Gambero Rosso Vs Vino Naturali. Sarà la resa dei conti?


LETTERA APERTA AL GAMBERO ROSSO, 1 febbraio 2013

Gentili signori,
vi scriviamo a nome delle diverse centinaia di aziende che producono vino naturale in Italia, sia affiliate ad Associazioni e Consorzi che indipendenti. Siamo rimasti molto perplessi leggendo l’editoriale di Eleonora Guerini (“Il tormentone naturale”) e le considerazioni di Bettane e Desseauve (“Te lo do io il vino… naturale”) sul numero di gennaio della vostra rivista.
Detto molto francamente, abbiamo la decisa sensazione che non siate molto al corrente di quanto sta succedendo, ormai da anni, nel mondo del vino. Accusare i produttori di vino “naturale”, tout court, di produrre solo bottiglie difettose, ossidate, puzzolenti è un controsenso. Perfino la vostra rivista giudica regolarmente, e spesso premia, vini prodotti da cantine che orbitano a pieno titolo nell’ambito del vino naturale.
La parte tecnica della polemica è davvero indifendibile: quali sarebbero i metodi “nuovi, ‘naturali’ e innovativi” utilizzati per stabilizzare i vini naturali? La lunga permanenza in botte sulle fecce (una pratica usata da secoli, dall’Etna alla Loira)? Nello scritto di Bettane e Desseauve si dice addirittura che con la vinificazione naturale “tutti i vitigni e i territori finiscono per somigliarsi perché i cattivi lieviti indigeni con i quali sono realizzati, così avidi di cannibalizzare quelli buoni se il vinificatore li lascia fare, sono gli stessi in tutto il pianeta”! La tesi implicita in questa singolare affermazione sarebbe che una “selezione” di lieviti, ovvero una piccola parte dell’intera popolazione dei lieviti stessi, generi una “varietà” di effetti maggiore. Perdonateci l’ironia, ma sarebbe come dire che bisogna eliminare tutti i tasti neri del pianoforte (quelli “alterati”) se si vogliono comporre opere più complesse…
E non parliamo neanche della vigna, dove – lo scrivete voi stessi – il fatto di limitare al massimo o di escludere del tutto diserbanti, pesticidi, fertilizzanti è un semplice atto di buonsenso.
Siamo i primi a sapere che non può esistere un vino completamente, esclusivamente “naturale”, che il vino è un prodotto culturale, frutto dell’interazione tra l’uomo e la natura. Probabilmente il termine “artigianale” si adatta meglio alle nostre idee: il vino deve essere il frutto delle scelte di chi lavora il vigneto e ne trasforma le uve. Ma crediamo che sia comunque sensato, addirittura fondamentale parlare della maggiore o minore “naturalità” di un vino, visto che la legge permette di aggiungere al mosto una quantità impressionante di sostanze, diverse decine. Se fosse possibile indicare in etichetta le sostanze aggiunte all’uva (o anche solo le sostanze che il produttore decide di non utilizzare), ognuno avrebbe gli strumenti per giudicare quanto un vino sia effettivamente naturale.
Invece, guarda caso, è proibito. E nessuno ne parla.
Eppure più sono le sostanze aggiunte, meno il vino è spontaneo e digeribile.
Questo è ciò che sta accadendo oggi: molti bevitori ed appassionati – forse, chissà, stanchi del “tormentone del vino più buono di tutti”, o del “tormentone dell’annata del secolo” – si allontanano dai vini più artefatti per avvicinarsi a prodotti più spontanei, che non danno mal di testa, sono più digeribili, si accompagnano meglio al cibo. Troviamo davvero surreale accusare ottimi chef francesi di “ingenuità” visto che scelgono di servire, con i loro piatti, prodotti non invadenti, non grassi, non dolciastri e legnosi, che dialogano con il cibo invece di sovrastarlo. I più seri tra i produttori naturali cercano espressamente nei loro vini la freschezza, la sapidità, la digeribilità. E’ ovvio che l’incontro tra questi vini e una sana cucina di sapori e di sostanza avvenga sempre più di frequente. E se qualcuno non è contento può semplicemente scegliere un altro ristorante, tutto qui. O eventualmente ordinare un’altra bottiglia. L’importante è rispettare le scelte del ristoratore, e non accusarlo a priori di ingenuità o di incompetenza.
Probabilmente è proprio questo l’aspetto che sfugge in modo più vistoso a tanta critica di oggi. Citare il Domaine de la Romanée-Conti, che produce le bottiglie più costose del pianeta, come esempio di vini naturali “buoni”: ecco, questa è un’ingenuità che fa quasi tenerezza. Evidentemente non si è proprio compreso che il movimento del vino naturale intende recuperare un rapporto quotidiano con il vino, affermarne il valore gastronomico e alimentare che negli ultimi decenni è stato negato nel nome dei premi e dei punteggi. Un atteggiamento che ha portato al crollo verticale dei consumi al quale stiamo assistendo ormai da molti anni.
E non crediamo sia un caso il fatto che la crisi, per il settore del vino naturale (settore minuscolo, sia chiaro), si avverta in modo molto meno evidente. Sarà questo il motivo per cui questo piccolo mondo artigiano sta subendo tanti attacchi, e per cui si cerca sempre più insistentemente, violentemente di screditarlo?
Noi siamo convinti che un atteggiamento critico sano ed aperto debba essere quello del confronto, della volontà di capire un fenomeno in espansione esaminandone pregi e difetti (non pensiamo affatto di non averne) e informando il pubblico in modo obiettivo, invece di gridare a ogni piè sospinto le parole “difettoso”, “volatile”, “ossidazione”. Appassionati e curiosi saranno poi liberi di scegliere: non vogliamo che vengano condotti per mano, ma semplicemente che gli si forniscano nel modo più chiaro e onesto gli strumenti adeguati per poi lasciarli liberi. Invece il tono dei pezzi sul numero di gennaio, lasciatecelo dire, è davvero aggressivo, come se il vino naturale e artigianale fosse una sorta di nemico da abbattere ad ogni costo, non un’alternativa da conoscere e soprattutto da rispettare.
Noi crediamo, al contrario, che ci sia spazio per tutti, piccoli e grandi, naturali, biologici, biodinamici e convenzionali, a patto che il produttore lavori in modo etico e responsabile. Non pensiamo di avere la verità in tasca, ma abbiamo le nostre idee e ci piace difenderle e sostenerle visto che sono il frutto del nostro lavoro quotidiano.
Nel periodo del prossimo Vinitaly si svolgeranno ben tre diverse manifestazioni di viticoltori naturali: ViniVeri a Cerea, VinNatur a Villa Favorita (Sarego), Vivit in un padiglione dello stesso Vinitaly. Invitiamo ogni giornalista aperto – e ogni bevitore, naturalmente – a venirci a trovare, ad assaggiare, a discutere e confrontarsi con noi.
Cordiali saluti,
ASSOCIAZIONE RENAISSANCE ITALIA
ASSOCIAZIONE VINNATUR
ASSOCIAZIONE VI.TE
CONSORZIO VINI VERI


