Chateau Figeac - St. Emilion Premier cru classé 1988 è il Vino della settimana di Garantito IGP


Di Luciano Pignataro

Chiedersi come fossero i vini di Bordeaux è come domandarsi come fossero i rapporti umani prima di Facebook: veri, bevibili, freschi, equilibrati, con la voglia di conoscersi a fondo e rinnovare l’incontro.


Fratelli Serio&Battista Borgogno, il Barolo nel cuore dei Cannubi - Garantito Igp

Di Luciano Pignataro


Cannubi è il cuore delle Langhe, dunque dell’Italia del vino. Una denominazione in etichetta le cui origini risalgono al 1752 e che è orgogliosamente e spudoratamente esposta oggi a caratteri ancora più grandi di Barolo. Non è difficile capire perché quando si guida in questa collina che cuce due realtà geologiche diverse: Elveziano con arenarie di Diano D’Alba ed argilla con contenuto calcareo dei comuni di Monforte, Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba e quelli della componente Tortoniana, Marne di Sant’Agata Fossile a La Morra e Verduno. Una collina ben esposta, con forti escursioni termiche, sempre ben ventilata. Una collina considerata la vera radice del Barolo divisa fra 5 delle 166 “Menzioni geografiche aggiuntive” previste dal disciplinare di produzione del Barolo DOCG approvato nel 2009: Cannubi, Cannubi San Lorenzo, Cannubi Valletta, Cannubi Boschis, Cannubi Muscatel.

Emanuela Bolla
I Giovani Igp sono usi scorazzare in lungo e in largo per queste strade ordinate e silenti mentre l’areale esplode nei suoi colori più belli della decadenza autunnale. Ancora a caccia di cantine cercando di fare a meno di navigatori, si sa, i Giovani Igp amano il futuro. Tra le foglie ai bordi delle strade non è difficile trovare qualche carta bollata perché gli interessi economici di questa zona sono così forti da finire spesso e volentieri in Tribunale, proprio come è successo di recente per una disputa sui confini della denominazione Cannubi.

Sul crinale della collina c’è l’azienda Fratelli Serio&Battista Borgogno, cinque generazioni al lavoro dal 1897, oggi condotta da Anna e Paola Borgogno, figlie di Serio, con Federica Boffa, quinta generazione, e da Marco Bolla e la figlia Emanuela. Proprio lei ci accoglie con il suo entusiasmo, un sorriso allegro, la consapevolezza di essere parte di una storia importante che proprio per questo richiede impegno e studio, soprattutto in questa fase di passaggio di mano del testimone che alla fine vedrà le due cugine al comando.

L’azienda in totale governa dieci ettari di cui poco meno di tre, precisamente 2,79, sono a ridosso della cantina e costituiscono il cuore della produzione: la Vigna Gourat così chiamata dal nonno, oggi Vigna Grossa, Vigna Battista sul versante Sud Vigna Nuova. Il segreto del Cannubi dei Fratelli Serio&Battista Borgogno è nella capacità di bilanciare le uve di queste tre vigne a seconda delle annate. Una sapienza che sta nelle mani di chi tocca le uve e di chi assaggia in cantina oltre che nelle analisi chimiche. La magia, appunto, del vino.

In cantina qualche vasca di acciaio, quelle in cemento che ricordano i tempi delle grandi quantità che servivano a sopravvivere quando la Langa era terra di emigranti, e le botti grandi di rovere di Slavonia da 25 e 50 ettolitri dove il vino evolve dopo la fermentazione realizzata di in tini di legno in cui si pratica il rimontaggio un paio di volte al giorno.

I NOSTRI ASSAGGI



Dolcetto 2015. Note fresche di ciliegia, beva piacevole e veloce al palato, un rosso da bere a secchi.

Langhe Rosso Seriulin. Una nuova etichetta che assembla dolcetto 2014 e il 10% di nebbiolo 2015. Come il caffè nel latte, questa piccola quantità di nebbiolo conferisce alla beva una struttura diversa, più compatta e probabilmente da attendere.

Nebbiolo 2014. Un rosso dissetante, più fresco del precedente, ma anche più ricco e complesso.


Barolo 2013. Ottenuto dalle uve di Novello, ha un naso un po’ debole ma pulito e preciso, al palato ha una discreta spinta, fine ed elegante al tempo stesso. Di buona prospettiva nei prossimi anni

Barolo Cannubi 2013. Ottenuto dalle uve di Vigna Grossa e Vigna Battista, perfetta la fusione tra il frutto e il legno. L’annata ha ancora bisogno di bottiglia (del resto esce a marzo sul piano commerciale), ma sicuramente regalerà belle soddisfazioni. Grande freschezza al palato.

Barolo Cannubi 2012. Si esprime ovviamente in maniera leggermente più matura, ma è anche più ampio ed equilibrato del precedente.

Barolo Cannubi Riserva 2011. In commercio dal prossimo anno, è un taglio delle tre vigne: ricco di polpa, al naso esprime buona frutta rossa, tabacco, leggermente speziato, menta. Al palato ha una beva imponente ma molto ben sostenuta dall’accidità. La chiusura è pulita e precisa. Bellissimo.

Barolo Cannubi Riserva 2015. Imbottigliato nel 2013, ha avuto una evoluzione pazzesca. Ancora giovanile e pimpante, ma anche molto ben equilibrata con il frutto e il legno perfettamente e armoniosamente fusi. Il palato, come tutti i vini precedenti, è segnato dalla sapidità, dalla freschezza in equilibrio con i tannini setosi e l’alcol. L’allungo finale invoglia alla beva.

