La lista delle 195 Chiocciole di Slow Wine 2018

Che cosa significa il riconoscimento della Chiocciola?
Ecco cosa scriviamo nelle prime pagine della guida 2018: Simbolo assegnato a una cantina per il modo in cui interpreta valori (organolettici, territoriali e ambientali) in sintonia con Slow Food. Dall’edizione 2017 l’attribuzione di questo simbolo implica l’assenza di diserbo chimico nei vigneti. I vini di una Chiocciola rispondo anche al criterio del buon rapporto tra la qualità e il prezzo. tenuto di quando e dove sono stati prodotti.
Abbiamo 7 nuove Chiocciole (clicca qui per sapere quali sono), per un totale di 195 (+2 rispetto allo scorso anno). Circa il 10% delle aziende recensite hanno questo riconoscimento, quindi un numero molto contenuto.
Tutte queste cantine le potete trovare (il 99% dei vignaioli sarà presente in carne ed ossa) a Montecatini Terme (PT) il 14 ottobre prossimo, in quella che si annuncia come la degustazione più importante dell’anno, con oltre 500 aziende e 1.000 etichette! 
Abruzzo
Cataldi Madonna
Cirelli
Emidio Pepe
Praesidium
Torre dei Beati
Valentini
Valle Reale
Alto Adige
Cantina Terlano
Kuenhof – Peter Pliger
Lageder
Manincor
Nusserhof – Heinrich Mayr
Pranzegg – Martin Gojer
Unterortl – Castel Juval
Basilicata
Cantine del Notaio
Musto Carmelitano
Calabria
‘A Vita
Sergio Arcuri
Campania
Antonio Caggiano
Ciro Picariello
Contrada Salandra
Contrade di Taurasi
Fontanavecchia
Luigi Tecce
Maffini
Nanni Copè
San Giovanni
Tenuta San Francesco
Emilia-Romagna
Camillo Donati
Denny Bini – Podere Cipolla
Gradizzolo – Ognibene
Paolo Francesconi
Vigne dei Boschi
Villa Papiano
Villa Venti
Vittorio Graziano
Friuli Venezia Giulia e Slovenia
Borgo San Daniele
Burja
Damijan Podversic
Edi Keber
Gravner
Guerila
I Clivi
Klinec
La Castellada
Le Due Terre
Marko Fon
Meroi
Miani
Ronco del Gnemiz
Ronco Severo
Simon di Brazzan
Skerk
Skerlj
Vignai da Duline
Zidarich
Lazio
Casale della Ioria
Damiano Ciolli
De Sanctis
Marco Carpineti
Liguria
Cascina delle Terre Rosse
Maria Donata Bianchi
Santa Caterina
Walter De Battè
Lombardia
Agnes
Andrea Picchioni
Ar.Pe.Pe.
Barone Pizzini
Calatroni
Cavalleri
Dirupi
La Costa
Noventa
Togni Rebaioli
Marche
Andrea Felici
Aurora
Bucci
Collestefano
Fattoria San Lorenzo
La Staffa
Le Caniette
Pievalta
Piemonte
Alessandria Fratelli
Anna Maria Abbona
Antichi Vigneti di Cantalupo
Brovia
Ca’ del Baio
Carusin
Cascina Ca’ Rossa
Cascina Corte
Cascina Roccalini
Cavallotto Tenuta Bricco Boschis
Conterno Fantino
Pira & Figli – Chiara Boschis
Elio Altare
Elio Grasso
Elvio Cogno
Fiorenzo Nada
G.D. Vajra
Giacomo Brezza & Figli
Giuseppe Rinaldi
Iuli
Le Piane
Luigi Spertino
Mossio Fratelli
Pecchenino
Piero Busso
Roagna
San Fereolo
Serafino Rivella
Sottimano
Vigneti Massa
Puglia
d’Araprì
Giancarlo Ceci
Gianfranco Fino
Morella
Paolo Petrilli
Polvanera
Severino Garofano Vigneti e Cantine
Vallone
Sardegna
Giovanni Montisci
Giuseppe Sedilesu
Sicilia
Arianna Occhipinti
Barraco
Castellucci Miano
Cos
Ferrandes
Frank Cornelissen
Graci
I Vigneri
Marco De Bartoli
Tenuta delle Terre Nere
Valdibella
Toscana
Antonio Camillo
Badia a Coltibuono
Baricci
Boscarelli
Caiarossa
Caparsa
Castello dei Rampolla
Corzano e Paterno
Fabbrica di San Martino
Fattoi
Fattoria di Bacchereto Terre a Mano
Fattoria Selvapiana
Fontodi
Frascole
I Luoghi
I Mandorli
Il Paradiso di Manfredi
Isole e Olena
Le Chiuse
Le Cinciole
Montenidoli
Monteraponi
Montevertine
Podere Concori
Poderi Sanguineto I e II
Riecine
Salustri
Stefano Amerighi
Tenuta di Valgiano
Val delle Corti
Trentino
Eugenio Rosi
Foradori
Francesco Poli
Maso Furli
Pojer & Sandri
Redondel
Vignaiolo Fanti
Umbria
Adanti
Antonelli San Marco
Barberani – Vallesanta
Fattoria Colleallodole
Palazzone
Paolo Bea
Tabarrini
Valle d’Aosta
La Vrille
Les Granges
Veneto
Monte Dall’Ora
Bele Casel
Ca’ dei Zago
Casa Coste Piane
Corte Sant’Alda
Frozza
Il Filò Delle Vigne
La Biancara
Le Fraghe
Leonildo Pieropan
Monte dei Ragni
Montesantoccio – Nicola Ferrari
Prà
Silvano Follador
Sorelle Bronca