Albani, Alberto Anguissola, Aldo di Giacomi, Alessandro Torti, Alla Costiera Altura, Ampeleia, Andrea Scovero, Andrea Tirelli, Antiche Cantine de Quarto, Arianna Occhipinti, Aurora, ‘A Vita, Bonavita, Borgatta, Bressan, Ca’ del Vent, Ca’ de Noci, Camerlengo, Camillo Donati, Campi di Fonterenza, Campinuovi, Cantina Giardino, Cantina Margò, Cantine Valpane, Cappellano, Carla Simonetti, Carlo Tanganelli, Carussin, Casa Belfi, Casa Caterina, Casa Coste Piane, Casale, Casa Raia, Casa Wallace, Cascina degli Ulivi, Cascina delle Rose, Cascina la Pertica, Cascina Roccalini, Cascina Roera, Cascina Tavijn, Cascina Zerbetta, Casebianche, Castello di Lispida, Castello di Stefanago, Cinque Campi, Clara Marcelli, Colombaia, Corte Sant’Alda, COS, Cosimo Maria Masini, CostadiLà, Crealto, Cristiano Guttarolo, Crocizia, Daniele Piccinin, Daniele Portinari, Dario Prinčič, Davide Spillare, Denavolo, Denis Montanar, Denny Bini-Podere Cipolla, Elisabetta Foradori, Elvira, Emidio Pepe, Eugenio Rosi, Ezio Cerruti, Fabbrica di San Martino, Farnea, Fattoria Castellina, Fattoria Cerreto Libri, Fattoria Mondo Antico, Fattorie Romeo del Castello, Ferdinando Principiano, Ferrandes, Filippi, Fiorano, Fontemorsi, Franco Masiero, Franco Terpin, Frank Cornelissen, Gatti, Gianni Massone, Gino Pedrotti, Giovanni Montisci, Giuseppe Rinaldi, Gonella, Gradizzolo, Guccione, Haderburg, Il Cancelliere, Il Cavallino, Il Maiolo, Il Paradiso di Manfredi, Il Tufiello, Irene Cameli, Iuli, La Biancara, L’Agricola del Farneto, La Castellada, La Distesa, Laiolo, La Marca di San Michele, La Moresca, La Pievuccia, La Stoppa, La Visciola, Le Barbaterre, Le Calle, Le Chiuse, Le Cinciole, Le Coste sul Lago, Loacker, Lo Zerbone, Lusenti, Macchion dei Lupi, Marabino, Marco de Bartoli, Marco Sambin, Marco Sara, Maria Letizia Allevi, Maria Pia Castelli, Mario Macciocca, Martilde, Massa Vecchia, Massimiliano Croci, Mlečnik, Monastero Trappiste di Vitorchiano, Monte dall’Ora, Monteforche, Montesecondo, Monte Versa, Musto Carmelitano, Natalino del Prete, Nino Barraco, Oasi degli Angeli, Odilio Antoniotti, Pacina Panevino, Paolo Bea, Paolo Francesconi, Pialli, Pian dell’Orino, Pian del Pino Piccolo, Bacco dei Quaroni, Pierini e Brugi, Pierluigi Zampaglione, Podere Concori, Podere della Bruciata, Podere Gualandi, Podere Il Santo, Podere La Cerreta, Podere Le Boncie, Podere Luciano, Podere Luisa, Podere Pradarolo, Podere Santa Felicita, Podere Veneri Vecchio, Poderi San Lazzaro, Poggio Trevvalle, Porta del Vento, Praesidium, Punta dell’Ufala, Quarticello, Radikon, Radoar, Remo Hohler, Roagna, Ronco Severo, Rugrà, San Fereolo, San Giovenale, San Polino, Santa Caterina, Santa Maria, Serafino Rivella, Skerlj, Stefano Amerighi, Stefano Legnani, Stella di Campalto, Taverna Pane e Vino, Tenuta di Valgiano, Tenuta Grillo, Tenuta l’Armonia, Tenuta Montiani, Tenuta Selvadolce, Tenute Dettori, Terre a Mano, Tenuta Migliavacca, Tenuta Terraviva, Tenuta Vitereta, Trinchero, Tunia, Valdibella, Valli Unite, Vercesi del Castellazzo, Vignale di Cecilia, Vigneto San Vito, Villa Bellini, Vino di Anna, Vittorio Bera e figli, Vodopivec, Walter Mattoni, Weingut Ebnerhof, Zidarich.