CONCLUSIONI
Una bellissima azienda a conduzione familiare. In cui il rispetto per il terreno (no diserbanti chimici) si coniuga con una concezione del vino a torto definita tradizionale perché in realtà è moderna, se la modernità è la difesa della propria tipicità come elemento di valore nell’omologazione e nella banalizzazione dilagante. E, infine, il valore del tempo, l’unico modo per andare di fretta, di evitare di fare dinamismo sena movimento, è quello di aspettare: le persone, la terra, l’uva. Se stessi.


Barbaresco 2012 e 2013: i migliori dieci di Garantito Igp


Di Luciano Pignataro

Come di consueto abbiamo iniziato le nostre degustazioni nella sede di Albeisa con il Barbaresco. Nei bicchieri quasi tutti 2012 e otto 2013.
Da questo vino ci si aspetta finezza, eleganza, profumi precisi, tannini setosi e freschezza. Dobbiamo dire che questi ultimi due elementi non sono mancati, una caratteristica comune di quasi tutti i 69+8 campioni degustati. Ma nell’annata 2013 abbiamo notato molte incertezze, alcuni ancora affascinati dall’uso eccessivo di legno come scorciatoia olfattiva utile a stupire e non a confortare.
Ma non sono mancate le piacevoli sorprese, molte conferme. Al setaccio severo (il vino passa solo se ha la maggioranza dei presenti) è filtrata una lista niente male.
Si tratta di Barbaresco da attendere con pazienza ancora qualche anno, ma sicuramente capaci di dare grandi soddisfazioni a noi che siamo appassionati della denominazione.

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BARBARESCO 2013
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Massimo Rivetti, Barbaresco
Fontanafredda, Coste Rubin
Pertinace, Marcarini
Giuseppe Cortese, Rabaja
Poderi Colla, Barbaresco Roncaglie
Rizzi, Pajore
Michele Chiarlo, Barbaresco Asili
Fratelli Barale, Barbaresco Serraboella
Cascina delle Rose, Riosordo

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BARBARESCO 2012
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Negro Giuseppe, Gallina

Boccadigabbia: dal paradiso all'inferno e ritorno

Elvidio Alessandri, Elvio per gli amici, cuore e anima di Boccadigabbia, mi aspetta a Contrada Castelletta di Fontespina (Civitanova Marche) un sabato mattina dello scorso luglio. L'estate è calda, sono le dieci e già la temperatura si attesta sui 33° per cui, dopo aver dato uno sguardo alle vigne, decidiamo di non farci del male ulteriormente ed entriamo all'interno della cantina con annessa sala degustazione.


Mentre scrivo questo articolo ripercorro con Elvio, produttore dalla simpatia contagiosa, la storia della sua azienda agricola che già esisteva nel XIX secolo in quanto facente parte dei poderi dell'Amministrazione Bonaparte di Civitanova che al tempo erano divisi in 110 colonie organizzate in tre fattorie, autonomamente amministrate, situate in località Piane di Chienti, Asola-Poggio Imperiale e Fontespina. Ad ogni podere venne assegnato un nome, alcuni dei quali richiamavano antichi toponimi come ad esempio Boccadigabbia.


La gestione della tenuta andò avanti, con alterne vicende, fino alla Seconda Guerra Mondiale, poi le nuove leggi, i nuovi rapporti di lavoro e lo spopolamento delle campagne hanno portato all’inevitabile decadenza dell’Amministrazione Bonaparte con il conseguente smembramento del latifondo e la vendita progressiva dei singoli poderi uno dei quali, Boccadigabbia, venne acquistato nel 1956 dalla famiglia Alessandri direttamente da Sua Altezza Imperiale il Principe Luigi Napoleone Bonaparte. 

Gli anni successivi vedono l'azienda dedicata alla produzione di uva da tavola ma è solo negli anni '80, quando Elvio prende le redini della proprietà, che arriva la vera svolta per Boccadigabbia grazie a notevoli investimenti sia in vigna (reimpianto accanto alle uve autoctone di vitigni francesi un tempo coltivati dall'Amministrazione Bonaparte  come cabernet sauvignon, merlot e pinot nero) sia in cantina grazie all'aiuto di un vero enologo (Fenocchio) e alla sostituzione del vecchio torchio con una pressa orizzontale di ultima generazione.  


Arrivano poi gli anni '90, quelli del successo e della fama grazie a vini come l'Akronte, cabernet sauvignon in purezza, che tra il 1992 e il 1998 prende per sei volte i Tre Bicchieri del Gambero Rosso lanciando Boccadigabbia nel firmamento delle più celebrate aziende vitivinicole italiane la cui popolarità non fa certo fatica a travalicare anche i confini nazionali. Nel 1996, inoltre, si pone in essere un ulteriore sforzo finanziario acquisendo la Tenuta Villamagna Floriani, situata sulle colline di Montanello, nei pressi della città di Macerata, dove si coltivano, per una estensione di oltre 20 ettari, vitigni autoctoni quali montepulciano, sangiovese, maceratino e verdicchio.

