di Roberto Giuliani
Conosco Paola Lantieri da
parecchio tempo, non dimenticherò mai la lettera che mi spedì 8 anni fa in cui
mi raccontava la sua storia, il suo cambio totale di vita alla bellezza di 59
anni, lei che di vigna non sapeva nulla. Se non ci fosse stato Giovanni Scarfone
(giovane produttore di grandi vini Doc Faro, azienda Bonavita) a darle una
mano, in un’impresa già folle, forse l’avventura avrebbe avuto esiti diversi,
quantomeno un’evoluzione ancora più complessa e lenta. Cinque ettari di vigna
ad alberello nell’unica valle incontaminata di Vulcano, ma potremmo quasi dire
di tutto l’arcipelago, vigna che Paola ha dovuto ricostruire quasi totalmente,
lasciando traccia del passato in alcuni filari di passolina, ovvero il corinto
nero, che contribuisce in minima parte alla produzione della sua Malvasia delle
Lipari Passito.
Paola Lantieri - Foto: www.meteri.it |
Venticinque quintali d’uva per ettaro, questa è la media
produttiva di Paola di fronte a un disciplinare che consentirebbe di produrne
anche 90; non è solo per volontà di Paola che la produzione è così bassa, in
una terra dove la sabbia è l’elemento principale è inevitabile che le rese
siano inferiori alla media. La prima vendemmia fu nel 2006, ma si trattava
veramente di pochissime bottiglie, l’annata che effettivamente ha preso corpo
ed è uscita dal distretto isolano è questa 2009, 2.000 bottiglie da 500 cl. dal
contenuto straordinario.
Ma di questo ne parliamo
dopo.
Quello che, invece, mi
preme dire è che nonostante questo vino sia stato apprezzato da un sempre
maggior numero di appassionati ed esperti, e nonostante siano poche migliaia di
bottiglie, Paola fa una fatica enorme a venderlo. Perché? Probabilmente perché,
salvo alcune zone d’Italia dove c’è una tradizione più costante per i vini
passiti, legati spesso a dolci e formaggi, il resto dello Stivale beve vini
secchi o spumanti e considera i vini dolci qualcosa da assaggiare
sporadicamente, per cui non vale la pena comprarne qualche bottiglia.
Punta dell'Ufala - Foto: Meteri |
Errore, perché quando ci
si trova davanti a un vino così, non è necessario mangiare nulla, è talmente
emozionante che la cosa migliore è sorseggiarlo in assoluto silenzio, magari
immaginando di essere sull’isola di fronte al mare, dove dimorano le vigne.
Insomma, Paola, che non è certo più una ragazza, è in seria crisi, e la
capisco, vale la pena continuare a impegnarsi tanto per fare un prodotto unico,
straordinario, se poi non viene apprezzato come meriterebbe? Bella domanda. Io
non so come mi comporterei al suo posto, soprattutto pensando che questo vino
non può darti certamente un sostegno economico tale da giustificare tutto
questo lavoro, tanto più ora che ogni anno è sempre più bizzarro e complicato
da affrontare a causa di un clima davvero impazzito.
Io spero che resista,
perché la sua Malvasia delle Lipari è uno dei gioielli che rendono grande questo
disastrato Paese, nonostante la 2009 sia uscita ben 8 anni fa è tutt’ora
sorprendente, il colore è oro antico con riflessi ambrati, il bouquet sontuoso
di nocciola zuccherata, zagara candita, albicocca secca, miele di castagno,
noce, fumo, cera calda, tabacco da pipa, fichi e cioccolato, ma potremmo andare
avanti ancora per molto. E al palato? Ancora vivissima, con quel guizzo acido
che sostiene la nota dolce, per altro delicata, non stucchevole, qui giocano
anche le spezie orientali, cannella, zenzero, poi mela cotogna e ancora agrumi
canditi, su una base piacevolmente salina.
Un passito, quindi, che è
capace anche di invecchiare bene, c’è bisogno di vini così e di donne
coraggiose come Paola Lantieri, se non capiamo questo, allora avremo perso
un’altra artigiana vera, una donna che non ha mai staccato la spina del proprio
cuore per fare compromessi e adeguarsi a un mondo sempre più distratto e
impoverito. Già, senza la sua Malvasia, saremo tutti un po’ più poveri.
Meditate gente, magari con un calice di Malvasia delle Lipari
Passito Lantieri.
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