Piemonte: i Tre Bicchieri 2018 Gambero Rosso

La tendenza che si sta delineando ormai da anni si conferma anche nell'edizione 2018 della Guida: sono tanti i vitigni e tante le zone che si stanno ribellando allo strapotere del Barbaresco e soprattutto del Barolo.
A una rapida lettura dell'elenco dei premiati piemontesi, il primo dato che salta all'occhio è il numero di bianchi - secchi e dolci o ancora fermi, frizzanti e spumanti - che hanno ottenuto i Tre Bicchieri. Delle 77 perle regionali di Vini d'Italia 2018 ben 15 sono bianche, ovvero quasi il 20% del totale. Con le vendemmie 2016 e 2015, che hanno regalato ottimi risultati per quasi tutte le tipologie assaggiate, tornano alla ribalta l'uva timorasso che sfoggia un tris di Tre Bicchieri, con il dissidente Walter Massa, ormai da anni fuori denominazione, e con la piacevole la novità di Cascina Salicetti. Un'altra bella sorpresa ci arriva dal cortese che, sulle colline di Gavi, spicca il volo con 3 premiati, tra i quali ben 2 neofiti. Il Moscato, decano dei bianchi subalpini, conferma il tris dello scorso anno, nel quale rientra per la prima volta l'azienda che più ha operato nel mondo per diffonderne l'immagine di qualità, quella di Paolo Saracco. Il Canavese conserva una valida e crescente produzione di bianco e piazza ben due etichette sul gradino più alto del podio. Il risultato più bello, anche perché arriva dopo una lunga attesa, è la consacrazione dell'Arneis, al quale è sempre mancato malgrado l'indubbio successo di pubblico il placet della critica. Con 2 Tre Bicchieri ad aziende già affermate nella produzione di vini rossi, il Roero Arneis entra finalmente nel Gotha del vino italiano.
Il Barolo conferma la sua posizione dominante con 30 Tre Bicchieri, anche grazie alla concomitanza di diverse annate favorevoli, guidate dall'austera e classica 2013. Il Barbaresco ci rammenta, invece, come nella sfortunata vendemmia 2014 l'uva nebbiolo ha raggiunto risultati inimmaginabili altrove o con altri vitigni. Il risultato che più inorgoglisce la regione è il gran numero di aziende - nuove o storiche, piccole o grandi, bianchiste o rossiste, dal Canavese al Tortonese, dal Gavi all'Alto Piemonte - che conquistano per la prima volta i Tre Bicchieri.

