Tutta l'Essenza di Simone Nardoni - Garantito IGP

Non sono un critico gastronomico, probabilmente questo sarà il mio primo e unico articolo su uno chef e il suo ristorante ma, essendo un giovanissimo IGP, non potevo non esimermi dal consigliare tutti i lettori di prendere il prima possibile la macchina in direzione Pontina.....

E dove sta questo posto? Ma fino laggiù devo arrivare per mangiare bene?

Queste, probabilmente, sono alcune delle tante domande a cui deve rispondere lo chef Simone Nardoni, 27 anni compiuti, che da qualche anno, dopo essersi fatto le ossa tra i fornelli di importanti ristoranti in Italia e Spagna, ha deciso di prendere finalmente il toro per le corna e perseguire finalmente il sogno di avere un locale tutto suo con l'obiettivo di dimostrare al pubblico le sue capacità. 

A Simone, probabilmente, piacciono le grandi sfide perchè, come scrivevo prima, ha scelto di aprire il suo ristorante, che ha chiamato ESSENZA, a Pontinia, piccolo centro semi sconosciuto in provincia di Latina (100 km da Roma) dove il nulla cosmico, in tema enogastronomico, regna sovrano grazie anche ai tanti ristorantini della zona che propongono da sempre pesce surgelato e ricette anni '80 e che vanno avanti grazie ai pochi turisti che si spostano nell'entroterra pontino durante le loro vacanze estive al Circeo.

Sapete come è stato visto inizialmente Simone dalle persone che vivono (e mangiano) in quel territorio? Come un alieno, una sorta di E.T, col cappello da cuoco che cerca di proporre nel deserto la sua alta cucina. 

Esterno. Foto: Pasquale Pace

Fortunatamente, grazie soprattutto al passaparola, Essenza sta attirando appassionati del buon mangiare da tutto il Lazio che, come me, non sono per nulla impauriti di lasciarsi alle spalle il traffico dell'hinterland romano per buttarsi a capofitto nella tranquillità dell'agro pontino.

Io, con la mia Stefy, ci siamo andati durante il mio compleanno e, appena entrati, siamo stati accolti dalla bravissima Carmen che, con gentilezza e professionalità, ci ha fatto sentire subito a casa nostra offrendoci un calice di Champagne, che non farà parte del conto, assieme a dell'ottimo pane fatto in casa accompagnato da olio locale.

Mise en place. Foto: Pasquale Pace

Sono previsti due menù degustazione: il primo prevede 5 portate a 35 euro mentre il secondo, che abbiamo scelto, si compone di 8 portate al prezzo di 50 euro. Meglio di così!

La carta dei vini è un piccolo paradiso per noi wine lover visto che contiene tante piccole chicche, italiane ed estere, a prezzi più che onesti. Da sottolineare anche una piccola verticale di Trebbiano Valentini che aspetta solo di essere bevuta....

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Prima della partenza del pranzo vero e proprio dalla cucina arriva questo delizioso amuse-bouche

Torrone e alici del Cantabrico

Poi, in un susseguirsi di emozioni vere e proprie, inizia il pranzo vero e proprio. Spero che le foto rendano giustizia ai piatti di Simone.

Pane, tonno rosso e pomodoro

Polpo e patate
Risotto mantecato con yogurt, robiola,fondo d arrosto,polvere di porcini e caffè
Cannolo ripieno di baccalà mantecato, radicchio e rapa rossa
Sgombro con cavolfiore, 'Nduja e gel di mandarino
Seppia nera e topinambur
maialino in crosta di semi, pere, carota panata e fondo di arrosto
Predessert: mela,finocchio e ananas,gelato alla vaniglia,granita di limone e spuma di zafferano
Terrina di cioccolato con gelato alla nocciola

La piccola pasticceria finale

Come detto in precedenza non sono un critico per cui evito di entrare negli aspetti tecnici dei piatti ma una cosa, da godurioso, posso dirvi: i piatti di Simone Nardoni oltre che essere belli da vedere hanno il pregio di essere "progettati" per essere estremamente equilibrati al palato in quanto morbidezze e durezze del cibo sono perfettamente cesellate da una mano che, dopo anni di esperienza, ha cominciato a trovare la saggezza dell'armonia gustativa.

Simone Nardoni
Ovvio, la strada per il successo è ancora lunga ma Simone e il suo staff sono sulla retta via. Andatelo a trovare e non ve ne pentirete. Parola di giovane IGP!

