Il 2010 per il Brunello di Montalcino? L'ennesima annata da leggenda!!


Tratto dal sito Winenews vi propongo un articolo molto interessante dove i principali produttori di Brunello si sbilanciano sull'annata 2010. Leggiamo! 

BRUNELLO DI MONTALCINO: IL 2010? VENDEMMIA ECCEZIONALE. IL PRESIDENTE RIVELLA: “ANNATA ECCELLENTE”. IL FATTORE VINCENTE? FORZA DEL TERRITORIO E SAPER FARE DEI VITICOLTORI. LO DICONO ESPERTI E PRODUTTORI. IL PROFESSOR SCIENZA: “VENDEMMIA A 5 STELLE".

Un raccolto in controtendenza rispetto agli altri territori della Toscana lascia intravedere una delle migliori annate degli ultimi anni. È questo il parere concorde di esperti e produttori che, a due mesi dalla vendemmia, hanno tracciato un primo bilancio della raccolta e si esprimono su quello che potrebbe essere il Brunello 2010, confermando, come sottolinea il presidente del Consorzio, Ezio Rivella, le previsioni di un’annata di ottimo livello qualitativo che avevamo preannunciato lo scorso ottobre”.
 
Per Vittorio Fiore, enologo e consulente, che opera a Montalcino dagli anni Settanta “i vini ottenuti in questa vendemmia - iniziata comunque con ritardi che sono andati da un minimo di 8 ad un massimo di 14 giorni - manifestano quindi caratteristiche straordinarie per il Sangiovese, sia sotto il profilo organolettico (al momento ancora in fase evolutiva), sia sotto quello dei parametri compositivi, che - oltre ad una gradazione alcolica di ottimo livello ed, in alcuni casi, anche piuttosto alta - presentano valori di polifenoli totali, di antociani e di estratto molto elevati e raramente riscontrabili in questo vitigno”.
 
Un grande territorio e un’annata da grandi viticoltori”. Questa la sintesi della raccolta 2010 secondo Giancarlo Pacenti dell’azienda Siro Pacenti e vicepresidente del Consorzio del Brunello. “Un risultato possibile - in una annata che si era presentata all’inizio abbastanza complessa- solo grazie alla grandissima capacità dei viticoltori di Montalcino”. Per il vino “ottima struttura, profumi intensi e soprattutto grande equilibrio insieme ad una eleganza straordinaria. Caratteristiche che é difficilissimo avere tutte insieme nella stessa vendemmia. Per me una delle più grandi vendemmie di sempre”.
 
Parere condiviso da Franco Biondi Santi, storico produttore del Brunello che, con la Tenuta il Greppo, è forse colui che ha visto più vendemmie di Brunello in assoluto “la raccolta 2010 è stata straordinaria. Il buon andamento climatico di Settembre ha dato come risultato acini piccoli con la buccia molto spessa, colorita e ricca di pruina. I mosti sono risultati molto zuccherini con acidità totale ottimale”.

Per Rudi Buratti, enologo di Castello Banfil’alto contenuto zuccherino ed un’importante acidità, uniti a polifenoli perfettamente maturi e colori intensi nei vini rossi sono le principali caratteristiche di quest’ultima vendemmia, un’eccellente premessa per vini di altissima qualità e da lungo invecchiamento. Il Sangiovese esprime in quest’annata la complessità dei profumi e l’eleganza ben strutturata della sua trama tannica. Un’annata, quindi, caratterizzata da un eccellente livello qualitativo che lascerà sorpresi gli amanti del Brunello e di tutti i vini di Montalcino. Ancora una volta Montalcino dimostra di essere un territorio unico, ad altissima vocazione viticola che premia i produttori che sanno interpretare al meglio la gestione viticola nelle differenti sottozone”.
 
E’ il parere anche di Patrizio Cencioni, che guida l’azienda Capanna abbiamo ottenuto dei vini di ottima qualità. Il risultato è senz’altro molto superiore alle aspettative che avevamo in estate, quando le abbondanti piogge primaverili avevano determinato un ritardo nella fase vegetativa delle viti. Invece, il buon clima diurno e le temperature notturne piuttosto basse del periodo successivo hanno portato a una maturazione progressiva delle uve, caratterizzate da un’elevata acidità. Queste caratteristiche si sono riscontrate ancor più nei vini nuovi: gradazioni alcoliche elevate con alte acidità totali, a cui si aggiungono alta quantità e buona qualità dei polifenoli”.
 
