La Toscana di Slow Wine 2017

Visitare le numerose aziende toscane ci regala sempre continui stimoli e il desiderio di individuare nuove prospettive per la viticoltura regionale. Se l’aspetto enologico si colloca oramai da tempo su livelli di eccellenza con denominazioni e zone vitate affermate in tutto il mondo, è nella parte agronomica che la Toscana può indicare un inedito modo di concepire la viticoltura. L’approccio biologico è oramai diffuso sia in aziende piccole sia in realtà molto estese. A margine, per ora, di questa virtuosa situazione si stanno formando altri impulsi che teniamo a sottolineare. Il primo è la volontà di recuperare le vecchie vigne, azione impensabile fino a qualche anno fa. 

Un secondo aspetto interessante che abbiamo colto nel nostro peregrinare è dato dalla nuova coscienza agricola di molti produttori. Alcune cantine stanno costruendo intorno al nucleo della loro attività viticola un modello complesso di azienda, immettendo altre pratiche come l’allevamento e la cerealicoltura. Non si tratta di vago idealismo, né di tornare a una confusa idea di “coltura promiscua”, anzi: parliamo di una forma di agricoltura moderna e razionale che garantisce, tra l’altro, quella biodiversità fondamentale per la salute dell’ambiente e delle piante. Estendere il concetto di viticoltura al di là della vite è un passo necessario per ricucire lo strappo che la redditività del vino rispetto a tutti i prodotti della terra ha creato tra le discipline agricole, con ripercussioni negative su paesaggio e occupazione. In questo senso la viticoltura toscana si pone come virtuoso laboratorio per garantire un futuro all’agricoltura tutta.

VINO SLOW
Bolgheri Sup. Podere Ritorti
 
2013
 
I Luoghi
Bolgheri Sup. San Martino2013La Cipriana
Brunello di Montalcino2011Fattoi
Brunello di Montalcino2011Gianni Brunelli – Le Chiuse di Sotto
Brunello di Montalcino2011Le Chiuse
Brunello di Montalcino2011Le Macioche
Brunello di Montalcino2011Mastrojanni
Brunello di Montalcino2011Piancornello
Brunello di Montalcino Ad Alberto Ris.2010Caprili
Brunello di Montalcino Ris.2010Terre Nere
Caiarossa2012Caiarossa
Carmignano Montalbiolo Ris.2012Fattoria Ambra
Chianti Cl.2013Buondonno
Chianti Cl.2013Il Palagio
Chianti Cl.2013Val delle Corti
Chianti Cl. (N)Uovo2013Poggerino
Chianti Cl. Aluigi Ris.2012Le Cinciole
Chianti Cl. Badia a Coltibuono Ris.2012Badia a Coltibuono
Chianti Cl. Borro del Diavolo Ris.2012Fattoria Ormanni
Chianti Cl. Caparsino Ris.2012Caparsa
Chianti Cl. Le Vigne Ris.2013Istine
Chianti Cl. Ris.2013Querciabella
Chianti Cl. Ris.2013Vignavecchia
Chianti Cl. Ris.2013Villa Calcinaia
Chianti Cl. Ris.2013Villa Pomona
Chianti Classico Ris.2013Volpaia
Chianti I Tre Borri Ris.2013Corzano e Paterno
Colline Lucchesi Levato di Majulina2013Calafata
Colline Lucchesi Rubino2012Fabbrica di San Martino
Cortona Syrah2013Stefano Amerighi
Maremma Toscana Ciliegiolo Vigna Vallerana Alta2014Antonio Camillo
Melograno2014Podere Concori
Montecucco Sangiovese Grotte Rosse2013Salustri
Morellino di Scansano Roccapesta Ris.2013Roccapesta
Nobile di Montepulciano2013Avignonesi
Nobile di Montepulciano2013Boscarelli
Odyssea2014Macchion dei Lupi
Pinot Nero2013Macea
Pinot Nero2013Podere della Civettaja
Rosso di Montalcino2014Fornacina
Rosso di Montepulciano2014Poderi Sanguineto I e II
San Lorenzo2013Sassotondo
Sassocarlo2014Fattoria di Bacchereto Terre a Mano
Vernaccia di San Gimignano Campo della Pieve2014Il Colombaio di Santa Chiara
Vernaccia di San Gimignano Fiore2014Montenidoli
Vernaccia di San Gimignano Sanice Ris.2013Vincenzo Cesani
 