    Madò...esclamazioni vinose di questo week end!

    Ci sono vini che ti conquistano per la loro complessità, altri che ti affascinano per la loro bella semplicità. Un pò come le donne, ci sono quelle belle ed impossibili che ti fanno dannare e altre che sposeresti perchè hanno la seducente ingenuità della ragazza della porta accanto.
    Il Madò di Mario Pastorello mi ha ricordato molto il secondo esempio, è un vino sincero, diretto e senza fronzoli che, se non si è troppo enosnob, può diventare tranquillamente un sincero compagno di tavola.
    Il vino, un Monferrato DOC Rosso, è un blend di barbera, nebbiolo e cabernet sauvignon provenienti dai vigneti aziendali di circa 10 anni.

    Vigneti aziendali

    Le uve vengono vinificate separatamente ed il vino viene unito e prende la forma e il corpo del Madò solo a malolattica completata. Fa sempre e solo acciaio rimanendo sulle fecce fini fino al termine dell'affinamento che dura circa un anno.
    Aperto una domenica a pranzo davanti ad un piatto di cannelloni di carne fumanti, il Madò 2010 si caratterizza per profumi caldi di mora matura, ciliegia sotto spirito, lampone, pepe nero. profumi diretti, a tratti rustici, che ben inquadrano un vino del Monferrato che non chiede altro che di essere bevuto senza angoscia
    Al sorso, infatti, esprime le sue maggiori potenzialità in quanto è ricco, carnoso, l'acidità della barbera ben sorregge un alcol di 14,5° che mai crea problemi di beva. Anzi, il Madò va giù che è un piacere e, adeguatamente abbinato, è molto meglio di tanti altri vini più blasonati che, a volte, tendono a "ballare da soli".

    Con un costo inferiore a dieci euro è sicuramente un vino da tavola dall'ottimo rapporto q/p. 

    L'unico problema, essendo prodotto in poche bottiglie, è che è difficile trovarlo in giro. Se volete, andate sul sito dell'azienda Pastorello e mandate una mail a Mario.

    Alla prossima!




    Vino e Amore: piccoli aforismi in onore di San Valentino


    Cenai con un piccolo pezzo di focaccia,
    ma bevvi avidamente un’anfora di vino;
    ora l’amata cetra tocco con dolcezza
    e canto amore alla mia tenera fanciulla.

    Anacreonte (circa 570 a.C. – circa 485 a.C.)


    Il vino prepara i cuori
    e li rende più pronti
    alla passione.

    Ovidio (43 a.C. – 17 d.C)

    E dove non è vino non è amore;
    né alcun altro diletto hanno i mortali.

    Euripide (480 a.C.- 406 ca. a.C.)


    L’amore inespresso è come il vino tenuto
    nella bottiglia: non placa la sete

    George Herbert (1593-1633)

    Una donna e un bicchiere di vino soddisfano ogni bisogno,
    chi non beve e non bacia è peggio che morto.

    Johann Wolfgang von Goethe (1749 – 1832)

    L’amore tuo diffonde il suo vigore in tutto il mio essere, come un vino.

    Paul Verlaine (1844 – 1896)

    Il vino aggiunge un sorriso all’amicizia
    ed una scintilla all’amore.

