Speriamo che dopo aver letto questo post qualcuno di voi cambi idea sulla schiava, vitigno autoctono Sudtirolese, il cui nome troppo spesso trovo accompagnato alla frase "vino da bere giovane".
Basta fare un giro sul web per capire di cosa sto parlando:
Sia chiaro, chi lo scrive ha le sue buonissime ragioni perché la schiava, in tedesco “Vernatsch”, dal latino vernaculus, ovvero domestico, per anni è stato il vitigno più coltivato in Alto Adige (fino all'80% del totale delle uve prodotte) grazie anche alla sua generosità in termini produttivi in quanto la resa media, garantita dal classico sistema di allevamento a pergola, non scendeva mai al di sotto dei 180\200 quintali per ettaro.
Uva schiava. Foto: https://www.vinix.com |
Vino leggiadro e poco tannico, la Schiava per anni è stato importata in Austria e Germania per il suo basso costo di acquisto mentre in Alto Adige, essendo spesso prodotta per autoconsumo, era da molti considerata una bandiera di spensieratezza ed understatement che veniva abbinata con la classica merenda sudtirolese a base di speck, formaggi dolci e pane nero. Questa popolarità ha di fatto tolto ogni dignità a questo vino tanto che la schiava, complice la richiesta di altre tipologie di maggiore qualità, è diventata col tempo un'uva quasi da dimenticare tanto che la sua presenza nel territorio si è ridotta drasticamente fino ad arrivare al 16-17% del totale dei vigneti.
Fortunatamente negli ultimi anni questo vitigno dalle grande potenzialità, se e solo se coltivato e vinificato secondo criteri qualitativi, è stato riscoperto e valorizzato da alcune cantine altoatesine operanti nelle migliori zone di produzione ovvero all'interno degli areali dell'Alto Adige Lago di Caldaro DOC, Alto Adige Meranese DOC e Alto Adige Santa Maddalena DOC.
Lago di Caldaro e viticoltura |
Per cercare di dare una nuova luce alla schiava partirei proprio dal Lago di Caldaro (Kalterer See in tedesco) che fu uno dei primi areali in cui le aziende vitivinicole presero atto di questa problematica la cui soluzione doveva prevedere interventi immediati e di grande impatto come, ad esempio, la progressiva riduzione della resa per ettaro che passò dai 200 quintali per ettaro agli odierni 75.
Wine center della Cantina |
In questo contesto un ruolo fondamentale l'ha giocato e lo gioca tuttora la Cantina di Caldaro (Kellerei Kaltern - Caldaro), fondata tra il 1906 e il 1908, che oggi rappresenta una importante e qualitativa realtà cooperativa che rappresenta circa 400 soci che nel territorio lavorano una superficie vitata complessiva di 300 ettari e producono vini cristallini e puri, dallo scheletro minerale e dal fascino essenziale.
Andrea Moser al centro Tobias Zingerle a dx |
Complice un evento romano che ha ospitato Tobias Zingerle e Andrea Moser, rispettivamente CEO ed enologo della Cantina, con alcuni addetti ai lavori ho avuto il piacere e il privilegio di degustare l'annata 2015 del loro Pfarrhof Kalterersee Classico Superiore, selezione di vecchi vigneti di schiava (95%) e lagrein (5%), la cui profondità e complessità gustativa, legata anche ad un affinamento sulle fecce fini per sei mesi in acciaio e grandi botti di legno, fa di questo Kalterersee Classico Superiore un esempio di come la schiava coltivata in grandi terroir possa garantire al consumatore un prodotto dalla mille sfaccettature la cui dignità può essere paragonabile ad altri grandi vini italiani.
Accanto al Pfarrhof, Tobias ed Andrea, rigorosamente alla cieca, avevano inserito per gioco altri tre tipologie di vino che, per presunte affinità cromatiche e/o organolettiche, solitamente vengono paragonate alla Schiava dell'Alto Adige.
Uno di questi calici conteneva questo liquido dal lucente colore granato la cui complessità aromatica e la finezza gustativa, decisamente sublime, ha conquistato tutta la platea di esperti che, come spesso accade in questi contesti, hanno iniziato a "sparare" le possibili soluzioni all'enigma enoico.
"Sicuramente è un vecchio pinot nero della Borgogna"
"...ma no, è un vecchio Gattinara!"
"Sbagliate, è un Etna Rosso con almeno dieci anni sulle spalle"
"Un sangiovese d'annata no?"
La risposta, che ha lasciato sbigottiti un po' tutti, è stata la seguente:
Grandissimo vino, ad oggi uno dei migliori rossi assaggiati quest'anno.
Vi ho convinto che la Schiava, se prodotta col cuore, può essere anche non bevuta giovane?
"E’ una zona vitivinicola tra le mie preferite per i suoi ottimi vini, aromatici e fruttati [...]. Qui cresce rigogliosa la Schiava, [...] che regala un vino importante e di carattere."
Luigi Veronelli, novembre 2001