Elvio Alessandri

Sembrerebbe una storia a lieto fine quella di Elvio Alessandri ma il destino è beffardo e così, grazie anche ad un mercato che cambia puntando decisamente sul Verdicchio a scapito di vini rossi strutturati e segnati dal legno, gli anni 2000 vedono Boccadigabbia lentamente ma inesorabilmente ridiscendere la scala della popolarità fino ad arrivare ad uno stato di crisi profonda il cui punto più basso è stato segnato dalla tragica scomparsa di un importante collaboratore aziendale e, successivamente, da profonde ed insanabili incomprensioni col consulente enologo. 

la cantina

Così, per un po', Boccadigabbia sparisce dai radar delle guide e dalla penne dei critici enogastronomici. Durante questo periodo, però, Elvio non sta con le mani in mano e, passo dopo passo, prepara il suo riscatto e ridisegna la seconda vita della sua azienda grazie all'inserimento a tempo pieno di suo figlio Lorenzo e all'aiuto di nuovi consulenti come Luca Severini (agronomo) ed Emiliano Falsini (enologo) che affiancherà Francesco Pennesi nella gestione della cantina. 
Con il peggio ormai alle spalle, la famiglia Alessandrini e tutto il suo staff oggi gestiscono circa 23 ettari di vigneti divisi tra i poderi di Civitanova (vitigni internazionali) e Macerata (vitigni locali) dai quali si producono, grazie a due cantine separate in base al territorio di appartenenza, circa 100.000 bottiglie divisi in 11 etichette diverse.

le  botti

Con Elvio, che nel frattempo mi confida di voler scrivere un libro chiamato "Memorie di un vignaiolo pentito", degustiamo i suoi vini più rappresentativi iniziando dal Garbì 2015, un Marche IGT Bianco a base di chardonnay (40%) sauvignon (40%) e verdicchio (20%) la cui prerogativa è l'assoluta piacevolezza beva che, sono certo, metterà d'accordo neofiti ed esperti i quali potranno altresì apprezzare la notevole scia sapida finale che rende questo vino assoluto compagno di tavole estive dove il pesce la fa da padrone.


Le Grane 2015 è una ribona in purezza il cui che Elvidio Alessandri fermenta una seconda volta (fare le grane) attraverso l’aggiunta di uva surmatura. Il vino si caratterizza per un una buona struttura a cui segue, come una sorta di timbro di fabbrica, una vena sapida di ottimo profilo. Piccola curiosità: l'uva ribona, chiamata localmente anche uva montecchiese, greco maceratese o uva stretta è considerata, da recenti studi del DNA, uno dei papà del "moderno" verdicchio. Inoltre, le uve utilizzate per questo vino sono coltivate nella antica contrada Montanello di Macerata, dove Pietro Paolo Floriani, uomo d´arme e architetto militare famoso per aver progettato la rocca Floriana di Malta, fece piantar vigne fin dal 1626. 


Il Rosèo 2015, da uve montepulciano e sangiovese, viene ottenuto tramite assemblaggio dei due mosti di vino e il taglio ottenuto viene fatto fermentare in tini di acciaio inox. Il risultato è un vino giovane e dinamico che col brodetto marchigiano, provato personalmente, trova la massima sublimazione.

Il Rosso Piceno 2013 (montepulciano 50%, sangiovese 50%) è un vino di impatto dotato di importante corredo fruttato e caratterizzato da sorso deciso nobilitato da tannini di nobile trama. Durevole persistenza su note boisé. Nota tecnica: il vino affina in barrique di rovere francese di secondo e terzo passaggio per 10-12 mesi. 


Il Saltapicchio 2012 è un sangiovese in purezza che assume la territorialità marchigiana e si esprime su note olfattive di marasca e tabacco a cui segue un attacco morbido e dai tannini vellutati. Finale piacevole e delicatamente speziato. Nota tecnica: il vino affina in barrique nuove o di secondo passaggio per un periodo di 14-16 mesi, quindi viene imbottigliato e conservato per almeno sei mesi in azienda prima di essere immesso al consumo. 


Il Pix, merlot in purezza degustato nell'annata 2012, assieme all'Akronte è un altro di quei vini che negli anni '90 sono stati uno zoccolo duro della mia cantina e che oggi, dopo vari anni di assenza dal mio palato, ritrovo con grande soddisfazione perchè, alla fine, nulla pare mutato in questo vino che resta sempre un ottimo esempio di come un vitigno internazionale come il merlot possa ben esprimersi in zona marchigiana regalando un vino affatto banale pur essendo, grazie alla sua notevole carica estrattiva, decisamente fuori moda. Se noi ,(presunti) comunicatori del vino, ci togliessimo certe puzzette sotto al naso non potremmo non scrivere che questo è un grande merlot italiano. Con grande pace dei francesi.... Nota tecnica:  dopo la macerazione sulle bucce in fermentazione, il vino viene al più presto messo in barrique nuove dove porta a compimento la malolattica e dove rimane per un periodo che va dai 12 ai 15 mesi.


L'Akronte 2012, 100% cabernet sauvignon, rappresenta senza dubbio il vino simbolo di Boccadigabbia e, sicuramente, è una delle più importanti scommesse vinte da Elvio che ha sempre creduto, contro tutto e tutti, nell'assoluta dignità storica dei vitigni francesi nel territorio maceratese. Se qualcuno pensa ad un cabernet didascalico caratterizzato dalle pirazine dovrà ricredersi perchè questo Akronte è tutt'altro che scontato dimostrando carattere, profondità e finezza gustativa grazie ad un corpo imponente a cui fa da contraltare una sapidità inappuntabile e una persistenza sbalorditiva. Lo diciamo o no che anche questo è un grande cabernet sauvignon italiano? Nota tecnica: dopo una lunga macerazione delle bucce in fermentazione, il vino viene maturato in “barriques” nuove di rovere francese a media tostatura per 18-20 mesi e quindi imbottigliato per essere conservato in azienda alcuni mesi prima dell’avvio alla vendita. 