Fabio Ratto di Antinori Agricola sottolinea come “l’andamento climatico, abbinato ad attente cure agronomiche, ha consentito di ottenere uve di grandissima qualità. Le giornate di sole che hanno caratterizzato la raccolta hanno permesso una perfetta maturazione dei grappoli, regalandoci una materia prima di qualità eccellente. I vini si sono presentati sin dai primi giorni di vinificazione ricchi di meravigliosi colori e di tannini morbidi. Quella del 2010 a Montalcino è stata sicuramente una vendemmia “superiore”.
 
Per Fabrizio Bindocci, agronomo ed enologo della Tenuta Il Poggione “le giornate calde e ventilate di settembre ed ottobre hanno portato a maturazione perfetta le uve Sangiovese raccolte manualmente da metà settembre a metà ottobre. I vini sin dai primi giorni di fermentazione presentavano un colore intenso, carico, con tannini abbastanza morbidi preannunciando, almeno qui a Montalcino, una vendemmia decisamente ottima”.
 
Per Ermanno Morlacchetti delle Tenute di Castelgiocondo e Luce della Vite, “attualmente in cantina i nuovi vini rispecchiano le caratteristiche delle uve: importanti gradazioni alcoliche, intensamente colorati di ottima struttura e di assoluto pregio, indici che ci fanno pensare ad un’“annata da leggenda”. 

Anche Edoardo Virano, direttore delle Tenuta Col d’Orcia, evidenzia come “i vini ottenuti dalla vendemmia 2010 sono straordinariamente fruttati e colorati, caratterizzati da tannini maturi e persistenti adatti ad un lungo periodo di invecchiamento e longevi nel tempo. Fin dalle prime fasi della macerazione si è potuto notare un’ottima estrazione sia del colore sia dei tannini. Il risultato finale è una grande vendemmia, sicuramente una delle migliori degli ultimi anni”. Giacomo Neri, proprietario di Casanova di Neri, “poche volte nella mia esperienza di cantina ormai più che ventennale ho visto una così alta qualità. Le uve raccolte hanno dato vini di grande equilibrio, con profumi netti, ottima acidità, colori intensi e valori di polifenoli alti e di qualità”.

Ma cosa rende questo territorio così speciale d produrre annate di alta qualità anche in periodi dove gli altri territori faticano ad ottenere risultati?
Per il professor Attilio Scienza, ordinario di viticoltura ed enologia alla Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano - che definisce quella del 2010 “un’annata a 5 stelle” che ha avuto in generale un andamento climatico complicato che però a Montalcino i viticoltori hanno saputo interpretare nel modo migliore anche grazie ad un territorio incredibile che ha dimostrato ancora una volta di essere l’unica vera terra di elezione per il sangiovese. “Ne sono testimonianza i vini appena svinati che presentano caratteristiche di grande eleganza, non disgiunta da struttura e lunghezza in bocca, caratteristiche non trascurabili per un vino da destinare ad un invecchiamento la cui durata non ha riscontro in nessun’altro vino nel mondo.
 
Ma perché gli effetti di un andamento climatico poco favorevole non hanno intaccato l’integrità dei vini di Montalcino? Penso che la risposta risieda solo in una semplice constatazione: i vigneti di Sangiovese presentano un equilibrio vegeto-produttivo che consente loro di ammortizzare con grande efficacia le forzature e le conseguenze negative dell’eccesso di pioggia sull’uva. Questo equilibrio ha diverse origini, talune sono il risultato di un ambiente pedoclimatico di grande vocazione per i vini da lungo invecchiamento (il drenaggio dei suoli, la loro ricchezza di scheletro, la bassa fertilità chimica, altre invece risiedono nel “saper fare” dei viticoltori, che nel corso della loro lunga storia hanno sempre tenuto in considerazione due principi fondamentali nella produzione del Brunello: la fedeltà al territorio ed il loro onore di produttori. In pochi luoghi del mondo, celebri per la qualità dei loro vini, è possibile vedere come a Montalcino dei vigneti così ben tenuti e delle uve dalla maturazione così regolare, anche in anni difficili, a testimonianza che un vigneto in equilibrio con il territorio che lo ospita ha dentro di sé la capacità di reagire a qualsiasi insulto climatico".

