Tasca d’Almerita - Cabernet Sauvignon 2016

Ha naso e palato fresco questo storico rosso di Tasca d’Almerita nonostante sia figlio di una estate calda in una terra baciata dal sole quasi tutto l’anno. Ma a questi nove ettari piantati nel 1985 fanno bene i 450 metri di altezza e le escursioni termiche. 


Un grande classico, un riferimento da sempre per la viticoltura di eccellenza italiana.

Il Mistero del Tintore di Tramonti e delle viti giganti


Tintore di Tramonti: il suo riconoscimento ufficiale è avvenuto giusto dieci anni fa anche se coltivato da sempre nel comune di Tramonti. Secondo le ricostruzioni scientifiche, si tratta di un vitigno nato dall'incrocio dell'Aglianico con la Tintora avvenuto molti secoli fa. Per comprendere la sua storia bisogna immaginare la Costiera Amalfitana come un'isola che si poteva raggiungere solo via mare dall'inizio dei primi insediamenti umani sino al 1800 quando i Borbone fecero costruire la prima carrozzabile unendo vari pezzi, una strada che è ancora oggi la stessa che percorriamo in auto da Vietri a Positano.

Vigne di Tintore a Tramonti

Questo isolamento, particolarmente catastrofico dopo il crollo della Repubblica Marinara di Amalfi, ha però consentito di preservare in campagna un immenso patrimonio di biodiversità, dai frutti ai legumi ancora oggi ci troviamo sempre di fronte a qualcosa di particolare quando entriamo nelle case. Una agricoltura povera, poverissima, che ha spinto la maggioranza della popolazione a scappare dalla fame emigrando nel Nord Italia e in America. Il cuore dell'agricoltura è il comune di Tramonti, un comune che non c'è, nel senso che è solo l'unione amministrativa di tredici frazioni, ciascuna delle quali ricche di storia, monumenti e resti di antiche chiese rupestri.


Solo l'apertura del Valico di Chiunzi, un tempo confine della Repubblica Amalfitana a 880 metri di altezza, al traffico veicolare alla fine dell'800, ha consentito di ridurre l'isolamento della zona. Tramonti è dunque un vero e proprio paradiso ampelografico dove il Tintore si è affermato nel tempo come unico vino rosso, coltivato a piede franco perchè il Vesuvio ha soffiato tanta cenere e materiali vulcanici nel corso dei millenni sino a ricoprire il primo stato del terreno roccioso. Confuso con l'Aglianico per tutti questi anni grazie alle caratteristiche sostanzialmente simili in campagna come nel bicchiere (tannini e acidità a go go): ha grappoli conici, dall’aspetto spargolo e allungato, con una foglia dal profilo increspato e una pelosità della pagina inferiore che al tatto si presenta assai vellutata. È un’uva tardiva, vista l’altitudine, vigorosa, ricca di antociani (da cui il nome), con un’invaiatura precoce rispetto alle altre varietà rosse presenti in zona, in particolare l’Aglianico, ma con un periodo di vendemmia che parte dalla terza decade di ottobre in poi.

Ecco le testimonianze letterarie sulla Tintora da cui ha avuto origine il Tintore:

Giuseppe dei Conti di Rovasenda (1877) cita nel suo “Saggio di una ampelografia universale” unaTintiglia Nera di provenienza napoletana, una Tintora di Ischia e una Tintora di Lanzara o VernacciaNera originaria di Salerno. Ma la Tintora descritta da Bordignon (1964) non corrisponde al Tintore di Tramonti, poiché la Tintora descritta possiede solo fiori femminili, caso rilevato solo nel 4% dei vitigni coltivati (dati INRADomaine de Vassal, Francia) e oggi giorno rarissimo. Ciò la rende facilmente distinguibile dal Tintore di Tramonti, suo diretto discendente. Infine la Tintora descritta da Pierre Galet (2000) è quella presente nella Collezione di Vassal, a fiorifemminili e che corrisponde geneticamente alla madre della pianta da noi analizzata in questo studio.

