di Carlo Macchi
Entrare da Gancia a Canelli ha indubbiamente il gusto delle cose del passato. Spazi immensi, quasi da modernariato industriale, punteggiati da meravigliosi manifesti che da una parte ricordano la Bella Époque, e dall’altra mi riportano all’infanzia, quando i manifesti pubblicitari erano sicuramente più evocativi e belli di adesso. Questa visita, che ci porterà a degustare in verticale una bella fetta dei loro Alta Langa, si deve alla passione e alla perseveranza del nostro Davide Buongiorno, che è riuscito ad ottenere quello che fino ad oggi (almeno così mi risulta) non era mai stato né chiesto né ottenuto. Non per niente l’assaggio si svolgerà nel loro laboratorio e non certo in una sala attrezzata, segno che non abituati a degustazioni del genere.
Ma perché Davide ha smosso mari e monti per organizzare questa degustazione?
Tutto parte dai nostri assaggi di Alta Langa e dalla storia di questa giovane denominazione, nata da un gruppo di grandi cantine piemontesi e poi allargatasi a tanti piccoli produttori, specie negli ultimi 10-15 anni. Ma questo “allargamento” ha portato con se un problema di gioventù, e quindi di vini assolutamente ben fatti ma ancora molto, troppo giovani. Giovani sia per uve nate da vigneti piantati da pochi anni, sia per tempi sui lieviti spesso non ampi e per periodi brevi di permanenza in bottiglia dopo la sboccatura. La nostra curiosità ci porta a cercare di capire se e quanto la marcata giovinezza degli Alta langa sia un fatto contingente al momento di crescita o sia una reale caratteristica: cioè come aromi e strutture che troviamo adesso possano cambiare ed evolversi, in quanto tempo può o non può avvenire e quali sono i marker tipici della denominazione, ora e tra 10-15 anni.
Questo “universo appena nato” ha comunque alcuni “pianeti” con una storia alle spalle e uno di questi è Gancia che, oltre ad essere uno dei padri dell’Alta Langa, vanta una tradizione sul metodo classico che partendo da Carlo Gancia risale a quasi 2 secoli fa (avete letto bene: 2 secoli!). Niente di meglio quindi per iniziare un nostro viaggio tra i produttori storici del Metodo Classico in Piemonte, che ci vedrà nei prossimi mesi approdare in altre cantine.
Ma adesso siamo dentro Gancia, dove ci sta aspettando Mario Borgogno, responsabile tecnico di questa grande cantina e in particolare della parte riguardante gli Alta Langa. Se uno si domandasse quante bottiglie di questa tipologia potrà produrre un’azienda così grande rimarrebbe sicuramente deluso dalla risposta: si parla di 60/70.000 bottiglie, al massimo della produzione e non tutti gli anni. In effetti il progetto Alta Langa di Gancia si sviluppa in una “cantina nella cantina”, in spazi non certo piccoli ma rispetto a quelli che potrebbero essere sfruttati è una vera nicchia: qui si trova la marmonier (la pressa verticale arrivata dalla Francia) delle vasche d’acciaio, qualche barrique e poco altro.
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La Marmonier |
Mario Borgogno è l’opposto del tecnico che ti aspetteresti in cantine di questo blasone: persona per niente abituata ai riflettori, chiaro, preciso, assolutamente “austero” nelle sue secche affermazioni, riesce a farci un quadro di questa tipologia di metodo classico senza alcun infiorettamento. Un dato su cui punta molto per i suoi Alta Langa è l’acidità, ma soprattutto il pH, che normalmente va da 2.95 ad un minimo di 3.15. Siamo quindi di fronte a pinot nero (soprattutto) e chardonnay di grande freschezza, con tempi di maturazione in bottiglia molto lunghi e si mantengono molto giovani anche nel tempo.
Mario ci parla anche della scelta non facile di dedicare un apposito spazio in cantina a questa tipologia, che oggi viaggia sulla cresta dell’onda ma 20-25 anni fa non aveva certo molti santi in paradiso. Non per niente la parte di cantina dedicata all’Alta Langa esiste solo dal 2000 e la pressa verticale, che ha fatto fare un primo salto di qualità, è arrivata nel 2006.