I vini del Piemonte premiati con Tre Bicchieri

Alta Langa Brut Zero Nature Sboccatura Tardiva ’11 - Enrico Serafino
Barbaresco Albesani S. Stefano Ris. ’12 - Castello di Neive
Barbaresco Crichët Pajé ’08 - Roagna
Barbaresco Maria di Brün ’ - Ca' Rome'
Barbaresco Martinenga Camp Gros Ris. ’12 - Tenute Cisa Asinari dei Marchesi di Grésy
Barbaresco Montaribaldi ’13 - Fiorenzo Nada
Barbaresco Nervo ’14 - Rizzi
Barbaresco Ovello ’13 - Cantina del Pino
Barbaresco Ovello ’14 - Cascina Morassino
Barbaresco Pajoré ’14 - Sottimano
Barbaresco Rabajà ’13 - Bruno Rocca
Barbaresco Roncaglie ’14 - Poderi Colla
Barbaresco Serraboella ’13 - F.lli Cigliuti
Barbaresco Sorì Tildin ’14 - Gaja
Barbaresco Vallegrande ’14 - Ca' del Baio
Barbera d'Asti Bricco dell'Uccellone ’15 - Braida
Barbera d'Asti Sup. Epico ’15 - Pico Maccario
Barbera d'Asti Sup. Nizza Riserva della Famiglia ’09 - Coppo
Barbera d'Asti Sup. Sant' Emiliano ’15 - Marchesi Incisa della Rocchetta
Barbera d'Asti Sup. V. La Mandorla ’15 - Luigi Spertino
Barbera del M.to Giulin ’15 - Giulio Accornero e Figli
Barolo ’13 - Bartolo Mascarello
Barolo Bricco Rocche ’13 - Ceretto
Barolo Brunate ’13 - Enzo Boglietti
Barolo Brunate ’13 - Giuseppe Rinaldi
Barolo Cerretta V. Bricco ’11 - Elio Altare - Cascina Nuova
Barolo del Comune di Barolo Essenze ’13 - Vite Colte
Barolo Falletto V. Le Rocche Ris. ’11 - Bruno Giacosa
Barolo Gabutti ’13 Gabutti - Franco Boasso
Barolo Ginestra Ris. ’09 - Paolo Conterno
Barolo Lazzarito Ris. ’11 - Ettore Germano
Barolo Monfortino Ris. ’10 - Giacomo Conterno
Barolo Monprivato ’12 - Giuseppe Mascarello e Figlio
Barolo Monvigliero ’13 - F.lli Alessandria
Barolo Ornato ’13- Pio Cesare
Barolo Paiagallo Casa E. di Mirafiore ’13 - Fontanafredda
Barolo Ravera Bricco Pernice ’12 - Elvio Cogno
Barolo Resa 56 ’13 - Brandini
Barolo Ris. ’10 - Giacomo Borgogno & Figli
Barolo Ris. ’11 - Paolo Manzone
Barolo Rocche dell'Annunziata Ris. ’11 - Paolo Scavino
Barolo Sarmassa V. Bricco Ris. ’11 - Giacomo Brezza & Figli
Barolo Sarmassa V. Merenda ’10 - Giorgio Scarzello e Figli
Barolo Sottocastello di Novello ’12 - Ca' Viola
Barolo V. Lazzairasco ’13 - Guido Porro
Barolo V. Rionda ’10 - Figli Luigi Oddero
Barolo V. Rionda Ester Canale Rosso ’13 - Giovanni Rosso
Barolo V. Rionda Ris. ’11- Massolino
Barolo Vignarionda ’13 - Terre del Barolo
Barolo Villero ’13 - Brovia
Barolo Villero Ris. ’09 - Vietti
Boca ’12 Le Piane Bramaterra ’12 - Noah
Colli Tortonesi Timorasso Fausto ’15 - Vigne Marina Coppi
Colli Tortonesi Timorasso Ombra di Luna ’15 - Cascina Salicetti
Costa del Vento ’15 - Vigneti Massa
Dogliani Papà Celso ’16 - Abbona
Dolcetto di Ovada ’15 - Tacchino
Erbaluce di Caluso ’16 - Podere Macellio
Erbaluce di Caluso Le Chiusure ’16 - Benito Favaro
Gattinara Osso San Grato ’13 - Antoniolo
Gattinara Ris. ’12 - Giancarlo Travaglini
Gavi del Comune di Gavi GG ’15 - Cantina Produttori del Gavi
Gavi del Comune di Gavi Monterotondo ’15 - Villa Sparina
Gavi V. della Rovere Verde Ris. ’15 - La Mesma
Ghemme V. Pelizzane ’11 - Torraccia del Piantavigna
Grignolino del M.to Casalese ’16 - Vicara
Marcalberto Extra Brut Millesimo2Mila12 M. Cl. ’12 - Marcalberto
Moscato d'Asti ’16 - Paolo Saracco
Moscato d'Asti Canelli Sant'Ilario ’16 - Ca' d' Gal
Moscato d'Asti Casa di Bianca ’16 - Gianni Doglia
Nizza La V. dell'Angelo ’14 - Cascina La Barbatella
Roero Arneis Cecu d'la Biunda ’16 - Monchiero Carbone
Roero Arneis Le Rive del Bricco delle Ciliegie ’16 - Giovanni Almondo
Roero Gepin ’13 - Stefanino Costa
Roero Valmaggiore V. Audinaggio ’15 - Cascina Ca' Rossa
Ruché di Castagnole M.to Laccento ’16 - Montalbera

Il Greco di Tufo, quello buono, lo trovate da Tannico!

Sponsored post

Il Greco di Tufo, vino bianco prodotto in provincia di Avellino, da sempre rappresenta un’eccellenza enologica prodotta a partire dal vitigno greco il cui nome dichiara apertamente le origini geografiche e storiche, in principio era chiamato Aminea Gemina: Aristotele riteneva che il vitigno delle Aminee arrivasse dalla Tessaglia, terra di origine degli Aminei, popolo che colonizzò la costa napoletana ed impiantò questo pregiato vitigno sui pendii fertili del Vesuvio. Ne testimonia la remota presenza sul vulcano un affresco 8 ritrovato nell’antica Pompei risalente al I secolo a.c., dove viene chiaramente nominato il vino “greco”. Plinio il Vecchio invece ne conferma il pregio scrivendo: “In verità il vino Greco era così pregiato che nei banchetti veniva versato una sola volta”.

