InvecchiatIGP: La Colombera – Colli Tortonesi DOC Timorasso “Vigna del Montino” 2013


Con Elisa Semino ci conosciamo da tanto tempo, sicuramente da oltre quindici anni perché tanto è passato da quel mio primo viaggio a Tortona alla scoperta del Timorasso che, allora, era ancora un (grande) vino poco conosciuto legato sostanzialmente alle tre grandi M del territorio: Massa, Mariotto e...Montébore.


Se non ricordo male fu proprio Walter Massa a parlarmi per la prima volta della Colombera e a portarmi a Vho, frazione di Tortona, dove mi presentò una giovanissima Elisa Semino, enologa ed allieva di Attilio Scienza, che assieme a papà Piercarlo e al fratello Lorenzo, qualche anno prima, aveva ripreso in mano l’azienda vitivinicola di famiglia puntando tutto sul recupero e lo sviluppo del Timorasso le cui grandi potenzialità erano ben note.

Elisa e il suo timorasso

Elisa, dalla sua prima bottiglia di Derthona commercializzata nel 2000, ne ha fatta tanta di strada, un percorso che, oggi, ha portato lei e la sua famiglia a condurre in maniera organica circa 25 ettari di vigneto (15 a Vho e 10 a Sarezzano) piantato su suoli che caratterizzati da tessiture franche argillose e da alternanza tra strati di arenaria e marne.

Vigneto a Sarezzano

Questa terra geologicamente antica, costituita dai sassi bianchi del Tortoniano, lo stesso suolo delle Langhe, conferisce caratteristiche inimitabili alle uve che l’azienda coltiva da oltre 60 anni: barbera, croatina, cortese e gli autoctoni nibiö e timorasso.


Ho avuto la fortuna di ritrovare Elisa Semino a Roma qualche tempo fa durante la presentazione delle ultime annate dei suoi vini e, come sempre accade in queste occasioni, è “scappata fuori” anche una vecchia annata del Montino che in etichetta riportava il millesimo 2013.


Proveniente da un unico vigneto coltivato a 250 metri s.l.m. su terreni argillosi chiari e scuri, questo vino non fa altro che confermare le enormi potenzialità evolutive del timorasso che al bicchiere si presente di un luminosissimo giallo dorato. Al naso offre uno sviluppo aromatico intenso dove ritrovo quasi una mineralità renana a cui seguono eleganti effluvi di agrumi, zafferano, erbe aromatiche disidratate ed acacia. 

Il colore de Il Montino 2013

Un compendio di profumi che ritrovo anche al sorso dove è più tangibile la capacità di questo vino di sviluppare complessità intriganti che il tempo non può far altro che esaltare grazie ad un equilibrio che, man mano, Il Montino tende a perfezionare bilanciando costantemente la sinergia tra alcol e massa acido-sapida del vino.

Vigneto Il Montino

Ad Elisa, perciò, va tutto il mio ringraziamento perchè, nonostante le difficoltà di questi anni, continua a mantenere alte le tradizioni di famiglia.

Terre Di Balbia - Calabria Rosso IGT Fervore 2018


La provincia di Cosenza sta diventando uno dei distretti vitivinicoli più dinamici del Bel Paese grazie al vitigno Magliocco che Giuseppe Chiappetta, vignaioli di Terre di Balbia, vinifica in purezza regalando un vino che ha lo scatto, la personalità e la purezza territoriale dei grandi vini rossi italiani.



Cantina Tollo – Cerasuolo d’Abruzzo Dop “Hedòs”


Più giro per cantine sociali più mi accorgo, rispetto a qualche anno fa, che la situazione delle aziende cooperative vitivinicole italiane sta costantemente migliorando sia a livello produttivo sia, soprattutto, dal punto di vista economico-sociale visto che queste strutture, per i soci, stanno divenendo una importante fonte di reddito che impedisce agli abitanti locali – e in particolare ai giovani – di spostarsi altrove per cercare migliori opportunità.


Tra i vari esempi virtuosi che posso fare in Italia, l’abruzzese
Cantina Tollo è sicuramente la realtà che negli ultimi tempi sta compiendo passi da gigante grazie ad una serie di progetti, come quello chiamato “Vigneto Avanzato”, che ha introdotto una remunerazione per i soci (azionisti) basata su ogni ettaro lavorato e non su ogni quintale prodotto, stabilendo così un radicale cambiamento di filosofia di produzione che vede ogni azionista, circa 620 soci che gestiscono 2500 ettari di vigneto, parte integrante della cantina che si gioverà, al contempo, di un miglioramento costante della qualità della materia prima prodotta.