Larmandier-Bernier - Champagne Extra Brut Longitude è il Vino della settimana di Garantito IGP

Di Carlo Macchi


Per me si chiama Longitude perché riesce a far godere, in senso longitudinale, tutto il corpo del fortunato bevitore.

Naso di una complessità notevole (frutta bianca e fiori fanno una profumatissima guerra per avere la meglio), bocca cremosa, avvolgente, dinamica e molto, moooooolto lunga.


Osteria della Villetta: almeno tu nell’universo! - Garantito IGP

Di Carlo Macchi


Questa storia inizia diversi anni fa. Correva l’anno 1991 e l’allora Arcigola (ora Slow Food) fece il suo primo stand a Vinitaly. In quei pochi metri quadri ci fu per cinque giorni un viavai incredibile di persone, un intrecciarsi di storie che meriterebbero un libro.

Io c’ero: ero uno di quelli che ci lavorava e assieme a me c’era un giovane di Palazzolo sull’Oglio, che per cinque giorni aveva praticamente chiuso il suo locale per venire a dare una mano. Quel giovane si chiamava Maurizio Rossi e il suo locale, che in realtà era quello di famiglia, era l’Osteria della Villetta. Mi piacque subito il suo modo semplice e diretto di porsi, la sua semplicità nel gestire le cose, la sua quasi instancabile voglia di fare.

Il passo successivo fu naturalmente andare da lui a mangiare e fu un’esperienza indimenticabile : cucina casalinga di quella seria, materie prime di livello, grandi sapori, vini giusti e un locale che sembrava fatto apposta per sedersi a parlare con gli amici mangiando qualcosa e dimenticando tutti i problemi.
Negli anni successivi tornai molte volte all’Osteria della Villetta trovando sempre lo stesso clima e i soliti grandi piatti che non passano mai di moda. Andarci durante Vinitaly era un punto fermo, una di quelle serate a cui non potevi mancare perché sapevi che avresti mangiato benissimo, anche durante un periodo di fiera.
Poi col tempo, piano piano, ho smesso di andare a Vinitaly, le volte che sono passato in zona era durante i giorni di chiusura, insomma ho un po’ perso di vista Maurizio e l’Osteria, ma seguivo da lontano la sua fama che cresceva grazie al rimanere fedele a se stessi e alla propria cucina.
Parafrasando Mia Martini, la Villetta era “Un luogo, sai, che non ruota mai… /Un sole/Che non splende per me soltanto/Come un diamante in mezzo al cuore.”
Veniamo ad oggi: una ventina di giorni fa ero in Franciacorta e decido di andare con la squadra di Winesurf a cena alla Villetta. Ero quasi emozionato perché mi restano ormai poche certezze gastronomiche (e non solo) e la paura che la cena fosse una delusione mi metteva una certa ansia.
Entriamo e mi ritrovo… a casa! La Villetta mi accoglie con i suoi grandi tavoli, le sue robuste e comode sedie, le vetrine, gli armadi, addirittura con gli attaccapanni che ti fanno sentire a tuo agio. Non siamo per niente in un locale “vecchio” ma in un ristorante dove si tiene conto con saggezza del tempo che passa.

Se il mobilio e l’apparecchiatura sembrano trattarti come un vecchio amico, la gentilezza e l’arte di Maurizio, (sempre lo stesso ma con il girovita-per fortuna-leggermente allargato, perché come diceva un caro amico la vita bisogna anche allargarla oltre che allungarla) chiude il cerchio e, ancora prima di sederti, sai che le prossime due-tre ore saranno molto piacevoli.
Alla Villetta ci sono alcuni piatti che non possono non essere provati: tra gli antipasti la lingua di vitello con giardiniera oppure il pesce di lago in carpione, tra i primi la trippa in brodo e tra i secondi il tris di polpetta, involtino di verza e guanciale di manzo con salsa verde. Questo polittico gastronomico potrebbe fare paura agli stomaci deboli, ma non è per niente pesante perché alla Villetta si cucinano con attenzione e consolidata maestria piatti importanti della tradizione bresciana.
A proposito di Brescia, potete provare il manzo all’olio, anche se io, amando i piatti hard , vi consiglio le frattaglie di vitello o lo stoccafisso in umido con polenta. Tra i primi da non perdere l’orzo con salsiccia e la zuppa di lenticchie.

Ma fermiamoci un attimo, perché alla Villetta è bello anche guardarsi attorno e farsi attrarre dai quadri e dalle foto appese alle pareti. Qui si trova di tutto, da interessanti opere d’arte a ritratti o storie del passato e tutte valgono la pena di essere osservate con attenzione.
La peperonata (con i peperoni sbucciati!) invece non va solo osservata ma mangiata con gusto, come la crostata con marmellata di mirtilli per chiudere in gloria.
Per innaffiare questi piatti Maurizio propone una carta che parte dal territorio (tantissimi Franciacorta!) e spazia un po’ ovunque con scelte mai scontate.
Scontato in tutti i sensi sarà il piccolo prezzo che pagherete per godere di tutto questo Dall’antipasto al dolce nemmeno 50 euro, con due piatti (e che piatti) ed un buon vino non supererete i 35-40.
Uscendo ero felice di aver ritrovato non solo un vecchio amico come Maurizio, ma un locale dove si mangia bene, anzi meglio di 25 anni fa. Insomma “Osteria della Villetta, almeno tu nell’universo!”