Parlavamo di vini molto giovani? Il primo assaggio, un Alta Langa Pas Dosé del 2014 ci fa capire subito questo concetto. Sboccato nel 2022, 70% pinot nero e 30% chardonnay, è un paglierino vivo ma assolutamente non dorato, al naso è quasi chiuso, con note di mela verde e, solo dopo un po’ di tempo, fiori, mandorle e nocciole.. In bocca è sapido, equilibrato ma sempre molto austero, con chiusura giustamente amarotica. La 2014 è stata una vendemmia non certo solare ma questo pas dosé ne interpreta perfettamente il senso di leggerezza e freschezza. Ci dicono che in enoteca costa attorno ai 24 euro, prezzo davvero molto interessante.
L’Alta Langa Brut 2015, sboccato da pochissimo (70 pinot nero/30 chardonnay) ha il solito color paglierino brillante e profumi che all’inizio somigliano molto al precedente per poi virare verso anice, timo e maggiorana. In bocca invece ha più larghezza, cremosità e quasi grassezza. Qui Mario si lascia scappare una sua preferenza tecnica “Devo ammettere che qualche grammo di zucchero nei metodo classico non sta male” e in effetti tutta questa austerità che spesso sconfina in magrezza stilistica e che oggi va per la maggiore ha cominciato ha darmi un po’ sui nervi. In enoteca a 23 Euro.
Adesso iniziamo ad andare indietro nel tempo con l’Alta Langa 2013 Brut ( 80/20), un vino più “possibilista”. Paglierino dorato, note balsamiche, di erbe officinali, ma anche lieviti e crosta di pane. Fine e giustamente cremoso al palato, anche se chiude con una nota di vibrante acidità. Qui Mario ci fa notare di aver diminuito le percentuali di vino chardonnay in barrique (il pinot nero fa sempre e solo acciaio) e da allora usa solo barrique usate. Prezzo sui 33 euro.
Anche per i metodo classico l’annata vuol dire molto. Ce lo dimostra questo Alta Langa 2012 Brut (80/20), dai profumi di camomilla, cremoso e molto rotondo, molto più “approcciabile” degli altri, sicuramente grazie ad un’annata calda e siccitosa come la 2012. Un vino meno profondo, anche per Davide, ma sicuramente molto buono.
Quel legno che ha iniziato a diminuire nel 2013 in questo Alta Langa Brut 2011 (80/20) si sente invece ancora bene: colore dorato, note di china, noci, nocciole, con leggero tostato e crosta di pane. Il legno si sente soprattutto in bocca, che è meno cremosa e fine e si allarga molto, forse troppo.
Anche l’Alta Langa Brut 2010 (80/20) ci “accoglie” con una leggera tostatura ma poi prevalgono note di fiori secchi e sentori balsamici . In bocca c’è freschezza importante ma anche un rotondo equilibrio dove bollicine ancora molto vive danno un senso di eleganza e di profondità gustativa.
Adesso iniziamo davvero ad andare indietro, con bottiglie che ormai sono difficilmente reperibili, anche nella loro cantina . L’ Alta Langa Brut 2009 (80/20 ) è forse il meno convincente del lotto: naso leggermente ovattato con sentori di caramello che poi col tempo virano su note floreali, medio corpo ma non molto incisivo: non molto profondo ma fatto molto bene.
L’Alta Langa Brut 2008 (80/20) ci fa capire come un vino che matura con lentezza in una magnum si sviluppi ancor più lentamente. Grande freschezza in bocca, sembra un vino di pochissimi anni anche perché l’acidità non è ancora ben integrata e così troviamo un vino su “vari piani” che ancora devono crescere e
Chiudiamo la nostra carrellata con l’Alta Langa Brut 2006, (80/20) prima annata con la marmonier. Un colore veramente giovanissimo, per niente dorato e un naso ancora in via di espressione, con note di pietra focaia, fiori e erbe officinali. In bocca ha tutto quello che ancora gli manca al naso: molto più aperto, rotondo, bollicina finissima, elegante e molto persistente, un vino che mostra di avere di fronte a sé ancora tanta vita.
In definitiva questo primo “excursus” sul passato dell’Alta langa è diventato più un “Ritorno al futuro” dato che più si andava indietro e più sembrava che i vini ringiovanissero. Questo è sicuramente un bel biglietto da visita non solo per Gancia (a proposito, grazie a Paola Visconti per averci affiancato nella visita) ma per un denominazione dove la giovinezza dei vini sembra essere non tanto un problema di tempi brevi ma una innegabile caratteristica.