Panizzi - San Gimignano Pinot Nero 2020


di Carlo Macchi

Si Vabbè, Pinot Nero a San Gimignano.” L’ho pensato io e lo penseranno tutti, tutti quelli che non hanno assaggiato il 2020 di Panizzi, che profuma di frutta di bosco e in bocca ha il giusto tannino accennato del vitigno. 


Non siamo in Borgogna ma su un pinot nero elegante, gastronomico, sorprendente!

Col Fondo Agricolo, un modo antico ma moderno per bere Prosecco


di Carlo Macchi

Quando iniziai a sentir parlare di ColFondo Agricolo (https://colfondoagricolo.it/) la cosa mi fece quasi sorridere e nello stesso tempo mi riportò indietro nel tempo. Il sorriso era per il termine “agricolo” che sembrava quasi velleitario in un mondo dove milioni e milioni di bottiglie di prosecco, in diversi casi prodotte con costi agricoli e tempi enologici molto ristretti, dettano legge. 


Il ricordo era quello di mio suocero che imbottigliava la sua poca glera dalle colline di Tarzo, sopra a Conegliano, ottenendo bottiglie col fondo una diversa dall’altra ma quasi tutte molto buone. Per lui, nato a Conegliano e diplomato alla diplomato alla Scuola Enologica, fare il Rifermentato in bottiglia (non lo chiamava ColFondo) era una tradizione. E come lui la pensavano e la pensano in tanti, anche adesso che il termine prosecco è conosciuto dal Tibet alla Terra del Fuoco.


Naturalmente la pensano così anche i giovani produttori del trevigiano che nel 2016 iniziano a dar forma all’idea per dare importanza ad un vino che non è certamente al primo posto tra gli scopi dei tre grandi consorzi di tutela che regolano il nome Prosecco. Così viene creata un’associazione e registrato un marchio e piano piano prende piede un disciplinare interno in dieci punti a cui tutti gli aderenti devono attenersi.


Ma che tipo di vino è il ColFondo Agricolo? Da un punto di vista tecnico è un vino frizzante, cioè sotto alle 2.5 atmosfere, prodotto con Glera e altre uve autoctone del trevigiano (Perera, Verdiso, Bianchetta, Boschera, Rabbiosa) fino a un massimo del 30%. Forse la cosa più importante è che, al contrario del Prosecco, non ha praticamente zuccheri residui, perché la fermentazione in bottiglia li azzera.
In epoca di vini cosiddetti naturali vedere un ColFondo Agricolo servito torbido può far pensare a vini imperfetti tecnicamente, ma le sospensioni sono solo il logico risultato della fermentazione in bottiglia. Invece è proprio l’opposto: una delle regole base è infatti che i vini devono essere in primo luogo netti, ben fatti e solo dopo si passa alle caratteristiche: più o meno eleganti, freschi o strutturati ma comunque ognuno VERAMENTE diverso dall’altro.


Altra regola importante è che sono vini non da bersi subito. Non per niente il loro disciplinare recita “Imbottiglia da marzo a giugno dell’anno successivo alla vendemmia e mettilo nel mercato l’anno successivo all’imbottigliamento.”. Considerate che i vini che ci hanno dato per la degustazione per la nostra guida, che pubblicheremo tra qualche giorno, sono del 2021, 2020 e 2019. Come capite sono tutte regole che nel mondo del moderno Prosecco DOC o DOCG sono spiazzanti ma in realtà mostrano un grande coraggio e una voglia di distinguersi. La dimostrazione che sono ragazzi coraggiosi è che per fare il Col fondo Agricolo devono declassare uve atte a vini DOC o DOCG a Colli Trevigiani IGT.
Ultime regole importanti sono l’uso del tappo corona e una fascetta sopra il tappo che cambia d colore ogni anno, con su scritta l’annata


Insomma come si poteva resistere al richiamo di un vino così particolare, antico ma moderno, che gira le spalle alla DOCG e si incammina verso una strada seguita nel passato ma oggi da riaprire? Così ho concordato una visita in zona e due degustazioni, una per capire realmente la tipologia e una per valutarli e confrontarli uno per uno, in degustazione bendata. Ho potuto così incontrare una parte dei giovani produttori del ColFondo Agricolo (tutti FIVI) e capire che la loro non è una voglia di distinguersi dal punto di vista commerciale (tutti producono altri vini del territorio come Prosecco DOCG, Asolo o Conegliano Valdobbiadene) ma il modo per dare una valenza alla glera che si stava stemperando e perdendo. C’è rispetto del passato e voglia di un futuro diverso per questo territorio nelle bottiglie di Col fondo Agricolo.


Vi faccio un esempio terra terra, girando per i locali del trevigiano ho visto che le persone anziane non bevono Prosecco ma vini frizzanti, magari ColFondo, perché la minor pressione del vino lo rende più digeribile. Questo è solo un esempio per far capire quanto questa tipologia di vino sia radicata in questo territorio. Un territorio che, specie sulle colline di Valdobbiadene ti lascia a bocca aperta.


Ma adesso la bocca la devo chiudere perché si entra in degustazione: ne ho degustati 17 dell’ultima annata in commercio, la 2021, ma se volete nomi e cognomi ve li farò dopo l’assaggio più completo di quasi 40 etichette spalmate su tre anni. Per adesso posso dirvi che sono vini molto diversi tra loro, un range di degustazione complesso e profondo che varia in verticale e in orizzontale, nel senso che varia per zona, annata, azienda. Al naso si passa dai classici aromi di frutta bianca ai fiori, a note più profonde e terrose, fino ai lieviti e alla crosta di pane, classica degli champenois maturi, per arrivare anche a note che ricordano le birre weiss. In bocca c’è freschezza accompagnata in molti vini da sapidità e anche da un lunghezza e grassezza importante.


Il fatto che siano secchi non li rende scomposti e solo in pochissimi casi ho trovato qualche durezza o spigolo . la media qualitativa è comunque alta ma le quantità prodotte sono indubbiamente basse e non potranno che crescere: con 17 produttori di Col fondo Agricolo non arriviamo nemmeno a 200.000 bottiglie totali. Se fossi in voi una di queste 200.000 l’assaggerei. Ci risentiamo comunque tra qualche giorno per le valutazioni dei singoli vini.