Le condizioni pedoclimatiche sono ben distanti da quelle che si potrebbero supporre: siamo al Sud, certo, e la luminosità non manca. Ma le escursioni termiche sono molto accentuate, l'agricoltura e la viticoltura si volgono su terrazzamenti faticosamente strappati alla roccia che sono sempre a rischio durante le piogge. Non è rara, siamo nel cuore dei Monti Lattari, la nebbia e persino la neve negli inverni più rigidi. Possiamo dunque tranquillamente definire la viticultura di Tramonti una viticultura del freddo. I venti di mare e di terra si alternano in continuazione lungo le vallate che risalgono al Valico di Chiunzi e questo consente una viticoltura faticosa sul piano logistico, ma abbastanza favorevole da punto di vista della sanità delle uve e del terreno.

Nelle verticali sin qui eseguite (soprattutto quella completa della 'A Scippata nel 2016 ea Ravello) , il Tintore di Tramonti dimostra una longevità incredibile: non bastano dieci anni a far rientrae l'acidità ed è per questo che lo si consiglia su piatti solidi e robusti della tradizione contadina.

Il Tintore ha quattro piccoli grandi protagonisti e taglia il traguardo dei 20 anni di produzione.

Giuseppe Apicella 

Il Vino in questione si chiama 'A Scippata Costa d'Amalfi doc, ed è la prima etichetta realizzata da Prisco Apicella dopo aver studiato Enologia ad Alba e rientrato nell'azienda fondata dal padre Giuseppe negli anni '70. Nasce nel 2000. La prima ad imbottigliare il vino che altrimenti veniva venduto sfuso ai mediatori napoletani che lo facevano diventare Gragnano. Qui il Tintore è insieme al Piedirosso, secondo un blend classico che rende più leggeri tannino e acidità. Dopo la vinificazione in acciaio si eleva in botti grandi e poi fa un anno in vetro. L'ultima produzione è di appena 2700 bottiglie a 30 euro circa in enoteca.

Giuseppe Apicella

Monte di Grazia

Come Apicella, anche questa piccola azienda nel suo Monte di Grazia Rosso assembla tintore e piedirosso. 3300 bottiglie a 20 euro circa.

Alfonso Irpino - Monte di Grazia

Reale

Il vino si chiama Borgo di Gete ed è stato il primo Tintore in purezza, realizzato da Gigino e Gaetano Reale in collaborazione con l'enologo Fortunato Sebastiano. Matura in legno grande e vetro. La prima vendemmia è del 2005 Solo 1700 bottiglie a 40 euro circa in enoteca.

Gaetano Reale - Foto: Roberto Sammartino

Tenuta San Francesco

E' Iss Prefilloxera il secondo Tintore in purezza prodotto nell'areale di Tramonti. Così chiamato per le viti giganti tipiche di questo vitigno che sono ancora a piede franco e che coprono interi versanti delle colline.  Prima annata 2003. In questo caso sono 4000 bottiglie a 35 euro in enoteca.
Pur nella diversità di interpretazioni il Tintore mantiene delle caratteristiche molto chiare anche con il passare degli anni. Il colore rosso rubino tiene perfettamente, così come l'acidità che resta scissa a lungo, soprattutto quando è in purezza.

Vigne di Tenuta San Francesco: che vista!!

Cascina degli ulivi - Monferrato Dolcetto DOC "Nibiô" 1998

di Carlo Macchi

Incredibile  e commovente! Un  dolcetto del 1998(!) dal particolare clone grasparossa fatto da Stefano Bellotti.


Oggi, Stefano non c’è più, la vigna è stata ripiantata, ma voglio immaginare  che la sorprendente struttura, finezza e complessità  aromatica di questo vino siano un messaggio da lui per tutti noi. Grazie Stefano.