Essenza

Via Giacomo Leopardi, 8

Tel. 0773.848935

Aperto a pranzo e a cena (in estate solo a cena)

Chiuso: domenica sera e mercoledi (in estate solo mercoledi)


Il territorio e il vino del Languedoc-Roussillon - Vinix Digest 28 Dicembre 2015


Per il nuovo Vinix Digest ho scritto un piccolo articolo dove parlo del Languedoc-Roussillon è un’area da sempre caratterizzata da grandi numeri perché con i suoi 245.000 ettari di vigneti rappresenta la regione vitivinicola più vasta al mondo grazie, tra l’altro, alla capacità di produrre circa 14,4 milioni di ettolitri di vino (2014) ovvero un terzo del vino francese. 

Se volete scoprire tutto di questa zona che, nonostante i numeri, sta diventando fucina di giovani e talentuosi vignaioli non dovete fare altro che cliccare QUA per essere indirizzati alla pagina di VINIX.


Anjou Blanc Terre de Haut 2012 Domaine de Bois Mozé - Il VINerdì di Garantito IGP - Speciale Natale

di Angelo Peretti

Il fiore di tiglio ce l’ha, e anche il frutto bianco croccante. Però non aspettatevi smancerie aromatiche da un bianco così. Qui c’è la Loira dello chenin blanc, c’è la sapidità quasi marina. 


Un vino caratteriale, che si concede man mano. Può essere persino un grande aperitivo per tavole solenni. Anche a Natale.



www.boismoze.com


Una storia di Natale, col Barolo - Garantito IGP


Questa è una storia di Natale. A dire il vero è una storia di novembre, quando andai in Langa con il Macchi, il Pignataro, il Colombo, il Tesi e il Giuliani, ossia la congrega di gente che scrive di vino che sta sotto l’immeritata insegna de I Giovani Promettenti, assente giustificato il Petrini. Ma nonostante sia avvenuta in novembre, questa è comunque una storia di Natale.


Il fatto è che fra le tante bottiglie assaggiate, ne ho trovato due che mi son detto “queste le voglio per il mio pranzo di Natale”, e pazienza se nei calici avevamo del giovanissimo Barolo del 2011. Lo so che è presto berlo adesso, e in genere per il pranzo di Natale ho l’abitudine di stappare cose molto, molto avanti con gli anni. Però quelle due mi davano proprio voglia di berle.
Quando poi, finite le sessioni di assaggio alla cieca, abbiamo guardato le etichette, mi sono accorto che i due vini che volevo per forza erano fatti dallo stesso produttore, Grimaldi Bruna. Ora, di nuovo eccoci con l’obiezione: capisco che in italiano s’ha da dire prima il nome e poi il cognome, ma sarà mica colpa mia se sull’etichette sta scritto invece burocraticamente cognome e nome e così a me tocca fare il cronista restando fedele ai dettagli?

Ciò detto, ho preso la macchina e sono andato a cercare l’azienda, con licenza – brevissima – concessami dal Macchi, capocomitiva.

Google Maps m’ha guidato a Grinzane Cavour, poco fuori dalla tangenziale, in un quartiere di casette moderne. Vigne neanche una, lì sul fondovalle.

Ho suonato. M’ha aperto proprio la signora Bruna.
“Sto col Macchi e vorrei comprare del vino, si può?” ho chiesto.
Si poteva, ma avevo i minuti contati.
“Ho assaggiato il Camilla e il Badarina e mi sono piaciuti molto. Li vorrei bere a Natale, insieme con lo Champagne, ovviamente”, m’è scappato di dire, ed è vero che a Natale bevo sempre nebbioli e bolle francesi.

Però a quel punto ho capito che quando parli di Champagne a un produttore di Barolo è come se gli stessi facendo i complimenti su quanto sono belli e bravi i suoi figlioli. “Quando andiamo al ristorante beviamo Champagne anche noi. Qui chi fa vino beve Champagne” mi ha fatto lei, svelandomi quel che poi ho capito essere la diffusa attitudine champagnista dei vignaioli langhetti.

Così ci siamo messi a chiacchierare di terre di Serralunga e di vigne di Aÿ, di nebbiolo e di pinot noir. Insomma, ho fatto tardi, e il Macchi intanto mi tempestava di telefonate perché l’agenda era fitta di impegni e dovevo raggiungere gli altri.
Mi son comunque fatto un’idea, ed è che non solo in casa Grimaldi producono vino che mi piace, ma che è anche gente simpatica, con cui volentieri dividerei la tavola a cena. Per me che credo che il vino sia prima di tutto espressione di chi lo fa, questa non è evidenza di poco conto, proprio no. Peccato aver avuto poco tempo.
Ordunque, siccome questa è una storia di Natale, ecco qui i due Barolo giovinetti del mio desco natalizio.

