di Carlo Macchi
La parola greca Σαββατιανό vuol dire Savatiano e, per la cronaca, si legge Savatianò, con l’accento sulla “o” finale. E’ il vitigno greco più antico e più piantato e anche se adesso sappiamo pronunciarlo correttamente sfido chiunque a farmi una presentazione, anche breve, dei vini a base savatiano. Naturalmente anche io faccio del gruppo, anzi facevo, fino a quando il nostro Haris Papandreou non ha proposto alla redazione di Winesurf una degustazione di vini da questo vitigno.
Visto che da qualche parte bisogna iniziare vi suggerisco una parolina: “Retsina”. Scommetto che questa parola vi ha aperto un mondo. Il Savatiano è infatti il vino con cui veniva (e viene) fatta la Retzina, il vino resinato greco che, più che tipico, incarna l’idea piuttosto stantia che abbiamo del vino di questo meraviglioso paese. Lo so, cosa state per dire: la Retzina è un vino quasi sempre “cheap” e quindi anche il Savatiano è un vitigno non certo di altro profilo.
Se vi do ragione per quanto riguarda la bontà della Retzina, sul Savatiano e sulla strada verso la qualità che ha fatto negli ultimi 10-15 anni mi permetto di dissentire, anche alla luce di quanto abbiamo degustato.
Ma prima dei vini inquadriamo il vitigno e la zona di produzione. Siamo in Attica, praticamente la Grecia che più Grecia non si può, la terra attorno e sopra Atene.
Sicuramente il Savatiano è la qualità più coltivata in Grecia, anche perché un’ uva che resiste al caldo dell’Attica può star bene da tutte le parti. La forma d’allevamento classica è l’alberello. Per produrre la Retzina era ed è vinificato in purezza o con un’altra uva autoctona greca, il roditis.
I brutti ricordi di Retzina del passato parlano di Savatiano vinificati male, e quindi la resina serviva per coprire i difetti. I vini che abbiamo degustato noi, ben 26, erano (a parte 2) dei Savatiano non resinati, dove le caratteristiche del vitigno spiccavano.
Normalmente un Savatianò si presenta con un colore giallo paglierino, profumi di frutta bianca e tropicale nonché di fiori bianchi , un’acidità moderata e un corpo non certo spiccato. Un vino quindi da bere giovane, nell’arco di 2-3 anni, ma che in diversi casi può oggi arrivare a 6-8 anni di buona evoluzione. Questa evoluzione può essere legata anche al legno ma dai nostri assaggi la cosa non ha avuto conferma. Certo è che, legno o non legno, i Savatiano prodotti negli ultimi 7-8 anni possono maturare molto meglio che in passato.
Non per niente uno dei vini per me migliori dell’assaggio è stato la Cuvée Vouno 2017, di Mylonas, un Savatiano di cinque anni che proviene da una vigna di 60 anni e fermenta in acciaio, dove rimane sulle fecce fini per almeno 9 mesi . Al naso note di pietra focaia, timo e una sensazione più cupa che ricorda il legno, in cui non è mai stato. In bocca mostra una sapidità che completa la sufficiente freschezza.
Anche il Vientzi Single Vineyard 2019, di Papagiannakos (forse il primo cru di Savatiano) con viti di oltre 60 anni, ha la stessa nota di pietra focaia accanto a sentori floreali e in bocca è sapido, fresco, con un corpo medio ma elegante. Proprio un buon vino.
Entrambi questi vini li trovi attorno ai 15 euro online ma il Savatiano normalmente costa meno e il Savatiano 2020 di Aoton, dimostra che con 8 euro (online) si può bere benissimo. Lo produce un giovane enologo, Gkinis Sotiris, con viti di almeno 25 anni. Color giallo dorato, ha rotondità e pienezza importante, anche se in vista sin da subito abbiamo sapidità e freschezza. Profumi sulla frutta bianca matura e una bella lunghezza completano il quadro. Un vino buono adesso e sicuramente meglio da 2-3 anni.
Vi ho presentato tre vini non proprio d’annata per farvi capire come questo vitigno possa anche maturare qualche anno e questa pur breve evoluzione lo renda sicuramente più complesso e interessante. Infatti alcuni tra i vini giovanissimi del 2021 non si staccavano dai classici aromi che possiamo ritrovare in tanti bianchi e sinceramente non mi hanno lasciato una grande impressione.
Ha fatto eccezione, per gli incredibili e potenti profumi di succo di frutta alla pera (ma veramente, sembrava di aver aperto una bottiglietta!) il Naked-Truth 2021 di Mylonas, un vino che viene definito “espressione vera del Savatiano”, ma forse l’assenza di solfiti, sia durante i mesi di affinamento che all’imbottigliamento, giocano un ruolo basilare nella connotazione aromatica. In bocca il vino è morbido e manca un po’ dal punto di vista della freschezza.
Ma dovevamo giocoforza fare anche un “salto” sul fronte Retzina e abbiamo capito che pur con tutte le accortezze attuali, pur fatta con tutti i crismi, non si riesce a superare lo scoglio nasale, almeno per noi italiani. Insomma, una degustazione molto istruttiva, come quella che, tra qualche giorno, faremo del “nebbiolo greco” l’Agiorgitiko.
In chiusura, se qualcuno volesse acquistare qualche Saviatanò può andare su https://www.ellenika.it/ unico sito specializzato sui vini greci. Può anche, se capisce il tedesco, acquistare su https://stelios-weine.de/ .
Nessun commento:
Posta un commento