Vitigno Greco di Tufo. Foto: Vinitaly Wine Club
Il rapporto stretto tra il vitigno greco e Tufo inizia però in tempi più recenti quando, tra la fine del 1800 e gli inizi del secolo scorso, cominciò ad essere coltivato nelle zone interne dell’Irpinia, in particolare all’interno della Valle del Sabato, caratterizzato dalla presenza terreni argillosi, sabbiosi o calcaree di origine vulcanica, ricchissimi di sostanze minerali tra cui lo zolfo che, grazie alle miniere Di Marzo, venne estratto per moltissimo tempo nel comune di Tufo giovando allo sviluppo dell’attività vitivinicola dell’intera provincia grazie anche alla costruzione della prima strada ferrata d’Irpinia, da lì a poco chiamata propriamente “ferrovia del vino”, che collegava i migliori e maggiori centri di produzione vinicola delle Colline del Sabato e del Calore direttamente con i maggiori mercati italiani ed europei.
La crisi dell’industria estrattiva irpina degli anni ’60 culminata, come accaduto a Tufo, con l’avvenuta chiusura di tutti i giacimenti minerari negli anni ’80 ha creato una importante crisi economica del territorio che solo grazie alla viticoltura, ovvero al recupero della tradizione antica legata al Greco di Tufo, è stata tamponata generando un’opportunità per tutte le persone che avevano perso il lavoro che sono (finalmente) tornate nei campi a coltivare nuovi e vecchi vigneti di greco. Questa nuova vita del Greco di Tufo, con fortune alterne, ha raggiunto il suo culmine nel 2003 quando è stato tutelato e valorizzato diventando un vino DOCG (Denominazione di Origine Controllate e Garantita).

L'areale di produzione. Foto: Campania Stories
Il disciplinare di produzione prevede che il vino debba essere prodotto con uva greco (minimo 85%) e coda di volpe (massimo 15%) che devono assicurare una gradazione alcolica minima dell’11,5%.
Caratteristica principale del Greco di Tufo è il suo profumo che si pone quale eccezionale specchio del territorio di origine: tratto di pietra focaia e gesso evidente che non vanno ad offuscare l’ampio patrimonio aromatico giocato su tratti di fiori di campo e frutta gialla. Al gusto si caratterizza per una carica sapida decisamente prorompente ridondante di suggestioni fruttate che terminano con un “classico” finale leggermente amarognolo di mandorla tostata.

Il Greco di Tufo, che potete acquistare comodamente sul nostro shop on line, può essere bevuto sia giovane sia a distanza di qualche anno. Non abbiate paura di conservarlo in cantina a temperatura controllata anche per dieci anni.


A tavola il Greco di Tufo può essere abbinato tranquillamente a tutti i piatti a base di pesce (sublime l’accostamento col pesce spada alla griglia) ma non bisogna avere paura di sposarlo anche con la le carni bianche come l’arrosto di vitello o il pollo alla cacciatora. Non abbiate paura, inoltre, ad accompagnarlo ad un piatto assortito di formaggi freschi dove non dovrebbe mai mancare una succosa mozzarella di Montella condita con poche gocce di olio.

Su Tannico potrete comprare Greco di Tufo delle più importanti e premiate cantine irpine come, ad esempio, Pietracupa, Ciro Picariello, Cantine di Marzo, Mastroberardino, Petilia, Villa Raiano, Le Ormere, Antonio Caggiano e Villa Matilde.


Non esitate, solo su Tannico potrete trovare il miglior Greco di Tufo ai migliori prezzi!!

Toscana: i Tre Bicchieri 2018 Gambero Rosso

Regione di grande tradizione vitivinicola, culla di denominazioni la cui fama non teme confronti, ospita da secoli nobiltà e certezze, aziende che affondano le proprie radici in quel passato fatto di commercio, intelligenze e intuito, conquista e latifondo. Ma limitare la visione della Toscana a questo sarebbe non solo ingeneroso ma decisamente fuorviante. Perché questa regione in realtà non smette di stupire, cercare, proporre. A volte seguendo la tradizione pedissequamente, altre interpretandola in chiave contemporanea, altre facendo saltare il banco con irriverenza e coraggio da vendere, fregandosene di paradigmi e certezze e osando là dove i più indietreggiano.
Il Chianti Classico ci fa come sempre sognare. Selvaggio, aeroso, melanconico, umorale e luminoso, questo magico territorio può essere tutto e il contrario di tutto. I vini lo raccontano, e quando lo fanno senza esitazioni toccano corde profonde e ci fanno letteralmente innamorare. Così sono ben 21 i Tre Bicchieri alla denominazione - di cui 8 dalla vendemmia 2014 che, sulla carta, non faceva sperare in nulla di degno di nota- e 7 agli Igt che interessano la stessa area. Tra questi alcuni vini di aziende che vanno a segno per la prima volta: Buondonno, Dievole e Il Guercio, la nuova avventura di Sean O'Callaghan.
Chianti Classico chiama e Montalcino risponde: 14 i vini premiati con un successo clamoroso dei Rosso '15, ben quattro, che, complice un'annata adattissima alla tipologia, regalano leggiadria, souplesse e articolazione. La 2012 sfodera qualche bel fuoriclasse, ma va detto che a differenza di tanta critica che l'ha osannata a noi è sembrata meno interessante del previsto. Anche qui non mancano le novità a Tre Bicchieri: Corte dei Venti e Le Macioche con il Brunello '12 e Palazzo con il Rosso '15.
Soffre invece la costa, a nord come a sud. A Bolgheri e in Maremma i vini importanti arrivano proprio da quel 2014 che qui non ha fatto sconti a nessuno. Nemmeno chi agguanta il massimo riconoscimento lo fa con facilità, piuttosto mettendo in campo esperienza e savoir faire. Chiudiamo ricordando che oltre alle macro denominazioni già citate sono molte quelle più circoscritte, per ampiezza e capacità produttiva, ma non meno interessanti: dal Vino Nobile di Montepulciano alla Vernaccia di San Gimignano, da Cortona a Montecucco, dalla Valdarno al Carmignano... Una particolare menzione al Vermentino '16 di San Ferdinando, bianco della Val di Chiana affilato e scattante, e all'Ameri '15 di Podere San Cristoforo, Governo all'Uso Toscano da brivido.

