René Collard non è più tra noi, è morto nel 2009 portando via con sé tutto il suo sapere contadino e, probabilmente, anche tutta la bontà e la rusticità dei suoi Champagne.
Nato nel 1921, ha iniziato a vinificare nel 1943 prendendo in gestione il vigneto di famiglia di circa 17 are situato nei comuni di Reuil e Damery.
René Collard - Foto: |
Collard ha sempre rispettato l'ambiente, prima di altri, più di altri, e fin da subito, come aveva fatto suo padre, non ha mai usato pesticidi, erbicidi e insetticidi all'interno delle sue vigne dove è stata sempre piantata una solo tipologia di uva: il Pinot Meunier.
Collard, da sempre, ha voluto produrre champagne in grado di sfidare il tempo e, per raggiungere l'obiettivo, fermentava il vino in grandi botti di legno senza far svolgere la malolattica. Lo Champagne veniva ritenuto pronto solo dopo aver svolto un periodo di affinamento di almeno 6 anni all'interno di fusti di rovere da 600 litri.
I suoi vigneti, che nel frattempo si erano ampliati fino a raggiungere circa 7 ettari, e la sua cantina sotterranea, dopo nulla sembrava esser stato toccato per oltre 50 anni grazie ad un importante accumulo di vecchie annate, sono stati il suo mondo fino al 1996 quando, a causa delle sue condizioni di salute e per ragioni di famiglia, decise di passare il testimone ai figli non prima però aver dato vita alla sua ultima fatica chiamata "Cuvèe Ultime" (base millesimo 1995).
Foto: http://blanc2blancs.over-blog.com/ |
Tutto questo si annida nella mia mente mentre tolgo la gabbietta metallica e il tappo a fungo dalla Cuveé Reserve 1985 gentilmente regalatami dai TDC dopo una serata di riconoscimenti alla cieca. "O godrai o getterai il vino nel lavandino" mi era stato detto mentre prendevo la bottiglia con me conscio che i vini di Collard, soprattutto le sue vecchie annate, possono dare risultati altalenanti per tanti ovvi motivi.
Lo Champagne che ho nel bicchiere, invece, non è nè godereccio nè da buttare, è sostanzialmente un vino autentico, con tratti rustici e schietti, che pur traballando nella sua impalcatura generale non molla di una virgola. Ecco, è un meccanismo con le viti un pò lente ma che gira ancora alla perfezione quando ti seduce con il suo naso a metà tra il gesso e la frutta secca che di tanto in tanto fa crea lampi aromatici di anice, zenzero ed erbe secche di campo.
Anche al sorso tiene, si piazza a metà tra il paradiso e l'inferno, tra lo zuccherino degli agrumi canditi e del miele e la sapidità quasi marina del suo finale. E' un vino al quale non non si possono dare voti perchè altrimenti dovresti darli al personaggio Collard e alla sua cultura genuinamente retrò. Impossibile, però, non riconoscere alla cieca il suo stile inimitabile e, per me, questo è un buon motivo per inserire il buon René nell'olimpo dei grandi vignaioli apparsi su questa Terra.
Prosit Monsieur Collard!
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