – Chianti Classico Gran Selezione Sergio Zingarelli 2012 è il Vino della settimana di Garantito IGP

Sergio Zingarelli ha sempre creduto nella Gran Selezione del Chianti Classico e questo suo vino (90% sangiovese e 10% colorino) rappresenta un vero e proprio riferimento che fornisce reale credibilità alla piramide qualitativa della denominazione. 

Profondo, complesso e dotato di tannini setosi è indubbiamente il mio coup de cœur per questo mese.
www.roccadellemacie.com

I Diversi Vignaioli Irpini si sono presentati a Roma! - Garantito IGP

Mi ricordo come fosse ieri quando, dalla pagine del wine blog di Luciano Pignataro, lessi la notizia della costituzione dell’associazione denominata “Diversi Vignaioli Irpini” (DiVi). Era il 9 marzo del 2011 e, a quel tempo, l’atto costitutivo fu firmato da ben 11 cantine la cui formazione, nel corso di questi sei anni, si è leggermente modificata prevedendo attualmente la presenza di 8 cantine del territorio: Antico Castello, Bambinuto, Contrade di Taurasi, Guastaferro, Luigi Tecce, Le Ormere, Villa Diamante, Tenuta Sarno 1860. Oggi, così come ieri, l’obiettivo dei DiVi è rimasto lo stesso: promuovere il vino di qualità del territorio cercando di fare “massa critica” al fine di garantire a questi piccoli vignaioli un maggiore potere contrattuale nei confronti di fornitori, banche e partner cercando, al tempo stesso, di sviluppare o ampliare nuovi canali commerciali. 

Foto: Andrea Federici
Francesco Romano (Antico Castello), da poco succeduto a Maura Sarno (Tenuta Sarno 1860) nella carica di presidente DiVi, durante l’incontro che si è tenuto a Roma presso l’Hotel Columbus, ha tenuto a ribadire che per entrare a far parte dell’associazione ci sono regole molte restrittive ovvero una produzione aziendale che non superi le 100.000 bottiglie e, soprattutto, l'alta qualità dei vini prodotti (Fiano di Avellino, Greco di Tufo e Taurasi) che, grazie ai loro differenti territori di elezione, presentano caratteri unici e “diversi” fra di loro.


Foto: Andrea Federici
Oltre a parlare di territorio irpino, ovviamente, si sono degustati alcuni dei vini prodotti dai DiVi e, grazie alla professionale guida di Monica Coluccia, abbiamo avuto modo di apprezzare:

Fiano di Avellino 2015 - Tenuta Sarno 1860: nel 2002 Maura Sarno ha deciso di piantare fiano in località Candida (AV) che, fino ad allora, non era mai stata riconosciuta come un areale “apprezzabile” per produrre un grande Fiano di Avellino. Quindici anni dopo, senza dubbio, possiamo dire che Maura ha vinto la sua scommessa e questo Fiano di Avellino 2015, proveniente da un appezzamento di 3 ettari situato a circa 500 metri s.l.m., può rappresentare benissimo il suo alter ego: caparbio, tenace e dotato di ottima forza aromatica il cui DNA si apprezza soprattutto al gusto dove il timbro salino tende a donare equilibrio ad una dolcezza di frutto solo inizialmente marcata.


Fiano di Avellino “Vigna della Congregazione” 2015 – Villa Diamante: non c’è più il caro Antoine ma Diamante, sua moglie, si è rimboccata le maniche e con grande sforzo sta portando avanti l’eredità di suo marito che tanto ha dato sia all’Associazione che al territorio irpino. Questo Fiano di Avellino è splendido, esprime purezza e luce, verticalità e mineralità. Al sorso conferma il suo impatto acido/sapido che prende la forma dell’agrume e del salgemma. Molti in sala lo hanno paragonato ad un grande bianco francese ma, per me, è un solo un grande vini irpino a cui i francesi dovrebbero inchinarsi. Punto!


Greco di Tufo 2015 – Le Ormere: l’ultima azienda ad essere entrata nei DiVi è in mano a Carmine Iannaccone e Fiore Cecere che in località Santa Paolina (AV) producono un solo vino ovvero questo Greco di Tufo dagli inconfondibili aromi di mela renetta, pera, noce e sambuco. Vitale ed appagante al gusto dove si delinea un centrato bilanciamento tra morbidezze e durezze tra le quali possiamo apprezzare un sottilissimo tannino che pulisce il palato donando progressione e voglia di bere.


Greco di Tufo 2014 – Bambinuto: ero andato a trovare Marilena Aufiero nel 2013 e già a quel tempo la “tosta”, così come viene definita per il suo carattere, mi aveva fatto una grandissima impressione per la cura che dedicava ai suoi vigneti e, di conseguenza, ai suoi vini. Oggi, dopo quasi quattro anni, ho ritrovato una vignaiola ancora più brava e convinta del suo ruolo e questo Greco di Tufo 2014 è l’esempio lampante di come si può lavorare bene nonostante l’annata piovosa. E’ un vino arioso dotato di due grandi ali bianche che, nonostante tutte le avversità del millesimo, riescono comunque a sostenere e a far emergere tutti i caratteri del greco i quali vengono solamente imbrigliati dentro un soffio di leggerezza in più. Un piccolo grande capolavoro.