Ad ognuno di noi le proprie valutazioni.......

Arte e vino a Roma: I vini dell’Imperatrice. La cantina di Joséphine alla Malmaison


Ancora arte abbinata al vino. Questa volta vi propongo una interessante mostra al Museo Napoleonico di Roma dove tra preziosi calici per lo champagne, bicchieri per acqua e vino, caraffe, rinfrescatoi, etichette e bottiglie sono in mostra “I vini dell’Imperatrice. La cantina di Joséphine alla Malmaison (1800– 1814)” che, dopo la tappa parigina e quella svizzera, é stata presentata stamattina al Museo Napoleonico di Roma.


L’esposizione promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione – Sovraintendenza ai Beni Culturali di Roma Capitale – Museo Napoleonico, realizzata in collaborazione con la Réunion des musées nationaux, il Musée national des Châteaux de Malmaison et Bois – Préau e il Musée Napoléon Thurgovie, château et parc d’Arenenberg, è a cura di Maria Elisa Tittoni e Giulia Gorgone, con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura. 

L’idea della mostra nasce dalla lettura dell’inventario, redatto nel 1814 dopo la morte dell’imperatrice Joséphine – prima moglie di Napoleone – nel quale è descritto il contenuto della cantina della Malmaison, dove erano custodite oltre 13.000 bottiglie. La lista dei vini offerti agli ospiti in visita al castello comprendeva un’incredibile quantità di diversa provenienza geografica. I migliori vini di Bordeaux, di Borgogna e di Champagne trovavano posto accanto ai vini del Languedoc-Roussillon, della penisola iberica, a vini italiani come il Picolit , il vermouth e il rosolio. La presenza del rhum e di “liquori delle isole” rimanda alle origini creole di Joséphine. 


La mostra vuole anche analizzare l’evoluzione, in epoca imperiale, della produzione vinicola e della sua commercializzazione grazie ai progressi dell’industria vetraria che incidono soprattutto sul perfezionamento della forma delle bottiglie.


Varie tipologie di bicchieri e di calici, esposti accanto a secchielli da ghiaccio, rinfrescatoi, coppe per il punch in cristallo e in argento, esaltano, grazie alla loro eleganza, la raffinata arte del ricevere e testimoniano i progressi tecnici della cristalleria francese facendo conoscere altresì l’evoluzione delle abitudini a tavola all’indomani dell’epoca rivoluzionaria. Una serie di oggetti posteriori all’Impero mostra le trasformazioni cui andarono incontro le produzioni di cristalleria, le tecniche di imbottigliamento e di etichettatura durante la prima metà del XIX secolo e fino all’alba del Secondo Impero.

Saranno esposti 148 oggetti legati alla cultura del bere e documenti provenienti dalle collezioni della Malmaison, di Fontainebleau, di Compiègne, dal Musée Louis-Philippe d’Eu, dal Musée Carnavalet, dal Musée des Arts Décoratifs, dal Musée National de Céramique di Sèvres, dalla Fondation Napoléon, dal Musée Napoléon Thurgovie, château et parc d’Arenenberg e dal Museo Napoleonico di Roma. In mostra anche materiali provenienti da collezioni private e dagli archivi di famose case di produzione vinicola come la Moët et Chandon.

Museo Napoleonico
 
Piazza di Ponte Umberto I, 1

Orari: martedì – domenica; ore 9-19. La biglietteria chiude 30 minuti prima; chiuso il lunedì.

Biglietto intero € 7 ridotto € 6: cittadini della comunità Europea di età compresa tra i 6 e i 25 anni e superiore ai 65 anni; cittadini residenti a Roma tra i 18 e i 25 anni; per le categorie previste dalla tariffazione vigente. 
Gratuito: sotto i 6 anni di età; cittadini residenti a Roma di età inferiore ai 18 e superiore ai 65 anni; per le categorie previste dalla tariffazione vigente