Valle d'Aosta e Ticino - Tre Bicchieri 2018 Gambero Rosso

Valle d'Aosta

Solo negli ultimi anni la coltivazione della vite, con successiva vinificazione delle uve, e la vendita del prodotto finale in bottiglia permette a qualche viticoltore valdostano di vivere bene. Per molto tempo gli unici vini regionali reperibili nelle enoteche, anche in provincia di Aosta, provenivano da una delle numerose cantine cooperative o dall'Institut Agricole Régional, centro di sperimentazione viticolo e scuola dove sono stati formati numerosi produttori locali. A lungo la cooperazione è stata una necessità. In un territorio così difficile e impervio dove oggi lo spazio dedicato alla vite è di soli 400 ettari, la proprietà è stata storicamente molto frammentata, con susseguente difficoltà per le singole famiglie a trarre reddito dal vino. Ancora oggi molti vignaioli lo sono solo part-time e la dimensione delle cantine non supera le 30mila bottiglie all'anno, con molte realtà che non arrivano a 15mila unità. Numerose sono ancora le aziende che non sottopongono i loro vini al giudizio della critica, perché si trovano senza vino al momento delle degustazioni. Lo stesso Costantino Charrère, proprietario di Les Crêtes, la più grande azienda privata della Valle con una produzione odierna pari a 180mila pezzi, è stato a lungo insegnante. Eppure malgrado le dimensioni ridotte dei vigneti e delle cantine, la Valle d'Aosta produce vini sempre migliori, con punte che, nelle loro tipologie, rappresentano l'apice dell'enologia italiana. Dopo qualche anno di appannamento qualitativo i player più importanti dello scacchiere vinicolo della Valle hanno ripreso a lavorare con più convinzione e più continuità e quindi la qualità media dei vini regionali è cresciuta di colpo. Infatti la produzione delle cantine sociali regionali si attesta quasi sulla metà della produzione totale. Anche se a raggiungere il massimo dei nostri riconoscimenti è ancora una volta La Crotta di Vegneron, c'è stata una presenza importante delle cooperative nelle nostre finali per i Tre Bicchieri. Comunque a guidare la buona schiera degli ottimi vini valligiani troviamo ancora le solite cantine private. In questo panorama giocoforza ristretto è difficile scoprire e valorizzare nuove realtà. Tra i premiati di quest'anno ci sono nomi noti, ma con nuove etichette. Tra le novità, ad esempio, abbiamo assaggiato un grande Cornalin - vitigno autoctono ancora raro ma già ricco di promesse - prodotto dalla famiglia Rosset e soprattutto un Nebbiolo proposto per la prima volta da Costantino Charrère, che viene a ricordarci come il Sud della regione e in particolare la zona di Donnas possa dire la sua riguardo al nobile vitigno. 