I vini della Toscana premiati con Tre Bicchieri

Al Passo ’14 - Tolaini
Altrovino ’15 - Duemani
Ameri Governo all'Uso Toscano ’15 - Podere San Cristoforo
Baron'Ugo ’13 - Monteraponi
Bolgheri Sassicaia ’14 - Tenuta San Guido
Bolgheri Sup. Grattamacco ’14 - Grattamacco
Bolgheri Sup. Ornellaia ’14 - Ornellaia
Bolgheri Sup. Paleo ’14 - Le Macchiole
Bolgheri Sup. Sondraia ’14 - Poggio al Tesoro
Brunello di Montalcino ’12 - Biondi Santi - Tenuta Il Greppo
Brunello di Montalcino ’12 - Brunelli - Le Chiuse di Sotto
Brunello di Montalcino ’12 - Le Chiuse
Brunello di Montalcino ’12 - Corte dei Venti
Brunello di Montalcino ’12 - Poggio di Sotto
Brunello di Montalcino ’12 - Salvioni
Brunello di Montalcino Giodo ’12 - Giodo
Brunello di Montalcino Poggio al Vento Ris. ’10 - Tenuta Col d'Orcia
Brunello di Montalcino Ris. ’11 - Le Macioche
Brunello di Montalcino V. Schiena d'Asino ’12 - Mastrojanni
Carmignano Ris. ’14 - Tenuta Le Farnete/Cantagallo
Carmignano Ris. ’14 - Piaggia
Chianti Cl. ’15 - Badia a Coltibuono
Chianti Cl. ’15 - Borgo Salcetino
Chianti Cl. ’14 Castello di Albola
Chianti Cl. ’15 - Castello di Monsanto
Chianti Cl. ’15 - Castello di Radda
Chianti Cl. ’15 - Castello di Volpaia
Chianti Cl. ’14 - Le Cinciole
Chianti Cl. ’15 - Le Miccine
Chianti Cl. Belcanto ’15 - Fattoria Nittardi
Chianti Cl. Brolio Bettino ’15 - Barone Ricasoli
Chianti Cl. Casavecchia alla Piazza ’15 - Buondonno - Casavecchia alla Piazza
Chianti Cl. Gran Sel. ’14 - Tenuta di Lilliano
Chianti Cl. Gran Sel. Riserva di Fizzano ’14 - Rocca delle Macìe
Chianti Cl. Gran Sel. V. del Sorbo - ’14 Fontodi
Chianti Cl. Lamole di Lamole Et. Blu ’14 - Lamole di Lamole
Chianti Cl. Montaperto ’15 - Fattoria Carpineta Fontalpino
Chianti Cl. Novecento Ris. ’14 - Dievole
Chianti Cl. Ris. ’14 Bandini - Villa Pomona
Chianti Cl. Ris. ’14 Brancaia
Chianti Cl. Ris. ’14 Val delle Corti
Chianti Cl. V. Istine ’15 - Istine
Cortona Syrah ’14 - Stefano Amerighi
I Sodi di S. Niccolò ’13 - Castellare di Castellina
Lupicaia ’13 - Castello del Terriccio
Maremma Toscana Alicante Oltreconfine ’15 - Bruni
Maremma Toscana Ciliegiolo V. Vallerana Alta ’15 - Antonio Camillo
Maremma Toscana Rocca di Frassinello ’15 - Rocca di Frassinello
Montecucco Sangiovese Poggio Lombrone Ris. ’13 - Colle Massari
Montevertine ’14 - Montevertine
Morellino di Scansano Madrechiesa Ris. ’14 - Terenzi
Morellino di Scansano Ribeo ’15 - Roccapesta
Nobile di Montepulciano ’14 - Tenute del Cerro
Nobile di Montepulciano ’14 - Maria Caterina Dei Nobile di Montepulciano ’14 - Salcheto
Nobile di Montepulciano Asinone ’14 - Poliziano
Nobile di Montepulciano Il Nocio ’13 - Poderi Boscarelli
Oreno ’15 - Tenuta Sette Ponti
Orma ’14 - Orma
Petra Rosso ’14 - Petra
Pinot Nero ’14 - Podere della Civettaja
Rosso di Montalcino ’15 - Baricci
Rosso di Montalcino ’15 - Capanna
Rosso di Montalcino ’15 - Palazzo
Rosso di Montalcino ’15 - Uccelliera
Saffredi ’14 - Fattoria Le Pupille
Sapaio ’15 - Podere Sapaio
Siepi ’15- Castello di Fonterutoli
Terre di Pisa Nambrot ’15 - Tenuta di Ghizzano
Valdarno di Sopra Galatrona ’14 Fattoria Petrolo
Vermentino ’16 San Ferdinando
Vernaccia di S. Gimignano Sanice Ris. ’14 - Vincenzo Cesani
Vernaccia di S. Gimignano Tradizionale ’15 - Montenidoli
Vigorello ’13 - San Felice
Vin Santo del Chianti Occhio di Pernice Fonti e Lecceta ’11 - Torre a Cona
Vin Santo di Carmignano Ris. ’10 - Tenuta di Capezzana