Il buon livello della produzione di Cantina Tollo lo si può percepire chiaramente degustando i suoi vini più rappresentativi come, ad esempio, l’Hedòs, il suo classico ed intramontabile Cerasuolo d’Abruzzo Dop (100% montepulciano) che proprio quest’anno ha celebrato le venti annate prodotte attraverso la creazione, tra l’altro, di una nuova etichetta dotata anche di codice braille.


L’
Hedòs 2022 me la sono bevuto una sera a cena a Palazzo Ripetta, a Roma, e fin da subito, mettendo il naso nel bicchiere, mi ha ricordato perché è uno dei miei rosati abruzzesi preferiti visto che evoca fragranze di gelatina di ribes, rapa rossa, melagrana, confettura di rose, muschio e toni di erbe aromatiche. Al gusto conquista per personalità associata ad una beva fresca e spensierata perfettamente sintonizzata al naso. Davvero un vino appagante che, a mio giudizio, rappresenta un perfetto compendio del lavoro di Cantina Tollo per il suo territorio.

InvecchiatIGP: Ca’ Lojera - Lugana 2004


di Lorenzo Colombo

Conosciamo Ambra Tiraboschi da ormai molti anni, l’avevamo incontrata assieme alla figlia Alessandra in occasione di un evento dedicato al vino svoltosi su un battello in navigazione sul basso Lago di Garda, se non ricordiamo male si trattava di Calici di Stelle, la manifestazione, organizzata dal Movimento Turismo del Vino che si svolge da molti anni la sera del 10 agosto. Frequentavamo la zona del basso Lago di Garda da molti anni, dalla metà degli anni Settanta ed avevamo già assaggiato la maggior parte del Lugana prodotti – ricordiamo a tal proposito quello allora assai in voga, il Visconti Collo Lungo- ma non conoscevamo l’azienda Ca’ Lojera, da poco nata e di proprietà di Ambra e Franco Tiraboschi.


Fatto sta che durante la serata ci troviamo casualmente -mia moglie ed io- al tavolo con Ambra ed Alessandra, si chiacchiera, si parla di vino ed assaggiamo il loro Lugana che ci piace molto. 
Facciamo presente che frequentiamo la zona da molti anni ma che non conoscevamo né azienda né vino e ci ripromettiamo di fare una visita in azienda quanto prima. Da allora ne è nata un’amicizia, anche se negli ultimi anni, non frequentando più spesso il Garda ci si è un poco persi di vista.


L’azienda Ca’ Lojera nasce nel 1992, prima d’allora Franco Tiraboschi era un produttore d’ortaggi oltre che d’uva ed Ambra s’occupava di tutt’altro, ma da quell’anno il focus diventa il vino, con produzione propria. 
Da allora ne è passata d’acqua sotto i ponti, Ca’ Lojera è da tempo un marchio conosciuto e la qualità dei suoi vini, soprattutto i Lugana, è attestata dai numerosi riconoscimenti da parte di tutte le guide enologiche.


La cantina si trova a Rovizza di Sirmione mentre gli uffici ed il wine shop sono situati a Peschiera del Garda, il Località San Benedetto. 
Dai 20 ettari di vigneti si ricavano annualmente circa 160.000 bottiglie, non solo di Lugana (anche Superiore, Riserva e Spumante), ma anche di altri vini sia bianchi (da uve Chardonnay), che rossi (Merlot e Cabernet) che rosa.

Il focus aziendale rimane comunque il Lugana.


Il vino che abbiamo assaggiato per la rubrica InvecchiatIGP è un semplice Lugana, semplice nel senso che non si tratta né di Superiore né di Riserva, un vino d’annata, come suol dirsi, non concepito certamente per essere degustato a vent’anni dalla vendemmia, anche se i Lugana sono ben noti per la loro longevità.


Abbiamo aperto la bottiglia -frutto quasi certamente di una delle nostre prime visite in azienda - con una certa titubanza, avendo avuto cura di prepararne un’altra – di un vino rosso - nel malaugurato, ma possibile, se non probabile, caso di vino difettoso o ormai a fine carriera, ma così non è stato.


Il tappo è fuoriuscito intatto, senza alcuna fatica, bagnato per circa un terzo della sua lunghezza (la bottiglia è sempre stata conservata coricata), nel bicchiere abbiamo trovato un vino dal color giallo dorato, intenso e luminoso, molto bello.
Non molto intenso al naso, un poco chiuso, timido diremmo, con nessun evidente, seppur minimo, segno d’ossidazione, non male come inizio.


