IGT Toscana “La Regola” 2013 è il Vino della settimana di Garantito IGP

di Lorenzo Colombo

Conosciamo da anni l’azienda dei fratelli Nuti, situata a Riparbella e ci piace molto in genere il cabernet franc.


Questo “La Regola” 2013 ci è parso uno degli esempi migliori di quanto possa dare questo vitigno, coltivato in Toscana, non lontano dal mare.
Grande eleganza ed equilibrio, senza snaturare le caratteristiche intrinseche al vitigno.

Un grande vino!

BRUNELLO DI MONTALCINO: È MORTO NELLO BARICCI

A pochi giorni dalle celebrazioni dei 50 anni del Consorzio del Brunello di Montalcino, i produttori ilcinesi piangono la scomparsa di uno dei fondatori.

È morto ieri a Siena (dove era stato ricoverato) Nello Baricci, che insieme ad altri 24 produttori nel 1967, all’indomani del riconoscimento al Brunello di una delle prime otto DOC in Italia, fondò il Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, fra le prime e più importanti realtà in Italia per la tutela e promozione del vino.


Nato a Montalcino nel 1921 da una famiglia di  vignaioli mezzadri, sposato con Ada, nel 1955 creò l’azienda agricola Colombaio di Montosoli ed è stato uno degli artefici che hanno contribuito alla crescita e successo internazionale del grande rosso toscano.

Il Presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino Patrizio Cencioni ha voluto ricordarlo con queste parole: “oggi è scomparso un grande uomo, un grande amico ed un eccellete produttore cui saremo sempre grati per tutto ciò che ha fatto. Lo onoreremo fra pochi giorni, quando era già previsto per lui un giusto e doveroso tributo in occasione dei 50 anni del Consorzio. Insieme ad un gruppo di coraggiose e lungimiranti personalità, creando il Consorzio, pose le basi di tutto ciò che oggi noi siamo e del successo internazionale della denominazione. Sempre con lo stesso coraggio e orgoglio, insieme a tutta la famiglia, ha condotto la sua azienda a Montosoli, faticosamente costruita nel 1955, portandola a diventare una delle migliori espressioni del nostro territorio. Il suo impegno, i suoi consigli, la sua disponibilità sono sempre stati per tutti noi una risorsa preziosa, così come la qualità e l’eccellenza dei suoi vini lo sono stati per l’enologia italiana. Lo ricorderemo portando avanti i valori e la saggezza che hanno sempre caratterizzato il suo lavoro e la sua persona, valori che ha saputo trasmettere alla famiglia e ai suoi nipoti Federico e Francesco, oggi alla guida dell’azienda, a cui siamo tutti vicini.

Fonte: Consorzio del Vino Brunello di Montalcino

Mazzon e il suo Pinot nero - Garantito IGP

di Lorenzo Colombo
Nel 2009, Peter Dipoli e Michela Carlotto, pubblicarono un volumetto dedicato a Mazzon ed al suo Pinot nero.


In un’ottantina di pagine veniva descritto il percorso cha ha portato, quasi due secoli fa, questo vitigno in Alto Adige, se ne evidenziava l’incremento della superficie vitata provinciale nel corso degli anni e quindi si andava ad analizzare lo stretto rapporto che lega questo vitigno con la località Mazzon.

Pochi giorni fa siamo venuti in possesso della nuova edizione, riveduta ed aggiornata, di questo prezioso documento.
Nessuno stravolgimento rispetto a quanto già pubblicato, a partire dalla prefazione, che rimane quella allora scritta da Attilio Scienza, unicamente un ampliamento –sono una decina le pagine aggiunte- ed un aggiornamento riguardante ciò che è avvenuto durante quest’ultimi otto anni
Ma vediamo in dettaglio cosa può trovare un appassionato di Pinot nero in queste pagine.

Il libro è suddiviso in due parti, la prima tratta dell’arrivo del Pinot nero in Alto Adige, delle sue prime coltivazioni a Castel Rametz, dell’evoluzione della superficie vitata dai 199 ettari del 1970 ai 427 del 2015 (8% del vigneto Altoatesino) e delle scelte clonali, sino ai dati analitici delle uve nella varie annate.

Nella seconda parte si entra nello specifico del territorio di Mazzon con l’incremento negli anni della superficie vitata a Pinot nero, dai 20,60 ettari del 1975 ai 51,60 del 2015, ne vengono analizzati  clima e suolo evidenziandone le caratteristiche che fanno unici i Pinot nero ivi prodotti; si viene inoltre a conoscere la prima citazione riguardante un Pinot nero prodotto a Mazzon (4 febbraio 1869).
Il libro è corredato di numerose fotografie, riportanti documenti storici, le prime etichette che riportano il nome di Mazzon legato al Pinot nero e di diverse e dettagliate mappe riguardanti le varie proprietà dei vigneti, i loro nomi storici e le diverse zone di maturazione.
Non manca infine l’elenco di tutti i produttori che menzionano Mazzon sull’etichetta del loro Pinot nero, con la relativa estensione vitata ed il numero di bottiglie prodotte.

Nelle ultime pagine troviamo una breve storia di Mazzon con il nome dei dodici masi di origine medioevale i cui nomi sono rimasti in buona parte invariati e con la descrizione dei principali edifici storici del paese.
In conclusione si tratta di un ottimo strumento per coloro che amano questo vitigno e vogliono conoscere maggiormente la sua storia, rapportata all’Alto Adige e nello specifico a Mazzon.