Veneto: tutti i premi della guida Slow Wine 2018

Lo scenario del vino veneto si sta ridefinendo, o forse sarebbe meglio dire si sta assestando. Da qualche tempo stiamo assistendo all’entrata in campo di nuove generazioni di produttori, che oramai hanno già qualche vendemmia sulle spalle.
Si tratta di vignaioli formati (molti di loro hanno studiato enologia), che parlano correttamente inglese, viaggiano molto, sono curiosi e si confrontano con colleghi di altre parti d’Italia o del mondo. Sono menti attente e aperte al mondo che mantengono solidi legami con il loro territorio di origine, orgogliosi delle proprie tradizioni.
Cresce cioè “l’orgoglio contadino”, anche attraverso il proliferare di fenomeni che abbiamo definito “underground”: si tratta, crediamo, di realtà che stanno acquistando una loro fisionomia e che potrebbero fungere da vivaio per il futuro.

Venendo alle impressioni che ci hanno dato le tante degustazioni fatte, ci soffermiamo solo su alcuni aspetti di novità. A Conegliano e Valdobbiadene, nella zona tradizionale del Prosecco, sembra ci si stia allontanando gradualmente dagli zuccheri in eccesso: gli Extra Dry risultano più tesi e meno smaccatamente dolci che in passato, aumentano in qualità e numeri le tipologie Brut ed Extra Brut e il rifermentato in bottiglia con i lieviti prende sempre più piede tra le nuove generazioni.
Ci piacerebbe vedere una maggiore convinzione tra i Monti Lessini sul Durello Metodo Classico, che sta dando dei risultati molto incoraggianti: servirebbe più determinazione e lungimiranza da parte di tutti gli attori del comparto, con buone dosi di coraggio. Annotiamo una “pausa di riflessione” sui Colli Berici e sui Colli Euganei, dove l’alta qualità è garantita dal solito piccolo drappello di aziende virtuose, mentre invece nell’area di Breganze sembra che ci si stia risvegliando dal lungo letargo del passato, anche se dobbiamo ancora aspettare per avere sviluppi maggiormente definiti.
In Valpolicella si conferma, ribadendo così il piacere che avevamo già manifestato l’anno scorso, il nuovo stile di molti vini di annata – la tipologia Valpolicella Classico – che si sono assottigliati con interpretazioni più semplici ed efficaci, che puntano su freschezza e bevibilità, abbandonando quel modello eccessivamente muscoloso (e noioso) del passato. Abbiamo anche trovato, in genere, dei Ripasso un po’ più sobri ed eleganti. L’ultima cosa che ci è particolarmente piaciuta è che la maggioranza delle aziende concentra attenzioni e qualità sui vini Doc, dando minor peso ai vini Igt conditi dai vitigni internazionali.
Nel territorio del Lugana ci sembra di percepire una buona consapevolezza, da parte delle aziende, sulla strada che hanno percorso fino ad oggi e una decisa volontà a mantenere alta la qualità della denominazione, anche attraverso l’aumento degli ettari condotti in modo biologico.
Il mondo del Bardolino, infine, continua a proporre stili veramente differenti tra loro; di positivo c’è il fatto che cresce il numero di aziende che credono nella possibilità di ritornare a fare vini di alta qualità, capaci di rappresentare davvero le potenzialità del territorio: la strada è forse ancora lunga, ma diversi produttori (quasi insieme) l’hanno imboccata con convinzione.
E ora la lunga lista dei vini che hanno meritato un riconoscimento:
VINO SLOW
Amarone della Valpolicella Cl. Stropa 2009, Monte Dall´Ora
Amarone della Valpolicella Cl. Vigneti di Ravazzol Ris. 2008, Ca´ La Bionda
Amarone della Valpolicella Cl. Vigneto Monte Sant´Urbano 2013, Speri
Amarone della Valpolicella Valmezzane 2012, Corte Sant´Alda
Asolo Prosecco Sup. Extra Brut 2016, Bele Casel
Bardolino 2016, Le Fraghe
Breganze Cabernet Vigneto Due Santi 2014, Vigneto Due Santi
Colli Euganei Merlot Casa del Merlo 2013, Il Filò Delle Vigne
Lessini Durello M. Cl. Pas Dosé 2012, Fongaro
Montello e Colli Asolani Rosso San Carlo 2013, Case Paolin
Prosecco Col Fondo 2016, Ca´ dei Zago
Soave Cl. Colle Sant’Antonio 2014, Prà
Soave Cl. La Rocca 2015, Leonildo Pieropan
Soave Colli Scaligeri Castelcerino 56 mesi 2012, Filippi
Valdobbiadene Frizzante Naturalmente 2016, Casa Coste Piane
Valdobbiadene Superiore Brut Rive di Colbertaldo 2016, Frozza

