I Signori del Vino su Rai Due l'ho visto e vi dico che.....

Se avessi avuto venti anni, I signori del vino, programma ideato da Marcello Masi e Rocco Tolfa, rispettivamente direttore e vicedirettore del Tg2, probabilmente me lo sarei visto prima di uscire con gli amici ma, diciamocelo, per noi quarantenni dal facile abbiocco post prandiale arrivare alle 23.30 di sabato sera non è facilissimo.
Ok, faccio lo sforzo, in fondo si parla di cultura del vino, e da abbonato mi sento di andare incontro alle esigenze di mamma RAI che, con scelta davvero avvincente, ha deciso di mandare in onda il format culturale in terza serata così da mettersi in concorrenza con alcuni capisaldi della filmografia mondiale con Sexters - Messaggi bollenti, Sex and the city e Vite segrete di mogli (im)perfette. 

Inizia il programma, prendo i popcorn, zitti tutti, si parla di Piemonte!


Foto: Fisar.com

Masi e Tolfa, belli paciocchi sulla loro Jeep che sfreccia sulle larghe strade di Langa, sembrano un po' la brutta copia di Miles e Jack di Sideways per cui, mentre il secondo legge per i telespettatori alcuni passi di Vino al Vino di Mario Soldati, mi aspetto che Masi, non inquadrato, si scoli una bottiglia di Cheval Blanc '61 alla faccia nostra, del suo dotto compagno di viaggio e di tutti i produttori di nebbiolo che andrà a trovare in cantina.

“Il vino è come la poesia, che si gusta meglio, e che si capisce davvero, soltanto quando si studia la vita, le altre opere, il carattere del poeta, quando si entra in confidenza con l’ambiente dove è nato, con la sua educazione, con il suo mondo.

La nobiltà del vino è proprio questa: che non è mai un soggetto staccato e astratto, che possa essere giudicato bevendo un bicchiere, o due o tre, di una bottiglia che viene da un luogo dove non siamo mai stati.” (Mario Soldati, Vino al Vino)

Chiudo gli occhi mentre ascolto queste bellissime parole, probabilmente mi appennico per un po' perdendomi parte della trasmissione perchè, quando li riapro, improvvisamente davanti a me c'è Gaia Gaja, self-made girl ed export manager della propria azienda famigliare la quale, statistiche alla mano, risveglia dal torpore me e, probabilmente, tutti i telespettatori quando, con malcelato spirito nazionalistico, esalta lo spirito di internazionalizzazione delle aziende vinicole italiane sottolineando ai due giornalisti che "il vino italiano oggi sta vivendo un buon momento nonostante arriviamo sempre per ultimi sui mercati esteri nonostante rappresentiamo la ciliegina sulla torta". Porca vacca, che figuraccia, penso tra un popcorn e l'altro, e come si fa ora a diventare torte e non solo ciliegine? Boh, ci penserà Gaia, tanto lei, così afferma, sta sempre all'estero!!

Da una self-made girl ad un self-made man il passo è breve visto che, subito dopo sua figlia, viene intervistato papà Angelo, classe '40 e profondi occhi azzurri, che con le mani ancora sporche di terra fornisce a Masi e Tolfi, ma indirettamente a tutti noi, importanti lezioni di enologia e marketing. Quando termina di parlare mi alzo e applaudo e capisco perchè qualcuno lo aveva proposto come Presidente della Repubblica. Un Presidente contadino poteva essere il suo motto.


Angelo Gaja intervistato in vigna. Foto: Intravino

Dopo il Giove Tonante dell'Enologia Italiana ecco che arriva Marco Simonit, il preparatore d'uva zappetta munito che, con un fiatone manco stesse salendo le vette dell'Himalaya, ci fornisce una bellissima lezione di geologia e terroir anche se alla fine ho temuto che le radici delle vigne, con le quali aveva limonato per almeno due minuti, lo strozzassero per dispetto. Roba da wine geek.