La Lupinella - Chianti Lupinella Rossa 2017

Di Roberto Giuliani

Nel marasma dei Chianti in circolazione, non è facile selezionarne uno meritevole. A Vinci c’è quello della Lupinella, sangiovese in cemento, tonneau e legno grande, dai profumi invitanti di rosa, viola, ciliegia fresca, lampone e melagrana. 


Piacevolissimo in bocca, sapido, succoso, pura goduria!

Podere Paganico - Rosso di Montalcino 2013


di Roberto Giuliani

Quando ho conosciuto Anna Maria Buzdon e il marito Andrea, quindici anni fa, ebbi subito l’impressione di trovarmi a contatto con due persone che, pur non provenendo dal mondo del vino, ne erano pazzamente innamorate. L’azienda si trova fra l’altro in un punto fra i più belli del territorio di Torrenieri, a stretto contatto con la via Francigena, una frazione tranquilla che guarda a Montalcino con aria serena, senza alcun timore reverenziale.
Anna Maria è un vulcano, sempre attiva, dinamica, a volte un po’ apprensiva ma con il sorriso che fa capoccella molto facilmente, a evidenziare il suo carattere permeato di positività.

Anna Maria Buzdon

Dei tre vini prodotti, il Brunello, il Rosso e l’Abelardo, ho voluto dedicare uno spazio particolare a questo Rosso di Montalcino 2013, quindi non quello in commercio ora, che credo sia il 2017, perché ritengo che troppo spesso la tipologia venga sottovalutata o, quantomeno, poco considerata quando si parla di Montalcino, mentre molto spesso può dare notevoli sorprese.

Vista dell'azienda

Nel caso poi dei vini di Podere Paganico, l’attesa è sempre benefica, ne esalta tutte le qualità e li rende molto più stimolanti ed equilibrati.
Qui abbiamo un vino davvero aperto e generoso, con sentori che denunciano subito la grandezza del sangiovese ilcinese, la materia espressiva si espande man mano che passano i secondi e affiorano belle note di frutta appena matura, tanta ciliegia e prugna, ma anche un tabacco elegante, raffinato, poi sbuffi di liquirizia ed erbe aromatiche essiccate, a sprazzi si manifesta ancora una bella nuance floreale.


L’assaggio rivela proprio quell’equilibrio di cui parlavo, il tannino è setoso e ben amalgamato con il frutto, c’è freschezza e l’alcol non aggredisce in alcun modo, il sorso è godibilissimo, gioioso, mette in moto l’appetito, un valore non così scontato, privilegio di quei vini che hanno tutto al punto giusto, senza iperboli o picchi, ma piuttosto progressivi e mai stancanti.

Cascina Mogliasacco – Dolcetto d’Asti 2018

Grazie all’amico Gianluca Morino, produttore di Nizza DOCG, ho potuto scoprire questa piccola chicca prodotta da Sara Benzi in quel di Sessame (AT). Dolcetto assolutamente godurioso, lucente di frutta rossa e viole. 


Al sorso è nitido, ha grande scorrevolezza e grinta da vendere grazie alla stretta territorialità di questo dolcetto che invita continuamente alla beva. Bellissima scoperta. 

P.s: l’azienda non ha ancora un sito web ma ha un account Instagram molto dinamico ( @cascina_mogliasacco )

Sorpasso: a Carema va di scena la viticoltura eroica di Martina e Vittorio


Di Andrea Petrini

I principali problemi del vino di Carema, fino a qualche tempo fa, erano sostanzialmente due: l’estrema frammentazione dei vigneti, spesso suddivisi in piccolissime parcelle sparse per il territorio, e il progressivo abbandono della viticoltura visto che, tranne rare eccezioni, le vigne sono gestite o dagli anziani del paese che conferiscono per la maggior parte alla cantina sociale oppure, per eredità, appartengono a famiglie che non hanno nessuna intenzione di continuare a coltivarle.