Barolo Camilla 2011 Grimaldi Bruna


Il vigneto Camilla è un cru di Grinzane Cavour, sta intorno ai 220-250 metri d’altezza. Il nebbiolo fa macerazione per due o tre settimane. Poi si affina in tonneau e botte grande.
Il vino ha colore chiaro, ed è la tonalità granata che piace a me e che quando la trovo mi fa esclamare: “Accidenti, è nebbiolo!”

Ha naso agrumato di chinotto e vene demodé di tamarindo. La bocca è piacevolmente fresca e salata, con una liquirizia nitidissima e una florealità sottesa che mi fa pensare decisamente, ancora, al nebbiolo. C’è pulizia e snellezza, ma anche un tannino saldo che mi spinge a ritenere che il vino possa avere buona evoluzione e longevità. Elegante.

Barolo Badarina 2011 Grimaldi Bruna


Altro cru, ma stavolta di Serralunga d’Alba, La vigna è più in alto dell’altra, fra i 370 e i 420 metri. Maggiori sono anche le macerazioni, che vanno avanti fra i venti e i quaranta giorni, in questo caso. Simili invece i legni, tonneau e botti grandi. Anche qui il colore è chiaro, e dunque son doppiamente contento.All’olfatto ho trovato il sottobosco, la terra nera bagnata, la torba insomma, e anche le foglie secche. Profumi autunnali. La bocca è tannica, robustamente tannica, barolisticamente tannica. Ha il catrame, netto, e poi il cuoio, ma anche il fiore macerato, gradevole e gentile. Eppoi la liquirizia. Un rosso old fashioned e rustico quel che serve. Sapido. Gustoso.

Buon Natale, signori miei.

Grimaldi Bruna
Sede legale: via Roddino, 12050 Serralunga d’Alba (Cuneo)
Sede cantina per visita e degustazione: via Parea 7, 12060 Grinzane Cavour (Cuneo)
Tel. 0173.262094


Noventa - Pià de la Tesa 2010 - Il VINerdì di Garantito IGP

Di Lorenzo Colombo

Il "Pià de la Tesa" dell'azienda Noventa riscatta appieno una delle denominazioni considerate (a torto) minori della Lombardia: il Botticino, nome forse più conosciuto nel mondo per il marmo.


Le vigne aziendali sono collocate in una conca splendida e soleggiata. Il vino, dell'annata 2010, si presenta strutturato ma non massiccio, con un'importante e ben bilanciata nota alcolica, succoso, fruttato, fine, elegante.

Cosa volere di più.



Vinea Tirolensis 2015: la Schiava in Alto Adige - Garantito IGP


Da alcuni anni partecipiamo a VINEA TIROLENSIS, evento che si svolge presso la Fiera di Bolzano nel mese di ottobre, durante i giorni di "Hotel" la manifestazione dedicata al mondo dell'hotellerie e della ristorazione.


Durante gli anni abbiamo visto crescere sempre più il numero di Vignaioli dell'Alto Adige presenti (quest'anno erano ben settantatre) e di conseguenza anche quello dei vini in degustazione (circa trecentotrenta).

Di volta in volta ci siamo dedicati ad assaggiare i vini di una specifica zona, abbiamo così affrontato nel 2013 i Vini bianchi della Val d'Isarco, e lo scorso anno quelli della Val Venosta e del Burgraviato.

Quest'anno invece abbiamo deciso di cambiare registro, e anziché soffermarci su una specifica zona, abbiamo pensato di dedicarci ad un unico vitigno. Un vitigno, la Schiava, che è sempre stato uno dei più importanti dell'Alto Adige, ma che negli ultimi anni aveva perso sia in importanza come in ettari vitati (ancora nel 2000 se ne contavano quasi duemila ettari), ma che rimane comunque, con i suoi quasi ottocentocinquanta ettari, il più coltivato (18% della superficie vitata regionale).
Presente in tutta la regione, ha comunque la sua maggior diffusione in Oltradige, nel Meranese e nei dintorni di Bolzano e viene utilizzato in diverse denominazioni e sottodenominazioni, le più importanti delle quali sono Alto Adige Santa Maddalena e Lago di Caldaro.
Dicevamo di un vitigno spesso poco considerato, ma capace di fornire vini caratterizzati dalla semplicità e dalla facilità di beva, termini quest'ultimi da non considerarsi in senso negativo, ma che costituiscono invece il punto di forza dei vini prodotti con questo vitigno, rendendoli estremamente duttili dal punto di vista degli abbinamenti col cibo. Eccovi dunque i nostri migliori assaggi, selezionati tra i poco meno di quaranta vini degustati e suddivisi per denominazioni.