Miele e Vino: un legame storico riportato alla luce da Apicoltura Pacienza


Da ben tre generazioni la Famiglia Pacienza si occupa con successo di apicoltura. Ad oggi sono i fratelli Luciano e Angelo, papà Michele e prima di lui suo padre. Una storia di famiglia che proprio quest’anno compie 20 anni dall’apertura, in pianta stabile, dell’azienda ad Altomonte, in provincia di Cosenza, nel Parco Nazionale del Pollino ed è proprio nella zona circostante che avviene la produzione di miele con una tecnica di apicoltura nomade:

Le api vengono spostate fisicamente su un particolare tipo di fioritura” spiega Luciano

Il miele è sempre stato il loro unico mondo fino a quando non hanno pensato ad un modo divertente per far conoscere i loro prodotti alle fiere e alle degustazioni, coinvolgendo attivamente i clienti: realizzare una bevanda a base di vino e miele. L’idea è nata traendo ispirazione da tradizioni antichissime risalenti all’epoca greco-romana. All’epoca, infatti, il miele veniva abbinato al vino dando vita ad una bevanda unica nel suo genere (Ippocrasso, noto anche come Mulsum). Nel 2006 arriva così il loro primissimo e personale esperimento, un approccio moderno ad una tecnica antica che inizia a riscuotere un enorme successo tra i tanti clienti che alle degustazioni si apprestavano a sorseggiare questa bevanda. Se inizialmente la degustazione era finalizzata ad apprezzare più che altro i frutti dell’apicoltura firmata Pacienza, qualcosa nel tempo è cambiato, fino a maturare l’idea di imbottigliare questa nuova bevanda e metterla in vendita. Il punto di partenza è stato l’Elysium: un vino rosso con marcati sentori di cannella. Un sapore forte e speziato grazie alle note del miele di castagno. Un vino pieno, corposo e audace. È stata però Diana, compagna di Luciano, a pensare al mondo femminile e ai suoi gusti. Nasce così, poco dopo, l’Elixir, un vino bianco con miele di acacia, una texture delicata e sentori floreali e freschi.

I fratelli Pacienza

Se il vino utilizzato per l’Elysium è Calabrese, Magliocco e Castiglione, per l’Elixir è 100% Malvasia bianca. Tutte uve calabresi e interamente biologiche che danno vita ad un vino corposo e morbido poiché non sottoposto alla seconda fermentazione. Ideale sia in purezza che in abbinamento a formaggi per esaltarne il gusto. Interessante anche la sua versatilità che lo rende bevibile in ogni circostanza, anche da cocktail. Il suo gusto dolce, infatti, lo rende un validissimo sostituto del Vermouth e quindi protagonista principale anche del mondo della mixology.


L’impiego delle bevande di Apicoltura Pacienza apre un ampio ventaglio di possibilità all'uso di questi prodotti nella mixology attuale. I vantaggi sono molteplici, la parte zuccherina data dal miele ha un’influenza diversa sul palato ed è capace di toccare percezioni gustative differenti rispetto alla normale gamma. Con l’utilizzo di Elixir, che ha una dolcezza più accentuata e una freschezza data dall'uso di vino bianco, è possibile "giocare" con i sapori. 


Abbinare la bevanda ad altri prodotti liquorosi come un amaro o un digestivo permette al palato di chi beve di sperimentare un ottimo contrasto creato dalle varie erbe degli amari insieme alla dolcezza del miele d'acacia, ricordando il procedimento già collaudato in cocktail come il celebre Hanky Panky.

Drink ideato con la bevanda Elysium - Bee Honest

Bartender Luis Enrique, bar manager di Quartino Enoteca a Roma

Ingredienti

60 ml Whiskey Scotch Blend

15 ml Campari

30 ml Elysium

15 ml Succo di Lime

10 ml sciroppo di zucchero

Tecnica: Stir & strain

Bicchiere: coppa Martini o Coppetta Nick & Nora

Garnish: una scorza di arancia e scorza di limone.


Bee Honest tocca queste note gustative apparentemente divergenti, l'amaro e l'erbaceo del Campari insieme alla dolcezza del miele e alla freschezza del vino lasciano sul palato un contrasto particolare che normalmente si cercherebbe con infusioni o preparazioni più complesse, lasciando quindi più spazio ad altri ingredienti per esaltare e stupire il palato di appassionati e neofiti, con sensazioni e sapori capaci di risvegliare sensi in maniera del tutto inaspettata.


L’utilizzo di Elixir ed Elysium nella mixology contemporanea è un nuovo ed ulteriore modo per conoscere questi prodotti, andando ad incuriosire e coinvolgere palati curiosi ed interessati alla degustazione. E’ possibile acquistare i prodotti Pacienza con un solo click tramite lo shop online sul loro sito internet o degustarli direttamente tramite i vari eventi di incontro con il produttore che avverranno a Roma in diverse enoteche della città.

Enoteca Astemio

Grazie della Famiglia Wu, proprietaria di Astemio, che ha ospitato la presentazione stampa, abbiamo potuto far conoscere le nuove bevande in una cornice che dal 2016 rappresenta, nel quartiere Monti, una realtà di ricerca enologica senza uguali. Nato anche dalla sinergia dello Chef Donato De Palma, la Wine Expert Jacqueline Margaret Capuzzi e Giorgia Onofrei, Astemio è un ambiente intimo che punta da sempre alla ricerca, nel vino e nel cibo. Accoglie una clientela internazionale, ma soprattutto curiosa, appassionata ed esperta. Questo progetto ha dato vita all’Enoteca Quartino, l’altro locale della famiglia Wu, che risponde ad esigenze di un target più giovane, sempre con la cura e l’attenzione che contraddistingue la filosofia enogastronomica dei proprietari.