GRANDE VINO
Amarone della Valpolicella Cl. 2009, Cav. G.B. Bertani
Amarone della Valpolicella Cl. 2009, Zymè
Amarone della Valpolicella Cl. 2011, Secondo Marco
Amarone della Valpolicella Cl. 2012, Santi
Amarone della Valpolicella Cl. Croce del Gal Label Black 2008, Benedetti Corte Antica
Amarone della Valpolicella Cl. Cuslanus 2012, Albino Armani
Amarone della Valpolicella Cl. Ris. 2007, Giuseppe Quintarelli
Carmenère Più 2014, Inama
Colli Euganei Rosso Gemola 2013, Vignalta
Lessini Durello M. Cl. Extra Brut 60 mesi Ris. 2010, Giannitessari
Montepulgo 2011, Masari
Raboso del Piave Potestà 2013, Bonotto delle Tezze
Soave Cl. La Froscà 2015, Gini
Soave Cl. Monte Carbonare 2015, Suavia
Soave Cl. Sup. Foscarin Slavinus 2015, Monte Tondo
Studio 2015, Ca´ Rugate

VINO QUOTIDIANO
Bardolino 2015, Poggio delle Grazie
Bardolino 2015, Giovanna Tantini
Bianco Masieri 2016, La Biancara
Col Fondo 2016, Mongarda
Col Fondo 2016, Nicos Brustolin 
Colli Berici Tai Rosso 2016, Pegoraro
Colli Berici Tai Rosso Vigneto Riveselle 2016, Piovene Porto Godi
Colli Euganei Cabernet Sauvignon Vigna Costa 2015, Borin Vini e Vigne
Custoza 2016, Albino Piona
Custoza 2016, Cavalchina
Le Contarine 2016, Il Mottolo
Lugana 2016, Menegotti
Lugana 2016, Ottella
Manzoni Bianco 2016, Giorgio Cecchetto
Soave 2016, La Cappuccina
Soave 2016, Corte Adami
Soave Cl. Montesei 2016, Le Battistelle
Soave Il Selese 2016, I Stefanini
Sottoriva Col Fondo per Tradizione 2016, Malibran
Valpolicella Cl. 2015, Le Marognole
Valpolicella Cl. 2016, Montesantoccio – Nicola Ferrari
Valpolicella Cl. 2016, Rubinelli Vajol
Valpolicella Cl. 2016, Viviani
Valpolicella Cl. Rugolin 2016, Corte Rugolin
Verdiso sui lieviti 2016, Gregoletto

Castello di Ama - Chianti Classico "Vigneto la Casuccia" 1989 è il Vino della settimana di Garantito IGP

Di Carlo Macchi

Bottiglia con tappo fradicio, vino a metà spalla della bottiglia (l’etichetta stava pure peggio e per questo non la mostro). 


Considerando l’annata da tregenda l’ho aperta sicuro del peggio. Invece complessità, freschezza, equilibrio, GRANDEZZA! Un vino commuovente, sono ringiovanito. Grazie Marco Pallanti!

Valle d'Aosta: i premi della guida Slow Wine 2018

La Valle d’Aosta del vino sta patendo, come tutto il resto della penisola, il susseguirsi di annate climaticamente altalenanti, che segnano pesantemente le vendemmie sia dal punto di vista qualitativo che da quello quantitativo: se il 2014 era stata un’annata fredda e mediamente produttiva, la 2015 è stata l’opposto, con temperature molto alte e precipitazioni scarse.
La 2016, pur in qualche modo ripercorrendo l’annata precedente dal punto di vista delle temperature, non ha patito la mancanza d’acqua, grazie a temporali e piogge arrivate al momento opportuno, che fanno sì che si possa parlare di un’annata felice. Abbiamo assistito a una vendemmia regolare, talvolta protrattasi fino a fine ottobre per le varietà più tardive, con grande qualità delle uve e una quantità superiore alle attese. Generalmente i vignaioli considerano la 2016 come una delle migliori annate degli ultimi tempi, equiparata per certi versi alla 2010.
Purtroppo l’inizio del 2017 ha fatto pagare pesantemente dazio per questa “fortuna”: ad aprile tre giorni di gelate notturne continue hanno messo in ginocchio una produzione che era partita con leggero anticipo, bruciando le viti e con perdite che arrivano al 95% nella zona di Morgex e si attestano su una media regionale del 30-40%. Come se non bastasse nel mese di luglio si è registrata una grandinata che ha colpito soprattutto la zona dell’enver, tra Aymavilles e Gressan, riducendo ulteriormente la già scarsa produzione locale.

