Il
pregiudizio è un meccanismo mentale simile ad una scorciatoia che non porta da
nessuna parte. La imbocchiamo convinti di accorciare le distanze, saltare
faticosi apprendimenti e arrivare primi per poi trovarci di fronte ad un muro,
il muro della non conoscenza. Vale
nella vita, vale anche nel vino.
Cantine Caggiano |
Bechar
2003 bevuto alla cieca: uno Chardonnay? Un Bourgogne? Ha dieci, quindi,
vent’anni? Lo sentiamo e ci piace moltissimo grazie all’olfatto complesso in
cui la frutta, agrumato di cedro, si fonde con note balsamiche e spezie. Al
palato sapido e fresco, di grande spessore, con un ritorno di quello che si è
sentito al naso amplificato da note di idrocarburi.
L’esperienza
mi butta a indovinare: un More Maiorum di Mastroberardino?
No, il
Bechar di Caggiano 2003. Ed ecco allora l’elenco dei pregiudizi che crolla dopo
aver scoperto questa bottiglia.
Il
primo, che non mi appartiene ma che è ancora molto diffuso nei luoghi comuni
del consumatore medio, è che i bianchi vecchi, anche molto vecchi, non siano
buoni da bere.
Il
secondo, che non mi appartiene ma che è declamato dagli enofighetti, è che il
legno sia incompatibile con un buon Fiano, o in genere con i bianchi.
Il
terzo, mio personale, è che le piccole aziende specializzate in rosso non
possano fare grandi bianchi e viceversa, soprattutto quando sono fuori zona.
Ricordo che criticai Molettieri e Caggiano per la scelta di produrre Fiano di
Avellino e Greco.
Il
quarto, anche questo mio, è che da uve comprate è impossibile fare un buon
vino. Anche qui sono stato smentito dal risultato.
Infine
il quinto, che riguarda la 2003, annata caldissima, la più calda a memoria post
metanolo. I fatti stanno dimostrando invece che nelle zone fredde è possibile
beccare bei risultati.
Ecco
allora quante cose può insegnare una semplice bevuta, spingere al protocollo
più importante per un assaggiatore di vino oltre che nella vita: vivere e bere
senza paraocchi fa bene a noi e a chi ci sta intorno.
www.cantinecaggiano.it
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