Simonit - Foto: Ansa

La trasmissione va avanti prevedendo un piccolo grande contributo di Oreste Brezza che riporta le lancette di Barolo e del Barolo indietro nel tempo offrendo uno scorcio in bianco e nero del territorio, anche a livello sociale, che da solo vale il sonno perduto.

Dopo il focus sui giovani vignaioli artigiani come Gaja e Brezza arriva, ahimè, il momento della lezione di numerologia presentata a turno dai Presidenti dei vari Consorzi di Tutela del Piemonte che, in maniera perentoria e con la faccia del "ce l'ho più lungo io", iniziano a spiattellare una serie di cifre relative ad ettari, bottiglie prodotte, date e quant'altro che a mezzanotte circa ti si ripropongono come la peperonata che hai mangiato a cena tre ore prima.

Indeciso se prendermi un Alka-Seltzer o una caffè forte, non faccio in tempo a voltarmi verso la cucina che Masi e Tolfa incontrano a Canelli la Biancofiore mentre beve una coppa di Asti Spumante. Cacchio, penso io, vuoi vedere che ora inquadrano anche Dudù mentre vendemmia? Speranza vana. Avvicinandomi meglio allo schermo riconosco nella bionda signora la figura di Chiara Soldati (La Scolca) la quale, dopo averci ricordato per la millesima volta la sua parentela con il già citato Mario, fa letteralmente sciogliere il direttore Masi quando, tra le parole innovazione e tradizione, ricorda per la millesima volta che il suo vino è stato bevuto da Barack Obama durante il G20 del 2013. 
Fonti interne fanno sapere che i dipendenti dell'azienda, da quel momento in poi, siano obbligati a festeggiare il giorno del ringraziamento cantando in coro "The Star Spangled Banner".


La bella e brava Chiara Soldati - Foto: www.donnedelvino.com

La puntata volge al termine con due chicche: la prima riguarda Carlin Petrini che si offre di parlare di vino piemontese tramite connessione Skype. Se Rosy Bindi si vestisse da Cheerleader in Parlamento sarebbe meno moderna.

Petrini e Masi. Foto:www.lastampa.it

La seconda perla, invece, riguarda la scena finale della puntata dove Masi e Tolfa, seduti in una osteria, cazziano l'oste reo di avergli chiesto se volevano un rosso o un bianco. 
"Ci porti la carta dei vini", esclama Masi sprezzante e con la faccia di quello che "prega Dio che nun te meno qua". Fonte interne dicono che la scena sia stata provata almeno tre volte vista la reazione isterica e violenta del cazziato nei confronti del cazziante.

Vabbè, sabato prossimo I Signori del Vino si sposterà in Sicilia. Saremo tutti pronti per la seconda puntata o basta questa a farci cambiare canale?

Vignaioli naturali a Roma 2015

Si sta avvicinando anche l’attesissimo appuntamento con uno dei più importanti eventi enologici della Capitale! Il 7 e 8 febbraio avrà, infatti, luogo la settima edizione di Vignaioli Naturali a Roma, la manifestazione organizzata da Tiziana Gallo, che vanta ogni anno un numero crescente di visitatori e un ruolo di primo piano fra gli incontri dedicati al vino nel nostro paese. Sono sempre di più gli appassionati e i professionisti del settore che aspettano Vignaioli Naturali a Roma per poter assaggiare, tutte assieme, centinaia delle migliori bottiglie italiane e straniere e per avere l’occasione di conoscere personalmente i produttori naturali.


Rispetto alle scorse edizioni, in quest’occasione aumenteranno le rappresentanze estere: la Francia con Champagne, Grenache, Chinon e Chenin, Syrah e Mourvedre, il Portogallo con Touriga Nacional e Rabigato, l’Istria Slovena con le speciali Malvasie, la Mosella con il suo elegante Riesling, la Georgia con un folto gruppo di vignaioli che ci racconteranno la magia del vino in anfora, fino ad arrivare all’isola di Santorini per assaporare vini salmastri e minerali. Il vino naturale, con la sua attenzione per la genuinità del contenuto della bottiglia, la cura del territorio e la salute del consumatore, non è più un prodotto di nicchia, ma si sta attestando come una necessità per chi ama la qualità, in Italia come all’estero. Ecco che Tiziana Gallo ha deciso di dedicare grande attenzione anche ai produttori di altri paesi europei, per permettere al pubblico di cogliere le diverse declinazioni del vino naturale. 