Man mano emergono leggeri sentori di frutta secca (nocciole e noci) e di fiori secchi e qualche leggerissimo accenno idrocarburico, sbuffi d’arancio completano il quadro olfattivo. Sapido ed asciutto alla bocca, integro, con leggere note di nocciole e di mela matura e qualche lieve sensazione tannica, col tempo cogliamo alcune note di distillato di mele, la vena acida (arancio maturo) gli dona ancora freschezza, la nota alcolica è ben presente mentre il corpo invece appare un poco magro al contrario della persistenza, in questo caso lunghissima.

Cosa voler di più da un vino con quasi vent’anni d’età? 

Quinta de Gomariz - Vinho Verde Doc Loureiro 2022


di Lorenzo Colombo

Il Vinho Verde può essere prodotto nella regione del Minho (nord del Portogallo) con oltre una quarantina di vitigni sia bianchi che rossi.


Il vino degustato prodotto con uve Loureiro è caratterizzato da una notevole freschezza agrumata e da una bassa gradazione alcolica il che lo rende adattissimo ad un consumo estivo.

Alla scoperta del Cabernet Franc della Loira attraverso le sue otto AOC


di Lorenzo Colombo

Il Cabernet Franc, con 33.170 ettari (73% della superficie mondiale) è il settimo vitigno per estensione della Francia ed è l’uva a bacca rossa più diffusa nella Valle della Loira, ve ne sono infatti ben 14.000 ettari - la stessa estensione vitata che occupa nel bordolese - e costituisce il 56% della superficie vitata -dei vitigni a bacca rossa- della regione.


Nelle diverse regioni francesi assume diversi sinonimi, nella Valle della Loira è conosciuto anche come “Breton” ed è diffuso principalmente nelle regioni vitivinicole della Touraine (37%) e dell’Anjou-Saumur (24%).
Il vitigno viene utilizzato in numerose Aoc della regione sia per produrre vini rossi e rosé come pure per produrre vini spumanti (Fines Bulles).


Nel corso di una Masterclass, nell’ambito del press tour Val de Loire Millésime 2023 abbiamo avuto l’opportunità d’assaggiare otto vini - di altrettante Appellations - prodotti con questo vitigno così da poterne comprendere le diverse caratteristiche.


Ecco quant’abbiamo degustato con alcune brevi info sulle rispettive denominazioni (i vini sono elencati in ordine di preferenza):

Aoc Saint Nicolas de Bourgueil

Il territorio di quest’appellation è limitato al solo comune di Saint Nicolas de Bourgueil, nella Touraine occidentale, vi si possono produrre unicamente vini rossi (99%) e rosé solamente con Cabernet Franc (il disciplinare di produzione ammette sino al 10% di Cabernet sauvignon), la superficie vitata è di 1.100 ettari, i produttori sono 140 e la produzione annuale è di 8 milioni di bottiglie.
I vigneti sono situati sopra un terrazzo alluvionale, i suoli nelle zone più basse sono in genere sabbiosi e ghiaiosi, sopra i terrazzamenti si trova della pietra da costruzione calcarea ricoperta di sabbia.


Domaine du Mortier - Aoc Saint Nicolas de Bourgueil “Dionisos” 2020 

Le uve provengono da vigneti d’oltre 50 anni d’età situati su suolo argilloso-calcareo (Tuffeau), fermentazione in tini di legno ed affinamento in botti di rovere usate per 12 mesi. Profondissimo il colore, purpureo. Naso intenso ed elegante, frutto rosso, leggeri accenni di peperone. Fresco e strutturato, succoso, note piccanti di pepe, lunga la persistenza.


Aoc Anjou Brissac

Anche quest’appellation è riservata unicamente ai vini rossi prodotti solamente con Cabernet Franc e Cabernet sauvignon. Situata nell’Anjou, a Sud della città d’Angers, pur sviluppandosi sul territorio di 10 comuni vanta una superficie totale limitata a 110 ettari vitati, la produzione annuale è di 573.000 bottiglie, suddivise tra 30 produttori. I vigneti sono situati sopra un altopiano scistoso dove si trova anche quarzo, arenaria, limo, roccia vulcanica e talvolta anche sabbia.


Domaine des Rochelles - Aoc Anjou Brissac “Breton” 2019

Cabernet Franc in purezza provenienti da vigneti di 25 anni d’età situati nella Coteaux de l'Aubance, il suolo è composto da scisto verde e grigio e l’esposizione è a Nord-Ovest. Vinificazione ed affinamento si svolgono in vasche d’acciaio dove il vino sosta a maturare per un anno. Nota: Breton è il nome a volte utilizzato in Loira per indicare il Cabernet Franc. Color rubino di buona profondità. Pulito al naso, bel frutto, note balsamiche e di legno dolce. Mediamente strutturato, molto fresco, succoso, note minerali, bel frutto, lunga la sua persistenza.