Le Contrade dell’Etna 2023: 100 aziende e 4 grandi Masterclass


L’appuntamento con “Le Contrade dell’Etna” ha fatto segnare un bel “goal da cento”. Il ricco contenitore di opportunità per discutere, promuovere e rilanciare i vini vulcanici ha sancito, ad oggi, la storica partecipazione di cento cantine tipiche di quest’area, un risultato che si proietta al di là delle aspettative dell’organizzazione cucita su misura dalla società Crew. Una 14esima Edizione che sta richiamando su di sé molta attenzione per la vasta compagine di aziende messe a disposizione su un unico piedistallo da sabato 15 a lunedì 17 aprile nel “Picciolo Etna Golf Resort”, in uno dei borghi più belli d’Italia Castiglione di Sicilia per un indotto variegato di competenze mirate, giornalisti e critici del campo enogastronomico e del turistico, influencer, importatori stranieri, aziende enoiche e la macchina operativa del campo Horeca. La risposta immediata di un parterre incisivo della stampa specializzata che rappresenta tutta Europa e parte del mondo sta impennando la carica di stimoli positivi, l’entusiasmo e le vibrazioni per descrivere la bellezza di questo patrimonio vitivinicolo attraverso le degustazioni analitiche e tecniche ma anche attraverso la narrazione di storie ed aneddoti delle realtà produttive. Da rimarcare il fatto che tante cantine giovani, quindi sorte e insediatesi da un paio d’anni nelle zone etnee, hanno voglia di dare il proprio contributo in questa manifestazione in modo cospicuo, affacciandosi da una finestra che ha un panorama di riferimento globale. In linea con il percorso di divulgazione battuto dall’inventore di “Contrade” Andrea Franchetti, il focus delle masterclass sarà sempre più scandagliato sulla scorta della localizzazione dei vitigni e di tutti i fattori che ne condizionano l’espansione e la produzione.


Grande appuntamento nella giornata di apertura del 15 aprile nei locali del “Picciolo Etna Golf Resort”, con quattro fasi di masterclass riservate a giornalisti, esperti, agenti e importatori del settore: si inizia alle ore 12 con il Versante Est, a seguire, ore 14, i tre Versanti Meridionali (Sud – Est e Sud – Ovest), alle ore 16 il Versante Nord e alle ore 18 si chiude con un Approfondimento del Versante Nord.

A coordinare questa sezione sarà il giornalista e wine writer di “Cronache di Gusto” Federico Latteri, oltre che curatore della nuova “Guida ai Vini dell’Etna” 2023, edita da “Cronache di Gusto”. L’adesione alle masterclass deve svolgersi tramite prenotazione ed accredito (comunicando con i canali dell’Ufficio Stampa e in concomitanza della disponibilità dei posti).

Si prega di notare che dalle ore 10 sempre di sabato 15 ci sarà il lancio di una ricerca sviluppata dall’Ateneo di Palermo (con il mandato di Crew) sulla stima commerciale dei vini del vulcano, che verrà argomentata dal professore Sebastiano Torcivia - una istituzione nel ramo Economia Aziendale.

Domenica 16 aprile, la kermesse si articolerà con una prima tappa dedicata ai “Vini En Primeur” che sarà seguita sempre dalle figure professionali ad hoc ed una seconda tappa che aprirà ai degustatori e al flusso degli avventori appassionati dalle ore 12 alle ore 19. Chi vorrà tuffarsi in questa unica chance di assaggio con un centinaio di cantine di qualità potrà acquistare online i biglietti connettendosi al sito www.lecontradedelletna.com oppure mediante la piattaforma web TicketOne.

Per l’ultima giornata di lunedì 17 aprile, la platea garantita nella tabella di marcia, come da consuetudine, è quella della sezione Horeca e di chi afferisce a questa branca. La Società “Crew”, con il suo team (Sergio Cimmino, Massimo Nicotra e Raffaella Schirò), ringrazia in primis i gruppi imprenditoriali che individuano ne “Le Contrade dell’Etna” un palcoscenico illustre per relazionarsi con una cerchia di professionisti che si mobilitano solo per eventi di pregio e che fungono da cassa di risonanza. I contenuti della manifestazione verranno scanditi dai mezzi media curati dallo staff Crew tramite i social e il sito ufficiale di Contrade www.lecontradedelletna.com.

N.B. Per richiesta di accrediti stampa e altre informazioni potete rivolgervi anche all’indirizzo e-mail della rassegna: press@lecontradedelletna.com. Attivi il sito web www.lecontradedelletna.com e le relative pagine social.  

InvecchiatIGP: Vigneti Massa - Colli Tortonesi Monleale "Bigolla" 2005


di Roberto Giuliani

Vado su per Derthona 2.0, a Tortona, e lui mi dice che avrebbe piacere andassi a trovarlo in cantina, che poi è anche la sua casa, in quel di Monleale. Sto parlando, ma lo avete già capito, di Walter Massa, vignaiolo anarchico e ribelle, che mal sopporta confini e limitazioni; quando è in vena sciorina con grande enfasi i suoi punti di vista e le contraddizioni del mondo del vino. Scherzando, ma non troppo, proprio nei giorni di Derthona 2.0, l’evento dedicato al Timorasso, vitigno a bacca bianca che sta dilagando in mezzo Piemonte, una sera a cena con produttori e giornalisti dichiara “I nostri vini non sono naturali, mettiamo le cose in chiaro, qui nessuno fa vini naturali, noi facciamo vini soprannaturali!”.


Insomma, la mattina prima di ripartire vado a trovarlo in azienda, mi mostra i vigneti che la circondano, mi racconta le novità, poi una visita in cantina e, dulcis in fundo, ci riuniamo a tavola con Valerio Bergamini e Othmar Kiem (Falstaff) per una comparativa tra sughero e tappo a vite. Sì, stesso vino tappato in tre versioni: sughero classico e due diversi tappi a vite, uno a tenuta ermetica (Onyx) e uno con membrana che permette una micro-ossigenazione (Ivory). Il vino era un Derthona classe 2016, quindi sei anni pieni che hanno messo in mostra nel calice tre vini diversi: quello chiuso con il sughero aveva colore oro tendente all’ambra e chiari segni evolutivi e ossidativi, quello con l’Onyx era perfetto, integro, giovanissimo, praticamente con tutti i tratti tipici del timorasso, il vino tappato con l’Ivory aveva mantenuto le espressioni del timorasso ma si presentava più pronto e godibile. In parole povere, se si vuole un lungo invecchiamento bisogna puntare all’Onyx, se si vuole un vino godibile ma con buona capacità evolutiva si deve tappare con Ivory; il sughero rimane un terno al lotto, difficile dopo qualche anno trovare due bottiglie identiche, e questo è un problema.

