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Credit: Winenews |
Questa nuova suddivisione del territorio di produzione del Chianti Classico in aree più ristrette e dotate di maggiore omogeneità, porterà a indicare in etichetta (in una prima fase solo sui vini Chianti Classico Gran Selezione) il nome del comune o della frazione, rafforzando la comunicazione del binomio vino-territorio, aumentando la qualità in termini di identità e territorialità, consentendo al consumatore di conoscere la provenienza delle uve e, non ultimo, stimolando la domanda attraverso la differenziazione dell’offerta.
Per questo sono state individuate e delimitate undici aree all’interno della zona di produzione del Chianti Classico, distinguibili in base alla combinazione unica di fattori naturali (composizione del suolo, microclima, giacitura dei vigneti, ecc.) e fattori umani (storia culturale, tradizioni locali, spirito di comunità): San Casciano, Greve, Lamole, Montefioralle, Panzano, Radda, Gaiole, Castelnuovo Berardenga, Vagliagli, Castellina, San Donato in Poggio.
Tutto questo recita il comunicato stampa che è stato dato a noi blogger\giornalisti per cui, appena entrato nella sala degustazione riservata, la prima domanda che mi sono fatto è stata: ”Siamo sicuri che 11 UGA riflettano davvero le reali differenze territoriali? Non saranno troppe e frutto di una decisione diplomatica volta ad accontentare un po’ tutti i “campanili”?
L’altro obiettivo di queste poche di ore di degustazione spese alla Stazione Leopolda è stato valutare l’ultima annata in commercio del Chianti Classico, la 2020, perché avendo sentito opinioni contrastanti volevo farmi una opinione assolutamente personale e scevra da ogni pregiudizio.
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Giovanni Manetti - Presidente Consorzio Chianti Classico |
Prendendo sempre spunto dal comunicato ufficiale del Consorzio si evince che, in questo millesimo particolare, il territorio del Gallo Nero non ha, per sua fortuna, sperimentato eventi climatici estremi come purtroppo si sono verificati in altre regioni d’Italia. A una primavera abbastanza fresca è seguita un’estate calda e lunga ma con buone escursioni termiche fra il giorno e la notte (le temperature minime sono state sempre contenute sia a luglio che ad agosto) consentendo il completamento ottimale del processo di maturazione delle uve. Da evidenziare anche l’assenza di stress idrico grazie alle piogge di giugno e di settembre. Tutti questi sono i presupposti per un’altra ottima annata di Chianti Classico, di grande struttura e di grande equilibrio.
Per capire se tutto ciò che ci hanno raccontato in termini di UGA e di caratteristiche di annata sia realmente tangibile nel bicchiere, ho degustato una sessantina di Chianti Classico “base”, da sempre i miei preferiti per espressività, al fine di testare sul campo l’esistenza di linee comuni e differenze tra i campioni prescelti.
Di seguito, suddivisi per territorio, i migliori vini degustati:
Castelnuovo Berardenga
Carpineta Fontalpino - Chianti Classico Fontalpino 2020
Bevuto già qualche tempo fa in azienda. Dopo qualche mese si conferma intenso, fruttato, materico ma con una bevibilità ed un equilibrio davvero notevole!
Vagliagli
Complicità – Chianti Classico “Assolo” 2020
Avvolgente e complesso, sa di mora, ciliegia ed erbe aromatiche. Sorso salino e godibile.
Radda
Istine - Chianti Classico 2020
Angela da tempo non sbaglia un colpo e con questo Sangiovese in purezza guida con orgoglio la bella truppa raddese interpretando la soavità del territorio in maniera impeccabile.
Gaiole
Riecine – Chianti Classico 2020
Il “timbro di fabbrica” di questa azienda lo adoro da tempo, soprattutto amo l’aspetto agrumato e sapido di questo Chianti Classico dal sorso teso, terso e profondo come pochi altri in zona.
Panzano
Monte Bernardi - Chianti Classico "Retromarcia" 2020
La bellezza di questo vino: interpretare il terroir di Panzano, che dà sempre vini ricchi ed carnosi, con armonia e definizione. La progressione di questo sangiovese è assolutamente dirompente.
San Casciano
Cigliano di Sopra – Chianti Classico 2020
Avvolgente, succoso, nitido. La componente acido-sapida e la sua scorrevolezza lo trasportano tra i Chianti Classico più beverini degustati.
Greve
Podere Poggio Scalette – Chianti Classico 2020
Tipicamente espressivo di visciola e agrumi con piccolo corredo di erbe aromatiche. Bocca di appagante freschezza, facilità e piacevolezza di beva.
Montefioralle
Maurizio Brogioni Winery – Chianti Classico “H’amorosa” 2020
Ricco di frutta al naso, al sorso manifesta struttura proporzionata e coesa che svela un finale sapido davvero appagante.
Lamole
Podere Castellinuzza – Chianti Classico 2020
Non c’è nulla da fare, quando bevo Lamole mi sento come se entrassi in un campo fiorito di iris che dona al vino una levità ed una rarefazione davvero entusiasmante. Terroir unico.
Castellina
Castello La Leccia - Chianti Classico 2020
Guido Orzalesi, pian piano, sta riuscendo nell’impresa di togliere al Chianti Classico di questa aziende tutte le inutili sovrastrutture del passato per portare, come in questo caso, il sangiovese ad una essenzialità chiantigiana che mi piace da morire.
San Donato in Poggio
Isole e Olena – Chianti Classico 2020
Vibrante e complesso, sprigiona intesi aromi di prugna e visciola, a seguire incenso, rabarbaro e fiori rossi appassiti. La bocca è emozionante, potenza e controllo vanno a braccetto rendendo tutto dannatamente armonico.
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Foto: Ricasoli.com |
Conclusioni
Quando tiro le fila di una degustazione così lunga e complicata cerco sempre di confrontarmi con qualche amico\collega e, come sempre, il primo che vado a cercare è il mitico Carlo Macchi che in tema di sangiovese toscano è una voce più che autorevole. Mi fa piacere aver letto su Wine Surf le mie stesse riflessioni sulla 2020 che si rivelata una annata “classica” dove il vino tende ad esprimersi nel bicchiere esaltando, a seconda del terroir, la florealità, la solarità, la freschezza oppure la “sana ruvidezza” del sangiovese. I 2020, pertanto, sono Chianti Classico dinamici, mai pesanti ed eccessivi in alcol e tannino, che rendono spesso e volentieri la beva succosa e godibilissima anche nel caso di affinamenti del vino in legno che non risulta quasi mai invadente.
Per quanto riguarda le UGA e la loro leggibilità nel bicchiere, ho notato che in molti casi, come ad esempio mi è accaduto per Radda, Lamole o Panzano, il vino effettivamente si esprime nel bicchiere con caratteristiche assolutamente uniche tali da giustificare la menzione territoriale. In altri casi, invece, queste sfumature non sono così nette e caratterizzanti. Non so, siamo sicuri che, ad esempio, dividere in Comune di Castelnuovo Berardenga in due UGA (Vagliagli e Castelnuovo Berardenga) sia realmente un valore aggiunto per la denominazione e non si rischi, invece di confondere il consumatore finale?
Le risposte, come sempre, le darà solo il tempo.