Martina e Vittorio

Se è vero che il primo problema, oggi, rimane ancora in piedi, anche perché insito nel DNA di questo territorio, è vero anche che Carema e il suo vino, fortunatamente, stanno vivendo una sorta di seconda giovinezza perché da qualche tempo tanti ragazzi stanno investendo tempo e risorse in questa DOC dando vita a quella che chiamerei senza dubbio la Nouvelle Vague del Carema. E’ il caso, ad esempio, di Vittorio Garda e Martina Ghirardo, nati e cresciuti nel Canavese e nel comune di Carema, che invece di fuggire via dai luoghi natii, come tante coppie della loro età, hanno deciso di rimanere nel loro territorio cercando di costruire proprio là il loro futuro fondando nel 2012 l’azienda Sorpasso il cui nome si ispira ad una favola di Esopo.

La lepre un giorno si vantava con gli altri animali: Nessuno può battermi in velocità – diceva – Sfido chiunque a correre come me.
-La tartaruga, con la sua solita calma, disse: – Accetto la sfida.
-Questa è buona! – esclamò la lepre; e scoppiò a ridere.
-Non vantarti prima di aver vinto replicò la tartaruga. – Vuoi fare questa gara? -Così fu stabilito un percorso e dato il via.
La lepre partì come un fulmine: quasi non si vedeva più, tanto era già lontana. Poi si fermò, e per mostrare il suo disprezzo verso la tartaruga si sdraiò a fare un sonnellino. La tartaruga intanto camminava con fatica, un passo dopo l’altro, e quando la lepre si svegliò, la vide vicina al traguardo. Allora si mise a correre con tutte le sue forze, ma ormai era troppo tardi per vincere la gara.
La tartaruga sorridendo disse: “Non serve correre, bisogna partire in tempo.
Come nella favola di Esopo, noi crediamo che non sia la velocità a dare i risultati. Servono tenacia e forza, le stesse che noi ogni giorno mettiamo nel nostro lavoro.

Vado a trovare Martina (Vittorio era in vendemmia) una mattina di ottobre, durante la festa del vino di Carema. Ci diamo appuntamento ad Airale dove ha parte dei suoi vigneti ed è inoltre situata anche al piccola cantina aziendale ricavata da una vecchia casa dell’800 di recente ristrutturazione. 


Da qua, con grande fatica, cominciamo ad arrampicarci sui ripidi pendi che portano in cima alla collina (siamo più o meno a 500 metri) da dove dominiamo la vallata sottostante. Non stanco mai di ripetermi: solo calpestando queste vigne, incastonate nella roccia, possiamo capire quanta fatica facciano questi ragazzi a gestire le loro bellissime vigne di nebbiolo (si trovano anche varietà autoctone come Neretto e Ner d'Ala) che in totale, sparse in tantissime parcelle, si "estendono" per circa un ettaro. I vigneti, per ora quasi tutti in affitto, sono per 2/3 allevati a pergola tradizionale e 1/3 a spalliera.




Riscendiamo verso la cantina, ultimata nel 2016 per cui, come mi spiega Martina, architetto prestato al mondo del vino, le prime due annate prodotte del loro vino, ovvero 2014 e 2015, sono state vinificate a Montestrutto, fuori dalla DOC Carema, ma comunque appartenenti alla DOC Canavese.
Entriamo, la struttura è piccola ma ordinatissima, tutto sembra fatto su misura per lavorare al meglio anche in un pochi metri quadri. 


"Tutti i vini che produciamo hanno una base al 100% nativa, dalla quale cerchiamo di estrarre quanto più possibile le caratteristiche del nostro territorio" - esordisce così Martina mentre mi spiega la loro filosofia di vinificazione proseguendo che "il vino viene fatto fermentare sempre in acciaio attraverso un pied de cuve dove il lievito proviene direttamente dal nostro vigneto. Dopo la fermentazione, il vino rimane sulle bucce per circa 3 mesi dopodiché, una volta torchiato, rimane per alcuni mesi in acciaio inox, a cui seguono mediamente 12 mesi di affinamento in botti di legno (barrique e tonneau) esauste prima di essere infine imbottigliato, senza filtrazioni né chiarifiche, in nemmeno 2000 unità". 
Nella testa di Vittorio e Martina c’è anche futura produzione di un metodo classico e di un bianco a base riesling ed erbaluce ma tutto è ancora in divenire.