Gli Svitati!

Così, se da una parte si fa ancora molta resistenza al cambiamento, dall’altra ecco che sbucano “Gli Svitati”, ovvero quel quintetto di storici produttori quali Walter Massa, Franz Haas, Graziano Prà, Silvio Jermann e Mario Pojer (Pojer e Sandri), che seguono la loro strada diritti e cercano di trascinare anche i diffidenti.

Credit: slow food

Prima di partire, Walter mi vuole dare qualche bottiglia dalla cantina, insiste, e io cedo facilmente, soprattutto quando vedo che mi dà anche qualche vecchia annata, come questa 2005 del Bigolla, ovvero Barbera 100%, 35 mesi in barrique. Si parte male, il tappo sembra letteralmente incollato alla bottiglia, corro a prendere il cavatappi in lame d’acciaio e riesco piano piano ad estrarlo. Per fortuna non ha odori sospetti, la parte umida è omogenea e occupa circa 1 cm.


Versato nel calice mostra un colore granato profondo con ricordi rubini, una buona ossigenazione lo ripulisce di una leggera riduzione; accostato al naso non sembra manifestare ossidazioni né evoluzioni spinte, presenta ancora un bel frutto vivo sebbene maturo, si avvertono note terziarie che richiamano il tabacco, la felce, leggerissimo cuoio, accenno a funghi e sottobosco, ma nel complesso non sembra una Barbera di quasi vent’anni. L’assaggio conferma le mie impressioni, c’è ancora una buona vena acida e una materia equilibrata e matura ma viva, non stanca. Il passare dei minuti non fa che ribadire una Barbera profonda, intensa e non all’ultimo stadio della sua evoluzione. Se dovessi darle un’età, direi che non supera i 10 anni. Come sarebbe stata con il tappo a vite?

La Mirandola - Toscana Bianco IGT "Mirandolino" 2022


di Roberto Giuliani

Il bianco de La Mirandolina in quel di Castellina, di cui ho già apprezzato il Chianti Classico, fa la sua figura evidenziando spiccati profumi floreali, di arancia gialla e ciliegia bianca.


Il sorso è intenso e succoso, freschissimo, sapido e dall’indole non solo beverina ma anche mediterranea.

Podere Le Ripi e il Brunello di Montalcino Lupi e Sirene Riserva 2016


di Roberto Giuliani

La storia di Podere Le Ripi è indubbiamente particolare, basti pensare che fino al 1998 quel luogo che domina sul fiume Orcia era composto da 60 ettari di foreste, vigneti e ulivi, ci abitava un pastore, punto.


Un giorno, un fotografo naturalista, che già dal 1984 si era fortemente appassionato del territorio montalcinese, decide che non gli basta più fare il fotografo, vuole fare vino! E lo vuole fare proprio a Podere Le Ripi, a modo suo, secondo la sua visione. Sto parlando di Francesco Illy, che con il suo occhio esperto si è reso conto di avere trovato un territorio incontaminato, con ulivi secolari e fiori e frutti dimenticati, un trionfo di vita di cui la natura si era riappropriata con vigore.


E in un luogo del genere ci volveva rispetto, bisognava garantirne la purezza, il fascino, così da subito si è operato in biologico e biodinamico, tutto è stato fatto tenendo ben presente il minor impatto ambientale possibile; la cantina è stata concepita dopo un attento studio rivolto al passato e costruita con mattoni di argilla e malta di calce, senza uso di cemento, seguendo la sezione aurea e rifacendosi a opere come Stonhenge nello Wiltshire in Inghilterra, il Partenone di Atene e il Palazzo del Segretariato delle Nazioni Unite a New York. Ci ha pensato il figlio Ernesto a progettarla, sette anni di lavoro finito nel 2015, che ha comportato l’utilizzo di 750mila mattoni d’argilla e la sola malta di calce per fissarli, tutti rigorosamente a mano. Solo le fondamenta sono di cemento, imposto dalla legge, ma tutte i fili in ferro sono stati opportunamente isolati, per evitare qualsiasi rischio di campo magnetico. All’interno un’area circolare con una pendenza studiata nei minimi dettagli, in modo da favorire il processo produttivo dall’alto verso il basso. La fermentazione in alto, l’affinamento in basso, per fare in modo che i travasi avvenissero per gravità.


I vigneti sono frutto di sperimentazioni continue, fino all’incredibile Bonsai, il più fitto del mondo con i suoi 62500 ceppi per ettaro, praticamente piante affiancate in continua competizione (solo 40 cm. una dall’altra); lo scopo non era certo quello di ottenere il guinness dei primati, ma spingere le piante a radicarsi in profondità in tempi brevi, invece di dover aspettare decenni, con un’incidenza di mortalità che non ha superato l’8%.


Il parco vigneti occupa 34 a Castelnuovo dell’Abate, dove risiede la cantina, ma ripartito fra il versante sud-est (che è quello storico) e il versante ovest. Il sangiovese si prende oltre 30 ettari, la restante parte è ripartita fra syrah (1 ettaro), trebbiano e malvasia (3 ettari).


Oggi l’azienda è affidata a un team di giovani, molti dei quali lavorano a Podere Le Ripi già da anni: Sebastian Nasello (capo enologo e amministratore delegato), Alessandro Riccò (agronomo), Giulia Barcucci e Chiara Uliano (ospitalità e accoglienza), Felicia Carrara (contabilità), Martina Di Paola (rapporti con i clienti), Matteo Mitch Melfi (esperto di vigna, in particolare del Bonsai), Gabriele Grazi (sales manager), più un’altra decina di ragazzi tutti assolutamente indispensabili.

La Riserva Lupi e Sirene 2016 nasce dal vigneto omonimo, che ha raggiunto i 25 anni di età, allevato ad alberello con una densità di 11000 piante per ettaro, su suolo composto da marna bruna, leggermente alcalina con scheletro granitico. La raccolta è stata effettuata a fine settembre, la fermentazione è spontanea con lieviti indigeni (non potrebbe essere altrimenti!), con la macerazione arriva a 50 giorni in tini di legno aperti. Nella fase iniziale l’80% della fermentazione è accompagnata da rimontaggi aperti, mentre negli ultimi giorni si passa al cappello sommerso.