Mazzon e il suo Pinot nero
ISBN 978-88-99834-05-0

Antico Podere Casanova - Chianti Classico 2012 è il Vino della settimana di Garantito IGP

di Stefano Tesi

Devo al collega Walter Peruzzi la scoperta di questo Chianti Classico di grande levità e nerbo, bevibilissimo e profondo, niente affatto ingombrante, con un bel frutto fragrante e una bocca pulita, quasi croccante, dissetante. E’ biologico e, ci crediate o meno, costa 12 (dodici) euro.

Trattoria Dalla Rosa Alda, a prova di Vinitaly - Garantito IGP

Lancio una pubblica domanda, che poi potrebbe essere anche una pubblica scommessa, a tutti i vinitalisti: quanti di voi, al termine di una giornata di fiera trascorsa tra copiosi vini e sovrabbondanti spuntini, sognano un bel letto accogliente e quanti, invece, una tavola ulteriormente imbandita?


Credo che il 95 per cento propenda per la prima ipotesi, il quattro per cento per la seconda e l'uno per cento (quorum ego) o forse meno per la terza.
Quale? Quella in cui la gustosa cena e la confortevole dormita coincidono nel medesimo luogo.

Obbiettivo difficilissimo però da raggiungere, ve ne do atto, nel rapace contesto veronese.
Eppure esiste. E io lo frequento da anni.
E' un posto defilato, in un borgo bellissimo e dal nome un po' surreale: San Giorgio Ingannapoltron, un'altura rocciosa sulla Valpolicella. Vista e atmosfera da urlo. Come da urlo è la chiesa romanica di San Giorgio, giustamente celebre per la sua architettura, le vestigia romane e il fatto di sembrare, se guardata da fondovalle, proprio lì a due passi: inducendo così il baldanzoso viandante appiedato ad affrontare con leggerezza quelle due rampe in collina necessarie per raggiungerla. Cascavano in tal modo il viaggiatore e probabilmente pure l'asino, perchè l'erta si rivelava invece ripida e lunga assai, cosa fatale (donde il folcroristico nome, mi assicurano fonti locali) per i più "sedentari".


Bene, è qui che si trova la trattoria Dalla Rosa Alda. Anche se forse bisognerebbe chiamarla locanda, visto che a fianco di una decina di tavoli ha pure altrettante confortevolissime camere. E' un locale storico di una famiglia storica di osti (i Dalla Rosa lo sono dal 1850, scusate se è poco), dove tutto odora di quel tipo di professionalità solida ma rassicurante che solo chi riceve in casa propria e pensa di persona a mandare avanti la baracca con passione e lungimiranza sa offrire: babbo, mamma e due figli, sempre educati e disponibili, sobriamente sorridenti come sobrio è il tutto contesto. La cura si nota dai dettagli. Insomma non aspettatevi fanfare, ma molta educata, veneta riservatezza.


Il punto di forza è ovviamente la cucina, molto tradizionale di gran gusto e sostanza, servita però soavemente, senza caricature o pericolose inclinazioni vernacolari, con piatti classici locali tramandati in famiglia che ruotano attorno ad altre portate che classiche non sono, ma risultano comunque vincenti per la qualità delle materie prime utilizzate, la mancanza di orpelli e soprattutto la mano felice di chi sta ai fornelli.


Insomma, la trattoria (ben nota invero ai veronesi, assai meno ai forestieri) è uno dei classici esempi da citare per dare un volto al cosiddetto "piacere della tavola" dove gola e relax si incontrano. Tanto per citarne qualcuno, di questi volti: le tagliatelle fatte in casa "enbogonè" (cioè condite con sugo di fagioli e olio del Garda), i bigoli con le sardele, il brasato all'Amarone, la pastisada di cavallo con la polenta. Tanta sostanza ma, attenzione, niente pesantezza. Belle porzioni con ottimo servizio e cura dei particolari. La cantina rivela ottime sorprese e bottiglie tanto importanti quanto antiche (venete e non). Se poi uno, nonostante il Vinitaly o magari in periodi diversi da quello fieristico, ha ancora voglia di divertirsi e la forza di assaggiare qualche variegato bicchiere, proprio di fronte alla trattoria la famiglia ha aperto "En Tinel", microenoliteca dove sbizzarrirsi con le etichette.


Suggerimento finale per chi progetta scampagnate primaverili: da maggio a luglio la trattoria propone un menu interamente a base della famosa ciliegia Mora di Verona e visto che ormai a San Giorgio non ci si va più a piedi, ma in macchina, non c'è ormai "poltron" che possa non farsi ingannare... 


Trattoria e Locanda Dalla Rosa Alda
Strada Garibaldi, 4
Loc. San Giorgio di Valpolicella 37015 - Sant'Ambrogio di Valpolicella (VR)
Tel. +39 045 7701018
Chiuso domenica sera e lunedì
www.dallarosalda.it

Verticale storica di Pergole Torte a Pigneto 1870

LE PERGOLE TORTE A PIGNETO 1870

Verticale d'autore: 8 annate storiche, 3 magnum, 16 bottiglie.