Pertanto, pur non avendo la sfera di cristallo, e augurandoci che l’annata termini in maniera quieta, possiamo affermare che questa vendemmia presumibilmente non sarà delle più fortunate. Dal punto di vista della sanità delle vigne nel 2016 non si sono registrati problemi particolari, seppur ci siano stati ancora dei focolai di flavescenza e suzuki, sicuramente molto meno diffusi rispetto alle due annate precedenti.
Ci fa invece piacere constatare il continuo sviluppo della viticoltura regionale, con un aumento dei produttori privati, tra cui si vedono numerosissimi giovani che portano avanti la tradizione vitivinicola supportandola con le più moderne conoscenze tecniche. Le aziende convertite al biologico non sono cresciute, ma la tendenza a una maggiore sostenibilità ambientale, con la contemporanea riduzione dell’uso di trattamenti sistemici o l’abbandono del diserbo chimico, è in costante crescita.
VINO SLOW
Valle d’Aosta Blanc De Morgex et de La Salle 2016, Emes Pavese
Valle d´Aosta Chambave Muscat Flétri 2015, La Vrille

GRANDE VINO
Valle d’Aosta Rouge L’Aime 2015, Didier Gerbelle
Valle d´Aosta Petite Arvine Élevé en Fût de Chêne 2016, Anselmet

VINO QUOTIDIANO
Valle d´Aosta Gamay 2016, Grosjean
Valle d´Aosta Nebbiolo Barmet 2016, Caves Coopératives de Donnas

Da Vittorio dal 1925, a Chiavari: l’osteria, quella vera! - Garantito IGP

Di Carlo Macchi

Si parla tanto di osteria ma oramai il significato stesso della parola è cambiato: si chiamano osteria i locali iperfighi, con piatti e servizio curatissimi, mentre le vere osterie non dico si vergognano a chiamarsi col loro nome ma poco ci manca.
Per fortuna Da Vittorio a Chiavari, aperto nel 1925, continua ad usare una carta gialla come tovaglia, dove la scritta “Osteria con cucina” ti riporta al vero significato della parola: un locale dove si poteva anche mangiare, ma fondamentalmente si andava per bere un bicchiere e parlare con qualcuno.


Oggi bere solo un bicchiere da Vittorio non è più possibile, perché anche le osterie vere sono un po’ cambiate. C’è quasi sempre coda per sedersi, sia ai tavoli interni che a quelli esterni sotto il portico e il servizio è scandito da ritmi più adatti ad una mensa che ad un locale.

Ma questo lo si può accettare tranquillamente perché quello che ti arriva in tavola non è assolutamente roba da mensa: sono piatti semplici ma curati, sostanziosi, ben cucinati e, last but not least, a prezzi veramente popolari.
Per esempio, una vera e propria “piattata” di stoccafisso con le patate (che ti basta per primo e per secondo) la paghi 7 euro ed è fatta come Dio comanda.

Ma andiamo con ordine e cerchiamo di prendere il meglio dal folto menu, pieno di particolarità, come il roastbeef tra gli antipasti ed una intera sezione dedicata alla frutta.
Come antipasti, roastbeef a parte, le acciughe al limone o l’insalata russa ve le consiglio, mentre come primi il minestrone alla genovese o le lasagne al pesto non si possono perdere.


Un discorso a parte bisogna fare per la farinata di ceci, che qui è veramente a livelli di bontà assoluti. Viene preparata continuamente e troneggia sul bancone dentro alla classica teglia da forno rotonda, del raggio di un metro abbondante. Semplicemente non potete non prenderla!
Tra i secondi il coniglio alla ligure con purè, lo stoccafisso con le patate e le acciughe fritte vanno prese in considerazione e magari vi consiglierei anche un contorno di cipolline in agrodolce o di insalata russa (è anche tra i contorni).