I vini della Val d'Aosta premiati con Tre Bicchieri
Valle d'Aosta Chambave Moscato Passito Prieuré ’15 - La Crotta di Vegneron
Valle d'Aosta Chambave Muscat Flétri ’15 - La Vrille
Valle d'Aosta Cornalin ’16 - Rosset Terroir
Valle d'Aosta Nebbiolo Sommet ’15 - Les Crêtes
Valle d'Aosta Petite Arvine ’16 - Elio Ottin
Valle d'Aosta Pinot Gris ’16 - Lo Triolet

Ticino

Dopo alcuni anni torna il Ticino sulle pagine della nostra Guida. La contiguità territoriale e culturale con l'Italia è tale, e il livello della produzione così elevato, da rendere questo passo quasi obbligato. Scorrendo le pagine noterete che la gran parte dei vini recensiti sono a base di uva merlot, un'uva stata introdotta in Ticino circa 100 anni fa che si è acclimatata alla perfezione. Sebbene quindi qui si coltivi il vino da almeno 2000 anni, sappiamo poco del tipo di vitigni e dell'entità delle coltivazioni, quel che è certo è che prima della devastazione della filossera di fine ‘800 si coltivavano vari vitigni americani e ibridi nonché, nel Sopraceneri, l'interessante autoctono bondola. A partire dal 1907 il merlot fa il suo ingresso trionfale, e oggi è il vitigno principe del territorio ticinese che un tempo dava vita a vini piuttosto leggeri, solo successivamente si è affermato uno stile di Merlot più robusto, grazie alla limitazione delle rese, a tecniche di cantina più sofisticate e alle maturazioni in legni nuovi.
Il cantone vitivinicolo del Ticino si divide in due subregioni; Sopraceneri, a nord del passo del Monte Ceneri, ha terreni ricchi di granito e sabbia e comprende i distretti di Bellinzona, Blenio, Leventina, Locarno, Rivera e Vallemaggia. Soprattutto nelle vigne della valle Leventina e della valle Blenio, vicine alle Alpi, si produce un Merlot piuttosto leggero e finemente fruttato. Nel Sottoceneri, che comprende invece i distretti di Lugano e Mendrisio, si trovano suoli più pesanti, calcarei, con varie percentuali di argilla, qui maturano Merlot molto robusti e pieni. Il Merlot è interpretato in diversi stili: come vino estivo leggero e fruttato, ma anche in corpose selezioni maturate in barrique, dov'è pienamente concentrato e adatto per l'invecchiamento e anche vinificato in bianco può essere convincente. Ma il Ticino non vuole essere solo terra di Merlot, pian piano fanno capolino altri interessanti vitigni: chardonnay, pinot noir, gamaret, sauvignon blanc, syrah, cabernet sauvignon e franc e infine la bondola. Infine sono coltivate numerose altre uve, alcune in via sperimentale e altre già vinificate, che stanno dando risultati davvero molto interessanti. Quest'anno due vini del Ticino arrivano ai Tre Bicchieri: si tratta del Merlot Musa '14 di Fawino, dallo stile disteso, fruttato sapido e intrigante, e del Merlot Vinattieri '13 dei Vinattieri Ticinesi, che incarna l'anima più strutturata e profonda di questo vino. Bentornato Ticino.