Aoc Saumur-Champigny

La denominazione Saumur-Champigny è riservata unicamente ai vini rossi prodotti in otto comuni situati attorno a Saumur, queta città è stata la capitale degli Ugonotti sotto il regno di Enrico IV. I vigneti, che s’estendono su 1.550 ettari, sono sparsi a macchia di leopardo su suoli composti in genere da tufo gessoso, vi si possono produrre unicamente vini rossi dove la componente principale è il Cabernet Franc -che deve entrare per almeno l’85% nei vini - al quale possono essere aggiunti Cabernet Sauvignon e Pineau d’Aunis. La produzione annuale è di 11 milioni di bottiglie ed i produttori sono 130.


Domaine Des Sanzay- Aoc Saumur - Champigny “Vielles Vignes” 2020 

Cabernet Franc da viti di oltre 50 anni d’età, allevate su suolo argilloso-calcareo, fermentazione in tini senza aggiunta di lieviti selezionati, affinamento in botti per 12 mesi. Rubino purpureo di buona intensità. Buona l’intensità olfattiva, bel frutto, leggere note selvatiche. Dotato di buona struttura, fresco, accenni di pepe, leggere note verdi, buona la persistenza. 


Aoc Saumur Puy-Notre-Dame

Sebbene l’area di produzione dell’Aoc Aoc Saumur Puy-Notre-Dame s’estenda sul territorio di ben 17 comuni situati una ventina di chilometri a sud di Saumur, l’area vitata di quest’appellation è solamente di 60 ettari principalmente situati nei tre comuni di Puy Notre Dame, Vaudelnay e Brossay a 80 metri d’altitudine su suoli calcarei composti da tufo. Anche questa denominazione prevede unicamente la produzione di vini rossi dove la componente principale è il Cabernet Franc al quale può essere aggiunto sino al 15% di Cabernet Sauvignon. Sono 320.000 le bottiglie prodotte e 30 sono i produttori.


Domaine Saint Landor - Aoc Saumur Puy-Notre-Dame “L’Obligè” 2019 

Cabernet Franc in purezza, i vigneti si trovano su suolo argilloso-calcareo e la resa è di 40 ettolitri/ha. Affinamento in barriques nuove per 15-18 mesi. Rubino intenso e luminoso. Frutto rosso maturo e dolce, ciliegia, balsamico. Fresco e succoso, con bella trama tannica, accenni vegetali, buona vena acida, buona la persistenza. 


Aoc Anjou

Quella di Anjou è un’Aoc regionale che s’estende sul territorio di ben 151 comuni, la stragrande maggioranza dei quali (128) situati nel Maine-et-Loire. Qui, su 1.500 ettari di vigneti, si possono produrre sia vini rossi (65% della produzione), bianchi (30%) e Fines bulles (5%).
I vini rossi possono essere prodotti con Cabernet Franc, Cabernet sauvignon, Gamay, Pineau d’Aunis e Grolleau, questi due ultimi vitigni possono essere utilizzati per un massimo dl 10%. Data la vastità dell’area vi si trovano suoli diversi anche se a grandi linee possono essere raggruppati in due tipologie chiamati Anjou Noir e Anjou Blanc, la prima area, che è anche la più vasta è composta in genere da scisti scuri, mentre la seconda e composta da “tuffeau”, ovvero tufo gessoso. La produzione annuale è di 9.200.000 bottiglie ed i produttori sono 400.


Château de Passavant - Aoc Anjou Rouge 2021

90% Cabernet Franc e 10% Grolleau allevati su suoli composti da degradazioni di scisto verde, vinificazione ed affinamento per circa sei mesi in vasche d’acciaio. Color rubino-granato. Bel naso, intenso, fresco, pulito, frutta rossa fresca, ciliegia, leggere note speziate. Mediamente strutturato, succoso, bel frutto, accenni piccanti, buona la persistenza. Vino non molto complesso ma di piacevolissima beva.


Aoc Chinon

L’area dell’Aoc s’estende sul territorio di 26 comuni su entrambe le sponde della Vienne alla sua confluenza nella Loira, sono 2.350 gli ettari a vigneti suddivisi tra 200 produttori. La produzione annuale è di 12.400.000 bottiglie, per l’85% si tratta di vini rossi, il 10% rosé e solamente il 4% di vini bianchi.
Il vitigno principale è il Cabernet Franc che può essere coadiuvato nella produzione di vini rossi e rosé dal Cabernet sauvignon, mentre i vini bianchi sono prodotti con lo Chenin Blanc.