    Edmondo de Amicis (1846 – 1908)

    Un po' d'amore è come un po' di buon vino. Troppo dell'uno o troppo dell'altro rendono un uomo malato.

    John SteinbeckPian della Tortilla, 1935  

    Amor mio,  il tuo fianco è la curva colma della coppa, il tuo petto è il grappolo, la luce dell’alcool la tua chioma, le uve i tuoi capezzoli, il tuo ombelico sigillo puro impresso sul tuo ventre di anfora, e il tuo amore una cascata di vino inestinguibile

    (Neruda)








    Vini e Vignaioli di Toscana con Sangiovese Purosangue

    Non c'è due senza tre devono aver pensato Davide Bonucci e Marco Cum che per questa terza edizione di Sangiovese Purosangue hanno lasciato parzialmente Montalcino per dedicarsi alla ricerca dei vari terroir del sangiovese pursangue toscano, comprendendo il Chianti Classico, Montepulciano, Scansano e tante altre zone.

    Girando tra i banchi non si poteva fare a meno di notare l'altissima qualità della proposta enologica che, tra l'altro, era declinata in millesimi più o meno recenti, fornendo all'appassionato vari punti di vista su come il sangiovese possa cavalcare il tempo.

    Tante le etichette che ho degustato, non posso menzionarle tutte, però qualche segnalazione nel mio piccolo la vorrei fare.

    NEW ENTRY

    Chianti Classico 2010 - Istine: Angela Fronti è giovane e determinata e il suo vino, seppure nella seconda annata prodotta, promette bene. Fresco, fruttato e beverino e con un ottimo rapporto q/p: circa 10 euro in cantina. Notevole anche il suo rosato.


    Angela Fronti di Istine

    Chianti Classico 2009 - L'Erta di Radda: Diego Finocchi, 31 anni, ci propone il suo primo Chianti prodotto composto da sangiovese (98%) e canaiolo (2%). Il risultato è un vino profondo, terroso, dal tannino ben espresso corroborato dalla giusta freschezza. Provata anche l'annata 2010, campione di botte, che risulta ancora graffiante.

    LE GRANDI CONFERME

    Pian del Ciampolo 2009 - Montevertine : non vi parlerò stavolta di quanto è buono il Pergole Torte o il Montevertine di Martino Manetti, quello che vi consiglio è il Pian del Ciampolo 2009 perchè a questo prezzo, circa 14 euro a scaffale, vi portate a casa un piccolo pezzo di Borgogna...


    Martino Manetti

    Chianti Classico Il Poggio Riserva 1998 - Castello di Monsanto: porca miseria, ha 15 anni ma conserva un forza ed una intensità davvero strabilianti. Naso affascinante, ferroso, terroso, sembra di entrare in una vecchia cava abbandonata. Poi, col tempo, escono le note di fiori secchi e spezie nere. Bocca tradizionale, imponente, morbidezze e durezze del vino sono quasi perfettamente fuse per donare un sorso di grande eleganza e persistenza. Della stessa azienda va sottolineato anche un ottimo Fabrizio Bianchi Sangiovese 1995, terziario al punto giusto.

    Terre a Mano Carmignano 2008 - Fattoria di Bacchereto: vino di splendida eleganza fruttata, un grande prodotto di territorio che fa dell'espressività e dell'eleganza i suoi punti di forza. Bevibilità super!

    Querciatonda 2007 - Le Casalte: un vino sincero che grida dannatamente il millesimo in cui è nato. E' un Montepulciano di quelli gagliardi fatto da una produttrice, Chiara Barioffi, intelligente e di grande sensibilità. Non potrete non amarlo.


    Chiara Barioffi - Le Casalte

    Chianti Classico Antico Lamole Vigna Grospoli 2008 - Fattoria di Lamole: Paolo Socci ha una produzione di assoluto livello a partire dal sua "base" Castello di Lamole. Il Vigna Grospoli è un pò la mia passione, sa di Lamole e di fiori rossi a mille miglia di distanza. Seta al palato.

    Chianti Classico 2009 - I Fabbri: per molti è stato il vino della serata, per me la conferma di come a Lamole, in quel fazzoletto di terra isolato dal mondo, si possano fare piccoli grandi vini. Il base di Susanna è freschissimo e semplicemente pericoloso per bevibilità. Il prezzo, poi, è davvero conveniente. Peccato non si trovi a Roma con facilità.




    LE PUNTE DI DIAMANTE

    Chianti Classico Caparsino Riserva 2009 - Caparsa: sono un fan di Paolo Cianferoni per cui potrei non essere oggettivo in quello che scriverò ma il Caparsino 2009, che Paolo ha presentato in anteprima assoluta, è davvero un grande vino, un Chianti Classico o, meglio, un Radda in Chianti Classico di grande intensità ed equilibrio. E' un vino meno scontroso e più immediato rispetto al passato. Anche in questo caso bevibilità super.