Trattandosi di una degustazione a bottiglie scoperte non inseriamo alcun punteggio (tutti i vini menzionati sono comunque stati da noi valutati con un punteggio superiore agli 82/100), i vini, all'interno di ciascuna sottodenominazione rispettano comunque il nostro ordine di gradimento). 


Lago di Caldaro Doc

È l'unica denominazione d'origine altoatesina che compare priva dell'indicazione "Alto Adige", poiché si produce anche in Trentino. Se prodotto nella zona a denominazione altoatesina, può portare in etichetta gli appellativi "classico", "superiore" e "auslese".

Weingut Klosterhof - Auslese Classico Superiore "Plantaditsch R" 2014
Color granato-aranciato molto scarico. Intenso al naso, pulito, fresco, elegante, con sentori di ciliegia speziata, tipico. Fresco, sapido, morbido, pulito, con un bel frutto (ciliegia), piacevolmente amaricante, lunga la persistenza.

Prälatenhof - Auslese Classico Superiore 2014
Color granato di discreta intensità. Buona l'intensità olfattiva, speziato, sentori di ciliegia. Fresco, elegante, con un bel frutto ed una speziatura dolce, lunga la persistenza.

Weingut Niklas - Auslese Classico "Charta" 2014
Color granato scarico. Non molto intenso al naso, pulito, elegante, ciliegia speziata. Fresco, pulito, piacevolmente speziato, leggeri accenni vegetali, lunga la persistenza.

Weingut T. Pichler - Auslese Classico Superiore "Olte Reben" 2014
Mattonato scarico. Sentori di legno al naso. Sapido e persistente, con sentori di rabarbaro. Ci ha convito più alla bocca che non al naso.

Weinberghof - Auslese "Eicholz" 2014
Granato scarico con note mattonate. Di discreta intensità olfattiva, tipico, sentori di ciliegia speziata. Fresco, fruttato-speziato, note balsamiche, bella vena acida, buona la persistenza. 


Alto Adige Santa Maddalena Doc

La sottodenominazione è situata sui versanti a Nord di Bolzano, al vitigno Schiava può essere aggiunto sino al 15% di Lagrein. Se le uve provengono dai vigneti di Santa Maddalena, Santa Giustina, Rencio, Costa e San Pietro, il vino può riportare sull'etichetta il predicato "classico".

Kandlerhof - Classico 2014
Granato di media intensità. Tipico al naso, fresco, elegante, presenta una bella ciliegia pulita. Fresco al palato, fruttato, piacevolmente amaricante, buona la persistenza.

Ansitz Waldgries - Classico "Antheos" 2014
Dall'intenso color rubino-granato. Di buona intensità olfattiva, pulito, elegante, con sentori di chinotto. Bel frutto speziato alla bocca, pulito, tornano i sentori di chinotto, piacevoli note amaricanti, buona l'intensità.

Griesbauerhof - Classico 2014
Color granato di media intensità. Tipico al naso, di buona intensità, ciliegia speziata. Di buona struttura, sapido, speziato, con bella trama tannica, lunga la persistenza su note amaricanti.

Glögglhof - Classico "Rondell" 2014
Color granato-rubino. Pulito al naso, con sentori di ciliegia speziata. Fresco, pulito, elegante, piacevolmente amaricante, leggere note vegetali, buona la persistenza. Tipico.

Untermoserhof - Classico 2014
Color granato scarico. Di buona intensità olfattiva, note di ciliegia speziata e di chinotto, accenni aromatici. Buona la struttura, sapido, bel frutto (ciliegia), spezie dolci, lunga la persistenza.

Pfannenstielhof - Classico 2014
Color rubino-granato. Di media intensità olfattiva, ciliegia speziata, tipico. Fresco, sapido, fruttato, con bella vena acida, note speziate, lunga persistenza, piacevole beva.

Erbhof Unterganzner - 2014
Rubino-granato di buona intensità. Discreta l'intensità olfattiva con sentori di ciliegia speziata. Di buona struttura, sapido, con bella trama tannica (tannini morbidi), fresco, elegante, piacevolmente amaricante, buona la persistenza.

Weingut Larcherhof - Classico 2014
Rubino-granato luminoso di media intensità. Buona l'intensità olfattiva, sentori di ciliegia speziata. Di buona struttura, sapido, amaricante, con note vegetali, buona la persistenza.

Obermoser - Classico 2014
Color granato-rubino di buona intensità. Intenso e pulito al naso, con sentori di ciliegia e note speziate. Intenso al palato, di buona struttura, accenni vegetali, piacevolmente amaricante.

