Sembra finalmente essersi fermato, con la vendemmia 2016, il calo continuo della produzione e di ettari vitati che in meno di dieci anni ha visto dimezzarsi la presenza vitivinicola in questa regione storicamente rossista. In effetti scendere sotto i 100.000 quintali di uva prodotta e i 130 ettari coltivati significherebbe relegare la viticoltura a un’attività marginale.
Viene in soccorso una naturale ristrutturazione delle aziende: le piccole che non hanno resistito alla crisi hanno ormai chiuso, mentre quelle che sono state capaci di interpretare meglio le tendenze attuali hanno adesso nuovi spazi in cui misurarsi. E non dobbiamo dimenticare la presenza di realtà come Feudi di San Gregorio, che continua a investire e credere in questo territorio, e Tommasi, che ha acquisito Paternoster. Infine non possiamo permetterci di trascurare la recente voglia di una decina di aziende del Vulture di fare sistema per promuovere il proprio territorio. Segnali, insomma, che possiamo far rientrare nel fermento che oggi investe Matera e Maratea.
Al netto di queste considerazioni generali, dobbiamo dire che da qualche vendemmia la maggior parte dei produttori di Aglianico ha abbandonato l’idea di mettere in bottiglia vini troppo materici, eccessivamente pesanti e dolci, puntando più sulla mineralità e la freschezza. Un indirizzo produttivo che mette il rosso del Vulture in necessaria cura dimagrante e lo rende al tempo stesso più longevo e abbinabile alla cucina locale. A nostro giudizio la Basilicata e il Vulture in particolare hanno carte straordinarie da giocare.
Nel materano si registra una certa effervescenza, e sicuramente si può giocare con il primitivo ottenendo ottimi risultati. Nel nord della regione le condizioni pedoclimatiche favorevoli, il fascino dei castelli federiciani, la bellezza dei luoghi e dei borghi sono una cornice favorevole allo sviluppo di un territorio laborioso e ricco di risorse umane. Lo stesso Aglianico, nelle sue migliori esecuzioni, si rivela un rosso di grande fascino, spesso emozionante, in ogni caso una bottiglia non omologata e che sottolinea l’importanza della biodiversità.
Un discorso a parte merita l’impegno per il vino bianco: resta per noi incomprensibile la presenza di uve internazionali che non hanno alcun rapporto con la storia della regione, incentrata sul fiano della vicina irpina, o sul moscato e la malvasia della vicina Puglia. Questi vini bianchi, per quanto possano essere ben eseguiti, non hanno una storia da raccontare in un mondo in cui sono coltivati praticamente ovunque. Un vero peccato, visto che le condizioni di suolo e di clima sono favorevoli anche aquesta tipologia, la cui assenza ha pesato negativamente sulla vitivinicoltura regionale in un momento di contrazione sul mercato dei rossi strutturati. Mentre altre regioni hanno potuto giocare sulla diversificazione dell’offerta, la Basilicata aveva solo l’Aglianico, e ciò sicuramente aiuta a spiegare il calo produttivo. Insomma, il futuro è da ricercare tutto in vini rossi gioiosi e più leggiadri, e in bianchi di marcata impronta territoriale.
VINO SLOW
Aglianico del Vulture 400 Some 2014, Carbone
Aglianico del Vulture Titolo 2015, Elena Fucci
Aglianico del Vulture Grifalco 2015, Grifalco
VINO QUOTIDIANO
L´Atto 2016, Cantine del Notaio
Maschitano Rosso 2015, Musto Carmelitano
CALABRIA
Lo diciamo subito: non è stata un’ottima annata per questa regione. Ma paradossalmente possiamo addirittura dirci contenti così. Non del fatto che non sia stata un’annata favorevole, ovviamente, ma del fatto che i vini subiscono ancora l’andamento delle stagioni e variano al variare delle condizioni climatiche. Significa che questi vini sono fortemente legati alla vigna, più che agli interventi di cantina. Con questo non stiamo dicendo che potete stracciare le pagine a seguire, anzi. Stiamo dicendo semmai che dovrete leggerle con più attenzion,e perché raccontano di produttori che combattono con le avversità più che a ogni altra latitudine, e non parliamo soltanto di avversità della natura.
Un’annata che ha tuttavia visto l’ingresso in guida di ben cinque nuove aziende, che rappresentano il 20% del totale. Segno che in Calabria vi è un fermento vitivinicolo come in poche altre regioni, una piccola e lenta rivoluzione enologica che noi stiamo cercando di intercettare con attenzione, dimostrandoci sempre più attenti ai piccoli produttori, a quelli che passano più tempo in vigna che in cantina, a quelli che si sporcano le mani, a quelli i cui vini sanno di terra e di fatica oltre che di cardamomo, muschio bianco, ribes e marasca.
Si riconfermano a ottimi livelli i cirotani 2.0, i Cirò boys e le Cirò girl, per intenderci. Ma c’è fermento anche nelle Terre di Cosenza dove tanti piccoli produttori si stanno affacciando sul mercato con l’intraprendenza e la passione di cui questa terra ha assoluto bisogno. E poi i soliti sparuti presìdi di resistenza nella valle del Savuto, sui terrazzamenti di Palizzi e sul promontorio del cosiddetto corno di Calabria, che si affaccia sulla Costa degli Dei.
Gaglioppo e magliocco su tutti, quindi. Ma anche la riscoperta e la valorizzazione di antichi vitigni autoctoni praticamente scomparsi, che qualche produttore si impegna a riportare in auge. I vini passiti, ovviamente, occupano a sempre un posto di assoluto rilievo nell’enologia calabrese, sia nella versione “lavorata” del Moscato al Governo di Saracena, sia nella versione “nature” del Greco di Bianco e del Mantonico.
Una cosa accomuna le realtà selezionate: l’attenzione volta non soltanto al prodotto ma anche al territorio e alla sostenibilità ambientale. E mentre la Calabria nell’estate 2017 è letteralmente bruciata per mano di qualche criminale senza scrupoli, i nostri vigneron sono impegnati a mantenere puliti i confini delle loro vigne. E lo fanno con le mani sporche di terra e il viso segnato dal sole cocente, perché hanno deciso di essere felici qui e ora, nonostante tutto, perché hanno deciso di rendere questa terra una terra migliore. Gli dobbiamo molto, tutti noi.
VINO SLOW
Cirò Rosso Cl. Sup. Ris. 2013, ‘A Vita
Moscato Passito al Governo di Saracena 2016, Luigi Viola
Cirò Rosso Cl. Sup. Aris 2014, Sergio Arcuri
Neostòs Bianco 2016, Spiriti Ebbri
VINO QUOTIDIANO
Cirò Rosso Cl. Sup. 2015, Cataldo Calabretta
Petelia 2016, Ceraudo
Cirò Bianco 2016, Cote di Franze
Cirò Rosso Cl. 2015, Librandi