La rivincita del Piave: verticale di Raboso Gelsaia


Breve storia del vitigno

Il raboso è un vitigno autoctono del Veneto, coltivato prevalentemente nel Veneto Orientale, il cui nome deriva molto probabilmente da rabioso, termine che sta ad indicare il carattere del vitigno dove tannini e acidità sono le peculiarità più importanti.
È un vitigno molto rustico che si adatta a tutti i tipi di terreno. Ha grappolo grande e allungato, di forma cilindrica, con un'ala, solitamente ben compatto. L'acino è medio, di forma ovoidale con buccia di colore blu-nero, pruinosa, coriacea, spessa. Polpa sciolta, acidula. A causa, forse, del suo patrimonio genetico rustico, il Raboso è stata una delle poche varietà a passare quasi indenne attraverso il flagello della fillossera, anche se ha dovuto perdere un po' di terreno a vantaggio del Cabernet e dello Chardonnay quando le vigne vennero ripiantate all'inizio del XX secolo.
Si coltivano due varietà: raboso piave, più acidulo, e raboso veronese, più amabile. Il raboso piave coltivato nella provincia di Padova spesso viene denominato friularo, dal suo antico luogo di origine, il Friuli. I nomi "piave", "veronese", "friularo" indicavano anticamente il luogo di coltivazione, attualmente solo il tipo di uva.

L'azienda

Una lunga tradizione unisce da sempre la famiglia Cecchetto alla coltivazione della vite e alla produzione del vino. Nell'azienda di Tezze di Piave, in provincia di Treviso, nel cuore dell'area DOC Piave, Giorgio Cecchetto, attingendo alla tradizione come risorsa dell'innovazione, è impegnato nella ridefinizione stilistica e nel conseguente rilancio del Raboso del Piave. In questa cantina si possono assaggiare diverse prove, interpretazioni, versioni, esperimenti, discutere di legni, affinamenti, vendemmie, strategie di vinificazione, appassimenti riguardanti questo vitigno della provincia trevigiana tradizionalmente incline alla spigolosità e qui interpretato secondo uno stile più moderno. Luigi Veronelli (Corriere della Sera del 14 aprile 2002) ha descritto il loro Raboso come una "fascinosa realtà, per acidità profumi e struttura".

La Verticale di Gelsaia

Nome derivante da Gelso, pianta che all'inizio del secolo scorso nel Trevigiano veniva utilizzata come tutore o sostegno della vite. Raboso del Piave realizzato, fin dall'annata 1997, con l' appassimento di una parte delle uve (circa il 30% per oltre un mese) e preso a modello per regolamentare la nascente tipologia "Raboso Piave Doc Superiore", che disciplinera' proprio la pratica dell'appassimento, compiendo cosi il primo passo per portare il Raboso Piave all'ambizioso obiettivo dell'ottenimento della Denominazione di Origine Controllata e Garantita, che costituirebbe la prima Docg trevigiana ed una delle poche presenti nel Veneto. Il vino viene affinato in legno nuovo e usato (barriques e tonneaux) per 12 mesi e sosta in cantina per almeno 8 mesi dopol'imbottigliamento.


La verticale di Gelsaia è stata organizzata dall'AIS Roma dove si sono potute degustare le uniche declinazioni di questo Raboso prodotto solo nelle grandi annate: 1994 – 1997 – 2000 – 2002 - 2003. Grazie all'amico e sommelier Stefano Barberini che mi ha inviato le note di degustazione, potremo confrontare le molteplice emozioni che può dare questo figlio del Piave, che in quasi dieci anni di storia ha davvero rivoluzionato e fatto rinascere il Raboso.


Il 1994, passato in botte grande, presenta un colore rubino intenso con unghia leggermente granato. Al naso prevalgono le note terziarie: tabacco, rabarbaro e cardamomo in primo piano. Note di frutta rossa matura con leggeri soffi di vaniglia, sintomo di un legno non ancora digerito al 100%. Alcol un poco invadente. In bocca il vino conferma quanto riportato di sopra. Grande acidità e tannino che, pur non essendo invadente, rimane troppo persistente. Un vino forse un pò troppo squilibrato dove le parti dure sono in evidenza. La partenza rimane comunque promettente!