Wassererhof - Classico 2014
Rubino luminoso di buona intensità. Intenso al naso, pulito, con un bel frutto rosso. Sapido, di discreta struttura, piacevolmente amaricante, buona la persistenza.

Weingut Unterhofer - 2014
Color granato di media intensità. Discreta l'intensità olfattiva, sentori di ciliegia speziata, ricordi di legno. Fresco, con accenni vegetali, bella la vena acida, piacevoli note amaricanti su lunga persistenza.

Zundlhof - Classico 2014
Color granato. Di buona intensità olfattiva, tipico, sentori di ciliegia speziata. Speziato alla bocca, con tannini in evidenza, note vegetali, amaricante, buona la persistenza.

Fliederhof - Classico 2014
Granato-rubino di discreta intensità. Media l'intensità olfattiva, sentori di ciliegia speziata. Di buona struttura, morbido ed al contempo sapido, con accenni vegetali, discreta ala persistenza.

Ebnerhof - 2013
Color granato-mattonato. Intenso al naso, speziato, con sentori di chinotto ed accenni di rabarbaro, buona l'eleganza. Asciutto, con tannino in evidenza, speziato, amaricante, lunga la persistenza. 



Alto Adige Meranese Doc (o Colline di Merano)

La zona di produzione è situata attorno alla città di Merano.

Popphof - 2014
Color granato scarico. Di buona intensità olfattiva, tipico, sentori di ciliegia speziata. Fresco, pulito, speziato, con leggeri sentori vegetali, lunghissima la persistenza su note amaricanti.

Pardellerhof Montin - 2014
Color granato di media intensità. Non molto intenso al naso, pulito, fruttato. Fresco, fruttato, con note piacevolmente amaricanti, buona la persistenza. Di piacevole beva.

Innerleiterhof - 2014
Granato-rubino non molto intenso. Tipico al naso, di buona intensità, ciliegia speziata. Fresco, speziato, con note vegetali, buona la persistenza su note amaricanti.

Alto Adige Schiava Doc
Le uve possono provenire da qualunque area vitata altoatesina, dopo la scritta "Alto Adige" è obbligatorio mettere il nome del vitigno utilizzato.

Gumphof - Vernatsch 2014
Color rubino-granato. Di media intensità olfattiva, buona eleganza, sentori di ciliegia speziata. Fresco alla bocca, di discreta struttura e buona persistenza, legno percepibile.

Weingut Ebner - Vernatsch 2014
Granato non molto intenso. Discreta l'intensità olfattiva, speziato, con frutto rosso in sottofondo. Di media struttura, fresco, amaricante, un poco semplice ma di piacevole beva, buona la persistenza. 

Igt

Pranzegg - Vigneti delle Dolomiti Rosso "Campill" (Vernatsch alte Reben) 2012
Color granato con mote mattonate. Intenso e pulito al naso, vanigliato, con legno in evidenza. Di buona struttura, sapido, si colgono ciliegia matura e legno dolce, buona la persistenza. Anche se molto buono, ci è parso un poco atipico (se si può parlare di tipicità in un vino ad indicazione geografica). 


I vini di Barone di Villagrande tra Etna e Salina

La storia aziendale di questa bella realtà siciliana si lega indissolubilmente e storicamente alla famiglia Nicolosi che fin dal XVIII secolo, grazie alla produzione di grandi vini etnei, diventa un punto di riferimento importante per il territorio tanto che l'Imperatore Carlo VI d'Asburgo, nel 1726, concesse a Don Carlo Nicolosi il titolo di Barone di Villagrande.


Marco Nicolosi - Foto:www.indianwineacademy.com

Oggi, generazione dopo generazione, spetta al giovane Marco Nicolosi, laureato in viticoltura ed enologia, l'onere e l'onore di portare avanti la produzione e la commercializzazione dei vini "di famiglia" che attualmente provengono da circa 20 ettari di vigneti che si estendono in un ampio anfiteatro, digradante verso sud, ad una quota compresa tra i 650 ed i 700 metri s.l.m.
Il terreno, ovviamente, è di matrice vulcanica per cui è sciolto e profondo, a reazione sub-acida, ricco di microelementi (ferro e rame) e mediamente dotato di potassio, fosforo e magnesio.