Tutte le immagini qua: clicca 

Fonte: http://museiincomuneroma.wordpress.com

Tra Gambero Rosso e Vini del colli bolognesi...spunta la politica


Non ce la faccio più, manca solo che facciano una lettera di protesta a mago Zurlì o alla Posta del Cuore di Barbara Palombelli per spiegare quanto sono stati cattivi quelli del Gambero Rosso. Non fraintendetemi, non voglio difendere nessuno, però reputo stucchevole questa polemica che stenta a terminare. Al Gambero non piaccioni i vostri vini? Bene, fatevene una ragione e vedrete che vivrete bene lo stesso, tanto più se, come dite, le altre guide del vino vi danno punteggi lusinghieri.
Invece no, si va avanti e, come al solito, interviene la politica. Leggo su "Il Resto del Carlino" che l'assessore all'Agricoltura, Gabriella Montera, ha impugnato la penna per scrivere a Giorgio Melandri, il signor 'Gambero Rosso', e chiedergli delucidazioni. 

Giorgio Melandri. Fonte: Scatti di Vino


Melandri è finito nell'occhio del ciclone perché nell'edizione 2011 della celebre guida, considerata un po' la Bibbia del buon mangiare italico, ha speso parole poco tenere nei confronti del vino prodotto sui Colli. Questi i 'versetti' incriminati: “Nei colli bolognesi - scrive Melandri - la comunità di produttori fatica a trovare la cifra del territorio, stretta tra progetti legati ai vitigni internazionali sempre meno convincenti e l’incapacità di ragionare sul vino in termini di linguaggio. Il risultato sono in generale vini formali e poco originali, concepiti su un’idea di qualità che non fa i conti con il terroir”. 

Parole, queste, che avevano scatenato la 'rivolta' bolognese, capeggiata da Francesco Lambertini, conduttore della Tenuta Bonzara, che si era autoescluso dalla guida, nonostante fosse uno dei pochi 'superstiti'. Una rivolta sposata dai produttori dei Colli che, in coro, avevano giurato di non mandare più vini al 'Gambero'.

Vorrei premettere – esordisce l'assessore provinciale nella sua lettera - che mi guardo bene dall'invadere la sfera di giudizio sulla qualità, che non mi compete, così come non metto certo in discussione la sua autonomia critica, ma, come assessore all'Agricoltura della Provincia di Bologna, ritengo importante capire meglio qual è l'elemento qualitativo carente rilevato, perché le sue risposte non mi appaiono esaustive”. 

L'assessore Gabriella Montera
Montera sottolinea, poi, come Melandri, nella sua critica, non metta in discussione la qualità dei vino made in Bologna, ma punti il dito contro “la capacità di promuoverlo e commercializzarlo”. “Produttori e istituzioni – osserva l'assessore - hanno cercato di portare avanti congiuntamente un'azione di forma, per 'raccontare' meglio la nostra provincia, attraverso iniziative promozionali di valorizzazione dei prodotti e interventi di 'vetrina' del territorio, ma anche di sostanza: sono stati fatti ingenti investimenti per la riconversione e la ristrutturazione dei vigneti, e si è appena concluso il percorso di modifica del disciplinare, che ha determinato una significativa riduzione delle denominazioni d'origine per ottimizzare l'offerta”. 

L'assessore non nega che vi siano altri passi da fare “soprattutto nella capacità di investire sulla coesione per offrire un'immagine più forte e coordinata del territorio dei Colli bolognesi”, ma aggiunge: “Posso garantirle che oramai c'è una consapevolezza diffusa che questo è l'unico modo per poter competere con territori e produttori che hanno ben altre risorse”. 

La palla, o meglio il calice, ora passa a Melandri che, tra l'altro, aveva già risposto sulle questione nella pagine di Scatti di Vino.
The end?


Al MOMA di San Francisco il vino diventa arte moderna


Sabato 20 Novembre si è inaugurata al MOMA di San Francisco - il celeberrimo museo d’arte moderna -  l’esposizione How Wine Became Modern: Design + Wine 1976 to Now, un affascinante viaggio che esplora le trasformazioni del vino nella cultura visiva e materiale delle ultime tre decadi, dando modo di comprendere appieno la cultura contemporanea del vino e il ruolo svolto dal design nell’economia di questa metamorfosi.


La mostra, organizzata da Henry Urbach e Helen Hilton, può essere considerata la prima esposizione della storia che prende in esame la cultura globale del vino come facente parte di una più ampia rete di fenomeni culturali, nonostante abbia una sua forte connotazione individuale.

L'esposizione dispone di manufatti storici, modelli di architettura, installazioni multimediali, opere d'arte e anche di una "smell wall", parete aromatizzata per fornire al visitatore una vivida esperienza sensoriale nelle singole gallerie.

