InvecchiatIGP: Tenute del Cabreo Folonari - La Pietra Toscana IGT 2001


di Stefano Tesi

Una cosa è assaggiare un vino molto vecchio e magari ancora ottimo o perfino entusiasmante. Un’altra è riassaggiare lo stesso vino a distanza di vent’anni, quando la memoria ovviamente ti aiuta solo a sprazzi, a lampi, a immagini che riaffiorano, a circostanze dimenticate, a sentori che non sai bene se sono veri o immaginari o forse sono solo delle tenere madeleine. Ma tu, mentre fai ruotare il vino nel bicchiere, puoi comunque compiacerti di dire “eh, che tempi”, oppure “eh, mi ricordo di quando” e così via. 


Due decenni del resto, e non lo dico solo per consolarmi, non sono un periodo così lungo da implicare che chi li rievoca sia per forza di cose già anziano. Un quarantenne non è anziano e può benissimo rammentarsi di quando di anni ne aveva la metà. 

Io, per esempio, la prima volta che assaggiai il Cabreo La Pietra Toscana IGT di Folonari, un 100% Chardonnay fatto sulle alte colline chiantigiane di Panzano, non ero ancora trentenne. E dalle schede aziendali leggo che la gloriosa, diciamo pure storica etichetta di questo “bianco strutturato” toscano vide la luce addirittura nel 1983. Insomma è stato un gran piacere fare un tuffo nel passato intrecciando assaggi e chiacchiere con Giovanni Folonari, che in occasione di una cena al fiorentino Fuor d’Acqua nell’ambito del progetto “Il gusto della sfida” dell’Istituto Grandi Marche, ha inserito nella tenzone due bottiglie di quel vino: una pimpante 2018 e una vetusta 2001. 


Perdercisi subito dentro, nella seconda intendo, non è stato difficile, complice una tonalità di giallo in indefinibile equilibrio tra l’arancione e il rosa che faceva l’occhio di triglia ai colori cangianti della catalana di crostacei a cui era stato abbinato.  
Al naso non sapevo che aspettarmi ed ecco di partenza una nota evoluta che immediatamente si stempera con eleganti ondate di funghi, melone maturo, toffees, datteri e frutta secca, il tutto molto sobrio, in una sequenza perfino ordinata, direi. 


Metti in bocca e, sorpresa, al palato ecco spuntare una residua freschezza, con un retrogusto nervoso e appena pungente, gradevole ed elegantissimo. Insomma una bevuta buona e intrigante, un ottimo ripasso della storia del vino toscano, delle mode enoiche e delle loro vicende stilistiche e commerciali. Non a caso, tra considerazioni e copiosi riassaggi, la bottiglia è finita subito. Anche se assicurano che in azienda ci sono ancora alcune decine di pezzi in vendita. 

Gli interessati sono avvertiti!!

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