Numerosissimi i produttori che partecipano all’evento: ai banchi d’assaggio saranno infatti presenti 82 cantine, 2 birrifici e 2 aziende alimentari. Per il secondo anno, la location scelta per Vignaioli Naturali a Roma è il prestigioso The Westin Excelsior Rome, nella suggestiva cornice di Via Veneto e gli orari saranno sabato 7 e domenica 8 febbraio dalle 12 alle 19. Anche quest’anno, come nelle sei edizioni precedenti, Vignaioli Naturali a Roma sarà un evento unico, a cui nessun amante del vino potrà mancare!


Per informazioni:
Tiziana Gallo
Mobile: 338/8549619
E-mail: info@vininaturaliaroma.com
Web: http://www.vininaturaliaroma.com/

In Sardegna scoperto il più antico vitigno del Mediterraneo occidentale

L’équipe archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversità (CCB) dell’Università di Cagliari ha pubblicato su Vegetation History and Archaeobotany, una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali del settore, i risultati delle ricerche sulle origini della viticultura in Sardegna.
Sino ad oggi, i dati archeobotanici e storici attribuivano ai Fenici e successivamente ai Romani il merito di aver introdotto la vite domestica nel Mediterraneo occidentale, ma la scoperta di un vitigno coltivato dalla civiltà nuragica riscrive, non solo la storia della viticultura in Sardegna, ma dell’intero Mediterraneo occidentale.

Il luogo del ritrovamento. Foto: Repubblica
Grazie alla collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano e al ritrovamento di oltre 15mila semi di vite nel sito nuragico di Sa Osa (Cabras), datati al C14 come risalenti a circa 3000 anni fa, periodo di massimo splendore della civiltà nuragica, è stato possibile scoprire che la viticultura come la conosciamo noi oggi era già nota ai nostri antenati.
L’incredibile scoperta è il frutto di oltre 10 anni di lavoro condotto sulla caratterizzazione dei vitigni autoctoni della Sardegna e sui semi archeologici provenienti dagli scavi diretti dagli archeologi della Soprintendenza e dall’Università di Cagliari. I risultati sono giunti anche grazie all’innovativa tecnica di analisi d’immagine computerizzata messa a punto dai ricercatori del CCB in collaborazione con la Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia.
L’analisi sfrutta particolari funzioni matematiche che analizzano le forme e le dimensioni dei vinaccioli (semi di vite), mettendo a confronto i dati morfometrici dei semi archeologici con le attuali cultivar e le popolazioni selvatiche della Sardegna, ciò ha permesso di scoprire che questi antichissimi semi erano appartenuti alle varietà coltivate, ma non solo, i semi archeologici hanno mostrato una relazione parentale anche con la vite selvatica che cresce spontanea nell’Isola.
L’antico vitigno scoperto in Sardegna sembra appartenere alle cultivar a bacca bianca in particolare mostra delle relazioni con le varietà di vernacce e malvasia coltivate proprio nelle aree della Sardegna centro-occidentale. Attualmente il gruppo di ricerca sta proseguendo le indagini e approfondendo le ricerche anche su materiali ritrovati in altri siti archeologici e relativi ad altre specie coltivate sin dall’epoca nuragica.

Fonte notizia: Università di Cagliari

Fiano di Avellino: riconoscimenti alla cieca e dibattiti territoriali

Nove bottiglie, tutte rigorosamente stagnolate da quel birbaccione di Alessio Pietrobattista, e poche ma insolenti domande: alla cieca, ovvero senza sapere nulla dei vini in degustazione, possiamo trovare un fil rouge tra i vari Fiano di Avellino proposti? 
Esiste realmente una descrizione territoriale del vino che prescinda dalle metodologie di vinificazione? L'enologo è in grado di imprimere davvero il suo marchio di fabbrica in maniera imprescindibile?