Ecco alcune delle opere che potrete vedere se passate da quelle parti:

Etienne Meneau, Carafe No. 5, 2009
Nella sua vasta opera murale dal titolo "In [ ] Veritas", Peter Wegner illustra più di 200 colori legati al vino e dimostra in modo vivace quanto il vino e il linguaggio da esso generato sia diffuso nella vita di ogni giorno. Questo è un dettaglio dell'installazione.

Peter Wegner, In [ ] Veritas, 2010; 216 in. x 1000 in.; paint (mural), graphic tape, vinyl lettering; installation detail; © Peter Wegner
La direzione del MoMa di San Francisco ha invitato anche due designer italiani di talento, Laura Fiaschi,1977, e Gabriele Pardi,1966, insieme Gumdesign. I due parteciperanno con due collezioni di calici da degustazione. La prima è la serie "Calici" prodotta da Seguso dedicata ai degustatori: c'è il calice per l'astemio, quello per l'equilibrato e infine il calice per lo smodato. Un divertente foro posizionato a diverse altezze smaschererà fin da subito le intenzioni di chi chiede il bicchiere! "Calici" è stato selezionato anche per il Museo del Design della Triennale di Milano.

Gumdesign, Calici, prodotto da Seguso
 
Libri, televisione, Youtube ma anche fumetti: il vino viene traghettato verso la popolarità da molti mezzi. Nella sezione Popular Culture anche un' esposizione degli Anima di Kami no Shizuku, di cui riportiamo alcuni esempi. Meraviglioso il montaggio dei cin cin più celebri del cinema, nella stessa area dell'esposizione.

Kami no Shizuku (Drops of God / Les Gouttes du Dieu); 2004-ongoing; book; © Tadashi Agi/Shu Okimoto/Kodansha Ltd.
Terroir, ovvero quel mix speciale di condizioni chimiche, fisiche e climatiche che definiscono l'identità di un vino. Con la globalizzazione dell'enologia, ogni produttore reclama un terroir unico, quasi come un Santo Graal. L'installazione, dal titolo "Terroir", mostra le diverse caratteristiche, tra cui il tasso di umidità, di 17 località produttive di tutto il mondo.

Terroir Gallery, image courtesy Diller Scofidio + Renfro
Una vetrina che contiene una profonda vasca di liquido rosso scuro fa da sostegno luminoso a un'esposizione di 30 calici sospesi.

Glassware Gallery, image courtesy Diller Scofidio + Renfro
Al termine dell'esposizione, dopo aver imparato tutto del vino e del terroir, una parete offre ai visitatori un'esperienza olfattiva diretta: è la Smell Wall. Sette vini diversi, sospesi a una parete, sono accompagnati da alcuni termini tecnici che danno corpo, voce e senso all'esperienza.

Smell Wall, image courtesy Diller Scofidio + Renfro
Nel cuore della Napa Valley, la Clos Pegase Winery è stata costruita sul progetto vincitore del concorso indetto dal MoMa di San Francisco nel 1984. Tre anni dopo, il centro Pompidou di Parigi organizzò un concorso simile. Era iniziata l'era dell'architettura delle vinerie.

Michael Graves, Clos Pegase Winery, 1987; image courtesy Michael Graves
Dennis Adams, SPILL, 2009; production still; single channel video
Courtesy the artist, Kent Gallery New York and Galerie Gabrielle Maubrie Paris

Fonte: Lei Web

Il Timorasso Spumante Tasting Panel visto dalle food blogger


Non vorrei fare il classico comunicato stampa dove per ogni cazzata che si organizza in giro alla fine si dice sempre che è stato un trionfo ma, per questo tasting panel, la parola adatta non può che essere SUCCESSO. Non tanto per le valutazioni del vino ma, piuttosto, per la partecipazione che si è scatenata in Rete dove tanti amici, tanti blogger ed appassionati di vino hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa lanciata da me e Paolo Ghislandi.
In tutto questo fermento la parte del leone o, meglio, delle leonesse l’hanno fatta le food blogger che, tralasciando un po’ la parte più tecnica della degustazione hanno abbinato il Timorasso Spumante a tantissimi piatti originali.