    Chianti Classico Riserva 2009 - Val Delle Corti: Roberto Bianchi mi propone un vino che mi commuove per nobiltà e purezza. Ad oggi mi sembra perfetto in ogni sua dimensione, sarà che ho un debole per questo vignaiolo ma, ad oggi, questo è il MIO Chianti preferito. 



    Morellino di Scansano Vigna I Botri Riserva 1997 - I Botri di Ghiaccioforte; ok, non sarà stato il miglior vino della manifestazione, ok, le bottiglie di questa piccola azienda BIO di Scansano hanno una variabilità tale che Valentini sembra un industriale ma, e dico ma, se "beccate" la bottiglia giusta allora la sorpresa sarà più grande di ogni possibile delusione. Il Morellino che ho bevuto era stupefacente per integrità e nitidizezza, ancora lontano da una completa terziarizzazione, manteneva vividi i profumi fruttati e floreali che dopo 15 anni cominciano appena ad intraprendere un percorso più austero e "scuro".



    Ovviamente ci sarebbero tanti altri vini da menzionare, ogni produttore selezionato per l'evento era di grande spessore ma, come si dice, nella vita bisogna fare delle scelte.
    Concludo quest post sottolineando anche la grande qualità della proposta gastronomica della manifestazione. In particolare, se siete a Roma, vi consiglio di passare a trovare Francesco Loreti presso il box 25-26 del Mercato Rionale di Piazza Epiro. Durante Sangiovese Purosangue ci ha deliziato con i suoi grandi formaggi e queste sono le foto di quello che ci siamo mangiati!!!


    Il box di Francesco Loreti!

    Enogea e il Barbaresco: assaggi e classificazione dei Cru

    Ci sono regali che valgono un tesoro, ci sono link che, se cliccati, aprono un piccolo grande forziere che noi appassionati non scambieremmo per nessuna cosa al mondo.
    La redazione di Enogea, la newsletter bimestrale di degustazione indipendente diretta da Alessandro Masnaghetti, qualche settimana fa ha pensato bene di inviarmi a titolo gratuito uno dei suoi ultimi e-book, stavolta dedicato al mondo Barbaresco.



    Chi conosce Enogea e il lavoro di Masnaghetti e la sua redazione, sa perfettamente che questi e-book rappresentano una vera e propria Bibbia per ogni wine lover, una vera e propria miniera di informazioni ed approfondimenti che, ahimè, difficilmente riusciamo a trovare sia nelle riviste cartacee che nei vari blog di riferimento (Percorsi di Vino compreso..)

    Cosa troverete in questa nuova fatica editoriale? Tanta, tanta roba!

    Se leggete bene il sommario non si può rimanere ammirati dall'ampiezza e dalla profondità di informazioni sul mondo del Barbaresco che rappresenta una denominazione amata dallo stesso Masnaghetti visto che è in questo contesto che ha iniziato ad occuparsi di nebbiolo e, poco più tardi, a muovere i primi passi nel mondo della cartografia, delle vigne e delle classificazioni.



    In particolare, si possono approfondire tutte le ultime annate iniziando dalla 2002 per arrivare alla 2009 con un focus sul Barbaresco 2001 da non perdere. Tante degustazioni da leggere avidamente e tante aziende nuove da conoscere!
    A seguire troverete una bella intervista ad Aldo Vacca (Produttori di Barbaresco), appunti di viaggio sugli itinerari della zona, un approfondimento unico sul Roero e, udite udite, le famose cartine Enogea con i vari Cru della denominazione che, in ultimo, vengono classificati da Masnaghetti in maniera ufficiale e....ufficiosa.

    Sapevate che Asili ha la stessa classificazione (cinque stelle) del Roncagliette? 

    No?!?! 

    E' tempo di comprare l'e-book, forza!!


    Terre Bianche di Filippo Rondelli: viaggio nel Rossese di Dolceacqua. Quarta parte


    Continua il mio viaggio nel Rossese di Dolceacqua. Per chi si fosse perso le prime tre parti cliccare qua (Giovanna Maccario), qua (Ka mancinè), qua (Tenuta Anfosso).
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    Saliamo sulla Panda improbabile, ancora una volta c'è Maurizio Anfosso con me, la mia inseparabile guida. Durante il viaggio mi confida che loro, i vignaioli più rappresentativi della denominazione, stanno cercando di arrivare ad una zonazione dei vari territori del Rossese. Definire e legalizzare una mappa dei Cru del Rossese, così come nelle Langhe, rappresenta un punto di partenza importantissimo per innalzare ancora di più la qualità del loro vini. Speriamo bene. 
    Nel frattempo passiamo il bellissimo paese di Dolceacqua, cominciamo a salire, tornanti e controtornanti ci portano fino a 400 metri s.l.m in Località Arcagna. Qua, ai piedi del suo agriturismo, ci aspetta Filippo Rondelli, un ragazzone della mia età dalla cui dimora, che comprende anche la cantina di vinificazione, di gode di un panorama mozzafiato su tutta la valle.