Il vino matura 36 mesi in botti grandi di rovere e 1 anno in cemento, infine affina in bottiglia per 16 mesi. Dalla 2016 sono state ottenute 15.290 bottiglie di questo cavallo di razza che mi ha fortemente impressionato durante una degustazione in azienda effettuata nel novembre scorso, al punto di convincermi ad acquistarne un esemplare.


Una Riserva davvero superba, figlia di un’annata fra le migliori degli ultimi vent’anni, dal colore rubino luminoso con riflessi granati, di giusta trasparenza; bouquet subito generoso e intenso, dall’impatto boschivo, di macchia mediterranea, che si fonde a una ciliegia di cui sembra già percepibile la succosità, accompagnata da effluvi di timo, arancia rossa, venature ematiche e ferrose, richiami al corbezzolo e alla susina rossa, a tratti anche terroso.


Al gusto ha già un equilibrio invidiabile, un tannino setoso e perfettamente integrato, quella succosità immaginata all’olfatto emerge con prepotenza affiancata da spezie finissime, con delicati accenti pepati e di liquirizia, in un incedere lungo e complesso. Inutile dire che avrà lunga vita, ma quella in mio possesso non credo che arriverà a domani…

InvecchiatIGP: Ferraris “Opera Prima” Ruchè di Castagnole Monferrato DOCG 2010


Con la mia passione, fortunatamente, ho la possibilità di bere tanti vini che avrebbero diritto ad essere presenti all’interno di questa rubrica per cui, ogni volta, è sempre difficilissimo scegliere quale vino inserire su InvecchiatIGP.


Questa settimana, però, ho avuto nessun dubbio a scrivere di questo Ruchè 2010, sia perché, ammettiamolo, è un vino che trova poco spazio nelle carte di wine bar e ristoranti (almeno a Roma e dintorni), sia perché non mi sarei mai aspettato di trovare un Ruchè di oltre 10 anni in una forma così ancora smagliante.

Luca Ferraris

La colpa, per così dire, è di Luca Ferraris, un vignaiolo del Monferrato a guida dell’azienda di famiglia costruita e fatta crescere con determinazione nel nome della sua grande passione per il Ruchè. Oggi l’azienda si estende per 34 ettari di vigneti di proprietà il cui nucleo originario nasce nel comune di Castagnole Monferrato per poi ampliarsi con altre tre importanti acquisizioni: Vigna del Parroco, Cà Mongròss a Montegrosso d’Asti e Tenuta Santa Chiara a Monastero Bormida.


Opera Prima, il vino oggetto di questo post, nasce da un vigneto a corpo unico chiamato Bricco della Gioia. Situato nel versante sud della dorsale collinare che da Castagnole corre verso Asti, è tra i maggiori dell’intera area di produzione e si caratterizza per un terreno sciolto, ricco di calcare e molto povero così da non portare troppo vigore alle piante di Ruchè.


Storicamente, il primo a credere nelle potenzialità di questa uva fu un parroco di campagna. Il suo nome è, a ragion veduta, entrato nella storia: Don Giacomo Cauda. Classe 1927, arriva a Castagnole Monferrato come parroco nel 1964. All’epoca non conosceva il Ruchè ma venne subito colpito da quell’uva dal sapore gradevole e raffinato, tanto che prova a vinificarla in purezza ed il suo primo esperimento produce ben 28 bottiglioni! Comincia così la sua lunga avventura di prete vignaiolo che regalerà al territorio fama e fortuna tanto che il Ruchè otterrà nel 1987 la DOC. Nel 1993, ormai anziano, cede la proprietà del vigneto ad un suo parrocchiano: Francesco Borgognone che accompagna il Ruchè ad ottenere, nel 2010, la DOCG. Nel 2016 Borgognone divenuto anch’egli anziano, vende la vigna, oggi unico CRU del Ruchè riconosciuto dal Ministero dell’Agricoltura, a Luca Ferraris e, così, il cerchio si chiude.


Se nota è la paternità resta invece avvolta dal mistero la sua origine, come quella del nome. Alcuni ipotizzano una genesi del nome dovuta alla vicinanza dei vigneti ad un convento benedettino dedicato a San Rocco, oggi scomparso, che si doveva trovare nei pressi di Portacomaro o Castagnole Monferrato. Altra ipotesi vede l’arrivo del vitigno, importato durante il XII secolo da monaci cistercensi provenienti dalla Borgogna anche se pare essere tesi smentita da uno studio del 2016 sul DNA del Ruchè che lo apparenta strettamente a due vitigni tipici del nord Italia, la Croatina e la Malvasia aromatica di Parma.


Tornando al vino in questione, Opera Prima è un Ruchè che, come abbiamo detto, nasce dalla vigna Bricco della Gioia la cui annata, 2010, si caratterizza per un buon equilibrio generale senza quei picchi di caldo che contrassegnano questi ultimi anni.


Questo Ruchè, progettato per essere una sintesi tra struttura e piacevolezza, ha ancora un colore ancora rosso rubino, intenso, e nonostante un grado alcolico non certo di poco conto, siamo attorno ai 15 gradi, il quadro olfattivo ha personalità, rigore ma non risente di eccessi o sovrastrutture barocche. Anzi, il naso è finemente speziato di bacche e liquirizia, alloro, erbe medicinali. Poi si arricchisce di sensazioni floreali di viole appassite infine more, confetture e ciliegie. Anche la bocca eccelle: in precisione, equilibrio, armonia e sapore, con fusione tannica e lunghezza di gran valore.


Nota tecnica: la fermentazione avviene in rotofermentatori in acciaio a temperatura controllata per 20-25 giorni, successivamente rimane a contatto con le bucce per altri 20-25 gg secondo la tecnica del “cappello sommerso”. Invecchiamento: 36 mesi in tonneaux di rovere francese da 500 più altri 12 mesi di bottiglia.

Tenute Nicosia – Etna Rosso Doc “Vecchie Viti Monte Gorna” 2014


Terreni minerali, vecchie viti ad alberello di nerello mascalese, altitudini elevate, escursioni termiche profonde ed un vulcano che controlla, questo sono gli ingredienti di questo delizioso Etna Rosso, sublimazione liquida di un territorio unico al mondo e che mai dovrebbe essere paragonato alla Borgogna.