Un esempio? SOS Torta ci ha cucinato un buonissimo risotto allo spumante, Peperoni e Patate ha creato l’abbinamento con una mousse di San Daniele e patate in sfoglia di mele su besciamella, Tavole e Fornelli ci ha mangiato biscotti salati al timo e senape, Fior di Frolla  ci ha accompagnato una squisita quiche ai funghi porcini, patate e Emmentaler, mentre Con Amore per Amore  ha realizzato uno squisito matrimonio con le capesante.

Il risotto di SOS Torta
La mousse di Peperoni e Patate
Quiche ai funghi porcini, patate e Emmentaler
Con Amore per Amore e le capesante

Non è finita qua però. Anzi.

Zucchero&Sale c’ha mangiato i gamberi fritti alle mandorle e pepe, la Fucina Culinaria ha azzardato con la preparazione di una bavarese “Spumante & Nocciole”, la russa Rossa di Sera ha tentato un abbinamento regionale con le Tagliatelle con tartufo nero e panna acida, Pane Burro e Marmellata ha realizzato dei succulenti Spaghetti alla chitarra con Patè di Palamita, Rosamarina piccante e Datterini confit, Acquolina ha creato un matrimonio tra Timorasso e Tagliatelle all'uovo con porcini freschi mentre Sonia nel Paese delle Stoviglie ha creato un’unione autunnale con degli ottimi sformatini di zucca.

Gamberi fritti alle mandorle e pepe
I gustosi sformatini di zucca
Tagliatelle con tartufo nero e panna acida
Gli spaghetti di Pane Burro e Marmellata
Tagliatelle all'uovo con porcini freschi
La bavarese di Fucina Culinaria

Non è finita qua!!

Amara Dolcezza ha creato ed abbinato i Blinis con panna acida, Tocco di Zenzero ha abbinato il Chiaror Sul Masso ai rigatini di farro con crema di topinambur, salsiccia, toma e pichin mentre Daniela Senza Panna c’ha mangiato dei fantastici tortelli cacio e pepe con salsa carbonara made in Antica Osteria L’Incannucciata.
Chiude la carrellata la Kitty' s kitchen con un happy hour a base di spiedini di pollo fritto all’americana.

Blinis con panna acida
Rigatini di farro con crema di topinambur, salsiccia, toma e pichin
Tortelli cacio e pepe con salsa carbonara
Spiedini di pollo fritto all’americana

Spero di non essermi dimenticato nessuno e...al prossimo tasting panel!!


La Borgogna di Armand Rousseau: Charmes-Chambertin 2005


Parli di Armand Rousseau e ti viene in mente subito la Borgogna, la terra dei balocchi per ogni iniziato al grande vino.
Parli di Armand Rousseau  e, per chi c’è stato, ti vengono in mente i suoi 14 ettari di vecchie viti di pinot nero di cui 2 a Village, 3,5 a Premier Cru e 8,5 di pura essenza Grand Cru.


Un’elevata densità di impianto (11.000 ceppi per ettaro), basse rese (siamo a 30-40 ettolitri per ettaro), nessun uso di fertilizzanti e una vinificazione tradizionale sono i presupposti essenziali di una produzione media di 65.000 bottiglie, piccole perle enologiche che ogni anno deliziano i palati di quei fortunati che possono permettersi di bere queste rosse emozioni borgognone.


Dei 30 ettari del vigneto Charmes-Chambertin, il più grande di Gevrey, il Domaine possiede solo un piccolissimo fazzoletto di terra di circa un ettaro e mezzo che ogni anno, per quella combinazione alchemica chiamata Terroir, dà vita a piccoli capolavori enologici, uno dei quali è arrivato su una tavola di Roma e regolarmente stappato.


Bere oggi un 2005, annata considerata “mitica” dagli esperti di Borgogna, potrebbe essere un’arma a doppio taglio perché potrebbe presentarsi l’incognita di aprire bottiglie che, nella loro fase di vita, sono in netta chiusura per poi tornare ad esprimersi ad alti livelli solo tra qualche anno, magari decenni.


Corriamo il (presunto) rischio e con grande gioia ogni paura viene spazzata via: il vino ha un naso profondo dove giocano intense sensazioni di frutta rossa, scorza di arancia, violetta, liquirizia, muschio e un lieve eco vegetale.

