di Luciano Pignataro
Nell’immaginario collettivo la Puglia è rossa e il Negroamaro è il suo profeta. Battute a parte, resta il dato che l’attenzione generalizzata della critica corrisponde sempre meno alla realtà produttiva. Ma questo non vale solo per la Puglia. In Italia il rapporto fra la produzione di vini rossi e bianchi si è completamente rovesciato negli ultimi 15 anni: nel 2005 la proporzione era 53 a 47, nel 2020 siamo a 42 (rossi) e 57 bianchi. Anche nella Puglia che vanta il tridente rosso su cui sono concentrati tutti gli sforzi produttivi e narrativi, Primitivo, Negroamaro e Nero di Troia, le cose stanno cambiando: nel 2020 il vino bianco nel suo complesso cresce del 13% contro il calo del 12% del vino rosso e il bilanciamento storico si inverte con 5.2 m/hl contro 4.5m/hl. E stiamo parlando di una Regione che, con i suoi dieci milioni di ettolitri, è seconda solo al Veneto per produzione.
Questa premessa per dire che non sembri stravaganza la decisione di Cantina Coppola, una realtà che vanta un insediamento a Gallipoli dal 1489, di usare il Negroamaro vinificato in bianco per produrre un fermo secco, ormai dal 2004 e due spumanti con la regia dell’amico di famiglia Giuseppe Pizzolante Leuzzi di assoluto pregio.
Alt! Ricordiamo a noi stessi che la Puglia è stata all’avanguardia nella spumantizzazione metodo classico dal 1979, anno in cui a san Severo fu fondata D’Araprì, ancora oggi una delle pochissime aziende impegnate solo ed esclusivamente con le bollicine. Cogliamo l’occasione per ribadire che ogni paragone con lo Champagne, ma anche con le zone italiane che si propongono su questo segmento (Prosecco, Trento Doc, Franciacorta e Oltrepò) è assolutamente inutile perché, nella solita creatività anarchica italiana, ormai si spumantizza tutto e ovunque e dunque le bollicine devono essere lette solo come uno dei metodi di vinificazioni attraverso i quali si esprimono uve e territorio. Il bello dell’anarchia è che l’appassionato può trovare delle chicche inaspettate ad ottimo prezzo. Come queste della Cantina Coppola che abbiamo degustato nella nuova cantina al centro della proprietà nel corso di una presentazione sabato scorso.
La Cantina, poco meno di centomila bottiglie, ha da sempre un occhio di riguardo per il bianco, basti pensare che Carlo Coppola, papà degli attuali proprietari, fu il primo a piantare Vermentino nella tenuta di oltre 60 ettari in riva allo splendido mare di Gallipoli dopo un viaggio in Sardegna nel 1980.
Rocci 2020 Negroamaro Puglia IIGT
La prima etichetta risale al 2004. Il fatto che l’azienda creda in questo prodotto è confermato dalla decisione, ancora rara in Italia, di uscire un anno dopo la vendemmia per cui l’ultima annata in commercio è, appunto, la 2020. Il vino, vinificato in acciaio, ha un grado alcolico contenuto a 12,5 e questo favorisce la sua bevibilità. All’olfatto prevale ancora una sensazione citrica a cui si aggiungono la mela e note di macchia mediterranea e rimandi balsamici. Al palato la freschezza resta il tema dominante sin dall’ingresso del vino che conferma le piacevoli note di frutta migliorate da una marcata sensazione salina, sino alla chiusura amara, lunga, precisa, che lascia la bocca pulita.
Coppola 2015 Metodo classico 36 mesi
Passando adesso al primo dei due spumanti, dobbiamo anzitutto osservare una continuità olfattiva con il vino fermo. Certo. Le note agrumate portano al cedro più che al limone, le sensazioni balsamiche sono più accentuate e fa capolino un rimando fumè che allunga i profumi del vino. Il perlage è fine e persistente, mentre la decisione di pratica il Dosaggio Zero esalta le note di freschezza e regala al sorso un grande potenziale gastronomico, di possibilità di abbinamento poliedrico. Certamente non ristretto solo alla cucina di mare o ai piatti dei ristoranti giapponesi che ormai proliferano ovunque in Italia. Il sorso è lunghissimo, piacevole, fresco, dinamico, sapido, in equilibrio con una chiusura travolgente e piacevole, che invita subito a fare il bis e poi il tris. La produzione è di 3300 bottiglie.
Coppola 2016 Metodo Classico 60 mesi
Il protagonista della mattinata di degustazione nella bella cantina pensata per l’accoglienza è stato il 60 mesi: un investimento notevole per una piccola cantina, meno di mille bottiglie a 60 euro. In questo caso la linea di continuità che prima abbiamo rilevata tra il secco e la bollicina marca decisamente la terza tappa. Ai sentori agrumati subentrano note di frutta, mela, canfora, menta, mirto. I sentori fumé sono leggermente accentuati. Insomma, un naso più profondo che apre ad un sorso pieno, ricco ed energico che dal centro lingua occupa rapidamente tutto il palato. Anche in questo caso la vendemmia anticipata, il dosaggio zero e la mancata malolattica si sono rivelate a nostro giudizio te ottime mosse perché alla fine abbiamo uno spumante di grande bevibilità, anche in questo caso decisamente efficace.
CONCLUSIONI
Tre vini bianchi di grande pregio in terra di Gallipoli, capaci di essere abbinati a quasi tutta la cucina d’autore e a gran parte di quella tradizionale purché non sia eccessivamente "pomodorosa". Un impresa importante che ribadisce la volontà della cantina di specializzarsi e di surfare una tendenza profonda nl mondo dei consumi che ancora non è stata percepita completamente dagli addetti ai lavori e dagli appassionati. E questa la mette in una posizione di vantaggio commerciale e culturale.