Propongo un'interessante riflessione che mi è arrivata poco tempo fa, via mail, da parte della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti. Da leggere e, se vi va, da commentare assieme.
Sono passati dieci giorni dai fatti tragici accaduti al
Molinetto della Croda a Refrontolo (TV).
Molto è stato detto e scritto su tutti i media. Non entriamo nel
merito dei fatti, non conoscendoli nel dettaglio ed essendo essi tuttora
oggetto di indagini da parte di autorità e tecnici.
Noi vignaioli indipendenti italiani riteniamo sia importante proporre una riflessione, perché fra
le moltissime parole spese su questa vicenda il termine vignaiolo è stato
utilizzato spesso a sproposito e in maniera confusa, dimostrando che ancora
oggi a questa figura non viene riconosciuta un’identità chiara.
In questi giorni è stato deciso che i vignaioli fossero i potenziali colpevoli dell’accaduto, in un caotico attacco ad una categoria che esiste e opera da sempre nei territori di tutta Italia, con grave danno per quanti agiscono con coscienza e insieme alle loro famiglie vivono di questo lavoro.
In questi giorni è stato deciso che i vignaioli fossero i potenziali colpevoli dell’accaduto, in un caotico attacco ad una categoria che esiste e opera da sempre nei territori di tutta Italia, con grave danno per quanti agiscono con coscienza e insieme alle loro famiglie vivono di questo lavoro.
Noi soci Fivi siamo tutti vignaioli, dal più anziano
al più giovane iscritto, compresi i consiglieri eletti nel direttivo.
Siamo tutti impegnati personalmente nella nostra impresa e siamo responsabili
completamente della nostra attività, dalla cura delle vigne fino alla
vendita delle bottiglie dei nostri vini.
Essere vignaiolo significa avere un rapporto diretto con la
terra e ogni singolo filare dei nostri vigneti, quelli che quotidianamente
viviamo e di cui ci prendiamo cura.
Le nostre mani toccano materia viva, non plastica, per
questo sappiamo che ogni azione comporta una reazione. Siamo coscienti che il
nostro lavoro e la produttività della nostra azienda possono esistere
solo insieme al rispetto della nostra vigna e del territorio nel quale è inserita.
Perché senza la nostra vigna, non esiste la nostra azienda.
Vivere e produrre in uno specifico
territorio vuol dire non limitarsi a prendere, ma prodigarsi a dare;
rispettando, custodendo, tutelando e promuovendo il microcosmo che ci accoglie.
Per questo ogni nostra bottiglia racconta una storia diversa, restituendo con
gli interessi alla terra tutto quello che dalla terra ha preso.
Un vignaiolo non può essere autolesionista, per definizione.
Riteniamo insensato l’attacco mediatico che è stato
portato in questi giorni contro i vignaioli, perché presenta
sotto una cattiva luce un’intera categoria di persone che non sfrutta, ma custodisce
il territorio in cui vive e se ne prende cura ogni giorno cercando di prevenire
ed evitare che accadano eventi disastrosi imprevedibili, ma purtroppo
possibili.
Siamo 800 vignaioli indipendenti e nel nostro lavoro
mettiamo la faccia. Ogni giorno. Con orgoglio.
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