GRANDE VINO

 
Brunello di Montalcino2011Agostina Pieri
Brunello di Montalcino2011Fuligni
Brunello di Montalcino2011Poggio di Sotto
Brunello di Montalcino2011Tenuta Le Potazzine
Brunello di Montalcino Bassolino di Sopra Ris.2010Pian dell’Orino
Brunello di Montalcino Fornace2011Le Ragnaie
Brunello di Montalcino Phenomena Ris.2010Sesti – Castello di Argiano
Brunello di Montalcino Ris.2010Stella di Campalto
Brunello di Montalcino Ris.2010Tenuta di Sesta
Brunello di Montalcino Riserva2010Jacopo Biondi Santi Tenuta Greppo
Brunello di Montalcino Trentennale2011Talenti
Brunello di Montalcino Ugolaia2010Lisini
Caberlot2013Podere Il Carnasciale
Cepparello2013Isole e Olena
Chianti Cl. Poggio ai Frati Ris.2013Rocca di Castagnoli
Chianti Classico Campitello Ris.2013Monteraponi
Chianti Classico Ris.2010Castell’in Villa
Chianti Classico Ris. Il Poggiale2013Domini Castellare di Castellina
Colline Lucchesi Tenuta di Valgiano2013Tenuta di Valgiano
Flaccianello della Pieve2013Fontodi
Nobile di Montepulciano Pietra Rossa2013Contucci
Pergole Torte2013Montevertine
Riecine2012Riecine
Sammarco2012Castello dei Rampolla
Tenuta di Trinoro2014Tenuta di Trinoro
Valdarno di Sopra Bogginanfora2014Petrolo
 
VINO QUOTIDIANO
 
Barco Reale di Carmignano2015Tenuta di Artimino
Briglia2014Terre Dell’Etruria – Il Poderone
Canaiolo2015La Querce
Chianti Il Gargaiolo2014San Ferdinando
Chianti A Vento e Sole2013Podere Alberese
Chianti Cl.2014Castellinuzza e Piuca
Chianti Cl.2014Vallone di Cecione
Chianti Monsonaccio2013Fattoria Varramista
Chianti Poggio ai Grilli2014Tenuta San Jacopo
Chianti Rufina2014Fattoria Selvapiana
Chianti Rufina Colognole2013Colognole
Chianti Rufina Grignano2013Fattoria di Grignano
Chianti Rufina Podere il Balzo2013Podere Il Balzo
Maremma Ciliegiolo2015Vegni e Medaglini
Maremma Toscana Ciliegiolo Capoccia2015Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano
Montecucco Rosso Rigoleto2014Collemassari
Montescudaio Rosso Montaleo2014Pagani De Marchi
Morellino di Scansano2015Terenzi
Morellino di Scansano Bellamarsilia2015Poggio Argentiera
Morellino di Scansano Villa Granducale2014Agricola Alberese
Ottomani Bianco2015Ottomani
Petali2015Cantalici
Rosso Vigliano2013Paolo e Lorenzo Marchionni a Vigliano
Rubino2014Bulichella
Vernaccia di San Gimignano2015La Lastra
Vernaccia di San Gimignano2015San Benedetto
Vernaccia di San Gimignano2015Tenuta Le Calcinaie
Vernaccia di San Gimignano Ciprea2014Alessandro Tofanari
Vernaccia di San Gimignano Fontaleoni2015Fontaleoni

Mito e storia del Fiorano Rosso 1956

Il Fiorano Rosso è, con molta probabilità, il primo taglio bordolese in Italia proposto alla vendita al pubblico con una sua etichetta e che continua tutt’ora ad essere prodotto: il suo “genitore” fu il principe Alberico Boncompagni Ludovisi, la “continuità”, con stessa etichetta, uvaggio, filosofia e maestranze in vigna e in cantina, è opera del nipote Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi.