Osteria della Villetta
Via Guglielmo Marconi, 104, Palazzolo sull'Oglio (BS)
Telefono: 030 740 1899
giorni di chiusura: Domenica e Lunedì tutto il giorno. Martedì e Mercoledì sera.
www.osteriadellavilletta.it


Terremoto: il Verdicchio di Matelica a forte rischio


''Abbiamo rischiato di perdere 2 milioni di bottiglie di uno dei vini più importanti d'Italia, il Verdicchio di Matelica, che anche quest'anno è stato, secondo il Gambero Rosso, il vino bianco più premiato d'Italia. Si è salvato, ma abbiamo scoperto a nostre spese che anche i serbatoi devono essere antisismici. La paura è stata grande''. Lo rivela l'assessore all'agricoltura del Comune Roberto Potentini, enologo nella vita.


Ci sono danni nelle cantine, ma soprattutto andranno sostituiti e adeguati tutti i serbatoi d'acciaio, con spese di centinaia di migliaia di euro, perché la scossa di domenica ha lesionato le gambe sulle quali si sorreggono. ''Ora vanno svuotati e restaurati o cambiati - spiega Potentini - il tutto nel periodo di massimo carico di mosti nelle aziende. Non ci sono rischi per la qualità, e neanche per la quantità, ma che succederebbe con una scossa più forte? Il verdicchio di Matelica è come il Barolo a Barolo, il Soave a Soave, lo Champagne a Champagne: è unico. Deve la sua forza al territorio, è irriproducibile altrove, vive un regime di monopolio territoriale, non teme la concorrenza di nessuna Cina insomma. Ora le aziende dovranno fare investimenti pesanti, ma almeno questa che è l'industria diffusa del territorio, sa in che direzione andare''.

A Matelica il vino è una 'fabbrica' che occupa tra le 200 e le mille persone, con 300 ettari coltivati, tremila ettolitri di prodotto e un fatturato che supera in loco i 10 milioni di euro.

''Porteremo il costo dell'adeguamento sismico delle cantine ai tavoli della ricostruzione - chiude Potentini - il vino è una delle poche speranze reali del territorio italiano, vedi la Toscana, la Franciacorta, il Piemonte. L'unica azienda che può dire: dove c'è grande vino c'è grande territorio, bello e ricco. E' uno dei pochi settori che va seriamente aiutato, è il vero depliant del territorio dove vive''.

Fonte: Ansa

Tripadvisor: l'Italia prima in Europa per l'enoturismo

Mentre in molte zone d’Italia i viticoltori si apprestano a raccogliere il frutto del loro lavoro, TripAdvisor, il sito per la pianificazione e prenotazione di viaggi, 'omaggia' gli amanti del vino di tutto il mondo rivelando i tour enologici più apprezzati dai viaggiatori internazionali del sito. Tra vigneti toscani, uve della Borgogna e vini californiani, con questi tour enologici degustare il vino non può che rendere un viaggio indimenticabile. Un tipo di turismo che vede l'Italia prima in Europa e conquistare anche la Top 10 mondiale.

Foto: www.trentinowine.info

“Scoprire un Paese attraverso il suo patrimonio enologico può rappresentare un’interessante proposta per apprezzare una destinazione non solo per le sue bellezze architettoniche e paesaggistiche, ma anche per i prodotti della sua terra”, ha commentato Valentina Quattro, portavoce di TripAdvisor per l’Italia.

“Con così tanti vigneti e tour enologici tra cui scegliere, vale la pena fare una ricerca su TripAdvisor prima della partenza. I posti disponibili per questi tour sono spesso limitati quindi è consigliabile prenotare in anticipo per non lasciarseli sfuggire”, avverte.

Per numero e per posizioni i tour vinicoli italiani sono protagonisti indiscussi della classifica europea dei migliori tour conquistando ben quattro posizioni su dieci e occupando ben due gradini del podio, con Wine Tour in Tuscany in prima posizione e Tuscan Wine Tours by Grape Tours in terza posizione. Seguono in quinta e sesta posizione Tuscan Wine Tours with Angie e Wine Tours with Italy and Wine.

Anche a livello globale i tour italiani si distinguono aggiudicandosi due posizioni nella Top 10 mondiale con Wine Tour in Tuscany secondo e Tuscan Wine Tours by Grape Tours sesto. Primo a livello mondiale il tour californiano Squire Livery Tours. Da notare, infine, che nell’eterna battaglia eno-gastronomica tra Francia e Italia, questa volta è il Bel Paese a vincere sia nel mondo sia in Europa.

Se i tour enologici toscani occupano le prime quattro posizioni della classifica italiana e sono gli unici a rientrare nella Top 10 del Vecchio continente, anche nelle altre regioni non mancano proposte di degustazioni vini apprezzate dai viaggiatori. Il Veneto è rappresentato in classifica da Pagus Wine Tour a Verona (5°), Food Tours of Venice a Venezia (7°) e Veronaround Tours (10°), mentre Lazio e Piemonte sono presenti rispettivamente con The Old Frascati Wine Tour a Frascati (8°), Travel Langhe Wine Tour a Neive (9°).