I vini del Ticino premiati con Tre Bicchieri
Ticino Merlot Musa ’14 - Fawino Vini & Distillati
Ticino Merlot Vinattieri ’13 - Vinattieri Ticinesi & Castello Luigi

Abruzzo e Molise - Tre Bicchieri 2018 Gambero Rosso

Abruzzo

Come sembrano lontani i tempi in cui la vitivinicoltura abruzzese veniva raccontata come una sorta di grande serbatoio indistinto alla mercé di operatori collocati altrove. Intendiamoci: gli sfusi imbottigliati fuori regione rappresentano ancora una quota rilevante della produzione, ma reputazione e identità del comparto si rafforzano anno dopo anno, lasciando intravedere un futuro perfino più roseo.
Per tanti operatori specializzati e bevitori consapevoli è ormai chiaro quanto ci si diverta da queste parti, oltretutto salvaguardando il portafogli. Non solo sui base, ma anche al cospetto di etichette che figurano regolarmente tra le migliori opzioni in assoluto per versatilità espressiva e vocazione gastronomica. Ce n'è davvero per ogni sensibilità stilistica: vini appenninici e mediterranei, tradizionali e moderni, lavorati con protocolli classici o rimodulazioni di tecniche ancestrali (fermentazioni spontanee, macerazioni sulle bucce anche per le uve bianche, maturazioni in cemento e terracotta), e tutto quanto sta in mezzo. Complessità interpretativa che fa il paio con quella aziendale: al vertice della piramide incontriamo cantine storiche ed emergenti, piccole imprese artigiane e marchi da milioni di bottiglie. Senza dimenticare il ruolo, sociale ancor prima che commerciale, delle numerose cooperative abruzzesi da tempo sulla cresta dell'onda per livello medio delle gamme e vette d'eccellenza. Oppure il rilevante gruppo di realtà che fanno propri i dettami del cosiddetto movimento "naturale", non solo sul piano strettamente viticolo (leggi risparmio energetico e progetti di sostenibilità ambientale). Polifonia filosofica peraltro restituita con forza dagli ultimi assaggi. Nella lista dei premiati, infatti, sono equamente rappresentate tutte le zone produttive della regione, complice una sequenza di vendemmie favorevoli per le principali tipologie. Come la fresca e luminosa 2013 per i Montepulciano da invecchiamento, dove debutta nel club dei Tre Bicchieri l'Ursonia del Feuduccio di Santa Maria d'Orni. O l'accoppiata 2015-2016 per i bianchi da Trebbiano e Pecorino, che vede esordire al nostro massimo riconoscimento lo spettacolare Casadonna '15 di Feudo Antico. Ma il vero exploit di questa edizione è senza dubbio quello dei Cerasuolo, forse mai così convincenti su larga scala. Il più rosso dei rosati, grazie al quale la famiglia Montori si aggiudica col Fonte Cupa '16 il primo alloro della sua gloriosa storia.
I vini dell'Abruzzo premiati con Tre Bicchieri
Cerasuolo d'Abruzzo Fonte Cupa ’16 - Camillo Montori
Cerasuolo d'Abruzzo Myosotis ’16 - Ciccio Zaccagnini
Cerasuolo d'Abruzzo Piè delle Vigne ’15 - Luigi Cataldi Madonna
Montepulciano d'Abruzzo Amorino ’13 - Castorani
Montepulciano d'Abruzzo Mo Ris. ’13 Cantina Tollo
Montepulciano d'Abruzzo Ursonia ’13 - Il Feuduccio di Santa Maria D'Orni
Pecorino ’16 - Tiberio
Pecorino Casadonna ’15 - Feudo Antico
Trebbiano d'Abruzzo ’13 - Valentini
Trebbiano d'Abruzzo Sup. Notàri ’15 - Fattoria Nicodemi
Trebbiano d'Abruzzo V. del Convento di Capestrano ’15 - Valle Reale 