Giovedì 20 aprile 2017, Ore 20.30
Degustazione e Cena
Pigneto 1870
Via del Pigneto, 25 - Roma

Pigneto 1870, bistrot romano con una cucina fatta di scorribande fra tradizioni regionali e internazionali nato dalla passione dello chef Andrea Dolciotti e dell'imprenditore Massimo Gabriele, ospita giovedì 20 aprile 2017 un nuovo appuntamento con il mondo del vino.
Una verticale d'autore dedicata a Le Pergole Torte in abbinamento ai piatti dello chef Andrea Dolciotti: tartare di manzo con scaglie di tartufo, carbonara, costine di maiale in salsa barbecue. 

8 annate storiche, 3 magnum, 16 bottiglie. Questi i numeri dell’appuntamento con Le Pergole Torte di Montevertine, la prima realtà nel cuore del Chianti Classico a rompere gli schemi. Sangiovese al 100% per un vino che ha scritto la storia della viticoltura italiana.

Il vino è un ingrediente fondamentale per Pigneto 1870. La carta dei vini è una piccola ma ricercata collezione alla quale Massimo Gabriele e Andrea Dolciotti sono particolarmente affezionati. Il loro impegno sta nel mantenere sempre al centro del bistrot i fondamentali della cucina e dello stare in compagnia.

In degustazione:

Le Pergole Torte 1990 Riserva (magnum)
Le Pergole Torte 1994
Le Pergole Torte 1997 (magnum)
Le Pergole Torte 2001
Le Pergole Torte 2007
Le Pergole Torte 2008
Le Pergole Torte 2009 (magnum)
Le Pergole Torte 2010

Giorno: giovedì 20 aprile 2017 | Ore: 20.30

Costo: 180 euro a persona (verticale Le Pergole Torte e cena)

Prenotazioni: +39 06 7021 401 | +39 340 3420205

Quali sono i vini che generano più lavoro? Ce lo svela uno studio Coldiretti per Vinitaly 2017

Con un totale di 19,4 milioni di ore impiegate all'anno in provincia di Chieti è il Montepulciano d’Abruzzo Doc il vino italiano a dare maggiore lavoro a livello locale, davanti al Puglia Igt con 16,5 milioni nella provincia di Foggia e alla Doc Sicilia con 16 milioni di giornate in quella di Trapani. Questo il terzetto che risulta dalla prima analisi sui vini Doc e impatto occupazionale a livello provinciale diffusa dalla Coldiretti in occasione del Vinitaly, il salone internazionali dei vini e distillati, che si tiene a Verona fino al 12 aprile. 


Nella top ten stilata dall'associazione quarto posto per il lombardo Oltrepò Pavese Doc (14,2 milioni di ore di lavoro) davanti a un “collega” del Piemonte l’Asti Docg per produrre il quale ne servono “solo” 13,4 milioni insieme al Barbera d’Asti. Al sesto posto l'Amarone della Valpolicella Docg con 13,1 milioni di ore a Verona dove pesa anche il Soave Docg seguiti da un altro gioiello della regione che ospita il Vinitaly, il Prosecco Docg con 12,9 milioni di ore a Treviso. Ci sono poi i piemontesi Barolo Docg, Barbaresco Docg, Langhe Doc e Roero Docg a Cuneo (12,4 milioni di ore), il Gavi Docg ad Alessandria (10,9 milioni di ore), mentre a chiudere è il Castel Del Monte Doc pugliese, con 9,4 milioni di ore lavorate nella provincia di Bari dove di rilievo c’è anche il Puglia Igt.

Secondo l'analisi di Coldiretti, nel 2016 il vino ha offerto opportunità di lavoro ad un milione e trecentomila persone tra quanti sono impegnati direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse, di servizio e nell'indotto che si sono estese negli ambiti più diversi: dall'industria vetraria a quella dei tappi, dai trasporti alle assicurazioni, da quella degli accessori, come cavatappi e sciabole, dai vivai agli imballaggi, dalla ricerca e formazione alla divulgazione, dall'enoturismo alla cosmetica e al mercato del benessere, dall'editoria alla pubblicità, dai programmi software fino alle bioenergie ottenute dai residui di potatura e dai sottoprodotti della vinificazione.


Il Boca DOC 2011 di Vini Barbaglia è il Vino della settimana di Garantito IGP

Di Luciano Pignataro


Una azienda, la bellezza di un rosso che si esprime con assoluta finezza nel blend di nebbiolo e vespolina, quattro anni di affinamento prima di lasciare la cantina. 
E tanti anni da raccontare a chi saprà aspettarlo, anche se è difficile non berlo subito. Efficace sui piatti di tradizione, rinfrescante. Ma soprattutto elegante.

