Ho sempre pensato che i produttori dei vini rosati si dividessero in due categorie ovvero quelli che li producono perchè ci credono fortemente e quelli che, ahimè, li generano perchè il loro "commerciale" gli dice di farlo.
Questa mia convinzione, che è anche quella di altri miei amici, ultimamente è stata avvalorata dagli amici di Slowine che hanno scritto un articolo proprio un articolo dal titolo "O fate dei Rosé fatti bene oppure è meglio che lasciate stare!" dove viene scritto esattamente questo:"Purtroppo esiste anche un’altra categoria di Rosé, che faccio fatica a definire con precisione: sono quelli che non sono né “da prima” né “da dopo”. Sono quelli senza identità, senza un’idea precisa del perché sono stati fatti (oltre al generico “perché adesso si vendono …”), che nessuno sa dove collocare".
Tutta questa premessa per dire che ogni volta che un produttore mi fa degustare un nuovo rosato questo viene inquadrato e valutato tenendo in considerazione la restante gamma di vini dell'azienda. Non è chiaro il concetto? Spiego meglio. Se, come capita spesso, il rosato si colloca all'interno di un assortimento aziendale molto esteso di vini, diciamo una decina, tenderò sempre a non aspettarmi moltissimo da questi vini che, per esperienza e non pregiudizio, rientrano spessissimo nella categoria dei "senza identità".
E' per tutto ciò che ho esplicitato in precedenza che ho appreso con grande curiosità la nascita del primo rosato di Luciano Ciolfi (Podere San Lorenzo), piccolo produttore di Montalcino che da anni, ormai, è diventato un punto di riferimento per noi appassionati di Brunello, ma anche Rosso, di qualità.
La prima cosa che gli ho detto, quando l'ho visto a Sorsi di Vino pochi giorni fa è stata:"Luciano, pignolo come sei, sto rosato o l'hai fatto come il tuo Brunello di Montalcino oppure, se è una ciofeca, il mondo sta cambiando realmente!!"
Mentre ridiamo assieme mi faccio spiegare il vino che, nella sua prima annata, è stato prodotto in sole 500 bottiglie che, a detta dello stesso produttore, sono state concepite più per gli amici e l'autoconsumo che per il commercio vero e proprio.
Il Rosato 2014, si chiama semplicemente così, è stato ottenuto mediante salasso ed è stato fermentato in barrique usate dove è rimasto fino allo scorso mese per poi essere successivamente stabilizzato in acciaio prima di essere imbottigliato senza aver subito malolattica.
Il risultato? Un godibilissimo rosso travestito da rosato o, meglio, un rosato travestito da rosso dove il terroir unico di Montalcino, ovviamente, ha messo lo zampino in termini di complessità e, soprattutto, freschezza e bevibilità.
Luciano ha fatto la sua "prova" e ora starà a lui confermare questo Rosato anche per il futuro. Nel frattempo, non ci rimane di bussare a casa Ciolfi sperando di trovare ancora questo vino perchè, se tanto di mi dà tanto, le restanti bottiglie se le scola tutte lui....
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