Vi si possono trovare tre principali tipi di suoli: ghiaia e sabbia nei terrazzi alluvionali ai margini della Vienne, tufo giallo sulle colline, e argille, selce e sabbia sugli altipiani mentre il clima è di natura oceanica con le colline, orientate a Est ed ovest che godono di un ottimo soleggiamento, condizione ideale per i vigneti di Cabernet Franc.

Domaine Fabien Demois - Aoc Chinon “Domaine de la Doulaye” 2020

Da viti di 45 anni d’età, parziale affinamento del vino in tini e botti per un anno. Colore tra il rubino profondo ed il purpureo. Frutta rossa matura, ciliegia, fresco, pulito, piacevole. Discreta struttura, buona trama tannica, piacevoli note verdi, accenni di peperone, leggere note piccanti, buona la sua persistenza. 


Aoc Saumur

L’area dell’Appellation Saumur comprende il territorio di 27 comuni nel Maine-et-Loire, 9 nella Vienne e 2 nella Deux-Sèvres per un totale di 2.330 ettari di vigneti.
570 ettari sono destinati alla produzione di vini rossi che sono il 20% del totale prodotto, 380 ettari sono quelli destinati ai vini bianchi (15%) e 110 ettari sono quelli riservati ai vini Rosé (4%) tutta la parte rimanete viene utilizzata per produrre i Fines Bulles, ovvero i vini spumanti che coprono il 61% dei 17 milioni di bottiglie totali prodotti annualmente nell’Aoc Saumur.


I vigneti sono diffusi a macchia di leopardo su suolo composta da cumuli gessosi di tufo (Craie) o scistoso (Anjou noir), il clima è temperato oceanico con i vigneti più distanti dal fiume che s’avvalgono d’un clima più continentale. Nella produzione dei vini rossi s’utilizza principalmente Cabernef Franc (minimo 70%) mentre gli altri vitigni sono Cabernet Sauvignon et Pineau d’Aunis. Per i Rosé entrano in gioco nuovamente Cabernet Franc et Cabernet Sauvignon mentre il vitigno utilizzato per i vini bianchi è lo Chenin Blanc.


Per la produzione dei vini spumanti (sia bianchi che rosé) i vitigni che possono essere utilizzati sono numerosi: Chenin Blanc (qui chiamato anche Pineau de la Loire – minimo 60% negli spumanti bianchi), Chardonnay, SauvignonBblanc, Cabernet Franc (minimo 60% negli spumanti rosè), Cabernet sauvignon, Gamay, Grolleau gris, Grolleau, Pineau d’Aunis, Pinot Noir.

 Domaine de la Paleine - Aoc Saumur Rouge “La Paleine” 2020

Le uve provengono dalla zona di Le Puy-Notre-Dame, il suolo sul quale si trova il vigneto – condotto in regime biodinamico- è composto da roccia marnosa, marna gialla e ocra e le viti hanno un’età media di 25 anni. La fermentazione si svolge con lieviti indigeni. Color rubino, profondo e compatto. Frutto rosso maturo, spezie dolci.
Frutto maturo, tannino leggermente asciugante, leggere note verdi, buona la persistenza. 


Aoc Bourgueil

L’Aoc Bourgueil si sviluppa sul territorio di otto comuni dell'Indre-et-Loire, la superficie vitata è di 1.400 ettari, le aziende vinicole sono 120 e la produzione annuale è di circa 65.000 ettolitri. Il vigneto di Bourgueil è composto da due diversi suoli, quello più vicino alla Loira è costituito da sabbia e ciottoli, chiamati localmente “Graves” mentre i suoli più collinari sono costituiti da argilla e calcare fine “Tuffeaux”. Si possono produrre unicamente ini rossi e rosé con Cabernet Franc, è inoltre ammesso un massimo del 10% di Cabernet Sauvignon.



Domaine Nau - Aoc Bourgueil 2021

Rubino di buona intensità. Frutto rosso più maturo del precedente vino, accenni di spezie dolci. Discretamente strutturato, accenni vegetali (si sente bene il vitigno), chiude leggermente amarognolo e con un tannino un poco verde.