Per rispondere a questi quesiti, e a molto altro ancora, sono state magistralmente predisposte tre batterie da tre vini ciascuna della quali, ovviamente, aveva una (presunta) logicità tutta da verificare con i nostri sensi.

Come è stato fatto durante il test, vi dirò i nomi dei nove Fiano di Avellino solo alla fine del post.  Vietato sbirciare in fondo eh!!
PRIMA BATTERIA

Campione 1: impatto aromatico molto sussurrato dove si intercettano, se si è bravi, sensazioni di erbe e fiori gialli corredati da una cornice sapida che ritroviamo anche al sorso che è molto diretto e senza pretese. Chiude lievemente ammandorlato. 

Campione 2: naso inizialmente molto incentrato su sensazioni "dolciastre" che dalla caramella viravano verso una frutta a polpa gialla molto zuccherina e suadente. Col tempo, fortunatamente, escono note di bergamotto e ginestra che leggermente riequilibrano la componente aromatica. Al sorso è deciso e sapido e vanta un finale leggermente iodato. 

Campione 3: e come fai a dire che non è Montefredane quando, in sequenza, riconosci la castagna, le foglie autunnali, la mandorla tostata e quella conturbante sensazione di affumicato? Col tempo si apre, mette la marcia, soprattutto al sorso dove è il sale e l'acidità la fanno da padrone assieme alla persistenza già oggi spavalda ed armonica allo stesso tempo. 

Cosa lega questi vini? Ex post Alessio svela che i primi due sono a fermentazione spontanea mentre il terzo produttore usa lieviti selezionati. Non basta. Secondo e terzo vino sono dello stesso territorio, le vigne sono vicinissime. 
Senza l'aiutino a casa sul mio Moleskine ho scritto che c'era un qualcosa, invece, che legava i primi due a livello aromatico mentre il terzo, come già anticipato, era indiscutibilmente Montefredane. In questo caso si può dire che la fermentazione spontanea, con i suoi indiscutibili pregi, ha come controindicazione quella, a volte, di standardizzare il concetto di territorio che è più definibile se si usano i lieviti selezionati?

Apro i pop corn mentre arriva la seconda batteria...

SECONDA BATTERIA

Campione 4: chiuso, ermetico, pare che qualcuno durante la degustazione mi abbia visto trasformarmi in Michelangelo ed esclamare a viva voce"Perchè non parli?" percuotendo il bicchieri con il tappo della bottiglia. La cosa, sembra, abbia avuto successo visto che poco a poco, in punta di piedi, è uscito un Fiano dal respiro minerale, granitico, il cui sorso è sapidissimo e sicuramente in divenire. Da aspettare.

Campione 5: naso guascone o, come si direbbe a Roma, "coatto" negli aromi che sembrano esplodere ed amplificarsi nel bicchiere tanto da farlo sembrare inizialmente un vino da vitigno aromatico. Tanta frutta gialla e tanta luce per un Fiano che solo dopo una mezzora si placa virando aromaticamente verso sensazioni di erbe mediterranee e fiori di campo. In bocca non è arrogante come credevo, entra compatto ma a centro bocca un po' si perde.

Campione 6: prendi tutto ciò di buono del campione 4 e del campione 5, aggiungici classe e fine equilibrio ed avrai creato questo grande Fiano di Avellino che è completo anche nel finale salino che difficilmente riesce ad abbandonare i tuoi sensi. 

Cosa lega questi vini? Sul mio Moleskine non ho scritto quasi nulla, sembrano apparentemente tre Fiano di Avellino con tre diverse personalità. Alessio, però, tira fuori dalla manica il jolly: pare che, in un modo o nell'altro, abbiano in comune la mano dell'enologo.  Quindi il "winemaler" se vuole può rispettare il territorio? E' questo che volete dirmi?????