Al palato c’è tanta materia, grande profondità e, soprattutto, una purezza davvero emozionante. Non so come spiegarlo ma è come se un equalizzatore abbia filtrato tutti i segnali organolettici per compensare eventuali disuniformità e regalare al degustatore solo sensazioni nitide e sulla stessa lunghezza d’onda.

Bottiglia da 150 euro con cui si capisce decisamente perché Dio ha voluto il Pinot Nero.

Oggi si beve lo Svejo 2009 di Italo Cescon


Con i vini di Italo Cescon mi sono incontrato durante una ricerca sui “social wine” ovvero vini con finalità sociali che, nel caso di Cescon, hanno la retroetichetta scritta in braille. Grazie alla collaborazione del Sig. Mario Girardi, Vicepresidente della Sezione di Treviso dell'Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti, le retroetichette dei Cru aziendali, Svejo, Mejo Chieto e Rabià, potranno essere lette con altri occhi dagli appasssionati di bacco per permettere anche a loro di comprendere le caratteristiche principali del vino che stanno bevendo.

 

Siamo tutti uguali a questo mondo, anche quando beviamo un bicchiere di Raboso!

Incuriosito da questa notizia ho deciso di saperne di più della famiglia Cescon e dei loro vini scoprendo, in tale ambito, un’azienda agricola famigliare che da oltre cinquanta anni opera nel Piave.
Nel 1954, infatti, Italo Cescon scelse di seguire le orme del nonno Domenico che già produceva Raboso Doc Piave dando vita ad una piccola cantina, l’Enoteca Italo Cescon, da subito distintasi nella zona per la vendita di vino esclusivamente in bottiglia, specie per le osterie ed i ristoranti, vestendola da subito con un’immagine unica e ancor oggi quanto mai attuale: l’etichetta in carta paglia scritta interamente a mano e l’inconfondibile Tralcetto.


Oggi, che il patron fondatore non c’è più, l’azienda, divisa in sei tenute, è condotta dai figli Gloria, Graziella e Domenico che, con un giusto mix di tradizione ed innovazione, stanno dando nuovo impulso a due vitigni autoctoni della Doc Piave: il Raboso e l’Incrocio Manzoni 6.0 13 o Manzoni Bianco, oggi nuova D.O.C.G.

Negli ultimi tempi ho bevuto più volte lo Svejo 2009, 100% Manzoni Bianco che, inizialmente, aveva destato la mia curiosità più per la retroetichetta in braille che per la sua popolarità mediatica.
Posso dirlo? Che bello questo vino il quale, pur non raggiungendo vette estreme di complessità e finezza, ha allietato, senza mai deludere, parte delle mie serate estive.
Ha un profumo intenso e al naso si apre con una netta nota fruttata di pesca bianca che col passare del tempo vira verso sensazioni più mature e a tratti tropicali. Il quadro aromatico si completa con tanti fiori bianchi e una lieve nota minerale.
In bocca l’equilibrio è dato da un sottile gioco di morbidezza e freschezza che, unite ad intensità e persistenza, fanno di questo Svejo 2009 un ottimo compagno di bevute.

 
Che volete di più da un “social wine”?

P.S.: abbinato con l’asparago bianco di Cimadolmo IGP dicono sia il massimo…

Lo Champagne più vecchio del mondo è stato bevuto!


La notizia è di ieri, due delle bottiglie di champagne più vecchie al mondo, ritrovate lo scorso luglio dopo aver trascorso secoli all'interno di un relitto nel Mar Baltico, sono state stappate due giorni fa ad Aaland in Finlandia, davanti a un centinaio di amatori e giornalisti con il bicchiere in mano.
I due preziosi champagne, aperti oggi, un Veuve Clicquot e un Juglar, dal nome della casa "châlonnaise" ormai scomparsa, fanno parte di uno carico di  bottiglie, probabilmente inviato dal re di Francia Luigi XVI alla corte imperiale di Russia, ma mai giunto a destinazione. L'apertura di due bottiglie è stata organizzata dalle autorità dell'arcipelago autonomo finlandese di Aaland.

Bottiglie sommerse
Lo champagne, una volta versato nei bicchieri, si e' presentato con un aroma piu' pungente di quelli di qualsiasi prodotto moderno. ''Le bottiglie in fondo al mare si conservano meglio che in qualsiasi cantina'', ha detto ai giornalisti uno dei piu' famosi esperti mondiali di champagne, Richard Juhlin, che ha descritto il Juglar come ''piu' intenso e potente'', mentre il Veuve-Clicquot e' stato paragonato allo Chardonnay, con sfumature di ''fiori di tiglio e scorze di lime''.