Salviamo l'Asprinio d'Aversa - Garantito IGP

di Luciano Pignataro


La Campania del vino vive un paradosso assurdo: l’Asprinio d’Aversa, il grande bianco celebrato da Soldati e Veronelli è di fatto a rischio di estinzione. Meno di centomila bottiglie tra pochissimi produttori: Magliulo, Masseria Campito, I Borboni, Salvatore Martusciello, Vestini Campagnano e Caputo.
Non è la prima volta che solleviamo il problema ma da allora la situazione non è migliorata, anzi, se possibile, è peggiorata dopo la vicenda della Terra dei Fuochi.
Il paradosso dell’Asprinio di Aversa, un bianco acido, fresco, alla base dell’unica tradizione spumantistica in Regione, è che stava decisamente in vantaggio rispetto agli altri bianchi campani. Un vino di territorio, profondamente legato all’Aversano, il volto bianco che faceva da contraltare a quello rosso del Falerno.

da sinistra) Gianfranco Iervolino, Peppe Guida, Alfonso Pepe

Eppure questo vantaggio è stato progressivamente perso a partire dalla metà degli anni 90 perchè l’Asprinio è stato cannibalizzato dalla Falanghina per quanto riguarda la fascia medio bassa di consumo (pizzerie e trattorie), dal Fiano e dal Greco per quanto riguarda il consumo in ristoranti importanti. Addirittura, nella stessa provincia di Caserta, dal Pallagrello Bianco. Insomma la stranezza di questa situazione è che nella grande cavalcata delle uve bianche che alla fine hanno caratterizzato la Campania vitivinicola nell’ultimo quarto di secolo, proprio l’Asprinio è rimasto indietro. E questo nonostante il fatto che ci siano aziende che ci credono con forza puntando esclusivamente su questo vitigno a bacca bianca. Un paio di estati fa Slow Food ha lanciato l’appello alla salvaguardia dell’alberata, il tipico sistema di allevamento della vite maritata ai pioppi. Un metodo ancestrale, che richiede una buona specializzazione da parte di chi lo porta avanti.

Per tutti l’Asprinio è sempre stato l’abbinamento ideale con la mozzarella di bufala, un riferimento territoriale obbligato come si insegna ai corsi per diventare sommelier. A maggior ragione, adesso che questo latticino ha di fatto scalzato il fiordilatte dalle pizze, l’abbinamento viene spontaneo.
Sostenere e riscoprire l’Asprinio d’Aversa, il bianco campano doc di grande tradizione che rischia l’estinzione: è stato questo dunque l’obiettivo della serata organizzata ad Aversa da Morsi & Rimorsi che ha visto insieme tre grandi maestri del gusto (il pizza-chef Gianfranco Iervolino, lo stellato Peppe Guida di Nonna Rosa – Vico Equense e il noto pasticciere Alfonso Pepe) per sostenere le ragioni dei produttori del grande bianco campano.


Otto le aziende vitivinicole presenti al focus che rappresentano tutta la produzione: Benito Di Costanzo, Caputo, Magliulo, Masseria Campito, Numeroso, Salvatore Martusciello, Tenuta Fontana, Vestini Campagnano.
“Riteniamo doveroso – ha affermato Gianfranco Iervolino – che l’alta cucina vada in soccorso delle produzioni autoctone del territorio. Del resto, aggiunge, l’abbinamento ideale per piatti a base di mozzarella, che è uno dei prodotti più tipici di queste zone, è proprio l’Asprinio di Aversa che in molti realizzano nella versioni spumante”.

Perfetto si è infatti rivelato l’abbinamento con le creazioni esclusive dei tre maestri del gusto per la serata da Morsi & Rimorsi e, in particolare, con la frittatina di Peppe Guida realizzato con bucatini del pastificio Dei Campi, friarielli, salsiccia e nduja e con la pizza “Nonna Rosa” che il padrone di casa, Gianfranco Iervolino ha voluto dedicare proprio  allo chef stellato riportando sul top della pizza gli ingredienti di un celebre piatto di Guida: crema di patate, baccalà, scarola riccia, zeste di limone, polvere di camomilla e peperone crusco.

La versione spumante ha accompagnato lo straordinario babà di Pepe e l’anteprima della sua Colomba. La serata, organizzata dalla Event Planet, è stata divisa in tre momenti: la presentazione dei produttori di Asprinio, la degustazione e, infine, la solidarietà: i titolari di Morsi & Rimorsi (insieme a Iervolino fanno parte della compagine societaria i fratelli Capece e Gianni Malinconico) hanno simbolicamente consegnato a don Ernesto Rascato della Diocesi di Aversa l’assegno da 2500 euro, pari al ricavato della vendita della pizza Aversana, che servirà a finanziare il restauro del mosaico del Cardinale Innico Caracciolo – Secolo XVII, opera di Pietro Bracci, sito nella Cappella del Sacramento della Cattedrale di Aversa.

Moser, una vita tra bicicletta e vino. Ah, il suo Trentodoc Brut Nature 2011 è molto buono!

Anche se avevo 10 anni ed ero un bambino me lo ricordo bene quel gennaio del 1984 perchè per due volte, tra il 19 e e il 23 gennaio, tutta l'Italia si era fermata col fiato sospeso per tifare ed esultare dopo l'impresa di Francesco Moser che, nell'arco di pochi giorni, a Città del Messico aveva battuto prima Eddy Merckx e poi se stesso stabilendo il nuovo record dell'ora a 51,151 km con l'ausilio dell'innovativa bicicletta on le ruote lenticolari 
Foto: Sky Sport
Mi ricordo bene il volto stralunato di Moser al termine di quella battaglia vinta a 33 anni pedalando ad 50 km/h di media, sento ancora nella mia testa le urla di gioia di Adriano De Zan e quello speaker che nell'area rarefatta della capitale messicana gridava incredulo "Va por la hora! Va por la hora!"