Foto: Winesurf

TERZA BATTERIA

Campione 7: un Fiano didattico, preciso nel corredo aromatico di mela annurca, erbe aromatiche con intrigante vena minerale.Energico al gusto per freschezza e sapidità e per una chiusura tostata da manuale. 

Campione 8: TAPPOOOOOOOOOOOOO ma l'anima di.....

Campione 9: un Fiano che ha tanta roba, sopratutto aromaticamente sembra un fiume in piena dove ritrovi la mineralità, il finocchio selvatico, l'agrume e le spezie bianche. Sorso piacevole e complesso e dal finale succoso e dai forti richiami di frutta. 

Peccato il tappo numero 8 perchè, a sentire il Sor Pietrobattista, tra 7 e 8 ci sono forti legami territoriali avendo entrambe le aziende vigne vicinissime mentre tra 8 e 9 vi è l'enologo in comune. Dovrò risentirlo sto Fiano di Avellino tappato, che dite?

Ok, è ora di scoprire le carte e di fare, ognuno per sè, le proprie considerazioni:

Campione 1Cantina del Barone - Campania Fiano Particella 928 2012



Campione 2: Villa Diamante, Fiano La Congregazione Igp 2012 (Ciao Antoine!)



Campione 3: Pietracupa - Fiano di Avellino 2012


Campione 4: PicarielloFiano di Avellino 2012


Campione 5: Di Prisco -  Fiano di Avellino 2012


Campione 6: Rocca del Principe -  Fiano di Avellino 2012



Campione 7: Contrada -  Fiano di Avellino "Selvecorte" 2012



Campione 9: I Favati -  Fiano di Avellino "Etichetta Bianca" 2012




Ah, gli enologi sono Carmine Valentino ( ex Picariello, Di Prisco e Rocca del Principe) e  Vincenzo Mercurio (Tenuta Sarno e I Favati).

Il Boca di Silvia Barbaglia

Come al solito arrivo a scrivere sul blog con notevole ritardo rispetto al giorno in cui con EnoRoma ho organizzato l'interessante verticale del Boca di Silvia Barbaglia che ho intercettato durante uno dei suoi wine tour in giro per l'Italia.

Silvia e suo marito
Dopo aver scritto abbondantemente su Le Piane mi sembrava giusto dar spazio ai vini di questa piccola realtà dell'Alto Piemonte fondata nel 1946 da Mario Barbaglia che, prima con la bicicletta e poi grazie ai primi camion, porta a conoscere i suoi vini da Cavallirio alla Valsesia, dai vicini laghi fino alla periferia di Milano con l'intento di valorizzare la cultura e le tradizioni della propria terra di origine.

Attualmente l'azienda si estende per circa 3 ettari di vigneto composto da nebbiolo, vespolina, croatina, uva rara ed erbaluce greco novarese le cui radici affondano all'interno di un terreno minerale formato da porfido rosa.

Il terreno del Boca
Prima di passare alle note di degustazione dei vini presentati da Silvia durante la serata, ricordo che il Boca, secondo disciplinare, viene prodotto attraverso l'assemblaggio di nebbiolo (70% al 90%) assieme a vespolina e uva rara (da sole o congiuntamente dal 10% fino al 30%).

I vini portati in degustazione son stati i seguenti:

Boca 2007: l'annata sostanzialmente calda regala un vino inizialmente con qualche sbuffo alcolico di troppo che, col tempo e la giusta areazione, lascia spazio ad un corredo olfattivo di grande fascino e territorialità dove la spinta minerale, rossa come il pordido, è netta anche se smussata da una nota floreale di grande eleganza. Al gusto il vino si caratterizza per due autostrade, una sapida e l'altra acida, che asfaltano la bocca lasciando nel finale la sensazione che quel porfido, chissà come, è ormai parte di te.