La storia moderna della Tenuta di Fiorano risale alla prima metà del secolo scorso: “[..] a Fiorano, il vino si cominciò a produrlo all’incirca nel 1930, ma da viti locali. Fu nel 1946, quando ricevetti da mio padre la proprietà agricola di Fiorano, che giudicai scadente il vino prodotto e consultai l’enologo dottor Giuseppe Palieri, il quale mi propose di innestare sulle viti di Fiorano il cabernet e il merlot alla proporzione reciproca del 50% e, separatamente, la malvasia di Candia e il sémillon per il vino bianco. Così feci subito e mi valsi del dott. Palieri finché visse [..]”. [da Fiorano, memorie e girandole di A. Castagno - Vitae - settembre 2014]



Di Giuseppe Palieri - direttore dell’azienda vitivinicola di Maccarese dove nel 1960 produceva il San Giorgio, un taglio bordolese che però non è arrivato fino a noi - e del suo lavoro, si parlava già in un volume del 1935 di Vittorio Racah: “Varietà di viti a doppia funzione”. Il Principe Alberico si rivolse a lui per impiantare un vigneto completamente differente dalle tradizioni locali che producesse un vino di grandissima qualità.
Intanto, negli stessi anni, anche il marchese Mario Incisa della Rocchetta aveva lavorato appassionatamente al “suo” taglio bordolese (in terra bolgherese troviamo il cabernet franc a far da vassallo al cabernet sauvignon) per la produzione del Sassicaia: "Dal 1948 al 1967, il Sassicaia rimase dominio strettamente privato, e fu bevuto solo nella Tenuta", si apprende dal sito della Tenuta San Guido. Infatti la prima bottiglia in commercio del Sassicaia fu quella relativa all’annata 1968.


Il Marchese Mario e il Principe Alberico frequentavano verosimilmente lo stesso ambiente aristocratico romano, per cui si può dire che l'idea di voler produrre grandi vini in Italia -all’epoca identificati nel blend bordolese- si riconduce a quella cerchia molto legata alla Francia con la quale poter condividere una certa idea di qualità, di bello e di rinascita dalla Guerra. L’impronta di una visione più personale, tra Mario e Alberico, si può cercare nella ricerca dei consulenti: il primo si avvale di professionisti internazionali e fa uso di barrique, il secondo segue una strada più italiana avvalendosi anche della consulenza di Tancredi Biondi Santi e optando per l'utilizzo di botti grandi.

Dunque due storie fondamentali per la nascita di una nuova era del vino italiano, della quale, per fortuna, abbiamo ancora testimonianza concreta delle storiche origini: meno di un anno fa, l’8 novembre 2015, all'asta internazionale di vini ad Hong Kong, organizzata dalla Gelardini&Romani Wine Auction, il lotto 285, relativo ad una singola bottiglia di Fiorano Rosso 1956 ha fatto salire la febbre agli appassionati di vini storici; partendo da una base d’asta di 1,400 HK$ è stato alla fine battuto a 9,000.00 HK$, pari ad un valore di circa 1.070 euro.

Castello di Fonterutoli - Chianti Classico Gran Selezione 2012 è il Vino della settimana di Garantito IGP

di Stefani Tesi

Forse l’ho già detto, ma a volte nulla è più sorprendente dell’ovvio. L’ho risentito distrattamente tra tanti altri ed è riemerso subito. Non ho nemmeno dovuto andare a rivedermi le note prese all’ultima Chianti Classico Collection: Sangiovese di corpo e di colore, un po’ di Malvasia Nera e Colorino, bouquet fragrante e diretto. Gaudeamus.

Slow Wine 2017: Friuli e....Slovenia

Con questa edizione della guida le pagine del Friuli Venezia Giulia contengono un’importantissima novità, come abbiamo gia annunciato qualche giorno fa (clicca qui per leggere).