Torna il Paestum Wine Fest dal 25 al 27 Marzo 2023


Nella Città dei Templi il passato e il presente s’incontrano in occasione dell’undicesima edizione del Paestum Wine Fest. Le più importanti aziende vitivinicole d’Italia si ritroveranno dal 25 al 27 marzo 2023 lì dove gli antichi colonizzatori greci scoprirono nel clima mite e nella natura argillosa-calcarea del terreno le condizioni necessarie per una produzione di qualità.

SABATO 25 Marzo dalle ore 12.00 alle 21.00
DOMENICA 26 Marzo dalle ore 10.00 alle 19.30
LUNEDI 27 Marzo dalle ore 10.00 alle 19.30

Paestum, in particolare, vanta una lunga tradizione viticola ed enologica già ai tempi dei greci e romani. E, in questo luogo fatto di storia, di mare, di colline, di un’identità antica che continua a tramandarsi nei secoli e permeare queste terre, che i visitatori potranno scoprire tutte le più importanti novità e le eccellenze che questo settore riserva. Per questa undicesima edizione, protagonista sarà proprio il territorio con le sue varietà e la sua biodiversità che ne fa un unicum al mondo. Ma il Paestum Wine Fest vuole anche porre le basi per la creazione di un sistema virtuoso, un gioco di squadra, nel quale le eccellenze della viticoltura possano esaltarsi e rafforzarsi a vicenda, presentandosi – insieme – al pubblico di appassionati e operatori.



Location della tre giorni del Paestum Wine Fest è NEXT l’ex Tabacchificio SAIM di Borgo Cafasso, tra le maggiori espressioni dell’archeologia industriale della Piana del Sele. In tutto 8 mila metri quadrati per una sede prestigiosa e definitiva, capace anche di creare un legame simbolico tra l’archeologia industriale di inizio ‘900 e l’antica archeologia della Magna Grecia. Il Paestum Wine Fest è organizzato da Angelo Zarra, Ceo di Zeta Enoteca e fondatore di Divini Assaggi Magazine.

Karsanikos Winery, tutto il bello del vino dell’isola di Lefkada


Lefkada (Leucade) appartiene all’arcipelago delle isole ionie e, insieme a Corfù e Cefalonia, ed è una delle mete turistiche più gettonate delle Grecia a causa delle sue bellissime spiagge dal mare caraibico.


Destinazione delle mie passate vacanze estive, questa bellissima isola, collegata alla terraferma attraverso un ponte mobile lungo 50 metri, si caratterizza, se escludiamo le affollate coste, è tra le più selvagge e montuose della Grecia (70% del suolo) grazie soprattutto ad un entroterra, soprattutto nella parte centrale, dove i monti raggiungono altitudini abbastanza elevate come quella del monte Stavrotà (1.182 m.) o del monte Elati (1.126 m.) che svettano, fieri ed assolati, tra una rigogliosa vegetazione mediterranea composta da ulivi, cipressi, pini, faggi ed una svariata quantità di erbe aromatiche e fiori di rara bellezza. Non lontano da queste vette, all’interno all’altopiano di Eglouvi, famoso per la coltivazione di lenticchie molto rare, si trova una delle poche aziende vitivinicole dell’isola: Karsanikos Winery.


Volendo sfuggire per una volta alla folla dei bagnanti che infesta l’isola nel mese di agosto, mi sono avventurato col mio scooter a noleggio tra i ripidi tornanti delle colline di Lefkada per arrivare fino a Karya, circa 500 metri s.l.m., dove George, che avevo contattato tramite profilo Instagram, mi aspetta all’interno di un antico edificio in pietra a tre piani che, da tre generazioni, accoglie le uve che la famiglia Rekatsinas vinifica con amore producendo vini dal carattere unico.


L’azienda oggi si estende per circa 12 ettari di vigneto, diviso in varie parcelle sparse nell’entroterra di Lefkada, molte delle quali, così come spesse accade nelle isole e, in generale, in alcune zone costiere, sono coltivate attraverso terrazzamenti (xeroliti) con muri di contenimento in “pietra a secco” grazie i quali i vignaioli locali, nel corso dei secoli, hanno cercato di “combattere” le estreme pendenze che caratterizzano gran parte del territorio di Lefkada (70% montuoso).


Qua, con rese che non superano i 500 kg per ettaro, vengono coltivati secondo metodo biologici solo ed esclusivamente vitigni autoctoni locali come vertzami, bardea, chloros, perachoritiko, lagorthi e molti altri dai quali l’azienda, più o meno, produce circa 12.000 bottiglie che vengono vinificate nella piccola cantina posta al piano terra composta da pochissimi serbatoi di acciaio inox tenuti a temperatura costante anche grazie alla pietra con la quale è stata edificata la struttura.

George

Tutto molto semplice, lineare e tradizionale come il primo piano dove, con grande cura, George e la sua famiglia hanno allestito la zona degustazione all’interno di un bellissimo terrazzo la cui vista su Lefkada è assolutamente entusiasmante.


Karsanikos Winery produce attualmente quattro tipologie di vino.

Il Karsanikos White Dry è un vino che deriva da un mix di uve locali come Chlori, Lagorthi, Perachoritiko, Asprovertzamo e Moscato Bianco, molte delle quali sono varietà che la famiglia Rekatsinas ha salvato dall’abbandono. Questo bianco, che per scelta aziendale è stato “studiato” per avere la massima piacevolezza e bevibilità possibile, è dotato di un impianto olfattivo non di particolare complessità ma ogni sensazione odorosa, dalla frutta a polpa bianca, all’agrume fino ad arrivare alle erbe aromatiche, è ben definita ed intensa. Sorso saporito, sapido nel lungo finale segnato da rinfrescanti ricordi di mela e pesca.


Tra i vini prodotti non poteva mancare un rosato prodotto attraverso una breve macerazione dell’uva a bacca rossa più importante e tipica di Lefkada: il Vertzami. Anche questo vino, mi conferma George, è prodotto con l’idea di dare piacevolezza al degustatore soprattutto se abbinato alla cucina del territorio spazia da prelibatezze di mare ad autentiche antiche ricette di montagna. All’olfatto si esprime su delicate note di ibisco e rosa canina, gelatina di lampone, cappero e origano. Al palato è avvolgente senza strafare e dotato di una importante impronta salina che non stanca mai il palato richiamando costantemente un nuovo sorso di vino.