Foto: Ville&Casali
Capirete, cari amici, che per uno come me cresciuto col mito di Francesco Moser non è stato facile trattenere un filo di emozione quando pochi giorni fa da Pipero a Roma me lo sono trovato vicino, assieme ai suoi figli Carlo, Ignazio e al nipote Matteo, per la presentazione del Moser Brut Nature, ultimo nato della gamma aziendale assieme al Moser Rosé e al Moser 51,151.
I Moser al completo. Foto: Trentodoc
Già, cari amici, avete capito bene, i Moser producono anche ottimo vino e la tradizione vinicola di famiglia risale agli anni '50 quando in Val di Cembra, alle porte di Trento, Ignazio Moser inizia a coltivare la vigna cedendo poi le uve bianche, soprattutto Mueller Thurgau,  alle varie cantine della zona. La vera svolta arriva negli anni '70 quando i figli Francesco e Diego cominciano ad imbottigliare il proprio vino, soprattutto Teroldego, Chardonnay e Mueller Thurgau, per soddisfare le esigenze dell'agriturismo di famiglia. Col tempo, e il successo dell'iniziativa, arrivano i primi importanti investimenti che si concretizzano della realizzazione delle prime bottiglie di Trentodoc e il trasferimento nella nuova e moderna sede localizzata nella tenuta di Maso Villa Warth, un antico podere vescovile di origine seicentesca che dai suoi 350 metri s.l.m. si affaccia sulla città di Trento.
Maso Villa Warth
Oggi, grazie alla freschezza e all'energia di Carlo, Francesca, Ignazio e Matteo,  Cantine Moser gestisce circa 16 ettari di vigneto suddiviso in tre aeree trentine dalla particolare vocazione produttiva: il Müller Thurgau e lo Chardonnay crescono sui terrazzamenti di Giovo, in Val di Cembra, mentre sono terreni ideali per rossi corposi quali Cabernet Sauvignon, Merlot e Teroldego quelli di Sorni in prossimità di Lavis. La maggior parte delle vigne si trova nell’anfiteatro di Maso Villa Warth che accoglie Chardonnay, Moscato Giallo, Gewürztraminer e Riesling Renano quanto alle uve bianche, Pinot Nero e Lagrein per quelle rosse. L’identità produttiva di Cantine Moser è dichiaratamente trentina, ad iniziare da vini bianchi quali il Moscato Giallo, il Riesling, il Gewürztraminer, il Muller Thurgau o i rossi che propongono Teroldego e Lagrein. Ma è al Trentodoc che Cantine Moser guarda con particolare attenzione sopratutto oggi che è stato lanciato sul mercato il Moser Brut Nature, millesimo 2011, che nelle intenzioni dell'azienda va a posizionarsi al vertice della gamma.
Moser Brut Nature è un Blanc de Blanc da uve chardonnay prodotte in due diverse aree vitate della proprietà, posizionate in situazioni molto diverse tra loro: la prima a Maso Warth, che è anche sede dell’azienda, un anfiteatro di vigne ad un’altitudine di 350 metri di quota che si affaccia sul comune di Trento; la seconda in Valle di Cembra dove le altitudini sono molto più importanti, tra i 500 ed i 650 metri s.l.m. Si tratta di due bacini produttivi che consentono di unire il carattere e la pienezza delle uve coltivate a minor altitudine all’eleganza e ai profumi di quelle “di montagna”.



Le uve delle singole parcelle vengono vinificate separatamente con pressatura soffice, selezione del mosto fiore, fermentazione e affinamento in vasche di acciaio a temperatura controllata. Una volta individuate le microvinificazioni da destinare al Brut Nature si procede all’imbottigliamento e all’aggiunta del liquido di tiraggio. Inizia così il lungo periodo – minimo cinque anni - della maturazione in bottiglia. 
Degustandolo si capisce immediatamente che questo Trentodoc è ancora giovanissimo e gioca tutte le sue carte non sulla complessità, che arriverà in futuro, ma sulla sua sfrenata bevibilità amplificata dalla gradevole secchezza del vino il cui sorso, tagliente come una lama, è nettamente proporzionato in tutte le sue dimensioni. Il finale, nitido e decisamente minerale, è un plus da non sottovalutare.
Buona la prima ragazzi e, per il futuro, gambe in spalla e pedalare. E' il caso di dirlo, no?!

Di Filippo e il suo Grechetto IGT 2016 è il Vino della settimana di Garantito IGP

di Carlo Macchi

Lo dico subito così mi levo il pensiero: ne ho bevute sei bottiglie in sei giorni! 

Pesca, fiori, miele, solare e non eccessiva maturità. Bocca grassa e nello stesso tempo sapida, di ottima lunghezza. Cosa manca alla descrizione, la freschezza? E’ pure fresco!