La degustazione parte con alcuni assaggi dalla botte e Martina mi fa:” Andrea, questo è il vino proveniente dalle vigne dove siamo stati prima, è il vino di Airale, che nelle nostre intenzioni, anche se ora non ha senso vista la quantità, potrebbe diventare un Cru di Carema”. Ha ragione, il vino seppure ancora in affinamento, è già espressivo, luminosissimo, più spostato sul floreale che sul fruttato, e con una bocca talmente calibrata che già ora potrebbe incantare più di qualche palato allenato.


Ci sediamo, ancora frastornato per la sorpresa precedente, e mi viene versato il Canavese DOC Nebbiolo "Suflin" 2015 (85% nebbiolo, 15% Neretto e Ner d'Ala) il cui nome, in termini dialettali, significa pignolo, preciso, così come tutto il lavoro dei nostri giovani vignaioli di Carema. Pur essendo la loro seconda vinificazione, capisco che Vittorio e Martina hanno già le idee ben chiare su cosa cercano in un vino ovvero personalità associata a territorialità e questo Suflin ne è l'esempio lampante: fruttato, minerale, fresco, ammalia il palato per ritmo ed intensità sapida.


Il Carema 2016 (85% nebbiolo, 15% Neretto e Ner d'Ala), prima annata vinificata nella nuova cantina, è figlio di un millesimo più equilibrato ed ha un profilo olfattivo inizialmente terroso che poi si apre svelando una freschissima viola a cui seguono sensazioni di lampone e leggera speziatura. La mineralità di fondo spiega la sua longevità che la forza del sorso ribadisce. Finale rigoroso, rigoroso, col senso del tempo che fornirà ancora più sfaccettature al vino.


Seguite Martina e Vittorio, sono giovani, bravi, giustamente ambiziosi e non potranno che migliorare col tempo. Un po' come il loro vino!

Giacomo Borgogno – Barolo Cannubi 2010


di Lorenzo Colombo

E poi ti capita di assaggiare (di bere in realtà) un vino così e ti rendi conto che le 300 battute previste per il VINerdì IGP non possono assolutamente bastare, tante sarebbero le cose da scrivere per poter raccontare la miriade di sensazioni che un simile Barolo ti trasmette.


In realtà non è così, alla fine basta un singolo aggettivo: GRANDIOSO.

Alla scoperta della Malvasia passita dei Colli Piacentini - Garantito IGP

di Lorenzo Colombo

Sono ben 19 le varietà di Malvasia iscritte al Registro Nazionale delle Varietà di Vite e la Malvasia di Candia Aromatica è stata tra le prime ad essere inserita in questo catalogo, nel maggio del 1970. Nel censimento del 2010 se ne contavano poco meno di 900 ettari.
Nonostante il vitigno sia autorizzati in cinque vini a denominazione ed in 21 ad Igt, tra Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Molise ed Emilia Romagna la sua diffusione è prettamente localizzata in quest’ultima regione, dove se ne trova(va)no 716 ettari (sempre in base al censimento del 2010). Nello specifico è localizzata principalmente nella provincia di Piacenza, ed in minor misura in quelle di Parma e Reggio Emilia.


Durante l’ultima edizione del Mercato dei vini FIVI, a Piacenza, abbiamo avuto l’opportunità di partecipare ad una degustazione dal titolo “La Malvasia Passita dei Colli Piacentini”, ovvero la versione nella quale il vitigno dà (probabilmente) il meglio di sé.
La conduzione era affidata a tre produttori, Stefano Pizzamiglio, titolare dell’Azienda La Tosa, un cui vino “L’Ora Felice” era in degustazione, Rita Babini dell’azienda romagnola Ancarani e Mario Pojer dell’azienda trentina Pojer e Sandri. 