Boca 2008: il colore tradisce una maggiore concentrazione polifenolica che, dai racconti di Silvia, deriva da una importante grandinata la quale avuto l'effetto (non troppo voluto) di aver abbassato le rese di produzione in maniera vertiginosa. Nonostante tutto, la giovane produttrice ci conferma che la 2008 è stata un'annata equilibrata e non tardiamo a crederle dopo aver messo il naso nel bicchiere che regala un ventaglio aromatico più complesso della 2007 grazie ad una maggiore presenta di sentori di frutta rossa ed evidenze vegetali. Il sorso è succoso, tonico, senza eccessi strutturali e dotato di persistenza sapida di grande fascino. Un Boca che, a mio parere, ha un grande potenziale ancora inespresso.

Boca 2009: la gioventù avanza ma, a dispetto di ciò, questo vino sembra essere quello più introverso e, per certi versi, ha un approccio talmente aristocratico che alla cieca farebbe spostare il focus gustativo dalle colline novaresi alla Langa più blasonata. All'olfattiva si dota di un corredo aromatico dove frutta scura, fiori rossi, sedimentazioni speziate e fervida mineralità la fanno da padrone. Sorso di fulgida espressione dove la struttura si colora di fitti tannini e vigore sapido che, in armonia tra loro, delineano una persistenza di grande piacevolezza. Postilla: a partire da questa annata la famiglia Barbaglia ha modificato il blend del Boca che ora è composto da 80% nebbiolo e 20% vespolina.


Boca 2010: già dal colore, un rubino trasparente brillante come una mattina estiva, mi sono innamorato di questo vino che, sul filo di un equilibrio sofisticatissimo, emette pulsazioni luminose di rara eleganza e territorialità. E' ancora giovanissimo ma, se il buongiorno lo si vede dal mattino, sono sicuro che in futuro sentiremo ancora parlare di questo Boca che, senza dubbio, diventerà uno dei fari di tutta la denominazione. Un 19/20 de L'Espresso che ci sta tutto!


L'annuncio di vendita del vino più bello del mondo!!

E' comparso poco tempo fa su Subito.it questo annuncio circa la vendita di sei bottiglie di Barbaresco. Non ci sarebbe nulla di male se..


CASSE DA 6 BOTTIGLIE DI BARBARESCO

Barbaresco serraboella Cigliuti
Cassetta di legno contenente 6 bottiglie 1999
Cassetta di legno contenente 6 bottiglie 2000
Cassetta di legno contenente 6 bottiglie 2001


Metto qualche indicazione per chiarire di cosa si tratti, ma non esagero,altrimenti potrebbe sembrare che voglio vendere il vino, invece voglio che voi siate convinti di comprarlo, e mi convinbciate forzxosamente a vendederlo

Pensate ed immaginate: 
la luna, il cielo stellato, un bel panorama ( dovunque) con il cielo stellato, la luna, aria frizzante ma calda, una cena corposa 
chiacchiere, carne rossa magari fritta con aglio 
cose c'è di meglio di un vino rosso come Dio comanda? 
Si dice che Dio beva vino,ma anche Bacco, Dionisio greco, furono bevitori deici, e perche noi, uomini non deici, ma mortali, non possiamo appararci agli dei, coln il nettare di uva 

CIGLIUTI: CONTADINO E VIGNAIOLO DI LANGA 

La vendita può avvenire a corpo o a singola cassa, i prezzi sono diversi tra l'acquisto singolo e quello accorpato, le casse non si aprono, sono visibili dall'esterno 

Le casse sono di legno, il legno non è quantificabile, ma si prevede sia derivato da albero cresciuto nel terreno e poi abbattuto, stagionato e poi segato e creato le casse. 