Vigneti - Foto: Tripadvisor

Il clima, grazie all'altitudine e all'influenza del vulcano è abbastanza diverso da quello che troviamo nel resto della Sicilia visto che le temperature in inverno sono estremamente rigide (spesso sotto lo zero) mentre in estate, dove c'è grande escursione termica tra il giorno e  la notte, le massime non sono mai elevate,

La cantina, bellissima da visitare vista la sua storicità, accoglie sia grandi botti di castagno, memoria di una "vecchia" enologia etnea, sia "moderne" barrique con le quali Marco produce i suoi vini di punta.


Cantina - Foto: www.storienogastronomiche.it

Coadiuvati da Emanuele Fioretti, novello "brand manager", Barone di Villagrande poco tempo fa ha presentato a Roma i suoi vini più rappresentativi ad un pubblico di esperti del settore ed appassionati che, come vedremo, hanno avuto più di una sorpresa.

Si è partiti, ovviamente, con l'Etna Bianco DOC Superiore 2014 (carricante 100%) che da sempre rappresenta un validissimo biglietto da visita dell'azienda grazie alla struggente territorialità del vino che presenta un ventaglio olfattivo che ci ricorda l'odore del mare, della pietra focaia, delle erbe aromatiche e della mandorla sgusciata. Al sorso è verticale, freschissimo e salato nel superbo finale. Nota tecnica: criomacerazione, fermentazione a temperatura controllata. Imbottigliamento a 6-7 mesi dalla vendemmia.



L'Etna Bianco DOC Superiore "Legno di Conzo" 2011 (carricante 100%) deriva da un singola vigna che Marco ha individuato nel tempo per le sue caratteristiche qualitative. Rappresenta per certi versi un bianco "moderno" perchè, anzichè in acciaio come il vino precedente, viene lasciato fermentare in botti di rovere per affinare successivamente altri due anni tra legno e bottiglia.  Al naso è intenso e boteriano, si percepisce la frutta esotica, il miele, il burro fuso e la mimosa mentre al sorso è sapido, deciso e morbido come una coperta di cashmire. Lunga la persistenza. Nota tecnicafermentazione in botti di rovere e successivo affinamento di un anno in legno, dopo l’imbottigliamento continua l’affinamento in vetro nelle nostre cantine per un altro anno.



Arrivano i rossi e il primo ad essere degustato è l'Etna Rosso DOC 2013 (nerello mascalese 80%, n. mantellato/n. cappuccio 20%) il cui profilo aromatico è decisamente austero e scuro grazie ad una complessità aromatica che non va oltre a sensazioni di grafite, ciliegia nera, carruba ed erbe amare. Sorso deciso, maschio, dal tannino graffiante e dalla mineralità penetrante. Un vino da uomini veri. Nota tecnica: fermentazione a temperatura controllata per 60-10 giorni dopo la svinatura in botti per 12 mesi. Imbottigliamento a 24 mesi dalla vendemmia



L'Etna Rosso "Leza di Mannera" 2010 (nerello mascalese 80%, n. mantellato/n. cappuccio 20%) rappresenta una vino molto più femminile del precedente, un contraltare che molti apprezzeranno per la sua veste aromatica decisamente sensuale che punta dritta sui fiori rossi, la frutta di rovo succosa e le spezie orientali. Sorso di grande equilibrio, vellutato nel tannino e giustamente sapido nel finale. Il vino viene non viene prodotto  tutti gli anni ma solo in concomitanza di grandi millesimi. Affinamento : Botti di castagno da 500 litri per 24 mesi e un anno in bottiglia. 


L'ultimo vino della degustazione ci porta invece a Salina dove la famiglia Nicolosi ha una piccola vigna situata in contrada Vallone Casella e dalla quale nasce il Malvasia delle Lipari Passito che Marco vinifica con grande passione donando al degustatore un nettare di carattere che spiazza, nel senso buono del termine, per il suo essere "dolce non dolce" ovvero con un apparente scarso residuo zuccherino che garantisce un sorso piacevole, non stucchevole, con finale quasi austero.


Prima di andarcene Marco ed Emanuele tirano fuori la sorpresa della giornata ovvero questa bottiglia senza etichetta!


La domanda sorge spontanea: cosa era? Beh ragazzi, un vecchio spumante metodo classico che il papà di Marco ha prodotto partendo da una base di nerello mascalese le cui caratteristiche di acidità, dovute al millesimo, non erano idonee alla produzione di un ottimo Etna Rosso. Il risultato di questo esperimento, che i Nicolosi vogliono condividere con i loro amici e clienti, è molto convincente: lo spumante, datato 1995, è ricco, intenso, con ricordi di mela cotogna, pane tostato, pera e tocchi di miele e zenzero. Il sorso è ampio e appagante. Bella scoperta e chissà se i Nicolosi, con questo risultato, non diano inizio in futuro anche ad una produzione di spumante made in Etna. Chi vivrà vedrà.