In un momento in cui l’apertura delle frontiere in Europa viene messa spesso in discussione, noi vogliamo andare oltre i confini geografici: pertanto per la prima volta abbiamo visitato e recensito le aziende vitivinicole che hanno i propri vigneti compresi nei due territori Collio-Brda e Carso-Kras indipendentemente dal fatto che la sede della cantina sia in territorio italiano o sloveno, in quanto siamo convinti che le due denominazioni vadano considerate come un unicum dal punto di vista vitivinicolo.
In Slow Wine 2017 troverete quindi 32 schede in più, dedicate alle aziende slovene, che si aggiungono a quelle già destinate alle aziende italiane: una crescita corposa, con conseguente aumento del numero dei vini segnalati con un riconoscimento (vedi sotto).
Abbiamo considerato anche le aziende della Vipavska Dolina (la valle del Vipacco) che in sostanza è un lembo di terra che unisce le due denominazioni sopra citate incuneandosi fino alle porte di Gorizia. Insomma abbiamo riunito agli storici territori vitivinicoli friulani – Colli Orientali, Collio, Isonzo, Carso – quelle aree che un tempo erano parte integrante della Contea Principesca di Gorizia e Gradisca e che sono state divise – quasi 70 anni fa, al termine di un conflitto mondiale – da un confine politico-amministrativo che oltre a essere “sorpassato” dal punto di vista storico è oramai fuori da ogni logica enografica e vitivinicola condivisibile.
È evidente infatti che tutti questi comprensori sono uniti da una piena e storica condivisione di vitigni coltivati, delle caratteristiche dei terreni e da una precisa cultura vitivinicola; in questo senso si potrebbe ipotizzare un percorso che possa portare alla creazione delle prime Doc transnazionali europee.
Venendo alla qualità dei vini c’è subito da dire che dopo le “fatiche” accusate l’anno scorso con gli assaggi dei prodotti della vendemmia 2014 – che ricordiamo essere stata tra le più brutte del secolo in Friuli Venezia Giulia – quest’anno ci siamo rilassati godendo maggiormente di quanto avevamo nei bicchieri. Il giudizio in genere è positivo, soprattutto per quanto riguarda i vini più semplici prodotti dalle aziende (quelli che in gergo vengono definiti “i vini base”), che ci sono sembrati senza dubbio più pronti e più pieni.
Resterà da verificare in futuro come si sono comportate le varie selezioni – che in genere, in quanto più strutturate e importanti, hanno bisogno di tempi più lunghi di affinamento – che potrebbero non avere tratto tanto beneficio da una stagione così calda, mostrando casomai qualche limite di eccessiva concentrazione. Staremo a vedere, per il momento ci godiamo questa bella rassegna di bianchi 2015, con parecchie versioni di Friulano e di Sauvignon in grande evidenza!

VINO SLOW

Brda 2013, Kristian Keber
Brda Malvazija 2011, Klinec 
Brda Sivi Pinot 2012, Kabaj 
Collio Bianco 2015, Edi Keber
Collio Bianco della Castellada 2011, La Castellada
FCO Chardonnay 2014, Vignai da Duline
FCO Friulano Clivi Galea 2014, I Clivi
FCO Rosso Sacrisassi 2014, Le Due Terre
FCO Sauvignon 2014, Meroi 
FCO Sauvignon Salici 2015, Ronco del Gnemiz
Malvasia 2013, Skerlj
Malvasia 2013, Zidarich
Malvasia Grame 2014, Moreno Ferlat
Malvazija Selezione 2014, Marko Fon 
Ribolla Gialla 2013, Ronco Severo
Ribolla Gialla 2012, Damijan Podversic
Ribolla Gialla 2008, Gravner
Ri-né Blanc 2014, Simon di Brazzan
Vipavska Dolina Burja Bela 2015, Burja
Vipavska Dolina Rebula 2010, Guerila
Vipavska Dolina Rebula Res. 2013, Slavcek
Vitovska 2013, Skerk

GRANDE VINO

Brda Carolina Red 2011, Jakončič
Brda Malvazija 2014, Brandulin
Brda Ribolla Opoka 2011, Marjan Simčič
Brda Sauvignon 2009, Blažič
Collio Friulano 2015, Franco Toros
Collio Friulano 2015, Francesco Vosca
Collio Friulano 2015, Villa Russiz
Collio Friulano Valeris 2015, Muzic
Collio Friulano Vigna del Rolat 2015, Dario Raccaro
Collio Friulano 2015, Ronchi Rò
Collio Malvasia 2015, Ronco dei Tassi 
FCO Pinot Bianco Zuc di Volpe 2015, Volpe Pasini
Friuli Isonzo Bianco Vignis di Siris 2013, Drius
Tal Luc, Lis Neris
Veliko Belo 2009, Movia

