Ho conosciuto i fratelli Sandro e Claudio Gini tanto tempo fa ad uno degli ultimi “Soave Versus” gestiti dal vulcanico Aldo Lorenzoni che oggi, dopo essere andato ufficialmente in pensione, si è rimesso in gioco col bellissimo progetto G.R.A.S.P.O.
Ricordo, sarà stato il 2015, che l’evento prevedeva per la stampa una serie di visite in azienda ed io, come altri, ebbi la fortuna di entrare nella cantina della famiglia Gini dove Sandro, da buon padrone di casa, ci fece degustare tutta una serie di sorprendenti vecchie annate dei suoi Cru tra cui, ovviamente, il Soave Classico La Froscà, uno dei tre Cru storici coltivati dall’azienda assieme al Contrada Salvarenza e al Col Foscarin.
A differenza degli altri due, il vigneto Froscà, incastonato a Monteforte d’Alpone su un pendio esposto a sud-est, si caratterizza per il terreno prevalentemente vulcanico, ricco di ferro e potassio, composizione che fornisce da sempre ai vini un’anima austera e minerale associata ad un’acidità vibrante che ne esalta la freschezza.
Di questo vino, se qualcuno ha buona memoria, me ne innamorato già perdutamente cinque anni fa quando, descrivendolo in soli 300 battute all’interno della rubrica del venerdì, descrissi questo Soave, senza mezzi termini come un “mostro sacro”. Un’affermazione forte che, per essere definitivamente avvalorata, doveva aver bisogno per forza della prova nel nove la quale, per sua natura, necessita di sacrifici sanguinosi, soprattutto per la mia cantina. Così, qualche settimana fa, non ci ho pensato due volte e ho aperto l’ultima bottiglia che avevo di Soave Classico La Froscà 1996. Sigh!
Il Colore |
Aprendo il vino le prime risposte positive arrivano sia dal tappo, ancora perfetto, sia dal colore che ha mantenuto un colore giallo paglierino lucente e vivace come se questo Soave Classico fosse stato prodotto lo scorso anno.
Se la “Canzona di Bacco” parla della fugacità della gioventù, La Froscà 1996 sembra contraddire il grande Lorenzo il Magnifico in quanto al naso il vino non cede nulla alla terziarizzazione rimanendo vibrante e ricco di sfumature odorose di frutta gialla arricchite da cenni floreali di ginestra e acacia. A queste si aggiungono delicate note di agrumi leggermente canditi e pietra focaia.
Sandro Gini |
La bocca è stupefacente, ancora oggi sfoggia sapidità a tutto volume, freschezza paradigmatica, concedendo complessità aromatica ancora in accordo col naso. La persistenza è lunghissima. La Froscà 1996, mentre scrivo, mi fa ancora venire i brividi e credo, senza dubbi, che abbia perfettamente superato la prova del nove inserendosi, come mostro sacro, tra i migliori dieci vini bianchi degustati negli ultimi anni!
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