A presto e....Prosit!









Terraforte 2011 Castello di Lispida - Il VINerdì di Garantito IGP

di Stefano Tesi


Nulla ne sapevo e quando a sorpresa me l’hanno servito in un locale dove mi sarei aspettato tutt’altro, ho trasecolato: made in Monselice(PD), “naturale” del gruppo Viniveri, sangiovese e merlot, colore bello scarico,naso penetrante, frutto gentile e fragrante,bocca croccante. In azienda a 12 euro. Comprare!




La baguette? Una francesina a Roma - Garantito IGP


Lasciate ogni speranza o voi che, avvezzi a certe sedicenti baguette da autogrill, entrate a Le Carré Français di Vittoria Colonna a Roma, fra il Tevere e piazza Cavour, quartiere Prati. Perché è solo qui che in Italia si trova, almeno a modesta conoscenza di chi scrive, la baguette come la fanno le migliori boulangerie di Parigi. E cioè con la stessa tecnica, gli stessi protocolli, la stessa farina, gli stessi segreti e la stessa durata di uno dei prodotti-simbolo della panetteria d’Oltralpe.
Eh sì perché – lo ammetto, non lo sapevo! – la vera baguette è così fragrante che deve, anzi può necessariamente durare poco: quattro ore al massimo. Ed ecco quindi anche il reale motivo per il quale i nostri cugini la mangiano subito, già per strada, e se la fanno consegnare sporgente dal cartoccio o addirittura avvolta in un semplice fazzoletto. Prêt-à-manger insomma, se ci passate la parafrasi.


“E’ una cultura, volendo, diametralmente opposta alla nostra, in cui il pane si compra la mattina per tutto il giorno e deve mantenersi a lungo. Da loro, che in un certo senso sono più frivoli e più esteti, è invece il contrario: la baguette è un’arte, una cosa preziosa”, mi spiega agitando le mani infarinate il capo-fornaio Raffaele, che ha passato mesi nella capitale francese ad apprendere i segreti della materia prima di cimentarsi nei sotterranei del locale romano, dove dalle 4 di notte alle 13 del giorno sforna almeno quattro “generazioni” di baguette (praticamente 700 al giorno) per rifornire il bistrot soprastante. Mentre nel sotterraneo di fianco i pasticceri venuti direttamente dalla Francia producono a ciclo continuo e in modo strettamente artigianale dolci e pasticcini.

“I trucchi per produrre una baguette degna di questo nome sono infiniti – aggiunge – e vanno dalla materia prima ai tempi e ai modi della lavorazione, dalla lentezza e dai ritmi dell’autolisi a quelli di riposo dell’impasto. Anche se, alla fine, la vera differenza la fa l’abilità del fornaio, che deve imporre un taglio fatto con il rasoio a mano libera sul pane prima di infornarlo: lunghezza standard, profondità standard, intervallo standard. Senza sbagliare di un millimetro. Un colpo di bisturi che richiede anni di esperienza: da esso dipende l’uscita e la durata della giusta quantità di azoto dall’impasto e, quindi, la qualità finale del prodotto”, spiega. “La mia baguette? E’ quasi uguale a quella del mio maestro. Le uniche differenze sono un calibro ancora non corrispondente al centesimo con il protocollo stabilito per i concorsi e una lucentezza della crosta appena inferiore al dovuto. Ma questo dipende dalla composizione molto calcarea dell’acqua romana, non da me”, conclude.

Lievito fresco per baguette

Dalla prova d’assaggio, che alla fine almeno per noi italiani è quella che conta, il prodotto esce a testa altissima: gran profumo, croccantezza perfetta senza dispersione alcuna di crosta, fragranza oronasale che in bocca si riverbera in una sapidità, una consistenza e una alveolatura cedevole a cui è oggettivamente difficile resistere. Se poi ci si spalma il burro sopra (francese, ça va sans dire), il peccato mortale di gola è compiuto.
Per guadagnarsi definitivamente l’inferno morale, ma il godimento terreno, basta poi salire le scale ed esplorare per intero Le Carré Français.