    La vista sulla valle

    L'azienda nacque nel 1870 per volontà di Tommaso Rondelli che, in questa zona, impiantò barbatelle di Rossese in tempi decisamente non sospetti.
    Oggi, grazie all'opera dei fratelli Claudio e Paolo Rondelli e di Franco Laconi, che nei primi anni '80 ampliarono e migliorarono la produzione, spetta a Filippo e a Franco Laconi gestire circa 8 ettari di vigna, parte di proprietà e parte in affitto, composta da uve a bacca bianca, pigato e vermentino, e uva a bacca rossa come rossese e cabernet sauvignon.
    Con tutta la brigata saliamo sulla sua Jeep di Filippo che vuole farci visitare l'azienda, stavolta il mezzo di trasporto è più stabile, ci imbarchiamo per le viuzze a strapiombo per capire, come più volte mi è stato ripetuto durante il percorso, che da queste parti, anche in pochi metri il terreno può cambiare di molto. Ha ragione Filippo, le vigne di pigato e di vermentino, infatti, sono inserite in un contesto di terra rossa che degrada cromaticamente con la pendenza.

    "Andiamo che ti faccio vedere un pezzo di Luna ora!!"

    Pochi metri di strada ed arriviamo su un piano dove tutto cambia. Cambia l'esposizione che ora guarda verso le Alpi Occidentali, cambia il terreno, di argilla asfittica, color bianco sporco. Poi, a sorpresa, ci sono loro, questi splendidi calanchi, spettacolari forme di erosione dovute all’azione dell’acqua piovana sulle rocce argillose. 
    Siamo senza fiato. Giriamo lo sguardo e vediamo la vigna di Rossese di Filippo con piante datate anche 1965.

    I calanchi
    Si capisce perchè Terre Bianche?

    Torniamo verso il nostro punto di partenza, l'agriturismo il cui casolare è immerso nei vigneti di uno dei Cru più prestigiosi e storici della denominazione: l'Arcagna. 
    Ci troviamo a 400 metri di altezza con esposizione est e le vigne, circa 3 ettari, allevate ad alberello e cordone speronato, hanno un'età che parte dai 50 anni fino ad arrivare ai 120.
    Ci troviamo a 400 metri di altezza con esposizione est e le vigne, circa 3 ettari, allevate ad alberello e cordone speronato, hanno un'età che parte dai 50 anni fino ad arrivare ai 120. 

    All'interno del vigneto è possibile trovare anche piccolo porzioni di pigato (1991) e vermentino.

    E' ora di andare a bere qualcosa. Entriamo in cantina, vedo il solito acciaio, tonneaux e una "novità", le barrique da 225 litri con le quali Filippo affina il "Bricco Arcagna", il suo Rossese di punta.

    Iniziando con i bianchi abbiamo potuto ammirare un interessante Pigato 2011 da vasca con un naso roccioso di sasso con sfumature di agrumi ed erbe aromatiche. Bocca verticale, lunga. Davvero una sorpresa.

    Il Rossese di Dolceacqua 2011, imbottigliato da qualche giorno, conferma di essere un "classico" d'autore anche in questa annata. Balsamico, floreale con un frutto leggermente più scuro del normale, ha un sorso elegante e materico. In via di definizione ma estremamente godibile da oggi.

    Il Rossese di Dolceacqua "Bricco Arcagna" 2010 è un grande vino, secondo Filippo il migliore che abbia mai fatto. Ha grande complessità all'olfattiva, sa di carne, minerale nero, arancia, frutti selvatici, pepe. Bocca suadente, sartoriale, sapida, lunghissima. Peccato che, qualcuno, non premierà questo vino.

    Filippo Rondelli. Foto: Mirella Vilardi

    Grazie Filippo, a rivederci presto! Il viaggio continua!

    Ultim'ora: dal suo profilo Facebook il buon Rondelli ha annunciato delle novità importanti riguardo il suo vino, stay tuned!!

    Tenuta Anfosso: viaggio nel Rossese di Dolceacqua. Terza parte

    Continua il mio viaggio nel Rossese di Dolceacqua. Per chi si fosse perso le prime due parti cliccare qua e qua.
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    Non possiamo perderci per troppo tempo nei nostri pensieri, qualcuno ci sta già aspettando dall'altro lato della vallata. Sempre nel Comune di San Biagio della Cima, sempre in località Luvaira. Ad un passi dai vigneti di Giovanna Maccario ci aspetta Alessandro Anfosso di Tenuta Anfosso, cognome di certo non raro da queste parti dove il vino fa parte del DNA di molte famiglie del luogo.
    Alessandro ci spiega che, nel 2002, è subentrato con la moglie Marisa nella conduzione dei vigneti di papà Luciano che a sua volta li aveva ereditati da Giacomo Anfosso il quale, nel 1888, reimpiantò il vigneto Poggio Pini a Soldano le cui piante, come vedremo, sono in parte ancora esistenti.
    Oggi l’azienda si estende per oltre 4 ettari divisi tra due Cru: Luvaira per circa 3 ettari e Poggio Pini per i restanti 13.000 mq.