Il 1997, prima tipologia di vino dove si usano barrique e botti grandi e parti delle uve appassite, presenta un colore rubino intenso con un'unghia anche qua leggermente granato a ricordarci i 10 anni di età. Accostando il bicchiere al naso possiamo notare delle note olfattive che vanno dal ribes al cacao e alla china, con dei soffi balsamici molto delicati. In bocca il vino conferma le sue caratteristiche: buona spina acidtà accompagnata stavolta da un tannino presente ma meno rustico rispetto al 1994. Chiude leggermente sapido. 10 anni e non sentirli.

Il 2000, vinificato diversamente dal precedente in quanto al vino "normale" viene applicata la tecnica del ripasso, pratia enologica che consiste nel far macerare il vino con vinacce fermentate di uve appassite. Il vino è di un bel rubino intenso con unghia leggermente granato. Al naso, rispetto ai precenti, c'è una nota più preponderante di più la frutta rossa accompagnata seguita da aromi rosa, tabacco ed eucalipto. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole morbidezza. Il migliore.

Il 2002, vinificato come il precedente, presenta un colore rubino molto intenso con un'unghia leggermente granato. Al naso , tra quelli in degustazione, appare il più chiuso anche se esce una nota di tabacco ed eucalipto. L'alcol è forse un pò troppo invasivo. In bocca torna la buona acidità anche se questa non equilibra come dovrebbe le parti morbide del vino. Chiusura soddisfacente con tannino forse un pò troppo polveroso.

Il 2003, anno in cui inizia la collaborazione con l'enologo Franco Bernabei, presenta un colore rubino molto intenso con un'unghia leggermente granato. All'olfatto sono prevalenti le note di gioventù del vino con una prevalenza aromatica di frutta rossa. Tornano le note mentolate ed il tabacco dolce anche se in tono minore. All'assaggio il vino presenta note molte "maschie" con un tannino in grande evidenza e con un nervo acido di tutto rispetto. Solo il tempo aiuterà questo vino a diventare un altro grande Raboso.

Scritto con la preziosa collaborazione di Stefano Barberini


Sassicaia....un mito anche automobilistico?

E io che pensavo di essere all'ultima moda con la mia RITMO TAVERNELLO!!!!
Vabbè sarò pure antico ma il Sassicaia preferisco ancora berlo.
Se invece siete tentati dal connubio "vino e motori", direttamente sal sito ufficiale http://www.minisassicaia.it/, vi riporto alcune notizie:
Da una cena a base di ottimo vino della Tenuta San Guido, nasce un'idea molto speciale, siamo lieti di presentare la Mini Sassicaia.
Il progetto è quello di unire due miti, uno del mondo del vino ed uno del mondo dell'auto con una grande storia alle loro spalle.
La Meregalli distributrice di Sassicaia è licenziataria del marchio del famoso vino, con UKGarage srl si è quindi deciso di creare partendo da una Mini Cooper S, di ultima generazione, una versione speciale dedicata al Sassicaia.
L'auto è limitata in soli 12 esemplari numerati legati all'annata 1985 del Sassicaia, la più preziosa.
Le personalizzazioni sia interne che esterne rendono ancor più esclusiva ed unica questa Mini.
Apposite areografie riproducono fedelmente l'etichetta Sassicaia 1985 sull'intero tetto della vettura, i particolari esterni verniciati impreziosiscono l'immagine unitamente a cerchi specifici da 18 pollici. La verniciatura è unica e riprende i colori dominanti del Sassicaia: il blu, l'oro e il magnolia
L'interno dell'auto, già molto ben accessoriata, è stato impreziosito da uno speciale rivestimento in pelle magnolia dal disegno a rombi con piping in blu Sassicaia interamente realizzato a mano. I ricami recano la numerazione limitata progressiva dall'1al 12, il cielo è realizzato in morbida alcantara crema, mentre i molti particolari cromati danno lucentezza all'abitacolo e il rivestimento della cappelliera e del vano bagagli sono realizzati con pelli speciali che amplificano ancora di più la sensazione di opulenza e cura dei particolari. Proprio nel bagagliaio trova posto una chicca eccezionale: un mobiletto da degustazione per il Sassicaia. Questo mobiletto rivestito in pelle blu ha, al suo interno, 2 calici in cristallo appositamente creati per la Tenuta San Guido, un tablier Sassicaia e ovviamente una bottiglia del prezioso vino.

