Il Serpico: l'aglianico secondo Feudi di S.Gregorio


Breve storia del vitigno

Il vitigno aglianico sembra sia stato portato in Italia dai Greci al tempo della fondazione delle loro colonie nel 6° e 7° secolo a.C., nell'area che noi oggi chiamiamo Magna Grecia, con il nome di "Ellenicon" cioè originario della Grecia. I Romani lo ribattezzarono poi "Vitis Ellenica" e ne incentivarono la coltivazione e la diffusione soprattutto in Campania, dove la vinificazione veniva fatta prevalentemente in bianco (si pensa sia il vitigno con cui i romani producevano il Falerno). Parlando di Aglianico storia e leggenda si intrecciano con facilità: si dice infatti che dopo la battaglia di Canne (Puglia, 216 a.C.), durante la seconda guerra punica, i cartaginesi, al comando di Annibale, ripiegarono nell'attuale Basilicata per riposare e curare i feriti e che il rimedio per medicare lacerazioni e ferite altro non fosse che del buon vino Aglianico. Al periodo di dominazione spagnola (Aragonesi 15° - 16° secolo) sul regno di Napoli si attribuisce la trasformazione del nome da "Ellenico o Ellanico" in "Aglianico" in quanto essi pronunciavano la doppia l in gli. Di questo vino parleranno poi: Sante Lancerio, bottigliere di Papa Paolo 3° Farnese ("Di tali vini Sua Santità beveva molto volentieri et dicevali bevanda delli vecchi, rispetto alla pienezza"); Andrea Bacci, medico di Sisto 5° Peretti, nel 14° secolo ne dice: "…vino ricercato e prestigioso delle mense dei ricchi" e Arturo Marescalchi lo definirà poi "il fratello maggiore del Barolo e del Barbaresco".

L'azienda

Al tempo del pontificato di Gregorio Magno (590/604 d.C) le terre del Sannio e dell'Irpinia, disposte lungo l'Appia e da sempre coltivate a vigne, costituivano il fondo sannitico del Patrimonio di San Pietro. Memoria ancora viva del Patrimonium Sanctum Petri d'età gregoriana è la denominazione " San Gregorio", con cui è indicata una contrada dolcemente collinosa, che tra il Sannio e l'Irpinia costeggia la via Appia. È qui che sorge la Feudi di San Gregorio, nata alla fine degli anni '80 dalla volontà delle famiglie Ercolino e Capaldo, espressione in chiave moderna della tradizione e della passione ormai secolare di una famiglia irpina dedita alla terra. L'azienda, situata nel cuore dell' antico Principato Ulteriore a Sorbo Serpico, è dotata di 250 ettari di vigneti aziendali, adagiati su colline comprese tra i 350 e i 600 metri di altitudine, impiantati sui più pregiati suoli della collina irpina la cui fertilità nasce da un singolarissimo matrimonio tra substrati sedimentari e ceneri vulcaniche ed è esaltata da una gestione agronomica accurata e rispettosa degli equilibri ambientali. Da questo pregiato terroir i Feudi di San Gregorio producono il "Serpico" che la famiglia Capaldo ha voluto “battezzare” con il nome del Comune che ospita le rinomate cantine aziendali.

La verticale

Il Serpico, prodotto da uve aglianico provenienti da viti centenarie, viene elevato barrique di rovere francese per un minimo di 6 mesi e successivamente viene affinato in bottiglia per almeno altri 6 mesi.
Complice la mia appartenenza alle scuderie A.I.S., il 21 Gennaio all’Hotel Parco dei Principi di Roma ho partecipato alla verticale di sei annate di questo vino alla presenza, oltre che dell'A.D. dell'azienda Marco Gallone, anche dell'enologo Riccardo Cotarella.

Le annate presentate sono state sei: 2004, 2003, 2001, 2000, 1999, 1996.

Il 2004, di un bel rosso rubino carico, presenta un naso fruttato (ciliegia matura) e floreale (viola) con note di liquerizia, spezie dolci (pepe bianco) e terra. Di bella intensità e complessità olfattiva. In bocca ha una buona armonia complessiva e si ritrova al gusto ciò che avevamo percepito all’olfatto. Bello spessore, di notevole eleganza e lunga persistenza. Il tannino è estremamente elegante ed è ben bilanciato dall'acidità. Da scordare in cantina per almeno 5/6 anni.

Il 2003, di un rosso rubino carico derivante anche dall'annata calda, presenta un naso intenso di frutta matura (prugna secca) seguito da dolci sentori di spezie velati da soffi balsamici con accenni finali di tabacco e cuoio (inizio terziarizzazione). Sorretto da notevole struttura, ha uno sviluppo armonico e in bella tensione, guidato dall’elegante trama tannica che apre le porte al finale persistente, giocato sulle note di frutta e liquerizia dolce sostenute da godibile freschezza. Pronto da bere.

Il 2001, di un rubino intenso, è davvero un fuoriclasse. Il naso è estremamente complesso con note di frutta nera, cioccolato, eucalipto e rabarbaro. Un vero caledoscopio di emozioni olfattive tali da farti portare il bicchiere al naso all'infinito. Alla gustativa mantiene le promesse con una eleganza notevole, frutto di una perfetta integrazione di tannino, alcool e freschezza. Da conservare in cantina ancora per anni oppure da bere ora per un godimento immediato.

Il 2000, di un rubino scuro, risente dell'annata calda: i profumi sono intensi e maturi, di confettura di frutti rossi. Il vino sia apre poi con note terziarie di cioccolato, caffè, gradualmente invase da sottofondo di incenso. In bocca il tannino è potente ma viene smussato da una buona acidità e sapidità. Chiude con notte fruttate e di cuoio.

Il 1999, rubino con unghia granata, presenta i profumi di chi comincia ad avere i primi capelli bianchi: sensazioni di frutta stramatura, terra bagnata, con accenni di lavanda, erbe secche e liquerizia. Alla gustativa il vino sembra "masticabile", con un tannino ben assorbito e buona acidità. Chiude lunghissimo.

Il 1996, di un bel granato, ha dei profumi che staccano nettamente rispetto ai precedenti. Al naso è selvatico, con note foxy, sensazioni di grafite, cuoio, frutta stramatura e cardamomo. In bocca dimostra di avere buona armonicità, con un tannino elegantissimo coadiuvato da una bellissima acidità. Finale pulito con note di liquerizia e mentolate. Grande persistenza.

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