Taurasi 2012 – Antico Castello: a San Mango sul Calore i fratelli Chiara e Francesco Romano portano avanti con modernità e slancio la propria azienda di famiglia dando vita a cinque linee di vini (Falanghina, Aglianico, Greco, Fiano e Taurasi DOCG) e producendo circa 10.000 bottiglie l’anno. Questo Taurasi, figlio di un vigneto di aglianico di circa 10 ha piantato nel 2000, si caratterizza fin da subito per la sua esuberanza fruttata e per un sorso succoso e ghiotto dove bevibilità ed equilibrio vanno a braccetto regalando un finale dinamico e ricco di spezie.


Taurasi “Poliphemo”2012 – Luigi Tecce: quando un contadino alfa dominante riesce a produrre un aglianico che prende le sembianze di una donna alfa dominante le possibili alternative sono due: scontro totale o totale attrazione. In questo caso Tecce, grazie anche ad una annata poco calda, è riuscito a tirar fuori un Taurasi di Paternopoli buonissimo e talmente tanto godurioso che, simbolicamente, ci faresti l’amore per ore. W gli alchimisti della Terra, W Tecce!!!

Luigi Tecce - Foto: Andrea Federici

Taurasi “Coste” 2011 – Cantine Lonardo: ho conosciuto Sandro Lonardo tanto tempo fa ad un Vinitaly quando un po’ tutti noi blogger eravamo “impazziti” per il Grecomusc' le cui fantasmagoriche recensioni erano, ormai sei anni fa, all’ordine del giorno all’interno dei vari wine blog nazionali. Cantine Lonardo, però, è anche e soprattutto Taurasi le cui sperimentazioni in azienda vanno avanti da molto tempo tanto che la prima vinificazione dei Cru “Le Coste” e “Vigna d’Alto” risalgono rispettivamente al 2007 e al 2008. Questo aglianico in purezza, proveniente da un appezzamento argilloso-calcareo di 4 ettari in zona Taurasi, offre un variegato olfatto dotato di freschezza balsamica, spezie nere, bacche di ginepro, prugna matura e sbuffi vegetali. Al sorso è subito contratto, la componente acido-tannica si percepisce immediatamente ma, pian piano, si distende e col tempo rilascia al palato tutto l’imprinting fruttato e speziato di cui è dotato il vino che chiude lungo e sapido.


Taurasi “Primus” Riserva 2007 – Guastaferro: da vigne di aglianico prefillosseriche (età media 150 anni) piantate su terreno vulcanico (le ceneri del Vesuvio sono arrivate anche qua) sito in località Piano d’Angelo, nasce questo vino la cui descrizione olfattiva mi riporta in mente quanto già letto su “Vini da Scoprire” ovvero ha un quadro aromatico all’interno del quale possiamo ritrovare ogni tipologia di frutta rossa, spezie e legni che il buon Dio ci ha donato. Tutte eh, non ne manca una. Il sorso, facile pensare, è di importante spessore, ricco e dotato di fittissimi e dolci tannini. Finale esuberante e grintoso, con persistenza tesa e senza strappi che non lascia il palato per lunghi minuti. 


Il sessismo tra le donne del vino


Sono imprenditrici molto vocate all'internazionalizzazione, le vignaiole hanno mediamente titoli di studio più alti e parlano lingue straniere. E dal Dopoguerra, ha ricordato la produttrice piemontese Cristina Ascheri, hanno saputo raccogliere le redini di aziende agricole svuotate dall'emigrazione degli uomini verso il fronte, e i poli industrializzati. Eppure il loro ruolo è misconosciuto, hanno stipendi più bassi degli uomini, al secondo figlio viene sancita la fine agli obiettivi di carriera, e la domanda più frequente nelle fiere è "mi fa parlare con suo marito?". E' questo l'esito di un'indagine-sondaggio promossa dall'Associazione nazionale Le Donne del Vino e presentata a Roma presso la Stampa Estera. Un lavoro che in parte andrà a confluire nell'indagine mondiale di Wine Business International, agenzia britannica di analisi sul vino.

Il sessismo nel settore è "superiore alle aspettative e c'è ancora tanto da fare per raggiungere una reale parità di genere" commenta la presidente nazionale dell'Associazione Donatella Cinelli Colombini nell'annunciare per sabato 4 marzo la prima Festa delle donne del vino, evento diffuso che avrà per tema "Donne vino e motori" e vuole celebrare l'ascesa di nuove protagoniste.

Nel comparto vino tutto sembra "a misura d'uomo", lamentano le circa 700 produttrici, ristoratrici, enotecare, sommelier e comunicatrici associate a "Le Donne del vino". Tutte le produttrici esportano molto e il 52% ricava oltre la metà del proprio business nei mercati esteri, ma questa dimensione global non trova riflessi in busta paga. E nel 63% dei casi le enotecare e le sommelier di enoteche sono certe o sospettano di guadagnare meno dei colleghi maschi. 

Pia Berlucchi, produttrice in Franciacorta e past president dell'associazione, ha sottolineato che "la differenza dei talenti tra uomini e donne deve dare nell'impresa vitivinicola il senso della complementarità. Ma le donne spiccano per tenacia, sanno stringere i denti e andare avanti. Una guerra tra sessi non fa bene a nessuno, meglio andare a braccetto, ma per le imprenditrici - ha detto - sarà vittoria sul filo della cultura"

FONTE: ANSA