Cantine del Castello Conti - Flores 2012 è il Vino della settimana di Garantito IGP

Di Roberto Giuliani

Minuscolo, ma solo nel nome, perché questo vino senza solfiti aggiunti è l’essenza del nebbiolo. 


Profuma di humus, viole, tabacco, prugne e liquirizia. Ha carattere, energia e ritmo, procede deciso al palato, generoso, avvolgente, sincero, puro. 

Da averne grande scorta in cantina.


Chalet Galileo, il meglio dell’Adriatico nel piatto - Garantito IGP

Di Roberto Giuliani

La mia inevitabile attrazione per la buona cucina mi ha spinto, partendo da un obiettivo decisamente diverso, direi mistico-culturale, a prevedere durante il mio viaggio verso il Santuario della Santa Casa di Loreto, una sosta allo Chalet Galileo di Civitanova Marche (MC), di Stefano Orso e Maria Rosa Tarantini. Del resto da casa sono circa 3 ore di viaggio e, attorno alle 12.30, ero in dirittura d’arrivo, un orario inadeguato per fare una visita approfondita di questo straordinario luogo di culto, meglio fermarsi prima a fare uno spuntino…


Il ristorante si affaccia sull’Adriatico, sul lungomare di Civitanova, qui il pesce è dominatore assoluto nei piatti di Maria Rosa, del resto la famiglia ha una tradizione di pesca di quasi 50 anni. Per questa ragione il pesce deve essere sempre fresco e garantito, anzi, certificato; viene acquistato al mercato ittico dai pescatori locali, oppure all’asta (e per poter prendere i pezzi migliori bisogna alzarsi prima dell’alba). Il marchio “Scirocco 36” certifica tutte le fasi della filiera, dalla cattura in mare fino alla commercializzazione dei prodotti.

Il locale dispone di una luminosa sala interna con vetrate ampie che permettono di ammirare il panorama marino, mentre d’estate è possibile mangiare anche all’esterno. Appena entrati si ha l’impressione di trovarsi in una nave, o meglio, un peschereccio: le pareti sono rivestite di conchiglie e gusci di molluschi, tutto è molto semplice e l’atmosfera distesa, il servizio efficiente e cordiale, i tempi d’attesa sono davvero contenuti. Ma è indubbiamente la vista sul mare a colpire per prima, una vista che avrebbe apprezzato sicuramente anche Galileo…


Prima di iniziare il pasto non perdete l’occasione di assaggiare l’olio leccino di produzione propria, davvero ottimo, profumato e delicato, che potrete accompagnare a pane caldo, al nero di seppia, ai grasselli, alle noci o sgranocchiando carta musica. Sul menu potrete trovare tutte le indicazioni sulla provenienza dei prodotti impiegati per la preparazione dei piatti, olio e pasta compresi. La carta dei vini è ben studiata, poco meno di 500 etichette, molte aziende interessanti e tipologie che ben si accostano ai piatti preparati nelle varie stagioni.

Nell’attesa non resterete a stomaco vuoto, c’è sempre un’entrée che potrà allietarvi come il mini hambuger di pesce. Per cominciare potete sbizzarrirvi con gli antipasti misti (8 assaggi) oppure quelli freddi o caldi (4 assaggi); Tartare di ombrina con mela verde e profumo di limone; Seppia con fagiolini croccanti, Molluschi di mare in brodetto piccante. Io ho provato la seppia, davvero ben fatta, gustosa e allo stesso tempo leggera.

Sui primi si può scegliere fra Campofiloni con pannocchie, gamberi di Sicilia e concassé di pomodori; Spaghettoni con alici, capperi e datterini essiccati…sale in bocca; Ravioli di merluzzo con fiori di zucca, sogliola e filetto di peperone; Paccheri con cozze, ceci e patate; Lasagnette scomposte con vongole, calamaretti e pesto di basilico (il sughetto è da leccarsi i baffi!); infine Scialatielli con battuto di spigola, crema di aglio dolce e tartufo, che a dispetto di quanto potreste temere, è un piatto delicatissimo, di grande equilibrio.


Passando ai secondi abbiamo Orata del Gargano con pomodori gialli, cipollotto e olive taggiasche; Fragolino (pagelli) al forno con patate, olive e pachino; Guazzetto di pesce “di sole spine” agli odori di stagione; Spigola del Gargano al forno con verdure di stagione; Grigliata del barchetto con pane al prezzemolo; ma se non siete da soli vi consiglio di non perdere il Fritto misto di paranza con verdure julienne, leggerissimo e gustosissimo, uno di quei piatti che vorresti trovarti di fronte ogni giorno, vi assicuro che è digeribilissimo!


Sui dolci c’è da divertirsi, soprattutto con i semifreddi e i gelati, se ancora li trovate vi suggerisco una deliziosa Cheesecake scomposta, mentre agli amanti del gelato consiglio di provare il Gelato-alla-banana-con-prugne-e-croccante-di-mandorla; anche in questo caso nell’attesa non sarete lasciati a “stomaco vuoto”, a me sono arrivati dei deliziosi Profiteroles alla gianduja… bello essere coccolati così no? 


Ah! Non dimenticate una visita al Santuario!