Il Serpico: l'aglianico secondo Feudi di S.Gregorio


Breve storia del vitigno

Il vitigno aglianico sembra sia stato portato in Italia dai Greci al tempo della fondazione delle loro colonie nel 6° e 7° secolo a.C., nell'area che noi oggi chiamiamo Magna Grecia, con il nome di "Ellenicon" cioè originario della Grecia. I Romani lo ribattezzarono poi "Vitis Ellenica" e ne incentivarono la coltivazione e la diffusione soprattutto in Campania, dove la vinificazione veniva fatta prevalentemente in bianco (si pensa sia il vitigno con cui i romani producevano il Falerno). Parlando di Aglianico storia e leggenda si intrecciano con facilità: si dice infatti che dopo la battaglia di Canne (Puglia, 216 a.C.), durante la seconda guerra punica, i cartaginesi, al comando di Annibale, ripiegarono nell'attuale Basilicata per riposare e curare i feriti e che il rimedio per medicare lacerazioni e ferite altro non fosse che del buon vino Aglianico. Al periodo di dominazione spagnola (Aragonesi 15° - 16° secolo) sul regno di Napoli si attribuisce la trasformazione del nome da "Ellenico o Ellanico" in "Aglianico" in quanto essi pronunciavano la doppia l in gli. Di questo vino parleranno poi: Sante Lancerio, bottigliere di Papa Paolo 3° Farnese ("Di tali vini Sua Santità beveva molto volentieri et dicevali bevanda delli vecchi, rispetto alla pienezza"); Andrea Bacci, medico di Sisto 5° Peretti, nel 14° secolo ne dice: "…vino ricercato e prestigioso delle mense dei ricchi" e Arturo Marescalchi lo definirà poi "il fratello maggiore del Barolo e del Barbaresco".

L'azienda

Al tempo del pontificato di Gregorio Magno (590/604 d.C) le terre del Sannio e dell'Irpinia, disposte lungo l'Appia e da sempre coltivate a vigne, costituivano il fondo sannitico del Patrimonio di San Pietro. Memoria ancora viva del Patrimonium Sanctum Petri d'età gregoriana è la denominazione " San Gregorio", con cui è indicata una contrada dolcemente collinosa, che tra il Sannio e l'Irpinia costeggia la via Appia. È qui che sorge la Feudi di San Gregorio, nata alla fine degli anni '80 dalla volontà delle famiglie Ercolino e Capaldo, espressione in chiave moderna della tradizione e della passione ormai secolare di una famiglia irpina dedita alla terra. L'azienda, situata nel cuore dell' antico Principato Ulteriore a Sorbo Serpico, è dotata di 250 ettari di vigneti aziendali, adagiati su colline comprese tra i 350 e i 600 metri di altitudine, impiantati sui più pregiati suoli della collina irpina la cui fertilità nasce da un singolarissimo matrimonio tra substrati sedimentari e ceneri vulcaniche ed è esaltata da una gestione agronomica accurata e rispettosa degli equilibri ambientali. Da questo pregiato terroir i Feudi di San Gregorio producono il "Serpico" che la famiglia Capaldo ha voluto “battezzare” con il nome del Comune che ospita le rinomate cantine aziendali.