Per il vino è diverso la marca, il tipo, il DOCG la famiglia produttrice, la zona, è tutto un buon gusto 

IL vino viene venduto nelle casse, non è prevista la vendita della casse senza le bottiglie di vino contenute 

Si garantisce che il vino è nuovo, non è stato mai bevuto dopo l'imbottigliamento, è un vino di seconda mano ma nuovo 

Per vedere, trattare ed acquistare telefonare, non rispondo a numeri anonimi o nascosti, 
No spedizione, data la delicatezza del materiale in oggetto di vendita, solo ritiro a mano [o in macchina, o in bicicletta( difficile portare le casse se non predisposti di cestello)]

TUTTO QUESTO NON E' FANTASTICO!!!!
IO TELEFONO!!

Sangiovese Purosangue 2015: piccoli appunti di degustazione

L'edizione 2015 di Sangiovese Purosangue a Roma, apertasi con una piccola polemica sulle modalità di accreditamento dei giornalisti (a cui non darei seguito vista la sterilità della questione), è stata a mio giudizio una della più interessanti poichè, rispetto al passato, ha posto molta attenzione ai produttori meno noti e comunicati delle varie denominazioni presenti grazie all'instancabile lavoro di ricerca e selezione di Davide Bonucci e Marco Cum. Questo, ovviamente, non significa che i grandi nomi del Sangiovese non fossero presenti ma vuoi mettere la bellezza, almeno per un curioso del vino come me, di trovarti davanti al banco di degustazione un'azienda semisconosciuta come Monterotondo che ti chiede di voler degustare il loro Chianti Classico? L'azienda agrituristica, in regime biologico dal 2003, si trova a Gaiole in Chianti e presentava due Chianti Classico decisamente territoriali come il Vaggiolata (annate 2011 e 2012) e il Seretina Riserva 2011 che, per motivi diversi, ho apprezzato moltissimo grazie al loro carattere chiantigiano esaltato dalla "mano leggera" del loro papà che prendo il nome di Saverio Basagni. 


Accanto a Monterotondo, poi, non una novità ma una piacevole conferma come il Chianti Classico 2012 di Angela Fronti (Istine) che conferma anno dopo anno di essere una vignaiola decisamente brava che in futuro farà concorrenza al suo più noto zio (sapete chi è??)


Sempre in tema Chianti Classico ho apprezzato molto il 2012 de La Porta di Vertine che, complice l'annata molto particolare e calda, hadeciso di non imbottigliare una Riserva facendo un taglio unico caratterizzando il vino in struttura e concentrazione.


Sul Chianti Rufina e sulla interesssante degustazione guidata da Armando Castagno credo sia obbligatorio scrive post a parte. 

Rimanendo ancora in Toscana, zona Montalcino, tutti i presenti hanno potuto valutare in anteprima le potenzialità dell'annata 2010 del Brunello che, complice l'andamento climatico decisamente favorevole per tutta la denominazione, ha dato vita a vini dalla grandissima personalità e potenzialità che, a dirla tutta, sbagliare sarebbe stato veramente difficile anche per gli industriali di professione. 
Fattoria dei Barbi, Fattoi, Le Chiuse, Podere San Lorenzo e, novità per me, Il Ventolaio hanno dimostrato di avere, ognuno con le sue caratteristiche, vini dalla materia prima sopraffina e dal fulgidissimo futuro anche se, attualmente, non propriamente estroversi. 


Fattoi e Fattoria dei Barbi

Piccola postilla: il Brunello di Montalcino de Le Chiuse e de Le Ragnaie annata 2009 sono davvero buoni per cui non sottovaluterei questa annata che rischia, complice la grande 2010, di passare un pò troppo sotto traccia.

Sul Sangiovese di Romagna ci sono state (fortunatamente) alcune conferme e qualche bella novità. 
La prima conferma riguarda Costa Archi: Gabriele Succi ogni anno cerca di migliorare se stesso e il suo vino che all'interno della manifestazione era rappresentato da Monte Brullo 2010 e dall'Assiolo 2012. Beh, caro Succi, tra i due forse quello più in forma era il secondo che ho trovato di una bevibilità davvero eccezionale grazie al suo corpo filiforme ed etereo.


