InvecchiatIGP: Poggio Scalette - Il Carbonaione 1998


di Roberto Giuliani

Il legame con il sangiovese da parte di Vittorio Fiore, enologo di lungo corso originario di Fortezza (BZ) ha radici lontane figlie di un percorso di vita che lo ha portato nel 1979 a trasferirsi in Toscana. Classe 1941, completati gli studi tecnici prima a San Michele all’Adige e poi a Conegliano, inizia la sua attività di consulenza in aziende del nord Italia, soprattutto in Piemonte, parliamo degli anni ’60, quando la figura dell’enologo consulente era ancora quasi del tutto sconosciuta. Negli anni ’70 diventa Direttore Generale di Assoenologi (allora Associazione Enotecnici Italiani), incarico che mantiene fino al 1979, quando decide di trasferirsi in Toscana per una serie di motivi, da una parte il desiderio di cambiare luogo di residenza a causa del clima troppo umido della casa di Agliate in prossimità del Ticino, dall’altra l’incontro con un industriale che aveva acquistato la Fattoria Le Bocce a Panzano, gli portava i campioni al laboratorio di Assoenologi e gli aveva proposto di lavorare per lui in azienda. Ovviamente a Panzano in Chianti il clima era ben diverso, così la famiglia si trasferì senza esitazioni in questo noto comune toscano.

Vittorio Fiore

Fiore lavorò a Le Bocce per un paio d’anni, nel frattempo fece anche le sue prime consulenze nel territorio e si rese conto che il sangiovese chiantigiano doveva liberarsi delle uve bianche per esprimersi al meglio (ma anche di quel 15% di prodotto proveniente da altre zone consentito dal disciplinare di allora), puntando però a un vigneto rinnovato e concepito non per produrre quantità ma qualità. Facile a dirsi, difficile a realizzarsi, soprattutto quando un vino ottenuto da un approccio di questo tipo, cambia radicalmente le sue caratteristiche organolettiche, rischiando di essere rimandato indietro dalle commissioni di assaggio.


Il tempo gli ha dato ragione, infatti Vittorio Fiore, insieme a Maurizio Castelli e Franco Bernabei, sono giustamente considerati coloro che hanno portato il rinnovamento nel mondo del vino toscano. Intanto, nel 1991, Fiore acquista sulla collina di Ruffoli a Greve in Chianti il Podere Poggio Scalette, che condivide con il figlio Jurij fresco del diploma di enologo ottenuto a Beaune.


Qui, al Chianti Classico rigorosamente ottenuto da sole uve sangiovese, affianca dall’annata 1992 un vino che lascerà il segno e potremmo definire un supertuscan profondamente toscano, visto che anch’esso è ottenuto da sole uve sangiovese, ma maturato in carati da 350 litri (allora forse erano 450).


La versione ’98 (IGT Alta Valle della Greve, 13,5% vol.) è a mio avviso la migliore prodotta in quel decennio, lo dimostra l’incredibile tenuta dopo 26 anni, grazie anche a un tappo in sughero che oggi difficilmente potrebbe avere le stesse capacità: colore granato di buona profondità con unghia appena aranciata. Il bouquet chiede rigorosamente tempo, non potrebbe essere altrimenti, e infatti dopo circa 5 minuti in cui il vino manifestava riduzione e sentori terziari avanzati, si è potentemente ripreso regalando note di confettura di ciliegia e prugna, cioccolato fondente, liquirizia, sottobosco, incredibile la delicatissima presenza di funghi, cuoio e tabacco, che testimonia quanto il percorso di questo sangiovese non volge al termine, il vino viaggia su toni vivi, ariosi, stimolanti e cangianti, ma mai tendenti al decadimento.


Al palato conferma una vitalità entusiasmante, grande freschezza e un’integrità di frutto che impressiona, con finale al cacao con cenni di cardamomo e legno di liquirizia e una persistenza in bocca quasi interminabile. Un vero Fiore all’occhiello!

Sosol - Venezia Giulia Bianco IGP Borjač 2022


di Roberto Giuliani

Il giovane Ivan Sosol di Oslavja ha realizzato questo splendido bianco a base ribolla gialla, friulano, chardonnay e malvasia, dai profumi che ti conquistano: pesca, arancia, acacia, erbe balsamiche e tanto altro in un sorso che ti coinvolge, salino, intenso, lunghissimo. 


Un vero spettacolo!

La Bellanotte, Friuli Pinot Nero "Spartaco" 2019 : il sogno realizzato di Paolo Benassi


di Roberto Giuliani

Ci sono voluti quasi vent’anni per realizzare un pinot nero come Paolo Benassi lo aveva immaginato nel 2001. Sì perché in Italia sapete bene che il vitigno d’oltralpe è tutt’altro che semplice da realizzare, ha bisogno di condizioni a lui congeniali, altrimenti si rischia di fare un prodotto del tutto diverso, privo di quell’eleganza che lo ha reso noto in tutto il mondo. Ci hanno provato in tanti, dal Piemonte alla Sicilia, ma di esempi che hanno lasciato il segno e che siano in grado di offrire un esempio calzante delle straordinarie doti del pinot nero, ce ne sono pochini.


Ora, io non so cosa paolo volesse ottenere, se non ciò che lui stesso mi ha confidato: “Spartaco nasce da un’idea/sogno del 2001, quando nel cassetto avevo già questo amore per un Pinot Nero che non dovesse avere somiglianze con altri territori, tanto meno con la Borgogna, ma una propria personalità, il timbro di La Bellanotte. Tutto ha inizio in quell’anno, quando decidiamo di piantare un clone da rosso e destiniamo le uve fino al 2017 alla produzione di vino spumante. Da quell’anno iniziamo le prime prove in rosso fermo ma senza ottenere i risultati sperati. Finalmente con l’annata 2019 raggiungiamo il nostro obiettivo. Così decidiamo di imbottigliare le prime 1400 bottiglie nel 2023 e uscire sul mercato con il Vinitaly 2024”.


La fermentazione a contatto con le bucce e i suoi lieviti è durata 28 giorni, poi pressatura e svinatura, passaggio in barrique dove sosta 18 mesi, infine almeno un anno di bottiglia. In etichetta una simpatica civetta che sembra dire “ce l’ho fatta!”. Chi conosce i vini de La Bellanotte, in quel di Farra d’Isonzo, sa che la gamma che propone è davvero ampia e trova non pochi punti d’eccellenza fra cui il merlot Roja de Isonzo, il Conte Lucio Ramato, il Luna de Ronchi bianco, per citarne alcuni.


Spartaco era la ciliegina sulla torta che mancava, il rosso a cui Paolo puntava da anni, un pinot nero che raccontasse il territorio isontino con un carattere ben delineato e stimolante. A mio avviso ci è riuscito molto bene, perché nel calice mostra una notevole finezza sia nei profumi che al gusto, una struttura che si avvicina a certe riserve altoatesine, un timbro fresco dove il frutto (mirtillo, prugna, ciliegia matura e una vena agrumata) spiana la strada a viola e magnolia e ad una speziatura finissima, sfumature di tabacco e liquirizia, una delicata vena balsamica.


Generoso al palato, intenso e maturo al punto giusto, con un tannino totalmente integrato e un ritorno speziato dove affiorano curcuma, cardamomo e un velato richiamo al rabarbaro e allo zenzero.Un Pinot Nero dalle longeve prospettive, che già con questa prima annata annuncia il suo posizionamento ai vertici della linea Bellanotte. Bravo Paolo!