La verticale

Il Serpico, prodotto da uve aglianico provenienti da viti centenarie, viene elevato barrique di rovere francese per un minimo di 6 mesi e successivamente viene affinato in bottiglia per almeno altri 6 mesi.
Complice la mia appartenenza alle scuderie A.I.S., il 21 Gennaio all’Hotel Parco dei Principi di Roma ho partecipato alla verticale di sei annate di questo vino alla presenza, oltre che dell'A.D. dell'azienda Marco Gallone, anche dell'enologo Riccardo Cotarella.

Le annate presentate sono state sei: 2004, 2003, 2001, 2000, 1999, 1996.

Il 2004, di un bel rosso rubino carico, presenta un naso fruttato (ciliegia matura) e floreale (viola) con note di liquerizia, spezie dolci (pepe bianco) e terra. Di bella intensità e complessità olfattiva. In bocca ha una buona armonia complessiva e si ritrova al gusto ciò che avevamo percepito all’olfatto. Bello spessore, di notevole eleganza e lunga persistenza. Il tannino è estremamente elegante ed è ben bilanciato dall'acidità. Da scordare in cantina per almeno 5/6 anni.

Il 2003, di un rosso rubino carico derivante anche dall'annata calda, presenta un naso intenso di frutta matura (prugna secca) seguito da dolci sentori di spezie velati da soffi balsamici con accenni finali di tabacco e cuoio (inizio terziarizzazione). Sorretto da notevole struttura, ha uno sviluppo armonico e in bella tensione, guidato dall’elegante trama tannica che apre le porte al finale persistente, giocato sulle note di frutta e liquerizia dolce sostenute da godibile freschezza. Pronto da bere.

Il 2001, di un rubino intenso, è davvero un fuoriclasse. Il naso è estremamente complesso con note di frutta nera, cioccolato, eucalipto e rabarbaro. Un vero caledoscopio di emozioni olfattive tali da farti portare il bicchiere al naso all'infinito. Alla gustativa mantiene le promesse con una eleganza notevole, frutto di una perfetta integrazione di tannino, alcool e freschezza. Da conservare in cantina ancora per anni oppure da bere ora per un godimento immediato.

Il 2000, di un rubino scuro, risente dell'annata calda: i profumi sono intensi e maturi, di confettura di frutti rossi. Il vino sia apre poi con note terziarie di cioccolato, caffè, gradualmente invase da sottofondo di incenso. In bocca il tannino è potente ma viene smussato da una buona acidità e sapidità. Chiude con notte fruttate e di cuoio.

Il 1999, rubino con unghia granata, presenta i profumi di chi comincia ad avere i primi capelli bianchi: sensazioni di frutta stramatura, terra bagnata, con accenni di lavanda, erbe secche e liquerizia. Alla gustativa il vino sembra "masticabile", con un tannino ben assorbito e buona acidità. Chiude lunghissimo.

Il 1996, di un bel granato, ha dei profumi che staccano nettamente rispetto ai precedenti. Al naso è selvatico, con note foxy, sensazioni di grafite, cuoio, frutta stramatura e cardamomo. In bocca dimostra di avere buona armonicità, con un tannino elegantissimo coadiuvato da una bellissima acidità. Finale pulito con note di liquerizia e mentolate. Grande persistenza.

Alberto e il vino.....

Percorsi DiVino, a pochi giorni dalla sua nascita, non poteva non rendere omaggio ad un grande attore con un pezzo indimenticabile:

Il mio primo post.....

Dovrei scrivere perchè mi è venuto in mente di iniziare un blog sul mondo del vino e dell'enogastronomia in generale.
La risposta la troverete nel titolo di questo mio diario virtuale.
Voglio iniziare un percorso di tipo emozionale che possa far comprendere a chi mi legge che anche dentro un bicchiere di vino si può trovare un mondo, un universo fatto di terra, di sole, di tradizioni e lavoro.
Spero arriveremo insieme al traguardo.
Termino queste poche righe con una dedica ad una giovane sommelier in erba:
grazie Stefy amore mio per tutta la forza che mi dai!