VINO QUOTIDIANO

FCO Refosco P.R. 2014, Ronchi San Giuseppe
FCO Sauvignon di Jacopo 2015, Necotium
Friuli Aquileia Friulano Villa Vitas 2015, Vitas
Friuli Aquileia Pinot Bianco Poc ma Bon 2015, Tarlao
Friuli Grave Chardonnay 2015, Vistorta
Friuli Grave Friulano 2015, Bessich
Friuli Grave Refosco P.R. 2014, Vigneti Le Monde
Friuli Isonzo Malvasia 2015, Borgo Savaian
Malvasia 2015, Bortolusso
Malvazija 2014, Stemberger

In un libro la “finocchiona dei poveri” - Garantito IGP

Di Stefano Tesi

Fino a qualche anno fa non sapevo nulla del Bardiccio, salvo che è un insaccato cosiddetto “povero” della Val di Sieve a base di scarti di carne di maiale (cuore, polmoni, guancia, ghiandole varie, eccetera) ingentiliti, nella loro crudezza e nelle eventuali magagne, con abbondante aggiunta di finocchio. Praticamente la finocchiona dei poveri.

Me n’ero sempre tenuto alla larga anche perché aveva fama d’essere fatto pure col sangue, ingrediente che, eufemisticamente parlando, non mi attira affatto. Sì, m’era capitato di assaggiarlo qualche volta (il bardiccio, mica il sangue eh!), ma con la tipica scarsa attenzione che presti alle cose dalle quali aspiri a separarti il prima possibile.
Devo la sua recente (ri)scoperta al mio amico Stefano Frassineti dell’osteria Toscani da Sempre di Pontassieve (qui:http://www.toscanidasempre.it/ un ristorante che, detto fra noi, merita di essere visitato).


Il quale Frassineti, con acuta fantasia, nel dicembre scorso ha unilateralmente dichiarato l’allora incipiente 2016 l’“anno internazionale del bardiccio”, inanellando una serie di iniziative di rilancio del prodotto culminate a primavera con il primo “Palio del Bardiccio” e, ora, con la pubblicazione di un interessante libello scritto da Alessandro Sarti e dedicato al misconosciuto salume, la cui produzione e consumo risultano storicamente ristretti all’area valdisievina e dintorni.
Ora che me lo sto rigirando tra le mani penso che, come tutte le consimili pubblicazioni, anche questa è di una somma inutilità e di una somma utilità.
Vediamo perché.

Prima di tutto, il libro che non ha nulla o quasi di letterario. Anzi, proprio dicendo la verità è un pout pourrì, una raccolta di testimonianze molto eterogenee, molte foto d’epoca, ricordi, ricette (quelle raccolte in occasione del recente Palio, di cui sono stato giudice), rievocazioni, interviste.



Ma proprio per questo è anche, ai miei occhi giornalisti, una miniera di informazioni, di domande a cui trovare una risposta, di idee per fare ricognizioni, di persone da incontrare e, è naturale, di diverse interpretazioni del bardiccio da assaggiare.
Con una chicca finale, però, che è la vera ragione (insaccato in sé a parte, è ovvio) per la quale sono qui a scriverne e di cui mi illudo pure di essere un lontano ispiratore: l’approfonda ricerca lessicale messa a punto dalla brillante Matilde Paoli dell’Accademia della Crusca che, partendo dalle parole e dalle accuratissime carte accademiche sull’uso dei vocaboli sul territorio, riannoda in un affascinante racconto i fili della mobilità, dei modi di dire, del mangiare, della vita quotidiana, dell’economia domestica, degli apparentamenti gastronomici e non, della continuità o contiguità legati al bardiccio. Finendo così per tracciare un quadro sociale e geografico di cui il bardiccio stesso, per cinque secoli almeno, è stato uno dei comuni denominatori.

Al termine ti viene così inevitabilmente voglia di risalire l’Arno e andare a sentire che sapore ha questo strano insaccato che quando è fresco si arrostisce sulla griglia, quando è pronto si affetta come un salame e quando è secco si usa per insaporire sughi e pietanze.
Provare per credere (avrebbe detto anche Guido Angeli).

Foto di Fabio Bernardini