InvecchiatIGP: Sergio Zingarelli - Chianti Classico Gran Selezione 2011


di Stefano Tesi

A volte capita di avere molte ricorrenze da festeggiare. E di recente a Rocca delle Macie – la fattoria chiantigiana fondata dal produttore cinematografico Italo Zingarelli nel 1973 - ne avevano una caterva.

Sergio Zingarelli

Hanno cominciato nel 2021 per il mezzo secolo di “Trinità”, il caposaldo del genere “western & sganassoni”, hanno continuato per i dieci lustri del suo sequel, quel “Continuavano a chiamarlo Trinità” del 1972 tuttora detentore del record assoluto di incassi, e hanno appena finito col cinquantenario dell’azienda, ora guidata dal figlio di Italo, Sergio, e dalla sua famiglia. Un’autentica maratona celebrativa che ha dato origine a pregevoli tomi illustrati, a un museo rurale dedicato all’epopea trinitaria, a bottiglie commemorative e a una pioggia di aneddoti che a raccontarli tutti ci vorrebbe un altro volume.


All’ultimo appuntamento non poteva però mancare una degustazione tecnica di uno dei vini aziendali di punta, il Chianti Classico Gran Selezione Sergio Zingarelli. O meglio una verticale di dieci annate, dalla 2010 alla 2019, condotta dal patron e dall’enologo Lorenzo Landi. Si tratta di un cru: le uve provengono dal vigneto Le Terrazze, presso il centro aziendale, su terreni di alberese che tendono a far ritardare la maturazione dei grappoli e a favorire la freschezza e la concentrazione, dando così un prodotto austero e longevo. Prodotto fino al 2013 con un taglio di Sangiovese al 90% e Colorino, dal 2014 è fatto invece con solo Sangiovese


Anni fa ci aveva impressionato l’annata 2012, ma non avevamo mai avuto l’opportunità di assaggiare la 2011, un millesimo climaticamente non troppo ondivago, con una primavera mite, piogge tra maggio e giugno, un’estate nella media e un’esplosione di caldo siccitoso dalla metà di agosto, con una vendemmia leggermente anticipata.


Il risultato è un vino dal rubino caldo e intenso, con un’unghia appena aranciata. Al naso è pieno, composto ed elegante, profondo, con un frutto ben presente e una lontana nota resinosa che rimane impressa nella mente e torna anche al palato, dove il vino assume austerità, verticalità e un’ampiezza che, però, non vira in ridondanza. Una Gran Selezione importante, quindi, che tuttavia si mantiene nei canoni di una piacevolezza severa e coerente alla vocazione delle uve e del territorio. Dovendo dargli un punteggio, che per abitudine non do mai se non a mio uso e consumo interno, direi che questo 2011 si piazza tra i primi tre della decina. E che sarebbe interessante riassaggiarlo tra un ulteriore lustro.

The Coffeetails Experience: successo per il Maestro di Mixology Dennis Zoppi al DoubleTree by Hilton Rome Monti


Cosa c’entrano drink, mixology e caffè? Lo ha ben spiegato Dennis Zoppi, la stella Cremonese dei cocktail creativi, che venerdì 7 luglio ha deliziato con la sua vena artistica gli ospiti del Mùn, il Rooftop Cocktail Bar all’ottavo piano dell’Hotel DoubleTree by Hilton Rome Monti.


Zoppi e Lavazza

Noto a livello nazionale per le esperienze multisensoriali che regala con i propri cocktail, Zoppi è stato scelto da Lavazza come ambassador grazie al suo innato amore per il caffè e alla continua ricerca per farlo diventare un vero e proprio ingrediente di mixology. E la scelta di Lavazza non è affatto casuale: il tentativo di allungare “l’orario del caffè” anche al dopo cena è iniziato con l’invenzione dei Coffeetails, drink unconventional a base di caffè.
Se la cosa può lasciare perplessi, ci ha pensato Zoppi a far ricredere la platea dell’evento, presentando due Ceffeetails inediti: Carbon Dioxide e Air. Il primo creato con vermouth bianco, burro di cacao, bitter rouge, acqua e, ovviamente, Lavazza Brasil; il secondo, Air, creato con salsa di pomodoro, bitter rouge e l’immancabile cold brew Kafa. "Adoro stupire i miei ospiti con gusti, profumi e decorazioni non convenzionali” ha raccontato Zoppi “il mio è egoismo, perché nulla mi appaga di più che vedere il loro stupore e sorriso, donare un po’ di felicità attraverso i miei cocktail, fa sentire più felice anche me, questo è il mio mezzo per esprimermi". E a stupire ci è riuscito davvero: basti sapere che, grazie ad una speciale stampante, è riuscito a personalizzare i cocktail dei vari partecipanti stampando le loro foto sui drink!