Costa molto meno di 10 euro, famo a capisse…

Rifugio Scotoni: sciare, mangiare e bere in paradiso - Garantito IGP

Di Carlo Macchi

Mettetevi comodi perché questa storia parte da lontano, sia nel tempo sia nello spazio, quest'ultimo inteso proprio come chilometri da fare, naturalmente con gli sci.
Partiamo dal tempo: conosco Manuela Frenademetz (un cognome particolare in una terra di scatenati sciatori...) da quasi 20 anni, da quando mio figlio aveva poco più di un anno e, uscendo dal  "Residence Manuela" a La Villa, me lo mettevo sulle spalle e lo portavo a sciare con me tutto il giorno. Lui si divertiva come un matto, indicandomi quando curvare tirandomi o l'orecchio destro o il sinistro. 
La sera, molto stanchi (io più di lui), tornavamo nel residence e magari mi concedevo una birra al bar, dove Manuela mi parlava dell'idea di risistemare un vecchio rifugio in un posto meraviglioso tra le montagne. Quel rifugio si chiamava e si chiama Scotoni. 
Il Rifugio Scotoni si trova in un luogo meraviglioso, raggiungibile anche con un gatto delle nevi, ma il viaggio che farete leggendo queste righe andrà avanti solo con gli sci ai piedi. Naturalmente d'estate è molto più facile arrivarci, ma a noi le cose semplici non piacciono.


Quindi preparatevi ad una sveglia di buon ora, diciamo attorno alle 7.30 e dopo un'abbondante colazione siete pronti per prendere la cabinovia che da La Villa porta al Piz La Ila. Qui gli appassionati sciatori non possono non fare almeno due veloci discese sulla Gran Risa, quella meravigliosa pista dove ogni anno si svolge uno dei più famosi slalom gigante di coppa del mondo. Dopo esserci scaldati grazie ad una delle piste più belle del mondo torniamo al Piz La Ila e da lì, salendo e scendendo, arriviamo fino all'Armentarola. 
Armentarola??? Dove si trova la Siriola diranno i più informati! 
Magari, mentre aspettiamo il bus che ci porterà al Passo Falzarego, ho il tempo per fare (dopo averla ponderata per circa 15 anni) una brevissima e per niente positiva recensione di questo famoso ristorante. Correva l'anno 2002, avevamo gli euro in tasca da pochi giorni e il 7 gennaio (occhio alla data!) decisi di andare a cena alla Siriola con mia moglie. Le guide dei ristoranti uscite qualche mese prima davano come prezzo del menu degustazione 100.000 lire vini compresi. 



Ci sediamo in un ristorante praticamente vuoto (così rimase tutta la sera) e abbiamo una bruttissima sorpresa: apriamo il menu e leggiamo “Menu degustazione, 100 Euro.” In sette giorni avevano aumentato i prezzi del 100%, complimentoni! Non mi dilungo perché il bus per il Falzarego è quasi arrivato: prendemmo il menu "100%" e purtroppo scoprimmo che quella sera lo chef era in fase negativa perché non ci fu un piatto decente, addirittura i pani che ci portarono erano carbonizzati. Chiesi di parlare con il titolare che si negò, morale della favola pagammo 240 euro in due, con la chicca del caffè che costava “solo” 10 euro. Speriamo che da allora le cose siano cambiate.


Ma lasciamo i brutti ricordi della Siriola e montiamo sul bus che in dieci minuti ci porta al Passo Falzarego, a quota 2109 metri. Qui prendiamo la piccola funivia del Lagazuoi che in un balzo ci scarica a 2800 metri, dove il panorama toglie il fiato: da una parte le Tofane, più lontano il Cristallo e sulla destra si scorgono la Marmolada e il gruppo del Pordoi, e altre decine di picchi dove l'occhio si perde in lontananza. 

Se l'occhio si perde lo stomaco è ben presente e comincia anche a dare segni di vita. Scendiamo allora sulla facile pista che, verso sinistra, ci porterà allo Scotoni. Entriamo in una serie di valli silenziose, con austeri picchi secolari da vertigine da cui, se non fosse per la neve, ti aspetteresti di veder spuntare Sioux e Navaho. Niente indiani naturalmente, solo una pista che si dipana tranquilla fino ad un rifugio adagiato su un pianoro dove ti togli gli sci, ti siedi ai classici e rustici tavoli in legno (all'esterno se è bella giornata, altrimenti all'interno) e prepari il tuo stomaco ad una sostanziosa esperienza. Se siete all'interno date un'occhiata alla mensola del camino. 

Le magnum di Champagne o di Sassicaia non dimostrano solo il passaggio di numerosissime comitive di russi, ma che il locale ha una bella e fornita carta dei vini, dove dalla Toscana si passa ad altre regioni italiane dove i rossi nascono potenti e strutturati e si arriva sino in Francia.
Ma adesso pensiamo al menu: il locale è famoso per la griglia, fatta come dio comanda e soprattutto con prodotti come dio comanda: quindi non solo carni locali ma bistecche del Cecchini tanto per dare un'idea.


Un bel piatto di carni e verdure miste alla griglia vi farà toccare il cielo con un dito, ma il mio consiglio è di chiedere se hanno fatto le patate in tegame o addirittura i Rösti: in quel caso non perdeteveli.

Le porzioni sono sempre molto abbondanti e i calici pieni salgono verso la bocca che è una bellezza: sarà l'aria di montagna (siamo a 2000 metri) sarà la semplice bontà di quello che preparano ma alla fine vi sentirete sazi e felici. 
Se vi sentite troppo sazi nessun problema: Manuela ha attrezzato anche alcune linde camerette dove poter passare una splendida notte in alta quota, magari aprendo qualche altra bottiglia davanti al camino. Per chi invece vuol tornare a valle il conto non lo alleggerirà più di tanto, diciamo 30-35 euro vini e panorama compresi.