Prima del dolce la frutta, con ben otto preparazioni diverse. Volete le pere al forno o le prugne cotte? Da vittorio le trovate, assieme alla macedonia di frutta che varia a seconda delle stagioni.
Tra i dolci in pole position la bavarese alla fragola e la panela, cioè il castagnaccio ligure.
Ma adesso, dopo che tre piatti vi saranno stati portati in meno di 20 minuti, rifiatate un attimo e, guardatevi intorno. Accanto agli immancabili tavoli di turisti vedrete tanta gente locale, magari da sola, mangiare un piatto ed andarsene. Vittorio infatti svolge quasi una funzione sociale, perché con 7-8 euro si può mangiare, seduti, un buon piatto. Molti chiavaresi vengono così a mangiare qui, sia a pranzo che a cena. Lo farei anch’io.
Il vino? A parte lo sfuso della casa (bianco e rosso) che non è male, si possono avere dei vermentini locali e qualche rosso, ma questo non è certo il posto per sfoggiare conoscenze enoiche.


Gli impallinati del vino si consoleranno con il conto: antipasto, primo, secondo, frutta e dolce rischierete di spendere meno di 20 euro, naturalmente mangiando piatti di ottimo livello.
Il segreto di tanta abbondanza a poco prezzo? Si chiama osteria, quella vera!


Vittorio dal 1925
Via Bighetti 33, Chiavari
Telefono: 0185 305093

Umbria: tutti i premi della guida Slow Wine 2018

Il quadro del vino umbro appare sempre più chiaro e definito.
Intorno ai poli di riferimento dell’enologia regionale – Sagrantino di Montefalco e Orvieto – si è affermata una vitivinicoltura satellitare, che ha avuto il merito di allargare i confini vitati e nello stesso tempo di ampliare le possibilità stilistiche dei vini prodotti. Analizziamo questo nuovo assetto che pare suggerire un futuro davvero interessante per questa piccola regione, così ricca di cultura e tradizioni gastronomiche.

Purché lontano dai fasti degli anni Novanta, anni di crescita esponenziale per quantità di ettari piantati e numero di bottiglie prodotte, Montefalco e il suo Sagrantino appaiono in discreta forma. Le degustazioni hanno confermato la maggior consapevolezza produttiva rilevata anche negli anni scorsi, ossia la tendenza a non sovrainterpretare il vitigno sagrantino, dotato fin dalla nascita di un corredo polifenolico ingombrante: una consapevolezza che passa attraverso un peso maggiore riservato all’aspetto agronomico e a un uso più garbato del legno per l’affinamento.
In tale ambito vogliamo sottolineare la qualità del lavoro compiuto da due giovani aziende che vanno ad arricchire il panorama già folto di nomi illustri: Romanelli e Raìna, due realtà che stanno fornendo vini di indiscutibile carattere e continuità qualitativa.
Non così positive le notizie dal polo orvietano. Ci pare che questa denominazione abbia difficoltà a uscire dal modello classico di riferimento, con un peso eccessivo degli imbottigliatori sul prezzo delle uve e la conseguente difficoltà, per i viticoltori veri, a spuntare prezzi più alti per le bottiglie messe in vendita.
Ora però veniamo ai satelliti di cui parlavamo un attimo fa. A margine delle zone più affermate troviamo una viticoltura giovane, spesso molto attenta alla sostenibilità, in cui la competenza tecnica acquisita si incrocia con una sana ansia di sperimentazione. Accanto a queste giovani realtà, poi, sono finalmente riemerse aziende tradizionali i cui vini sono specchio della ricca tradizione enologica umbra.
Insomma, una vitivinicoltura poliedrica e dinamica, che potrete apprezzare leggendo le pagine dedicate a questa regione. Per ora vi anticipiamo i riconoscimenti ai migliori vini assaggiati nei mesi scorsi:
VINO SLOW
Arboreus 2012, Paolo Bea
Montefalco Rosso Ris. Molinetta 2012, Romanelli
Montefalco Sagrantino 2012, Antonelli San Marco
Montefalco Sagrantino Arquata 2011, Adanti
Montefalco Sagrantino Colle Grimaldesco 2013, Tabarrini
Montefalco Sagrantino Collenottolo 2013, Tenuta Bellafonte
Orvieto Cl. Sup. Campo del Guardiano 2015, Palazzone
Trebbiano Spoletino Poggio del Vescovo 2016, Cantina Ninni
Trebbiano Spoletino Vigna Vecchia 2016, Collecapretta
Vignavecchia 2013, Zanchi

GRANDE VINO
Amelia Vin Santo Caratelli al Pozzo 2011, La Palazzola
Trebbiano Spoletino Spoletino 2015, Fratelli Pardi

VINO QUOTIDIANO
Anticello 2016, Cantina Cenci
Ciliegiolo di Narni 2016, Sandonna
Fiammetta 2013, Podere Marella
Grechetto 2016, Raìna
Orvieto Cl. Sup. Ca’ Viti 2016, Enrico Neri
Orvieto Cl. Sup. Lunato 2016, Tenuta Le Velette
Orvieto Cl. Sup. Terre Vineate 2016, Palazzone
Petranera Sup. 2014, Le Crete
Rosso Umbria Ciufciuf 2016, Fattoria Calcabrina