Chalet Galileo
Via IV Novembre, S.n. – 62012 Civitanova Marche (MC)
Tel. +39 0733 817656
E-mail. ristorantegalileo@tiscali.it
Giorno di chiusura: Martedì 
Prezzo medio: 40 euro vini esclusi 




Da Sotheby: Un secolo di Champagne Bollinger, direttamente dalla cantina della famosa Maison

Il 19 Novembre 2016 la famosa casa d’aste Sotheby’s di New York presenterà un Secolo di Champagne Bollinger che per la prima volta lascia la sua cantina ad Aÿ. Lo Champagne Bollinger è conosciuto per essere un grande vino, dallo stile sofisticato e complesso, ma anche per essere il preferito di James Bond da più di 40 anni. Tra le bottiglie all’asta l’annata 1914 appena ritrovata in una galleria abbandonata nella chilometrica cantina della Maison Bollinger e soprannominata “Il tesoro scomparso di Bollinger”.




La vendita includerà anche sei lotti dell’eccezionale, rarissimo e sacro Vieilles Vignes Françaises di annate storiche, una “enciclopedia storica” di Bollinger R.D. che attraversa 4 decadi (1973–2000), insieme ad otto differenti formati di Special Cuvée: dalla mezza bottiglia fino al Nabucodonosor. 

Serena Sutcliffe MW, Presidente Onorario di Sotheby's Wine dice: “ C’è un filo conduttore in tutti gli Champagne della Maison Bollinger. Esordisce con un aroma salino accattivante, si potrebbe persino dire un bouquet “marino”, che lo rende un abbinamento perfetto alle ostriche e caviale. Più passa il tempo, più subentrano alle note marine, complessi aromi di biscotto. Questa particolarità è più accentuata nell’ultimo dégorgement dell’R.D. dovuto al maggior tempo che questo Champagne passa sui lieviti. Con Bollinger non si scherza – è sempre una grande esperienza, frutta inebriante e brioches tostate. Finale lungo e profondo”. 

Jamie Ritchie, Responsabile Mondiale di Sotheby’s Wine, aggiunge: “Siamo felici di inserire Bollinger alla lunga e illustre lista di produttori con i quali abbiamo lavorato nelle vendite ‘direttamente dalla cantina’. Queste aste forniscono ai collezionisti delle opportunità uniche di contatto con i migliori produttori di vino al Mondo, tramite la proposta di esperienze uniche ed esclusive come la visita/degustazione presso la Maison”. 


THE BOLLINGER 1914 EXPERIENCE all’asta a NYC: Si tratta di un’opportunità unica riservata a 4 persone di degustare le eccezionali annate del 1914 come parte di una esclusiva visita alla Galerie 1829 presso la Maison Bollinger. 

Il lotto all’asta include anche la visita della winery e delle vigne nonché una cena Due Stelle Michelin al ristorante, Le Parc - Les Crayères, accompagnata da Champagne Bollinger e guidata dal Presidente della Maison, Jérôme Philipon; il pernottamento è previsto al “Le Château - Les Crayères” a Reims e una mezza dozzina di lotti del mitico Vieilles Vignes Françaises

1 Bottle 1988, Estimate $1,400 - $1,800
1 Bottle 1992, Estimate $1,200 - $1,600 
1 Bottle 1996, Estimate $1,400 - $1,800 
1 Bottle 1997, Estimate $800 - $1,200 1 Bottle 2000, Estimate $800 - $1,200 
1 Bottle 2002, Estimate $950 - $1,200 

35 lots of R.D. spanning 4 decades (1973 - 2000): 
3 Bottles 1973, Estimate $1,600 - $2,200 (3 lots) 
3 Bottles 1982, Estimate $1,600 - $2,200 (3 lots) 
3 Magnums 1996, Estimate $1,400 - $1,800 (2 lots) 
1 Jeroboam 1979, Estimate $2,400 - $3,200 (2 lots) 
1 Jeroboam 2000, Estimate $1,300 - $1,800 (12 lots) 

Per la prima asta in assoluto di Champagne Bollinger negli Stati Uniti, siamo estremamente fieri di avere Sotheby's come nostro partner. Non solo sveleremo delle annate di grande spessore questo Novembre, ma dimostreremo anche la capacità la grande e rara capacità dello Champagne Bollinger di invecchiare. Siamo entusiasti di avvicinarci direttamente ai nostri clienti Americani con queste gemme, direttamente dalle nostre cantine". Jérôme Philipon – Presidente della Maison Bollinger.


Vino e Millennials: tutti i dettagli

Con la nascita di una cultura legata al prodotto e alla sua storia, sono sempre di più i luoghi comuni sfatati dal vino. Primo fra tutti: il vino è per uomini. Forse questa affermazione era vera all’inizio, ma col tempo il mito del vino al maschile è cambiato: oggi, infatti, le donne apprezzano il vino tanto quanto gli uomini e sviluppano gusti completamente diversi e autonomi. Il secondo mito, recentissimo, riguarda l’età: il vino, per essere apprezzato, necessita di una maturità degustativa che si sviluppa solo con l’età. Secondo gli ultimi dati diffusi dal Wine Market Council, i Millennials, giovani nati tra il 1983 e il 2001, non solo nel consumo di vino hanno sorpassato i genitori, i baby boomers, ma spendono addirittura di più sviluppando una cultura enoica molto più approfondita delle categorie più mature. A guidare questa nuova rivoluzione poi è il target femminile: tra i Millennials, sono infatti le donne a spendere di più degli uomini, dimostrando quindi di sviluppare un’attitudine e una sensibilità al vino già in giovane età. 