L'altra conferma prende le forme del Poggio Tura 2010 di Vigne dei Boschi che mi piace da impazzire per la sua freschezza e la dotazione di aromi floreali (grazie a vigne piantate a circa 500 metri di altezza) che mi fanno ricordare tanto, con le dovute cautele, il Chianti Classico di Lamole.


La sorpresa, firmata Romagna, arriva da un altro produttore del banco dei Bioviticulturi ovvero da quel Paolo Francesconi che ho sempre seguito ma che fino ad ora non mi aveva convinto al 100% col suo vino prodotto da agricoltura biologica e biodinamica. 
Il Limbecca 2012 è succoso, ruspante, leggero e beverino. Potrebbe diventare il mio vino da tavola soprattutto in estate se leggermente freddo. Costa poco e fa godere tanto.



Altri consigli per l'acquisto? Contucci e Le Casalte per quanto riguarda il Nobile di Montepulciano (vabbè questa era facilissima), Palazzo Piero per quanto riguarda il sangiovese di Sarteano e, ultimi ma solo perchè ne avevo già scritto tanto in passatotutti vini di Tenuta Casteani che col suo Sangiovese di Maremma crea gran belle cose!!

Alla prossima

Omaggio ad Antoine Gaita e al suo grande Fiano di Avellino

Ero passato a trovare Antoine Gaita circa 3 anni fa durante il mio giro in Irpinia. Ci ha accolti a casa sua come se ci conoscessimo già da tanto tempo. Ricordo ancora i suoi discorsi sulla chimica del vino, le sue risate e le sue speranze per il Fiano di Avellino. Ci mancherà davvero Antoine. Di seguito quello che avevo scritto subito dopo la mia visita in cantina.

Montefredane, provincia di Avellino, Antoine e sua moglie Diamante posso vantare un terroir d’eccezione per il loro vigneto di Fiano, circa tre ettari a conduzione biologica, le cui radici si incuneano tra strati di argilla e roccia, definita in zona “sassara”, che affiora nella vigna vecchia e che si interpone col suolo argilloso

In cantina non si filtra, non si chiarifica, si usano lieviti selezionati, si affina quasi esclusivamente in acciaio e lunghe permanenze sul feccino di fermentazione. Il vino deriva dall’uva che si è vendemmiata per cui questo deve avere pregi ed eventuali difetti dell’annata e del lavoro del vignaiolo.

Antoine Gaita - Foto: Luciano Pignataro

Il Fiano di Avellino “Vigna delle Congregazione” è il simbolo di Villa Diamante, un vino derivante da un leggero appassimento in vigna dell’uva la cui prima annata, la 1997, mi dicono essere ancora in splendida forma. Con Antoine abbiamo degustato tre annate: 

Vigna della Congregazione 2009 Fiano di Avellino Docg: praticamente un pupetto in fasce che però rivela fin da subito il suo carattere dotato di forte mineralità fusa a nota più “dolci” di camomilla, paglia, erbe officinali e frutta gialla. Bocca caratteristica, sapida, fresca, tesa, dotata insomma di tutti gli attributi per sostenere un bel finale lungo e fragrante. 

Vigna della Congregazione 2007 Fiano di Avellino Docg: l’annata calda ci svela un fiano “tondeggiante”, una bella signora mediterranea che ha fianchi pronunciati ed accoglienti. Miele, zenzero, cotognata sono le prime sensazioni olfattive che escon fuori accanto alla meno marcata ma immancabile mineralità. Bocca fresca, per nulla molle, che accompagna una bevuta più di pancia che di testa.

Vigna della Congregazione 2005 Fiano di Avellino Docg: sei anni cominciano appena a sentirsi, le essenze aromatiche si fanno più complesse, voluminose, c’è la mela renetta, il mallo di noce, la speziatura del curry, il rosmarino e l’immancabile tocco di roccia. Al sorso la struttura del vino è ben retta dalla trama acido-sapida che, anche stavolta, sovrintendono in finale pieno e persistente su percezioni di frutta, fiori, erbe e mineralità fumè.