di Angelo Peretti
Allora, è andata così. Rientravo dalla Maremma e all’altezza
di Siena ho deciso di regalarmi una sosta nel Chianti. Sapevo che sotto Radda,
in località Lucarelli, c’era un’ottima trattoria, e siccome m’era venuta voglia
di mangiare chiantigiano e di bere sangiovese, ho impostato il navigatore e mi
ci sono diretto. Si chiama Le Panzanelle. Al tavolo ho chiesto un vino del
2014, perché chi ha lavorato bene in quell’annata così difficile ha fatto buoni
vini, di quelli che piacciono a me, bevibilissimi, per niente muscolosi. Paolo
m’ha consigliato il Chianti Classico di un produttore che non conoscevo, Monte
Bernardi. L’ho assaggiato. “Prende un bicchiere?” m’ha chiesto. “Lasci la
bottiglia”, ho risposto. Poi, a fine pranzo, m’ha anche suggerito di fare un
salto in azienda. Ho domandato se fosse lontana, considerato che in etichetta –
una bellissima etichetta vintage - sta scritto che è a Panzano. “Panzano è di
là della siepe, siamo sul confine”, ha replicato lui. “La cantina è quella là”,
ha aggiunto, indicandomi una casa sulla collina di fronte.
Passo al presente storico. Il tempo verbale, intendo.
Dunque, vado, un paio di tornanti, una strada sulla sinistra. Arrivato.
Mi accoglie una giovane donna californiana. Apprendo che il
proprietario, Michael Schmelzer, è americano di padre tedesco e che la campagna
l’ha acquistata da un inglese di origine cipriota (era Stak Aivaliotis, grande
nome della fotografia e della pubblicità) che aveva preso questo posto per
farci un Supertuscan, “questo sogno degli anni Novanta”, come dice lei, e
dunque aveva impiantato vitigni bordolesi dove c’era il sangiovese. Ora si sta
pensando di rimettere il sangiovese dov’era, perché quella è terra di galestro,
buona per il sangiovese. “Quando Michael è arrivato qui – mi racconta – si
faceva solo questo vino, ma lui non voleva fare questo tipo di vino. Voleva che
si esprimesse la terra. Voleva che il vino non si facesse in cantina, ma in
vigna”. Insomma, ha vinto il Chianti, come territorio, come ambiente, come
terroir.
Adesso sulla bottiglie c’è la certificazione bio, la
conduzione è biodinamica. Dal 2004, il che vuol dire che di esperienza ce n’è
già un bel po’. Dal sito, che è solo in inglese (già, siamo nel Chiantishire,
del resto), apprendo inoltre che la proprietà è di una cinquantina di ettari, e
di questi una decina hanno le vigne (altri quattro ettari di vigneto sono in
affitto). Il novanta per cento è a sangiovese. Resta qualche po’ di uve
internazionali per gli igt. Produzione totale intorno alle sessantamila
bottiglie.
I vini, ora. Con una premessa. Se cercate il frutto, qui lo
trovate, e non è mai sopra le righe. Se cercate la freschezza, qui la trovate,
e garantisce longevità. Se cercate la territorialità chiantigiana, c’è anche
quella, perfino sugli igt da taglio bordolese. L’unica obiezione è che mi pare
che il legno – seppure non vanigliato, non coprente, non da falegnameria –
comunque un po’ si avverta, e probabilmente è destinato a integrarsi meglio col
tempo, ma se anche questo dettaglio fosse in futuro messo a punto
ulteriormente, be’, gli applausi sarebbero ancora più convinti.
Chianti Classico Retromarcia
2014 Monte Bernardi
Dell’etichetta ho detto, da premio. Il vino è il motivo per
cui sono andato a far visita alla cantina. Un modello di quel che si è potuto
fare nel 2014 stando tanto attenti a selezionare le uve. Fruttino succoso,
spezia minuta, una beva strepitosa.
(88/100)
Chianti Classico
Riserva Monte Bernardi 2013 Monte Bernardi
Viene dalle vigne più vecchie, che hanno una quarantina
d’anni. Al sangiovese si somma un briciolo di canaiolo. Ha un gran bel frutto,
che schiocca sotto ai denti. Mi sembra ancora molto giovane. Va atteso.
(87/100)
Chanti Classico
Riserva Sa’etta 2012 Monte Bernardi
Il vigneto del Sa’etta è proprio attaccato a casa, su un
costone che riflette il calore del sole. Praticamente solo sangiovese. Ne viene
un vino complesso, e la complessità esce lenta dal calice e man mano accelera.
Giovanissimo.
(89/100)
Colli della Toscana
Centrale Tzingarella 2014 Monte Bernardi
Ecco i tre vitigni bordolesi “migliorati” da un filo di
autoctono colorino. M’è piaciuto questo strano rosso, che resta del tutto
chiantigiano nello stile. Rusticamente improntato sul frutto macerato e sulla
spezia. Goloso.
(88/100)
Colli della Toscana
Centrale Tzingana 2012 Monte Bernardi
La nuova versione dell’originario Supertuscan. Solo uve
bordolesi. Mi si dice che appena il nuovo vigneto dello Tzingarella avrà
abbastanza anni, questo qui passerà a sangiovese. Tanto frutto, tannicità
vibrante.
(85/100)