di Roberto Giuliani
Siamo
in Langa, in uno dei comuni di punta del Barolo, a Monforte d'Alba, dove dimora
un'azienda che ha oltre 150 anni di storia. Come spesso accade le generazioni
che si susseguono portano idee nuove, cercano di lasciare un segno del loro
passaggio attraverso percorsi innovativi.
Claudio Fenocchio non è più un "ragazzo", anche se forse nell'animo
mantiene una gran voglia di crescere e migliorare, perseguendo strade che non
hanno nulla di azzardato ma segno di una sobrietà che solo anni di esperienza
in vigna e cantina ti possono conferire.
Cosa accomuna ad esempio il Barolo Bussia "90 dì" Riserva e l'Anima
Arancio? Il lavoro sulla macerazione, che in un certo senso sembra più un
ritorno alle origini, ma con le conoscenze di oggi. Tornare a macerare il
nebbiolo per un periodo così lungo nasce dalla consapevolezza che questa
pratica ha un senso, fornisce una serie di valori estremamente positivi al vino
che verrà, in base ovviamente alla qualità dell'annata, non è un vino che si
può fare sempre e comunque.
L'Anima Arancio, invece, è sicuramente un passo nuovo in azienda, anche se
quella di macerare l'arneis, vitigno a bacca bianca originario del vicino Roero
(e infatti il vigneto si trova a Monteu Roero a circa 350 metri slm), è
un'esperienza già affrontata da altre aziende, ma nella maggior parte dei casi
si tratta di macerazioni brevi e non di tutta la massa, qui invece parliamo di
30 giorni!
Niente legno, solo acciaio, a dimostrazione che lo scopo è quello di estrarre
tutto ciò che l'uva può offrire senza altri "aiuti", la fermentazione
fra l'altro è spontanea, senza aggiunta di lieviti selezionati né additivi.
Insomma è a tutti gli effetti un "orange wine", il colore lo dimostra
chiaramente, arancio caldo tendente all'ambrato, limpido però, pulito. La
sensazione olfattiva ha una profondità del tutto particolare, certamente
richiama l'albicocca disidratata, la cotogna, l'agrume candito, ma anche toni
minerali, quello che colpisce è l'estrema purezza espressiva, si sente che è un
vino seguito con attenzione, il risultato non è frutto di un caso ma di una
sistematica ricerca per ottenerne la massima espressione.
E all'assaggio conferma queste impressioni, rivelando fra l'altro una
freschezza che non era così intuibile dai profumi, segno che l'anima del
vitigno si è perfettamente mantenuta, con in più un delicato tocco tannico che
accompagna un frutto sì maturo ma per nulla dolce. Non è un vino ruffiano, al
contrario si racconta in modo diretto, "langhetto", e fornisce già
tutti gli elementi per intuirne tutta la potenzialità evolutiva.
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