Dal vitigno Vertzami, George produce anche un rosso che affina per 12 mesi in barrique e, una volta imbottigliato, riposa per altri 3-4 anni prima di essere immesso sul mercato. Degustandolo, a primo impatto, mi ha ricordato un grande Terrano del Carso vuoi per la sua acidità, vuoi per le sue sensazioni minerali e terrose che solo in parte aprono il ventaglio olfattivo a ricordi fruttati e floreali. In bocca è affilato, freschissimo, dotato di un tannino decisamente timido che, a mio parere, aumenta la bevibilità del vino che in estate è obbligatorio servire molto fresco. George ne fa 1500 bottiglie. Buonissimo!


L’ultimo vino prodotto è si chiama “Epilogus” ed è un vino dolce prodotto da uve Vertzami e Moscato d’Amburgo che vengono fatte appassire al sole di Lefkada per circa 8 giorni prima di essere vinificate. È il classico vino “dolce non dolce”, rotondo ma non stucchevole, intenso e sostanzioso ma, al tempo stesso, dotato di pregevole equilibrio al sorso. Io l’ho abbinato con lo splendido tramonto di Lefkada e con l’ultimo giorno delle mie vacanze. Ho già nostalgia della Grecia!


Bere Lazio al DoubleTree by Hilton Rome Monti con le Donne del Vino


La promozione di una realtà enoica come quella del Lazio passa attraverso le sue Donne. Sono loro, le Donne del Vino del Lazio - produttrici, sommelier, comunicatrici e non solo - le protagoniste di questo progetto organizzato in collaborazione con il DoubleTree by Hilton Rome Monti. Ogni mese un momento conviviale di incontro dove degustare una serie di etichette selezionate dalle cantine dell’Associazione che, ad oggi, conta oltre 60 iscritte tra cui 22 produttrici.


Da marzo a giugno 2023 i primi quattro appuntamenti (30 marzo, 20 aprile, 25 maggio e 22 giugno) dove sarà possibile assaggiare in alternanza bollicine, bianchi, rosati e rossi delle varie aziende produttrici e lasciarsi sorprendere da una regione vinicola che nell’ultimo decennio ha fatto passi da gigante.

E di questo ne è convinto il Team del DoubleTree by Hilton Rome Monti che ha voluto aprire le porte dei suoi diversi spazi dedicati al food and beverage alle signore del vino del Lazio e ai loro prodotti, che come conferma: “sono prodotti che rispecchiano il territorio e meritano di essere conosciuti. Il nostro ruolo è quello di essere palcoscenico e location di questa valorizzazione, che puntiamo a fare nei confronti anche di tutti i nostri ospiti stranieri, che andando vita potranno portare con sé una nuova conoscenza”.

Aperitivi e degustazioni con Le donne del Vino del Lazio

Le Donne del Vino del Lazio vi aspettano ogni mese con un aperitivo presso il Mamalia, ristorante interno, del DoubleTree by Hilton Rome Monti. Il primo sarà il 30 marzo dalle ore 19 insieme alle produttrici che racconteranno per curiosi e appassionati i loro vini e i territori da cui provengono. In ogni appuntamento saranno protagoniste quattro aziende con diverse etichette, in modo da accontentare tutti i palati e riuscire a dare una panoramica ampia di ciò che il Lazio enologico sa offrire.

Il Lazio registra, infatti, 27 DOC, 6 IGT e 3 DOCG: Frascati, Cesanese del Piglio e Cannellino di Frascati. Questi i vini, ma chi sono “Le Donne del Vino”? In tutto il territorio nazionale si contano oltre 1000 tra produttrici, enologhe, sommelier, giornaliste e professioniste del settore marketing e comunicazione di aziende vinicole che fanno parte di questa grande associazione nata con l’obiettivo di promuovere l’impegno professionale delle donne nei mille settori che ruotano intorno al mondo del vino. Nel Lazio ci sono attualmente 22 aziende iscritte con produttrici particolarmente attive, che lavorano insieme e in sinergia, e che si sono prese l’onere e l’onore di far conoscere il Lazio e i suoi vini al di là dei confini geografici locali.


Grazie anche al lavoro e all’impegno de Le Donne del Vino Lazio, la consapevolezza di tale patrimonio enoico regionale sta ricevendo numerosi riconoscimenti e conferme. “Eventi e incontri come questi che abbiamo voluto organizzare al DoubleTree a Roma – dice la delegata Manuela Zennaro - mettono sotto i riflettori l’importanza e la responsabilità di cui la ristorazione regionale è investita nei confronti della promozione delle nostre eccellenze enoiche, su cui bisognerebbe concentrarsi maggiormente. Il management del DoubleTree by Hilton Rome Monti ha risposto positivamente all’idea di divulgare il vino del Lazio attraverso momenti di intrattenimento e conviaviali, aperti a tutti e in particolare agli ospiti dell’hotel per darci la possibilità di raccontare qualcosa di noi”.

Durante la serata al DoubleTree by Hilton Rome Monti ci saranno molteplici proposte al calice con cui abbinare amouse bouche, tapas e piatti dello chef del Ristorante Mamalia appositamente studiati con i vini proposti. Saranno piatti della tradizione romana rivisitata, altri italiani e qualcosa di fusion che strizza l’occhio all’ospite internazionale. Una serie di stuzzicanti proposte da scegliere in un menu costruito per l’occasione insieme alla carta dei vini del giorno.