La maggior parte dei vini erano classificati come Colli Piacentini Doc Malvasia Passito, frutto quindi di uve Malvasia di Candia Aromatica, che debbono essere utilizzate per almeno l’85%, nei vini degustati (anche in quelli non a denominazione) se non diversamente specificato, il vitigno è utilizzato in purezza. Eccovi le nostre impressioni su quanto assaggiato (i vini sono elencati in ordine si servizio):

Loschi – Colli Piacentini Doc “L’Arte Contadina” 2016

Uve provenienti da vigneti situati nei pressi di Castell’Arquato, su suoli con alta percentuale sabbiosa. 


Color oro antico. Intenso al naso, ciliegia sotto spirito (sembra un vino liquoroso), pesca ed albicocca sciroppata. Strutturato, morbido, sentori di miele, canditi, scorza d’arancio, panettone. Molto mediterraneo.

Valla – Igt Emilia Malvasia Passito “Boccadoro” 2015/2016

I vigneti si trovano nel comune di Ziano Piacentino,il particolare metodo vendemmiale ne fa una via di mezzo tra un vino passito ed uno da vendemmia tardiva. 


Giallo-oro luminoso. Molto intenso al naso, fresco, decisamente agrumato, elegante, alcolico, accenni di botritis. Fresco ed agrumato, erbe officinali, timo, salvia. Decisamente particolare ed interessante. E’ il vino che in assoluto abbiamo preferito.

Terzoni – Colli Piacentini Doc Passito “Sensazioni d’inverno” 2014

Da vigneti situati a Becedasco. 
Color ambra, luminoso. Molto interessante al naso, intenso, alcolico, sentori di Calvados e di liquore d’albicocca. 


Di buona struttura, alcolico, morbido, pesca sciroppata, albicocca, lunghissima la sua persistenza.

Marco Cordani - Colli Piacentini Doc Malvasia Passito “Sulì” 2015

Iniziamo col dire che il vino non è in commercio. Peccato, poiché c’era molto piaciuto.
Infatti la 2015 è stata l’unica annata (sperimentale) di produzione di questo vino, tra l’altro mai messo in vendita. Avrebbe dovuto essere prodotto nuovamente quest’anno, ma un grandinata ha distrutto il 90% delle uve a bacca bianca.
I vigneti sono situati a Celleri, frazione di Carpaneto Piacentino, a 190 metri d’altitudine con esposizione sud-est, allevati a Guyot su suoli argillosi-sassosi. Le uve vengono appassite al sole, in cassette, la fermentazione si svolge in acciaio e l’affinamento in anfora per un anno.


Color topazio. Intenso ed elegante al naso dove presenta leggeri accenni ossidativi, ricorda a tratti uno Sherry. Strutturato, elegante, fresco, con bella vena acida, dolce/non dolce, sentori di fichi secchi e datteri.Vino notevole, e molto mediterraneo.

Lusenti – Colli Piacentini Doc Malvasia Passito “Il Piriolo” 2012

I vigneti si trovano a Ziano, in Località Casa Piccioni a 230 metri d’altitudine, i suoli sono di natura argillosa-limosa, il sistema d’allevamento è in parte a Guyot ed in parte a Casarsa con densità da 3.200 a 3.800 ceppi/ettaro.Ventiquattro i mesi di affinamento in botte ed altrettanti di bottiglia.


Color ambrato luminoso. Bel naso, intenso, sentori di miele, datteri, fichi secchi, ricorda a tratti un distillato. Morbido e pastoso, leggermente pungente, albicocca disidratata, tornano alla bocca i sentori di distillato, buona la persistenza. Elevata la percezione della dolcezza.

Tollara – Colli Piacentini Doc Malvasia Passito “L’Angelico” 2011

Le uve provengono dalle colline di Becedasco, in Val d’Arda, il sistema d’allevamento è il Guyot. Appassimento per circa quattro mesi, affinamento in barriques per dodici mesi.