    Il Luvaira di Tenuta Anfosso

    Dopo un breve giro per il Luvaira che vanta impianti sia del 1960 che più recenti (2004), con Alessandro decidiamo di proseguire per Poggio Pini, uno dei Cru più interessanti di tutta la denominazione con la sua esposizione sud-est ed il terreno, sempre "sgruttu", posizionato in fasce con pendenze anche del 60%.

    Pendenza del Poggio Pini

    Essere lì presenti e calpestare quella terra per noi è un onore perchè ci rendiamo conto che siamo di fronte ad un altro pezzo di storia e di fatica contadina. Con queste pendenze non voglio nemmeno immaginare come abbia fatto il bisnonno di Alessandro a costruire, con la tecnologia di allora, questi muretti a secco. Ci giriamo e vediamo solo viti vecchissime di Rossese datate 1888, altre datate 1916.

    "Andrea e Stefania guardate quest'altra vite, è di Rossese Bianco, è prefillosserica!".

    Alessandro ce lo dice con una giustificata punta di orgoglio, noi non possiamo che fotografare e toccare con mano questo autentico monumento alla Natura.

    Vecchia vigna di Rossese

    Scendiamo verso la macchina ma, prima di partire, incontriamo papà Luciano che non disdegna di scambiare quattro chiacchere sulla vita contadina di ieri e di oggi. Racconti di vita che solcano le nostri menti e vanno dritti al cuore.

    Arriviamo nella piccola cantina di Soldano, anche in questo caso le vasche d'acciaio sono stipate in un piccolo garage di casa mentre la sala di invecchiamento ed imbottigliamento è localizzata di fianco la porta di casa. L'artigianalità è anche, sopratutto, questo.

    Alessandro inizia a parlarci del suo vino e del tempo di affinamento:"Il Classico esce dopo un anno la vendemmia mentre il Rossese Superiore ed i Cru Luvaira e Poggio Pini li faccio uscire addirittura dopo due anni dalla vendemmia. Il disciplinare, sapete, consiglia di far uscire la prima tipologia già dal 1° gennaio dell'anno successivo alla vendemmia mentre i Superiore dal 1° Novembre......Vabbè, che ne dici di bere?"

    Alessandro Anfosso

    Mai invito è risultato più gradito. In sequenza abbiamo degustato:

    Sciacau 2011: questo rosato da uve rossese ci ha davvero incantato per la sua originalità e bontà. Finalmente un rosè che non sa di fragolina, ribes, etc, ma di ferro, ruggine ed agrume. Una spremuta di terroir che risulta essere terribilmente affascinante. Fortuna che qualcuno ha detto ad Alessandro di credere in questo vino...

    Rossese di Dolceacqua Classico 2010: l'annata speciale si svela senza problema anche in questo "base" che mi piace moltissimo per via del prezioso bouquet fatto di sensazioni di rosa, fruttini rossi ed eleganti note vegetali. Bocca succosa, diretta, un vestito prêt-à-porter da indossare in ogni occasione.

    Rossese di Dolceacqua Superiore Vigneto Luvaira 2009: il vestito precedente prende forma e stile e diventa di precisione ed fine eleganza. Un sorso fatto di tanta mineralità accompagnata da cenni di erbe mediterranee. 

    Rossese di Dolceacqua Superiore Vigneto Poggio Pini 2009: il vestito diventa sartoriale e da gran sera. E' un vino dalla profondità debordante, sa di macchia mediterranea, minerale nero, rabarbaro, pepe, gelso, anici, sottobosco. In bocca ha carattere con i suoi tannini fusi nella struttura dominata dalla sapidità del Rossese che, in bocca, ritorna sempre su sensazioni di spezie e minerale nero. Chiusura lunga, lunghissima.



    Il viaggio continua......

    Non sa di tappo!


    Si chiama Brentapach, l'azienda di Borgo Valsugana, che sfrutta un brevetto innovativo per la decontaminazione dei tappi di sughero da vino. Accolta nel Bic (Business innovation centre) con un accordo negoziale firmato nella sede dell'assessorato all'Industria del Trentino, e' una piccola impresa che produce contenitori, chiusure e imballaggi per il settore alimentare e non alimentare e che dal brevetto sviluppera' nei prossimi due anni un progetto di ricerca applicata che puo' incidere sulle perdite che le cantine vinicole subiscono a causa della contaminazione del vino in bottiglia da parte del tricloroanisolo contenuto nel sughero e responsabile del 'gusto di tappo'.