A proposito di panorama: non perdetevi la cascata di ghiaccio a pochi metri dal rifugio!
Un'altra cosa da non perdere, dopo qualche chilometro, quando la pista si farà piatta e dovrete fare gli ultimi 500 metri per arrivare agli impianti di risalita, sono i famosi “horselift”, cioè le slitte trainate da cavalli a cui vi accoderete e, attaccati ad una fune, fare l'ultimo pezzo di strada.
La sera sarete stanchi e felici, con negli occhi meravigliosi panorami e in pancia i gustosissimi piatti del Rifugio Scotoni, un pezzetto di paradiso gastronomico nel paradiso degli sciatori.
Rifugio Scotoni
Alpe Lagazuoi, 2 - 39030 San Cassiano
Tel. +39 0471 847330 

PERIODO DI APERTURA INVERNALE: 20.12.2016 - Chiusura da definire ma di solito attorno alla metà di aprile.

PERIODO DI APERTURA ESTIVO : 17.06.2017 - 01.10.2017


Tasting Alto Piemonte: per chi ama l'alt(r)o Nebbiolo l'appuntamento è a Novara!

Mancano pochi giorni all’atteso appuntamento con Taste Alto Piemonte, la manifestazione organizzata dal Consorzio Tutela Nebbioli dell’Alto Piemonte, con il patrocinio del Comune di Novara ed il supporto della Camera di Commercio, dell’Atl e della Fondazione del Castello di Novara. 


Durante le giornate di sabato 1 e domenica 2 aprile, in una location icona del territorio come quella del Castello di Novara, i produttori vinicoli delle quattro province di Biella, Vercelli, Novara e Verbano-Cusio-Ossola si riuniranno per presentare alla stampa e al pubblico i grandi vini dell’Alto Piemonte. 

Attraverso banchi di assaggio e seminari tematici, a cui sarà possibile iscriversi sul sito eventbrite.it o con registrazione in loco, operatori ed appassionati di tutto il mondo potranno scoprire le eccellenze vinicole dell’Alto Piemonte approfondendo, grazie al contatto diretto con produttori ed esperti, la conoscenza delle 10 denominazioni: Boca DOC, Bramaterra DOC, Colline Novaresi DOC, Coste della Sesia DOC, Fara DOC, Gattinara DOCG, Ghemme DOCG, Lessona DOC, Sizzano DOC, Valli Ossolane DOC

La giornata di sabato dalle 11.00 alle 15.00 sarà riservata agli operatori di settore. A seguire, dalle 15.00 alle 20.00, si aprirà al pubblico con i banchi d’assaggio e i seminari dedicati alle diverse zone vinicole dell’Alto Piemonte, curati dall’Ais Piemonte (costo Euro 20 a persona). Il primo incontro si terrà alle ore 15.00 e illustrerà le caratteristiche dei vini delle Colline Novaresi, delle Coste della Sesia e delle Valli Ossolane mentre alle 17.00 sarà la volta di Lessona e Bramaterra. 

La domenica operatori e winelovers potranno accedere a Taste Alto Piemonte durante tutta la giornata (dalle 10.00 alle 20.00). Tre i seminari in programma: alle ore 11.00 un focus sui territori di Ghemme, Fara e Sizzano, alle 15.00 spazio ai vini di Boca e Gattinara e alle ore 17.00 grande degustazione di vecchie annate. Per quest’ultima il costo è di 25 Euro a persona. 

Da anni si sentiva la mancanza di una nostra anteprima - dichiara Lorella Zoppis presidente del Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte - ma credo che Taste Alto Piemonte sia arrivato al momento giusto. Perché oggi la produzione vinicola dell’Alto Piemonte ha raggiunto livelli qualitativi d’eccellenza e noi produttori abbiamo acquisito la consapevolezza dell’appeal che le nostre denominazioni hanno per i consumatori nazionali e internazionali. Un potenziale testimoniato da un incremento delle esportazioni del 30%, registrato solo negli ultimi 5 anni. Attendiamo l’inizio di Taste Alto Piemonte con grande gioia e con la speranza che questa iniziativa possa dare ulteriore slancio alla crescita che sta vivendo il nostro territorio. Per questo ci tengo molto a ringraziare i numerosi produttori aderenti e i nostri sponsor, senza i quali non avremmo potuto realizzare questo fantastico evento: il Comune di Novara, la Camera di Commercio, l’Atl e la Fondazione del Castello di Novara, Igor Gorgonzola, Esseco, Ponti, Vh Italia Assicurazioni, La Stampa, Biscottificio Rossi, Ais Piemonte, Reale Mutua, SMS Radio, Valverde”. 

Un appuntamento col territorio da non perdere quello di Taste Alto Piemonte, dove ad accompagnare gli oltre 140 vini in degustazione, presentati dalle 45 aziende vinicole aderenti, ci saranno anche 15 aziende del settore food, in rappresentanza delle eccellenze gastronomiche locali. 