Color topazio, intenso e luminoso. Mediamente intenso al naso, sentori di fichi secchi, miele di castagno, caramella all’orzo. Buona la struttura e bella la vena acida, leggermente bruciante, ritroviamo la caramella all’orzo, buona la sua persistenza.


La Stoppa – Emilia Igt Malvasia Passito “Vigna del Volta” 2007

Da vigneti gestiti in biologico, allevati a Guyot con densità di 6.000 ceppi/ettaro, su suoli di natura argillosa-limosa. Fermentazione con lieviti indigeni, affinamento in barriques francesi usate.


Color topazio intenso, presenta numerosi sedimenti nel bicchiere. Buona l’intensità olfattiva, elegante, caramella al rabarbaro, frutta secca. Di buona struttura, asciutto, note tanniche, tornano sia la frutta secca che la caramella al rabarbaro, lunga la sua persistenza. 

La Tosa – Colli Piacentini Doc “L’Ora Felice” 2009

Le uve provengono da tre distinti vigneti, situati su suoli argillosi-limosi (terre rosse antiche), ad altitudini variabili tra i 185 ed i 210 metri slm. Sostituita la prima bottiglia che presentava qualche problema (dieci anni sono tanti), la seconda si presentava con un color oro antico, simile a quello dell’olio. 


Fieno di montagna al naso. Fresco e mentolato al palato, con bella vena acida, agrumato, sentori di miele, lunga la sua persistenza.

Barattieri – Vin Santo Doc dei Colli Piacentini “Albarola” 2008

Trattandosi di un Vin Santo la metodologia produttiva e lo stile del vino sono completamente diversi rispetto ai precedenti. Non cambiano le uve, che vengono sempre poste in appassimento, l’affinamento invece si svolge in caratelli di rovere per nove anni.


Color ambra, intenso e luminoso. Intenso al naso, alcolico, sembra un vino liquoroso, ricordi di Rhum. Di buona struttura, pastoso, leggermente pungente, un poco bruciante, miele di castagno su lunga persistenza. 

Cantine Leonardo da Vinci - S.to Ippolito 2016 Igt Toscana

di Stefano Tesi

Temendo il peso del vetro, del vinone e del produttore, ho lasciato la bottiglia a candire in attesa di stagioni freddissime e di cibi tenacissimi. 


Invece questo taglio di Sangiovese, Merlot e Syrah fatto nel cuore delle terre leonardesche mi ha sorpreso per eleganza e piacevolezza: legno sotto controllo, frutti rossi morbidi e beva profonda, ma senza maschere.

Pruneti Extra Gallery a Greve in Chianti è il posto più cool per l'olio della Toscana?

Le sfide sono belle quando sono difficili. Ma sono ancora più belle quando, oltre che difficili, anziché da un accurato piano di battaglia prendono le mosse da un’intuizione che si prova a mettere a fuoco in corso d’opera, con le scariche di adrenalina e gli smarrimenti che ne conseguono.
Facciamo un esempio: che si vuol intendere se si usa l’espressione “Extra Gallery”? Soprattutto se è il nome dato a qualcosa che è a metà strada tra un negozio gourmet, un bar-caffè, una stuzzichineria, uno spaccio aziendale, un cenacolo per appassionati, un ritrovo per gaudenti, un punto di riferimento per amanti della natura, un polo didattico, una bottega, un’accademia, una biblioteca e financo una provocazione?

Accademia

Ecco, quello che i fratelli Gionni (scritto proprio così: Gionni) e Paolo Pruneti, chiantigiani di schiatta chiantigiana che di più non si potrebbe (cru San Polo), hanno aperto a Greve, proprio sul fondovalle e sul lungostrada principale, dove scampare alla vista del viandante, anche per via dell’architettura biancheggiante, è impossibile, è una cosa che si chiama (appunto) Pruneti Extra Gallery: minimalista e di design, come si direbbe oggi.
Ora, è vero che la famiglia è famosa in Toscana come titolare di un ottimo frantoio e per la produzione di molti, eccellenti extravergini. Non a caso, alla Gallery abbondano l’olio novo 2019 e tanti prodotti a base d’olio: dagli ovvi condimenti in nove diverse tipologie a varie cose mangerecce, inclusi accostamenti arditi e sfiziosità non risapute, che si possono sia consumare al banco, sia asportare. Ma fin qui sarebbe tutto molto normale.