Fonte: Ansa
Anche i dati di vente-privee confermano questa tendenza: nel 2016 in Italia il 32% delle clienti donne per il vino e il 25% dei clienti uomini è composto da Millennials. Percentuali importanti che crescono in maniera esponenziale in Europa, dove il 46% delle donne e il 54% degli uomini clienti del settore ha tra i 18 e i 33 anni, registrando una crescita del 12% rispetto al 2014 per le donne e del 13% per gli uomini. Dati che dimostrano come ormai questa tendenza abbia radici non solo italiane ma ben più profonde, in Europa fino a confini oceanici. Secondo il Wine Market Council infatti, nel 2015 i Millennials hanno acquistato più vino rispetto alle altre categorie. 

Negli ultimi anni il vino è diventato, da mera e propria bevanda di consumo a sinonimo di Lifestyle. Con l’arrivo dei Millennials però questa accezione si è evoluta e, oggi, il vino è diventato anche sinonimo di cultura: i Millennials sono infatti cresciuti con il vino a tavola, sviluppando una sensibilità ancora più mirata per gli accostamenti col cibo e per la storia di ciascuna bottiglia. 

I Millennials e le preferenze sul vino: a far la differenza è la provenienza 

Rosso, bianco o con le bollicine? Le preferenze tra i vini sono ormai passate per i Millennials. A fare davvero la differenza non è più il colore della bottiglia ma la provenienza. La categoria dei Millennials, infatti, dimostra di non avere preferenze a prescindere in fatto di vini, ma di prediligere invece la provenienza e gli accostamenti eruditi, per delle scelte meno scontate e più interessate a prodotti del territorio italiano. I Millennials sono anticonvenzionali, anti establishment e attenti alla sostenibilità. Hanno dei paradigmi di consumo diversi dai baby boomers e influenzano a loro volta le categorie più alte. L’esperienzalità e la multicanalità sono fondamentali. Il livello di fedeltà ai brand è più basso rispetto ad altre categorie e dimostrano comportamenti tipici di categorie più alto spendenti rispetto a loro.
Le categorie più giovani, infatti, dimostrano di essere attratte soprattutto dalla storia della bottiglia e da quella dell’azienda vinicola produttrice e di non avere quindi preferenze di gusto a prescindere. Inoltre, sono sempre più le aziende del settore che, al fine di attrarre questo segmento di mercato, operano la scelta di privilegiare un packaging “insolito”: lo scopo, infatti, è proprio quello di stupire e attirare un maggior numero di consumatori giovani coinvolgendoli in un’esperienza davvero completa, dall’estetica della bottiglia fino al sorseggiare un ottimo vino. La bottiglia sta diventando anche oggetto da esibire in casa non solo in cucina ma anche nell’area living per vivere un’esperienza che coinvolge tutti i cinque sensi. Nel processo d’acquisto i Millennials prestano particolare attenzione, infatti, anche all’aspetto “estetico” del vino che stanno acquistando: dall’originalità della grafica dell’etichetta alla forma e dimensione della bottiglia, nonché la consistenza del vetro e il colore. Considerando anche quest’ultimo aspetto estetico, le donne sembrano davvero aver sviluppato un grande gusto e interesse per quel che concerne il cosidetto “nettare divino” e a confermarlo sono ancora una volta i dati di settore di vente-privee: in Europa, le clienti Millennials hanno speso nel 2016 il 13% in più rispetto allo scorso anno. Gli uomini Millennials hanno invece speso il 15% in più rispetto al 2015. 

Foto: Beverfood.com
Le occasioni di degustazione 

A differenza dei baby boomers che amano degustare vino pregiato in enoteche o cene fuori casa, secondo i dati raccolti da Survey Lab, il 62% dei Millennials predilige la condivisione del vino – anche bottiglie costose - all’interno della propria abitazione in compagnia del proprio partner o di amici; il 33% in occasione di eventi e degustazioni presso enoteche o wine bar e solo il 5% dichiara di degustarlo durante pranzi o cene al ristorante. Riuscire a decifrare la generazione dei Millennials equivale a comprendere a pieno la loro relazione con il vino. Per nulla imbarazzati nell’ammettere di capirne poco, questo comunque non frena la loro curiosità e voglia di sperimentare: un aspetto che si traduce nel pieno affidamento ai canali social e influencer del settore, per ottenere consigli e dritte sulla degustazione ottimale e sull’acquisto più giusto. 

I percorsi di degustazione online 

Oggi i Millennials comprano soprattutto online coniugando la rapidità d’acquisto alla profondità dell’offerta. Tra i device utilizzati il mobile è certamente quello più sfruttato: se, infatti, su vente-privee il 70% del traffico e il 55% del fatturato sono generati da dispositivi mobili, la categoria Millennials conferma e rafforza questa tendenza. L’online in generale si conferma una piattaforma ideale per gli acquisti del settore. vente-privee, infatti, ha lanciato questo settore in Italia nel 2012 proponendo sul sito le cantine complete di aziende portavoce dell’eccellenza italiana, difficilmente rappresentabili in enoteca. I clienti della categoria wine su vente-privee sono in realtà appassionati del settore. Negli anni, infatti, il sito è riuscito a indirizzare la clientela orientandone i gusti, un aspetto che vale ancora di più per i Millennials che hanno quindi imparato ad apprezzare il vino con e grazie a vente-privee che è riuscita quindi a far crescere un pubblico di appassionati. 

Fonte: Survey Lab di vente-privee