InvecchiatIGP: Agnanum - Falanghina dei Campi Flegrei Doc 2008


di Luciano Pignataro

Come tutti sappiamo, non è certo un buon momento per i Campi Flegrei ma siamo fiduciosi sui tempi lunghi dell’agricoltura che, sicuramente, sopravvive alle scosse meglio dei palazzi spesso costruiti con cemento di scarsa qualità e senza alcun costruiti criterio antisismico. 
Mi è venuta in mente una bella verticale fatta al San Pietro Bistrot di Torre del Greco, patria della cucina di mare, di cuochi e di marinai, con le bottiglie raccolte dall’amico Maurizio Cortese nel corso degli anni. Una verticale fatta nel migliore dei modi possibili, a bordo acqua, godendo della cucina semplice ed efficace voluta dal patron Mariano Panariello e dei vini di Raffaele Moccia, contadino flegreo che ad Agnano, dentro l’area amministrativa del comune di Napoli e ai bordi di quello di Pozzuoli, anno dopo anno ha messo a posto l’intera collina del versante meridionale degli Astroni, uno dei tanti vulcani della zona, per fortuna spento, nel cui cratere, circondato da un muro aragonese e borbonico, sopravvive uno degli ultimi esempi di antica foresta europea.


Raffaele ha continuato a coltivare la vigna, una resilienza su suolo sabbioso di fronte all’assedio del cemento che però ha risparmiato questo terreno agricolo che si raggiunge attraverso un sentiero sterrato proprio all’uscita Agnano della Tangenziale di Napoli. Nel corso di questo vent’anni e passa i vini di Raffaele, realizzati con semplicità e pulizia, non hanno mai smesso di crescere. E così ci godiamo le annate 2008, 2009, 2010, 2011, 2012 e una Vigna del Pino 2006, ossia falanghina con un leggero passaggio in legno grande all’epoca voluto dall’enologo Maurizio De Simone.

Raffaele Moccia - Credit: Falanghina Republic

Parliamo della 2008 perché, essendo la più vecchia della serie, riassume, annata più annata meno, tutte le caratteristiche di questo vino ottenuto da un vitigno perfettamente acclimatato sul suolo sabbioso vulcanico sempre carezzato dalla brezza marina che conserva l’uva tonica anche nei momenti di grande caldo. Del resto la Falanghina, come il Piedirosso, è sostanzialmente indifferente alle alte temperature e regge bene anche in mancanza di eccessive escursioni termiche tipiche delle zone interne della Campania.


Di questo 2008 ci ha colpito anzitutto la freschezza, la tonicità, assolutamente straordinarie per un vito non pensato per un con sumo così lontano nel tempo. I sentori di frutta agrumata che ancora resistono sono esaltati da una nota di idrocarburi tipica dei vini vulcanici, poi vivono ancora piacevoli note balsamiche e di miele. Al palato è scattante, tonica, la freschezza è ancora intatta e regge la beva in maniera magnifica sino al finale lungo e preciso, appagante che invoglia a ripetere il sorso. 


Le altre annate mantengono queste caratteristiche, anche la 2011 che è stata la più calda di tutte con 40 giorni di afa pura a partire dal Ferragosto dopo una estate fresca. Solenni e perfette la 2010 e la 2012 mentre la 2009, abbastanza piovosa nel finale di vendemmia, appare in forma seppur leggermente diluiti rispetto alle altre. Piccolo grande capolavoro di un bravo vigneron nel senso letterale del termine, ancora oggi stupito dal clamore mediatico che lo circonda.

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