Il DoubleTree by Hilton Rome Monti

Siamo a Roma, nel quartiere Monti, alle spalle di Santa Maria Maggiore e proprio nel punto di ingresso di uno dei rioni più iconici della capitale. Il DoubleTree by Hilton Rome Monti si affaccia su Piazza dell’Esquilino e dal quartiere prende pienamente ispirazione, un mix di contemporaneità glamour e stile industriale, ma anche una grande scommessa su una variegata offerta ristorativa, con il MiT Food & Coffee Brewery giovane e vivace bistrot con patio sulla piazza; il Mamalia accogliente ristorante con cucina a vista, che propone tradizione italiana e romana rivisitate in chiave moderna dal resident chef, per concludere poi con una ascesa all’ottavo piano dove troviamo il Mùn Rooftop Cocktail Bar con vista sulla cupola della Cattedrale di Santa Maria Maggiore e un’atmosfera rilassante e lontana dal caos romano. Questi i luoghi del gusto, insieme alla cucina dello chef, messi a disposizione delle Donne del Vino del Lazio e dei loro aperitvi. E come sottolinea il direttore Simone Menga: “il nostro hotel è un crocevia di culture, persone e interessi e siamo sicuri che il vino sia il punto di incontro che ci aiuterà anche a far conoscere meglio il territorio di Roma e il Lazio, ancora sconosciuti ai più”.

Per info e prenotazione: fcomo_fb@hilton.com

Le aziende dell’Associazione Nazionale Le Donne del Vino - Delegazione Lazio

1 Cincinnato

2 Casale Vallechiesa

3 Casale della Ioria

4 Giovanni Terenzi

5 Colacicchi

6 Villa Simone

7 Jacobini

8 Donato Giangirolami

9 Ômina Romana

10 Petrucca e Vela

11 Consoli

12 Vini Vallemarina

13 L’Avventura

14 Borgo del Baccano

15 Vigne Toniche

16 Merumalia

17 Ciucci

18 Eredi dei Papi

19 Terre d’Aquesia

20 Poggio Le Volpi

21 Parvus Ager

22 Cantina Cifero

“Le Contrade dell’Etna” 2023


Castiglione di Sicilia (CT), 11 marzo 2023 – L’evento più importante dedicato ai vini del vulcano più alto d’Europa “Le Contrade dell’Etna” è alle porte. Si tratta della manifestazione che, quest’anno per la Quattordicesima Edizione, radunerà i diversi produttori vitivinicoli del comprensorio delle Contrade permettendo di usufruire di una vetrina privilegiata e di altissimo calibro nella tre giorni destinata agli addetti ai lavori quindi esperti, organi di stampa specializzata, critici, aziende ed operatori di settore del circuito Horeca. La kermesse avrà luogo da sabato 15 a lunedì 17 aprile nel “Picciolo Etna Golf Resort”, a Rovittello - Castiglione di Sicilia (in provincia di Catania). L’organizzazione è curata dalla società “Crew” che sta garantendo diverse novità e sorprese rispetto all’anno scorso che sveleremo pian piano fino ad arrivare all’inaugurazione. 


Intanto, la presenza delle cantine iscritte ha già superato il giro di boa del 2022 (che era 90), toccando allo stato dell’arte quota 93 imprenditori. I cosiddetti “wine lovers” avranno tanto da degustare e da raccontare e potranno partecipare in particolare alla giornata di domenica 16 aprile, quando l’evento accoglierà gli utenti. “Le Contrade dell’Etna”, quest’anno, presenteranno uno studio dedicato al valore dei vini di queste zone ed affidato all’Università Palermo con un’autorità in materia di Economia Aziendale ovvero il professore Sebastiano Torcivia. Sarà la prima volta che il territorio potrà approfondire il valore commerciale dei vini dell'Etna. L’occasione tecnico – scientifica, che ha come titolo “Analisi delle strutture dei prezzi medi dei vini dell’Etna”, alimenterà molto interesse tra i produttori e tutta la corrente che segue le dinamiche del mondo vino. La Società “Crew”, con i suoi rappresentanti Massimo Nicotra e Raffaella Schirò, dichiara: “Siamo contenti di questa straordinaria adesione che testimonia la fiducia e la considerazione che le aziende continuano a rivolgere all’evento Contrade. Il nostro obiettivo è arricchire ogni edizione con contributi di spessore (come avvenuto lo scorso anno con l’intervento del professore Attilio Scienza). Quest’anno, abbiamo voluto inserire lo studio commissionato all’Università di Palermo, certi di offrire ai produttori un efficace strumento per acquisire una maggiore consapevolezza sul valore finanziario di questo tipo di imprenditoria e dei risvolti sul tessuto sociale”.


La rassegna “Le Contrade dell’Etna” sta mobilitando le aree che compongono la mappa delle Contrade per poter riconfermare l’esperienza altamente positiva effettuata l’anno passato e per un confronto a 360 gradi con giornalisti, altri produttori e figure professionali che possano suggerire altri spunti e per concedere la chance a nuove tenute di integrarsi alla loro prima esperienza. L’attenzione dei Mass Media è stata sempre molto vicina alla tre giorni di “full immersion” nei vini che si manterrà assolutamente in linea con la lungimiranza del precursore dei vini dell’Etna, il compianto Andrea Franchetti.


Questo appuntamento con tanti eventi al suo interno sarà documentato sulla rete internet mediante il sito web di Contrade
www.lecontradedelletna.com e i social network. Ci sarà modo di seguire tutto ciò che succederà, le varie fasi e le varie masterclass e momenti speciali attraverso questi canali di comunicazione che hanno accompagnato l’Edizione 2022 con precisione.

Nella giornata inaugurale - sabato 15 aprile, si evidenzia il profilo tecnico-scientifico, che vedrà avvicendarsi studiosi e personaggi del ramo che relazioneranno le tematiche scelte nell’arco della mattinata e, in questo frangente, una delle novità sarà appunto la presenza del professore di Economia Aziendale Sebastiano Torcivia. Molto gradite e attese saranno le masterclass sui vini vulcanici tra la tarda mattinata e il pomeriggio. Si precisa che qui l’accesso avviene nelle sale del “Picciolo Etna Golf Resort” su prenotazione ed accredito fino ad esaurimento posti attraverso l’Ufficio Stampa;

la seconda giornata di domenica 16 vedrà dalle ore 9 fino alle 12 la parte riservata alla degustazione dei giornalisti specializzati per i “Vini En Primeur”; dalle ore 12 alle 19, “l’esercito degli appassionati” potrà entrare previo acquisto online dei biglietti collegandosi al sito www.lecontradedelletna.com o altrimenti attraverso la piattaforma web TicketOne; la terza giornata di lunedì 17 accoglierà, come accade da anni, il parterre del settore horeca e degli addetti ai lavori