Breathe: la nuova cocktail list del Mùn Rooftop Cocktail Bar

Ad affiancare Zoppi durante la serata del 7 luglio sono stati i barman professionisti del Mùn, che hanno presentato in anteprima i drink della nuova Cocktail List del locale romano, creata da Lorenzo Verrucci. “Non parliamo del semplice assaggio di un drink ben fatto, si tratta di un viaggio attraverso ecosistemi e luoghi inesplorati.” racconta Antonio de Meo, Mixologist e Food&Beverage Supervisor “con la nostra nuova drink list parliamo agli spiriti avventurosi, a chi sogna di tuffarsi negli oceani, di esplorare deserti, giungle e foreste sconosciute. Si tratta di respirare (Breathe ndr) e sperimentare attraverso i sapori nuovi scenari, con un occhio alla sostenibilità”.


“Di certo non mancherà una componente giocosa e completamente inaspettata, dove potrebbe essere la sorte a decidere il vostro drink” interviene infine Simone Menga, Hotel Manager. Ma non ci svela di più, sembra che dovremo essere noi a scoprire cosa ha in serbo per i propri ospiti, da Agosto 2023, il Mùn.

I prossimi eventi

Il DoubleTree by Hilton Rome Monti continua a far parlare di sé: i prossimi eventi in programma riguardano un serie di Cene per la serie “Chef Sotto le Stelle”, in collaborazione con Lavazza e con Identity Brand & Business. Nuovi Chef Stellati lasceranno per una notte le proprie cucine pe calcare la scena dell’Hotel romano. I prossimi appuntamenti verranno presto svelati sui canali della struttura. (www.dtromemonti.com)

Il DoubleTree by Hilton Rome Monti

Siamo a Roma, nel quartiere Monti, alle spalle di Santa Maria Maggiore e proprio nel punto di ingresso di uno dei rioni più iconici della capitale. Il DoubleTree by Hilton Rome Monti si affaccia su Piazza dell’Esquilino e dal quartiere prende pienamente ispirazione, un mix di contemporaneità glamour e stile industriale, ma anche una grande scommessa su una variegata offerta ristorativa, aperta sia agli ospiti che al pubblico esterno, con il MiT Food & Coffee Brewery giovane e vivace bistrot con patio sulla piazza; il Mamalia accogliente ristorante con cucina a vista, che propone tradizione italiana e romana rivisitate in chiave moderna dal resident chef, per concludere poi con una ascesa all’ottavo piano dove troviamo il Mùn Rooftop Cocktail Bar con vista sulla cupola della Basilica di Santa Maria Maggiore e un’atmosfera rilassante e lontana dal caos romano.

Approfondimento sui vini della Val Venosta


di Stefano Tesi

Quando frequenti un posto per pochi giorni all’anno, ma per molti anni (supponiamo cinquanta), è inevitabile subire l’effetto di quella che si potrebbe chiamare la familiarità cadenzata. Ossia la sensazione di confortante intimità che tuttavia non ti impedisce di notare, di volta in volta, i cambiamenti dettati nei luoghi e nelle persone dal fatale trascorrere del tempo. Un po’ come succede osservando trasformarsi in uomo il nipotino incontrato per decenni solo alle feste comandate.
Ho avuto esattamente quest’impressione quando, giorni fa, ho celebrato il mio giubileo d’oro (1973-2023!) con Castelbello, magnifico fortilizio con comunità, meleti e ovviamente vigneti annessi, nel mezzo alla Val Venosta.


L’occasione me l’ha offerta l’instancabile Sonja Egger-Trafoier, amica di antica data nonché celebre donna del vino e sommelier del prospiciente Kuppelrain, il gran ristorante stellato che la famiglia Trafojer, organizzando e invitandomi alla Vinschgauer Wienpresentation, ossia alla presentazione di venti piccoli vignaioli di eccellenza valligiani ospitata proprio nelle sale del castello già appartenuto ai conti Von Hendl.


L’esperienza è stata illuminante per riavvolgere il film di mezzo secolo di paesaggi, architetture, economie e, naturalmente, vini. La bassa Val Venosta, trentacinque km da Pacines a Silandro, è punteggiata di vigneti distribuiti tra i 500 e i 1000 metri di quota e beneficiati da un clima asciutto, con forti escursioni termiche. Vi si coltivano principalmente Riesling, Pinot bianco, Pinot nero, Schiava e Gewürztraminer, ma il ventaglio come è ovvio è molto più ampio, piwi compresi. Assaio ristretta, per ragioni fisiche ed economiche, è invece la maglia fondiaria, con una forte parcellizzazione equamente divisa tra vigne e meleti. Questi ultimi un po’ in ribasso a dire il vero, dopo che sono finite le vacche grasse dei redditi: un ettaro dei secondi costa comunque ancora 80mila euro circa, a fronte dei 50mila richiesti per i primi.