    Fonte:http://blog.netafim.it

    A firmare l'accordo di oggi sono stati l'assessore all'industria, artigianato e commercio, Alessandro Olivi, le organizzazioni sindacali e Gianni Tagliapietra, il giovane imprenditore contitolare della Brentapack. Il mantenimento dell'azienda in loco fino al 2024, per i dieci anni successivi alla conclusione del progetto di ricerca, il versamento in Trentino delle imposte, il mantenimento di una patrimonializzazione pari al 30% del bilancio 2015 e l'utilizzo dei risultati di ricerca in Trentino, sono gli impegni siglati nell'accordo. Sul piano occupazionale l'azienda di Borgo Valsugana occupera' inizialmente 6 dipendenti, ma non e' esclusa la possibilita' di un ulteriore incremento negli anni successivi. 

    Fonte: Ansa

    Ka Mancinè: viaggio nel Rossese di Dolceacqua. Seconda parte

    E' tempo di risalire sulla Panda improbabile. Alla guida, non l'ho detto prima, c'è Maurizio Anfosso di Ka Mancinè, il mio Virgilio in terra di Rossese. Di lui e dei suoi vini ho già scritto molto su Percorsi di Vino ma, un conto sono le parole, un conto è visitare dal vivo le sue vigne e la sua cantina.
    Prima, però, ci facciamo spiegare da dove deriva il nome dell'azienda.
    Ka Mancinè significa la casa (con la K di origine saracena) dei Mancinei che, storicamente, è lo stranome con il quale Pietro Anfosso, mancino di fatto, veniva diversificato dagli altri Pietro del paese di Soldano.

    Maurizio Anfosso ci porta, tra una curva e l'altra, nel primo dei suoi vigneti, due Cru di Rossese di grandissimo livello.
    Scendiamo dalla Panda e davanti a noi c'è il vigneto Galeae (Galera in dialetto ligure per via dei prigionieri saraceni che storicamente venivano qua a lavorare), un anfiteatro naturale con esposizione sud-est composto da vigne di Rossese allevate sia ad alberello sia a doppio cordone speronato. 
    A differenza del Beragna, come vedremo, le viti sono abbastanza giovani, hanno circa tre anni nella parte bassa del vigneto (da cui Anfosso tira fuori lo Sciakk) mentre la parte alta vede piante del 1998. 
    Il terreno, così come spesso accade negli altri vigneti salvo eccezioni (vedi Terre Bianche), dal punto di vista geologico è formato da rocce marnose, argillose e calcareo-marnose disgregate in piccole lamelle che da queste parti prende il nome di "sgruttu" che ha il vantaggio di essere drenante mantenendo però sufficiente livello di umidità nel suolo anche in stagioni calde ed aride.

    Il Cru Galeae
    Il Cru Galeae visto da lontano

    Torniamo in macchina chiudendo i vari cancelletti per non far entrare i cinghiali che da queste parti fanno molti danni. Il Beragna ci aspetta poco più in là.
    E' un vigneto storico di circa 1,2 ettari (diviso in due appezzamenti) composto essenzialmente da piante di Rossese centenarie, le più vecchie piantate addirittura nel 1872. Facciamo un giro tra le viti con aria di profonda venerazione. Come si fa a non essere inebriati dalla bellezza di questi alberelli curvati e scalfiti dal tempo? 
    Maurizio mi dice che questo è il Cru da cui deriva un Rossese meno strutturato ma più fresco e sapido del Galeae. 

    Pendenze del Beragna

    Il Beragna

    Sgruttu

    Non vorremmo andarcene più ma il tempo stringe ed è ora di andare in cantina.
    Arriviamo a Soldano e saliamo su fino ad arrivare, dopo i soliti mille tornanti, a San Martino. Maurizio Anfosso ha la sua cantina dentro casa. Anche qua, come accaduto per Giovanna Maccario, solo acciaio e nessun effetto speciale. Bello vedere le varie vasche di vinificazione "intitolate" alle varie donne della famiglia.



    L'annata 2011 di Ka Mancinè è stata, nonostante tutto, favorevole. 

    Lo Sciakk, da uve di Rossese vendemmiate tardivamente, rimane uno dei miei rosati preferiti in Italia, è sapido, fresco e di grande equilibrio. Per nulla scontato e "sdolcinato" come altri illustri colleghi.

    Il Beragna 2011, rispetto alla precedente annata, è più intenso, sa di macchia mediterranea, di terra, di spezie. In bocca ha la solita sapidità quasi marina e una acidità che fa salivare copiosamente e invita al prossimo bicchiere.

    Il Galeae 2011 è balsamico, è un vino che alla cieca sposteresti al sud per le sue note mediterranee di cappero, alloro, gelso, richiami floreali di rosa. E' un vino che rispecchia il suo territorio al 1000% ed ha una struttura che lo porterà lontano nel tempo.

    Maurizio Anfoso in fase di stappo!

    Fuori programma è spuntanto a cena un Beragna 2008 che con Maurizio abbiamo chiamato "vino da porto". I suoi toni salmastri, iodati, decisamente sapidi e marini mi hanno riportato in mente la Genova di Fabrizio De Andrè, il suo porto, le sue navi per l'America e quella malinconia scacciata via da una sigaretta fumata sulla banchina.