di Luciano Pignataro
Biondi Santi e la scommessa del tempo.
Noi italiani non siamo particolarmente legati alle tradizioni familiare, fatta
eccezione per la nostra ovviamente, e anche nel commercio pensiamo su tempi
piuttosto brevi. Il mondo del vino è vocato a questa prospettiva, ma anche qui
se ne vedono di cotte e di crude quando si tratta di imboccare scorciatoie e di
inseguire le mode, un atteggiamento che vede soprattutto protagonisti gli
imprenditori che investono da altri settori.
Entrata Villa Greppo |
Entrare nella Biondi Santi, soprattutto
adesso che ha chiuso le visite al pubblico, significa capire l’inestimabile
valore del tempo in questo settore. Siamo alla storica Tenuta il Greppo, dove
nacque il Brunello e, lo confessiamo, abbiamo anche un po’ di emozione perché
l’ultima volta fummo accolti dal grande Franco Biondi-Santi in una visita
speciale, tanto da farci entrare in casa dopo il giro in vigna e la visita al
caveau dove si conservano ancora le prime due bottiglie di questo rosso
prodotte nel 1888 dal nonno Ferruccio Biondi-Santi.
Nel 2016 la Tenuta è stata acquistata
dalla EPI, il marchio francese del lusso e la gestione è affidata ad una
visione lungimirante, poco bocconiana: Giampiero Bertolini, ex Frescobaldi, è
l’amministratore delegato dal 2018, tutti i settori chiave dell’azienda sono
gestiti da toscani, lo stesso Tancredi, nipote di Franco e il padre Jacopo
restano come testimoni del marchio in Italia e nel mondo. E i tempi sono
rimasti gli stessi, la decisione strategica è quella di dare valore alle
bottiglie che già si producono, poco più di 80mila, al massimo arrivare a 110
mila dopo la riorganizzazione dei vigneti: il Rosso avrà una sua identità
precisa, poi il Brunello di Montalcino e le Riserve, commercializzate come tali
sono in annate straordinarie.
Gianpiero Bertolini |
Dicevamo del tempo. Questa azienda ha
fatto di questo fattore un dato caratterizzante non solo aspettando i tempi
giusti di maturazione del vino nelle botti grandi e belle vasche di cemento
uscendo sempre dopo gli altri, ma avendo anche l’intelligenza di stoccare
centinaia e centinaia di bottiglie delle riserve per rivenderle dopo qualche anno.
Di recente per esempio sono uscite di nuovo la 2006 e la spettacolare 1995 che
resta una delle migliori di sempre.
Tenuta Greppo, 47 ettari di cui meno
della metà vitati a 370 metri, è la sede storia della Biondi Santi, qui ci sono
ancora le viti ad alberello piantate da Ferruccio nel 1936, ancora oggi si
alternano con gli olivi (si produce anche un grande olio d’oliva). Gli altri
siti vitati sono I Pieri a 370 metri, Scarnacuoia a 450 metri, Pievecchia a 200
metri.
L’intuizione di Ferruccio Biondi Santi
fu di fare un vino da monovitigno, all’epoca una pratica agronomica molto rara
e scelse il sangiovese, uva difficile ma molto diffusa in Toscana. La famiglia
ha poi proceduto con una selezione clonale che si conclude con la registrazione
del clone BBS11 nel 1978.
Vigna Scarnacuoia |
Il successo della Biondi Santi è appunto
nella gestione del tempo, andare piano alla fine è stato il segreto per correre
meglio e più di tanti altri nel territorio perché, come sempre avviene in
Italia, il boom del Brunello iniziato alla fine degli anni ‘80 e dilagato poi
nel decennio successivo, ha portato a nuovi investitori, ad un allargamento
della superficie ed ad una rottura dell’equilibrio di parte del territorio come
è già accaduto nelle Langhe. Non sono mancate pratiche scorrette proprio per
rispondere alla domanda crescente, come quando alcuni produttori furono
scoperti a ”correggere” il Sangiovese con vitigni internazionali che lo
rendevano più pronto e più morbido, pratica non prevista dal disciplinare della
DOCG.
Cantina Alta |
La Biondi Santi in questo fermento
commerciale ha continuato invece a tener e il proprio passo e il passaggio di
testimone di questi anni, può tranquillizzare il mondo degli appassionati.
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