E la disponibilità è zero o quasi, anche perché, se la tradizione viticola venostana è antica, lo è meno la scelta di imbottigliare i vini, che in tempi più recenti ha assecondato la rinascita della vocazione turistico-qualitativa della valle, orientata all’ospitalità di eccellenza e alle produzioni di nicchia.


Districarsi tra i novantatré campioni in degustazione ai banchi non era facile e fare delle scelte è stato necessario, senza contare le copiose distrazioni offerte dagli spettacolari affacci del castello. L’impressione generale, anche rispetto a degustazioni del passato prossimo, è stata comunque di una netta crescita qualitativa media, senza cadute o quasi, e anche di una accresciuta personalità, che senza penalizzare la piacevolezza o la freschezza della beva tende a evidenziare meglio lo stile e la filosofia di ogni singolo produttore.
Ecco, dunque, una selezione ragionata dei nostri migliori assaggi tra gli oltre 60 compiuti.

Kerner 2022 Alto Adige IGT, Weingut Engelberg, Sluderno: piacevolezza e complessità, naso screziato e denso, bocca ampia e composta.


Riesling 2021 Alto Adige Val Venosta DOC, Oberschlossbauer, Juval: pietra focaia potente e quasi pungente, bel sorso sapido, verticale, vivo.

Pinot bianco “Ria” 2022, Alto Adige Val Venosta DOC, Ansits Mairhof, Parcines: naso fragrante e nervoso, in bocca è piacevole anche grazie a un finale amarognolo.

Muller Thurgau 2022, Alto Adige Val Venosta DOC Hanns Sinkmoser zu Jufal, Weingut & Hofbrennerei Castel Juval Onterortl: la grande finezza all’olfatto non tradisce la varietalità e si trasforma in eleganza al sorso.

Pinot bianco 2020, Alto Adige Val Venosta DOC Hanns Sinkmoser zu Jufal, Weingut & Hofbrennerei Castel Juval Onterortl: al naso è preciso e gentile, con netto sentore di nocciola, mentre in bocca è sapido, lungo, asciutto.

Riesling Weingarten Windbichel 2018, Alto Adige Val Venosta DOC Hanns Sinkmoser zu Jufal, Weingut & Hofbrennerei Castel Juval Onterortl: cru elegantissimo che al naso sa di pietra assolata e in bocca è di intensa complessità.

Riesling Weingarten Windbichel 2021, Alto Adige Val Venosta DOC Hanns Sinkmoser zu Jufal, Weingut & Hofbrennerei Castel Juval Onterortl: un vino profondo, la cui varietalità screziata di accenni piccanti rimbalza dal naso alla bocca.

Riesling 2021, Alto Adige Val Venosta DOC, Lehengut, Gailsaun: le esplicite note varietali non turbano ed anzi esaltano le sottili note di flora selvatica. Bio.

Chardonnay 2021, Alto Adige IGT, Josmoar, Castelbello: il passaggio in legno dona al vino delicate note di toffees e una bocca ricca e corposa, ma non invadente.

Marmor Weiss Eschkolot 2021 Magnum, Hof Castelatsch, Tschengls: Solaris, Muscaris, Souvignier gris coltivati su vigneti cosparsi di polvere di marmo: composito, fuori dagli schemi, denso e screziato, da assaggiare.

Pinot nero “Loma” 2020, Alto Adige Val Venosta DOC, Moarhof, Castelbello: bell’equilibrio di croccantezza ed eleganza, ha un naso gentile e una bocca diretta, pulita.

Pinot Nero 2020 Riserva, Alto Adige Doc, Josmoar, Castelbello: le vigne ventannali e un parziale affinamento in legno danno al vino un’eleganza rotonda, a tratti compatta, che in bocca si rilascia piano ma poi dura a lungo.


Pinot nero “Eustachius” 2015 Riserva Magnum, Alto Adige DOC, Schlossweingut Stachlburg, Parcines: vecchie vigne a bassa resa e un equilibrato passaggio in legno danno a questo vino una solennità e un’eleganza che non lo privano di agilità, finezza, godibilità.

Debbo sempre a Sonya il privilegio di aver goduto della versione magnum dei due vini già assaggiati in formato normale. 

Et de hoc, satis!