Lo champagne all'esame olfattivo
I rappresentanti della Veuve-Cliquot hanno collaborato on gli storici per datare lo champagne, che risale alla meta' del diciannovesimo secolo. Nella nave affondata sono state ritrovate in tutto 168 bottiglie e le autorita' della piccola provincia di Aaland puntano ad attirare turisti e appassionati, che potranno acquistare all'asta il resto del tesoro sommerso. Secondo Juhlin, ogni bottiglia potrebbe valere circa 100 mila euro.

Il tappo
Fonte: Asca

La Top 100 2010 di Wine Spectator. L'epilogo finale!!! E' Ammericano il Wine of The Year 2010



Bene, l'epilogo è arrivato e tanti lettori di Percorsi Di Vino sono in trepida attesa di leggere queste righe per sapere chi ha vinto il concorso dei concorsi..........
Detta questa str...ata vediamo Wine Spectator chi piazza la numero 5 della graduatoria.

Altamura 
Cabernet Sauvignon Napa Valley 2007


Inizialmente, dal nome, pensavo fosse un pugliese ed invece è un bel cabernottone della Napa Valley che tanto piace agli Ammericani

A profound effort, offering wonderful purity of flavor, with tiers of anise and black licorice, generous yet structured and elegant. This shows both power and finesse, ending with a wonderful burst of dark berry fruit. Best from 2012 through 2024. 3,000 cases made. –JL


 Al numero 4, e quindi ai piedi del podio, troviamooooooooooo

Rullo di tamburi

Revana
Cabernet Sauvignon St. Helena 2007

 

 
 
Altro cabernottone made in California

Aromas of roasted herb, red pepper and sage are complex, elegant and spicy, joined by ripe currant, plum and black cherry fruit, but this is at its best on the full-bodied palate, where the texture is supple, graceful and polished. Drink now through 2020. 2,000 cases made. –JL

Sul podio, al numero 3, in quella che sembra ormai una classifica a stelle e strisce troviamo.....
  
Peter Michael 
Chardonnay Sonoma County Ma Belle-Fille 2008


This is a tremendous Chardonnay, intense, pure, ripe and complex, with concentrated pear, apple, fig and melon flavors that are elegant and refined. Well-defined and long on the finish. Drink now through 2016. 2,100 cases made. –JL

Uno chardonnay tremendo??? Ah ah ah

Al numero 2.................

Two Hands 
Shiraz Barossa Valley Bella’s Garden 2008


Mi mancava l'Australiano!! 

Dark and dense, but emerges with vivid color and bright flavors of raspberry, black cherry and a hint of peach, beautifully tinged with cocoa, licorice and mineral notes as the finish sails on impressively. Drink now through 2018. 2,400 cases made. –HS

E al numero 1, signore e signori, vi presento l'unico, inimitabile, eccezionale, incontrastabile, prezioso...........

 Saxum 
James Berry Vineyard Paso Robles 2007

 
In 1998, when 28-year-old Justin Smith started making wine in Paso Robles, it was a sleepy Central Coast area. Now the wine region is one of California’s fastest-growing. West Paso has a magical combination of rocky limestone soils, rolling hillsides and a not-too-cool climate that gives red Rhône varieties a firm structure to frame their rich, dark berry flavors.
Smith, who owns the 3,000-case Saxum winery with his wife, Heather, creates wines of distinctive character, depth and personality. In 2007, a near-perfect vintage, Saxum’s wines reached new heights. The 2007 James Berry Vineyard Paso Robles is a blend of Grenache, Mourvèdre and Syrah from a vineyard named after Smith’s father. The three varieties are aged 20 months in new and used barriques and large puncheons, to emphasize fruit purity. With its classic quality and reasonable price, this wine is a testament that Paso Robles has earned its place on the world stage.

An amazing wine, dense, rich and layered, offering a mix of power and finesse, with concentrated dark berry fruit, mineral, sage, herb and cedar notes that are pure, intense, focused and persistent. Grenache, Mourvèdre and Syrah. Drink now through 2018. 950 cases made.

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