Le Carré Français, baguette in attesa di taglio
Le Carré Français, taglio della baguette
Le Carré Français, baguette con taglio

Che non è certo una semplice panetteria né una pasticceria specializzata in prodotti transalpini, ma un interessante format commerciale costruito intorno alla gastronomia francese e ideato da Jill Mahè, ex editore bretone messosi a capo di una cordata di artigiani del cibo suoi connazionali: i panettieri Michel Galloyer (fondatore de Le Grenier à Pain, con 29 boulangerie in tutta la Francia) e Jean-Noël Julien (per tre volte primo classificato, guarda caso, al concorso per la migliore baguette di Parigi), l’allevatore e macellaio Alexandre Polmard (fornitore di ristoranti stellati e titolare di un processo d’ibernazione delle carni che le rende quasi prive di data di scadenza), l’esperto di vini e champagne Axel Rondouin e il mugnaio Alexandre Viron del Moulin Lecomte (un mulino ad acqua nell’Eure), creatore della farina senza additivi Rétrodor, pensata ad hoc per la baguette). Formaggi (fromagerie Beillevaire) a cura di Michel Fouchereau, salsamenteria affidata ad Anne-Marie Guillard. Insomma una squadra agguerrita.

Michel Galloyer
Il locale è suddiviso in negozio, laboratorio, cucina e salone d’esposizione: “Un concept totalmente inedito”, sottolinea Mahé, parlantina facile e sahariana da esploratore, “con personale francese chiamato in ogni reparto per addestrare i colleghi italiani, in modo tale da creare coppie di pasticceri, di panettieri e chef di entrambe le nazionalità».


Dettaglio importantissimo che forse ho dimenticato di sottolineare sopra: Le Carré Français è anche bistrot, quindi un locale dove si mangia (interessante il brunch domenicale). Ovviamente propone solo specialità della cucina francese. E il menu è solo in italiano e in francese. “L’inglese da qui è rigorosamente bandito”, sorride Jill. “Ma solo in senso di lingua, è ovvio naturalmente.

Le Carré Français
Via vittoria Colonna 30, Roma
Tel 06/64760625
Aperto dalle 8 alle 24

Ricetta e processo di lavorazione della baguette francese

10 kg. Farina tradition
6,8 lt. Acqua a 3° (68% Acqua)
100 gr. Lievito fresco (1% Lievito fresco)
190 gr. Sale (1,9% Sale)

Autolisi (processo biologico) gira per 6 minuti a velocità 1. Riposa da un minimo di 30 minuti a 10 ore; ma dipende dalla stagione: in estate minimo 30 minuti; in inverno 10 ore. Impasto gira 10 minuti alla velocità 1. Riposa per 20 minuti in macchina, poi fa un giro alla velocità 1. Riposa altri 20 minuti, poi fa un giro alla velocità 1. Riposa altri 20 minuti, poi fa un giro alla velocità 1. In totale riposa 1 ora e ogni 20 minuti fa un giro alla velocità 1: in totale quindi 3 giri alla velocità 1. Mastelli da 8 kg. Rimangono in frigo coperti per un giorno. Toglierli dal frigo e portarli alla temperatura ambiente, spezzatrice e riposo per 30 minuti, filonatrice. Le baguette riposano altri 20 minuti. Incidere le baguette con il famoso taglio del rasoio (con una lametta). La cottura a 260° costante, valvole chiuse, vapore, poi start per circa 19 minuti.


Il Sabrage ovvero come sciabolare uno Champagne cercando di evitare figure di merda!

La tradizione di aprire una bottiglia di Champagne o di Spumante con un colpo di sciabola (in francese sabre) è molto antica, risale a quando gli ufficiali della Guardia Reale francese festeggiavano le vittorie o la loro promozione aprendo le bottiglie di champagne con un colpo netto. La sciabola sfilata dal fodero, scivolava dolcemente sul collo della bottiglia (dalla parte della costa, non della lama) e liberava il tappo con il vetro che lo attornia.

Questo tipo di apertura è spettacolare e molto gradevole da vedere e può essere eseguita solo con bottiglie contenente spumanti, perchè é grazie alla pressione che questi vini esercitano all'interno della bottiglia che il vetro del collo si allontana facilmente dal tappo.
Per perpetuare questa tradizione è stata creata da Jean Claude Jalloux, un ristoratore francese, la confraternita detta du sabre d'or .

Cercando sul web ho trovato questo tre video che fanno capire come sciabolare o meno una bottiglia di Metodo Classico. Da vedere il terzo video per...l'epic fail!




Fonte: D'Araprì e Youtube

Trentodoc Abate Nero Brut - Il VINerdì di Garantito IGP

Di Luciano Pignataro

Ci sono vini che ti porti dietro da decenni, cambia il gusto, cambiano le mode, ma loro restano importanti. Come questo semplice ma efficace Brut Abate Nero, fresco e sapido come da oltre trent’anni a questa parte, ricordo di affetti, di amicizie, di viaggi lontani. Per ricordare i sogni non realizzati e festeggiare quelli divenuti realtà.