Mercoledì 19 novembre, nei locali dello Spazio Niko
Romito, in Piazza Giuseppe Verdi 9, a Roma, si è svolta una cena-evento sulla
DOP Tullum, organizzata con il supporto dell’agenzia AB Comunicazione. Il
presidente della Cantina Tollo e del Consorzio di Tutela Tonino Verna e
Maurizio Primavera per Feudo Antico, in presenza di numerosi giornalisti, ci
hanno raccontato di questa piccola denominazione e degli obiettivi e progetti
di Feudo Antico.
Una delle denominazioni più piccole d’Italia, 18,80 ettari vitati con un potenziale di circa 300 ettari, ma con una storia vitivinicola dalle origini antiche,
questa è la DOP Terre Tollesi o Tullum, l’unica nella provincia abruzzese di
Chieti, approvata DOC nel 2008 e da luglio 2019 salita in cima alla piramide
come DOCG.
Il nome non poteva essere più adatto, visto che l’area
di produzione coinvolge esclusivamente il Comune di Tollo. Qui dominano le uve
del territorio, montepulciano per i rossi e pecorino e passerina per i bianchi,
ma il disciplinare consente anche di produrre spumanti, con una base di
chardonnay per almeno il 60%.
Il territorio presenta una giacitura prettamente
collinare con pendenze che non superano il 5-10%; l’altezza massima è di circa
228 metri s.l.m., sono esclusi però dalla denominazione i terreni con
un’altitudine inferiore agli 80 metri s.l.m. e quelli posti nei fondivalle
umidi.
I suoli, con le loro ovvie percentuali variabili,
hanno in comune una componente argillosa-sabbiosa, per una media che sfiora il
30% con picchi che arrivano al 45% di argilla, mentre la presenza di sabbia ha
una quota media del 36,5%, con valori compresi tra il 12,3% e il 59%, quest’ultima
situazione si riscontra di frequente nelle zone alluvionali dei fondivalle
(dove, appunto, il disciplinare non consente impianti). Il pH è sub-alcalino o
alcalino con valore medio di 7,88.
Durante la seconda guerra mondiale Tollo fu letteralmente rasa al suolo, gli anni successivi furono caratterizzati dall’emigrazione di molti italiani alla ricerca di possibilità di lavoro, ma a partire dagli anni ’60, grazie anche al forte contributo della neo nata cantina Tollo, l’attività vitivinicola della provincia teatina riprese con nuove energie, mentre in altre aree dell’Abruzzo accadeva invece un fenomeno di contrazione. Con i suoi oltre 800 soci conferitori, di cui circa il 15% in regime biologico, oltre 3000 ettari vitati e una produzione che supera i 10 milioni di bottiglie annue, la cantina Tollo rappresenta un modello di riferimento per tutta la regione e non solo.
Nel 2004, da una costola di Cantina Tollo, nasce un
progetto sperimentale di archeo-enologia nel territorio di Tollo, che prende il
nome di Feudo Antico, con l’intento di valorizzare e rivitalizzare le
coltivazioni autoctone e operare nel massimo rispetto dell’ambiente, in regime
biologico, concentrando la produzione nel territorio della DOP Tullum.
Feudo Antico, in collaborazione col prof. Attilio
Scienza e un pool di ricercatori dell’Università di Milano, ha approfondito la
conoscenza delle caratteristiche peculiari del terroir dove dimorano 15 ettari
vitati, con lo scopo di ottenere una micro zonazione, in modo che ogni vino
nasca dalle parcelle ideali per la tipologia che si vuole ottenere.
I primi vitigni sui quali l’azienda ha iniziato a
investire sono stati pecorino e passerina, a cui si è poi aggiunto il montepulciano,
frutto di una cuvée di vecchi cloni vinificati in purezza per comprenderne
appieno le diverse caratteristiche.
Proprio dalle uve montepulciano l’azienda ha dato vita
a InAnfora (non presente alla cena, ma che ho avuto modo di apprezzare
di recente e descrivere in questo articolo), nato dopo il ritrovamento
all’interno della proprietà di antiche anfore romaniche in terracotta
artigianale da 750 litri. Il vino è stato forgiato riducendo al massimo
qualsiasi intervento, compreso l’uso della solforosa estremamente ridotto,
l’obiettivo era di avvicinarsi il più possibile all’antico modo di fare vino,
limitandosi a pigiare l’uva, introdurla nelle anfore, lasciar partire la
fermentazione spontanea senza controllo della temperatura, lasciando il mosto a
contatto con le bucce per quasi un anno.
Ma l’avventura di Feudo Antico è in continua
evoluzione, infatti, visto che la DOCG lo prevede, non poteva mancare uno Spumante
Brut Metodo Classico da uve chardonnay, rigorosamente DOP Tullum, che
permane sui lieviti per almeno 36 mesi. Un vino che, nella versione 2015
presentata durante la cena, mi ha particolarmente colpito per la notevole
personalità e una verve quasi entusiasmante; il perlage finissimo ha portato al
naso profumi di crosta di pane, burro e vaniglia tostata, agrumi e melone
invernale; palato stimolante, succoso, sapido, di bella persistenza e
precisione esecutiva.
Foto: rock and food |
Unica eccezione al di fuori della denominazione, un
pecorino sperimentale d'alta quota (862 metri s.l.m.), progetto nato nel 2010
da un accordo fra Feudo Antico e lo chef Niko Romito, che ha consentito a dare
in gestione un piccolo terreno vicino al complesso cinquecentesco di Casadonna
(identificato al foglio di mappa n.33, particella 505) dove nel 2011 ha
trasferito la sua attività di ristorazione. Allevato a guyot con una densità di
6.250 ceppi/Ha, fermenta in cemento con lieviti presenti sulle bucce, resta in
contatto con gli stessi lieviti per 6 mesi, non subisce travasi né filtrazioni;
nel 2013 prendono vita le prime 800 bottiglie di questo Pecorino IGP Terre
Aquilane.
Ad oggi la DOCG Tullum è composta da meno di 19 ettari
e rappresentata da sole 3 aziende, ma la strada tracciata da Feudo Antico sarà
sicuramente di stimolo per le nuove generazioni; Tonino Verna però ci tiene a
precisare che, finché rimarrà in carica come presidente del Consorzio (ma in
cuor suo spera che anche chi gli succederà avrà gli stessi propositi), la
crescita degli ettari iscritti dovrà avere una progressione graduale e ben
controllata, per garantire di mantenere alto il livello qualitativo della denominazione.
La serata è stata estremamente piacevole, grazie anche
ai piatti proposti dall’equipe proveniente dall’Accademia Niko Romito
guidata dell’executive chef Gaia Giordano, elaborazioni che mettono
sempre in risalto la qualità delle materie prime utilizzate, senza mai eccedere
in pirotecniche sperimentazioni e con equilibrio e leggerezza a rendere le
portate sempre digeribili; la stessa concezione degli ambienti rappresenta in
modo intelligente la concezione di locale moderno di Niko Romito: appena
entrati si ha subito la sensazione di un’atmosfera accogliente e di uno stile
che richiama la sala da thè e la trattoria d’epoca (non a caso sono state
scelte le sedie “Chiavarine” tipiche degli anni ‘60/ ’70), ma di questo Bar
Ristorante da scoprire volta per volta vi racconterò in modo approfondito in un
articolo espressamente dedicato.
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