Orari di apertura al pubblico: 

SABATO 1 APRILE: dalle 15:00 alle 20:00 

DOMENICA 2 APRILE: dalle 10:00 alle 20:00 

Costo biglietto d’ingresso: BIGLIETTO GIORNALIERO PER PRIVATI: 15€ RIDOTTO PER SOCI AIS, FISAR, ONAV, ASPI, FIS, SLOW FOOD: 10€ (esibendo la tessera associativa) 

L’ingresso a Taste è gratuito (con registrazione in loco) per stampa e professionisti (titolari di ristoranti ed enoteche, distributori). Accesso ai laboratori/seminari su prenotazione e pagamento in loco o su www.eventbrite.it 


Il vino e le zone vitivinicole in Bulgaria

La Bulgaria è un paese in cui il tema vinicolo è sicuramente in primo piano. In effetti si rimane sorpresi nell'apprendere di come questo sia uno dei più antichi paesi produttori di vino: la produzione vinicola in Bulgaria risale ad oltre 3000 anni fa. 
 
La storia del vino in Bulgaria ha origine con gli antichi Traci, che introdussero l'agricoltura su larga scala, sviluppando anche vigneti e rudimentali aree di lavorazione e conservazione, le cantine. Gli scritti di Omero parlano dei vini della Tracia antica, come si può constatare dall'Illiade e l'Odissea. Spedizioni archeologiche hanno inoltre scoperto piatti, vasi e monete raffiguranti scene del consumo di vino in Tracia. Con l'arrivo dei Romani nei territori venne acquisite nuove tecniche di vinificazione e diversi documenti storici mostrano con quanta cura venivano categorizzate le varietà delle uve e dei vigneti. 
 
In Bulgaria le prime "leggi del vino" vennero introdotte nel II secolo d.C. dall'Imperatore Antonius Pius,  attraverso la proclamazione che i vigneti della Bassa Mizia (ora Bulgaria settentrionale) sarebbero stati protetti. La conversione al cristianesimo nel IX secolo ha  dato una nuova enfasi al  consumo di vino.
 
Da diverso tempo il Governo bulgaro odierno ha investo molto sul settore vinicolo e grazie a questo si è registrato un aumento sia della produzione che dell’esportazione. 
 
Sono in tutto cinque le zone vinicole bulgare. Ognuna di queste ha una propria peculiarità, che non si trova in nessuna delle altre.


Regione del nord:
La regione più a nord del territorio bulgaro si trova tra il fiume Danubio e i Balcani, da nord a sud, e da est ad ovest nelle terre della Valle Dobrudzhae, al confine con i territori della ex-Yugoslavia. I vini migliori di questa zona vengono prodotti soprattutto con uve rosse e bianche. Quelli rossi sono il Gamza, tipico del luogo, oppure Cabernet Sauvignon e Merlot; i bianchi più comuni sono invece Chardonnay, Riesling e Sauvignon Blanc. Qui vengono prodotti i migliori Suhindol e Rousse.

Grappolo di gamza
Regione orientale:
La regione orientale corre lungo le coste del Mar Nero, tocca a nord il confine con la Romania e a sud le coste che danno sulla Turchia. In questa regione vengono prodotti soprattutto vini provenienti da uve bianche. Vengono coltivate quasi tutte le uve bianche, più le locali Misket e Dimiat. Questi vini bianchi sono particolarmente speziati, soprattutto per chi non è abituato a questo genere di sapore, ma sono molto amati dai bulgari e dagli abitanti dell’est e del sud Europa.
 
Regione sotto i Balcani:
La regione sotto i Balcani si estende nelle valli presenti a sud dei Monti Balcani. Il micro clima presente in queste valli è unico nel suo genere. Qui vengono prodotti i famosi vini bulgari Sungurlare Misket e Sungurlare Eau de Vie. La particolarità dei vini bianchi prodotti in questa zona, vere e proprie specialità locali, sono le uve diverse che vengono usate. In questa zona sorge la famosa azienda vinicola Slavjantzi.


Regione meridionale:
La regione meridionale comprende tutta la Valle Tracina, che parte dai monti Balcani fino al confine greco. Il clima in questa parte del paese è quello tipicamente mediterraneo, dove vengono prodotte le uve per i vini Cabernet Sauvignon e Merlot. Nella Valle Tracian viene coltivata la migliore uva di tutta la Bulgaria, e i vini rossi che provengono da questa regione sono tra i più rinomati.


Regione sud occidentale:
La regione sud occidentale risente anch’essa delle influenze climatiche del Mediterraneo e comprende la Valle Struma conosciuta anche come Pirin Macedonia. Da qui arriva dell’ottimo Cabernet. Tra i vini più rinomati troviamo il Melnik, un vino molto robusto e aromatico da lasciare invecchiare per apprezzarne di più il gusto intenso e il rosè Keratzuda, che viene prodotto col nome di Kresna. La migliore cantina della zona è la Damianitza, che possiede delle riserve molto pregiate.

Fonte: www.bulgaria-facile.com
Foto:http://www.thewinestalker.net

Sole Uve 2011 - Le Velette è il Vino delle Settimana di Garantito IGP

Di Roberto Giuliani



Quando andai a trovare Corrado Bottai nel 2014, rimasi affascinato dalla vista della rupe dove sorge Orvieto. Anche il suo grechetto Sole Uve 2011 è notevole, si è evoluto magnificamente, mandorla amara, pesca matura, miele, agrumi e un’avvolgente nota fumé. In bocca è semplicemente superbo.