Bottega
Già un po’ meno normale e che al bancone del bar si possano assaggiare cocktail fatti a regola d’arte ma sempre “sporcati” creativamente con l’extravergine della casa: il famosissimo Negroni diventa così, con l’aggiunta di un monocultivar di Moraiolo, un piccante “Twist di negroni in EVO”, mentre da quella che i creatori definiscono “la massima espressione delle tecniche della mixology” prende origine un cocktail “Oliveto”, di nuovo a base di monocultivar di Moraiolo della casa. Dal connubio il rum bianco e vino Gallo Nero (Pruneti Bio, è ovvio) ecco infine un inaspettato “Chianti Classico Mojito”.
Sì perché, come si sarà capito, i Pruneti oltre che olio producono pure vino, tutto ovviamente biologico.
Ma se solo così fosse, sarebbe ancora un giochino troppo facile.
Una delle attività storiche della famiglia, anzi quella da cui risale la sua gloria più antica e che naturalmente viene tuttora portata avanti con successo tra le colline chiantigiane è la coltivazione dell’Iris, del Giaggiolo insomma, ovvero di quel fiore simbolo di Firenze che molti scambiano, incomprensibilmente, per un giglio. Gli utilizzatori normali, in tutto il mondo, ne ricavano l’essenza per fare profumi.
Poteva tale fondamentale branca del Pruneti family business restare fuori dalla Gallery?
Nemmeno a pensarci. Ed ecco così, al posto della prevedibile acqua di colonia, saltare fuori una spumeggiante, delicata, invitante birra artigianale stile blanche belga all’aroma, appunto, di Iris. Eccellente, va detto. Con aromi floreali che ben si sposano con l’amarognolo di fondo, rendendo la bevuta oltremodo godibile.
E con questo, sull’allegro buglione della Gallery forse potrebbe bastare. Ma non è ancora tutto.

Biblioteca

Per digerire, o come cordiale, ecco il liquore allo Zafferano, made in Pruneti estate si capisce, che i palati più raffinati riconosceranno anche come ingrediente delle polibibite – per dirla coi futuristi – di cui sopra.
Il tutto in questo grande, luminoso, spigliato ambiente ove si può anche sedere e rilassarsi, oppure fare piccole sessioni didattiche di assaggio e di abbinamento di extravergine. E dove i due fratelli e il loro staff si aggirano accogliendo i clienti, dando spiegazioni, offrendo assaggi.


Il buon cronista a questo punto non può più trattenersi e lancia l’ingenerosa domanda: “Ma il progetto finale qual è? E dove volete arrivare?”.
Paolo Pruneti non si turba. Scrolla le spalle e con un sorriso disarmante ammette: “Non lo sappiamo nemmeno noi. Volevamo creare un posto in cui si potesse andare per parlare dei prodotti della nostra terra e soprattutto si potesse capirli, ma senza annoiarsi né limitarsi a una cosa sola. Il primo obbiettivo era facile da raggiungere, il secondo niente affatto. 

Extra Gallery Experience

A chi viene qui noi vorremmo semplicemente offrire gli strumenti per riuscirci. E il migliore ci sembra quello di assaggiare, ragionando in compagnia. Giornalisti compresi, beninteso”.
Benvenuti alla Pruneti Extra Gallery, la galleria che non si capisce cos’è, ma che per fortuna c’è.

Pruneti Extra Gallery
Piazza Trento 1, Greve in Chianti
Tel. 055 8555091
www.pruneti.it