Molise

Nessuna nuova, buona nuova: il vecchio adagio popolare sembra calzare a pennello per inquadrare lo scenario produttivo molisano alla luce degli ultimi assaggi. Le aziende di riferimento restano più o meno le solite che abbiamo imparato a conoscere da almeno un lustro a questa parte e la regione non è esattamente la riserva ideale di caccia per chi cerca esordienti da scoprire a ogni test. D'altro canto il limitato turnover di cantine può essere letto anche come segnale di consolidamento: le migliori cantine indicano la strada e alle loro spalle c'è in ogni caso una piccola squadra affidabile e competitiva, soprattutto sul fronte qualità prezzo. Nel primo gruppo di merito figurano autentici leader e ispiratori come la famiglia Di Majo Norante, ancora una volta unica rappresentante molisana nell'élite dei Tre Bicchieri col suo Aglianico Contado Riserva '14. Oppure realtà come Borgo di Colloredo, Claudio Cipressi o Tenimenti Grieco, che ci ricordano con le loro variopinte gamme la natura intrinsecamente di frontiera del comprensorio.
Al di là delle singole riuscite, infatti, i principali elementi di interesse si legano sempre all'incredibile mosaico di condizioni pedoclimatiche, giacimenti ampelografici, modelli interpretativi. Il grande fascino di un territorio che evidenza continui punti di contatto con le zone limitrofe (Abruzzo, Sannio Beneventano, Lazio interno, Foggiano), restando comunque un distretto a parte, difficile da incasellare. Italia centrale e meridionale che si incontrano nei rossi da montepulciano e aglianico, con la tintilia a rafforzare vendemmia dopo vendemmia il suo ruolo di autoctono originale e versatile. Ma anche le speculari espressività delle aree adriatiche e appenniniche tenute insieme nel laboratorio bianchista, dove trovano spazio varietà internazionali (sauvignon e chardonnay in primis) accanto a falanghina, greco, trebbiano e malvasia. Senza trascurare i rosati, probabilmente la tipologia maggiormente cresciuta nelle recenti stagioni: vini perfetti per la mescita e un vasto campionario di abbinamenti gastronomici. Non è poco, se teniamo conto della fisiologica ristrettezza di opzioni. Il Molise del vino esiste, eccome, e siamo ragionevolmente convinti che i tempi per un suo definitivo exploit siano ormai maturi.

I vini del Molise premiati con Tre Bicchieri

Molise Aglianico Contado Ris. ’14 - Di Majo Norante

Ridge Vineyards, al cuore della Sonoma Valley

La Sonoma Valley è un altro di quei luoghi che ho sempre desiderato scoprire visto che i suoi vini, rispetto a quelli della più blasonata Napa Valley, sono stati negli anni più vicini alle mie corde da degustatore.
E' il 19 Agosto,  lo ricordo bene perchè il giorno dovrò tornare in Italia, e i ragazzi della Ridge Vineyardsnonostante siano impegnati con l'inizio della vendemmia, mi aspettano nella loro bellissima tenuta di Lytton Springs.



Non ho scelto questa azienda a caso: la qualità costante dei suoi vini e, soprattutto, la sua storia, hanno fatto della Ridge Vineyards un punto di riferimento, non solo negli USA, già nel 1885 quando il medico italo-americano Osea Perrone, diventano membro di spicco della comunità italiana di San Francisco, acquistò i primi 180 acri di terreno nei dintorni di Monte Bello Ridge (la "cresta" di Montebello) producendo nel 1892 la sua prima annata con la denominazione Monte Bello Winery. 



Col tempo, la cantina passa di mano varie volte fino ad arrivare agli anni '60 quando venne acquistata da Dave Bennion che, con i suoi soci, "sfrutta" le potenzialità dei vitigni piantati dai precedenti proprietari producendo nel 1964 il primo Zinfandel della neonata Ridge Vineyards che, a partire dal 1968, vedrà l'inserimento in squadra dell'enologo Paul Draper il cui apporto porterà sostanziali miglioramenti qualitativi grazie anche ad un approccio molto naturale che parte dalla gestione dei vigneti, compresi quelli di Lytton Springs, acquistati dall'azienda nel 1991.



Assieme a James, il mio fido wine educator (in USA si chiamano così gli addetti alle pubbliche relazioni), facciamo subito un giro delle vigne e ciò che vedo a pochi metri da me mi manda letteralmente in estasi. 


Vecchie vigne nella Sonoma Valley? Yes, we can! 

La Ridge Vineyards, attualmente, gestisce circa 520 acri di vigneto (oltre 210 ettari) suddivisi nella proprietà storica di Monte Bello (Santa Cruz AVA) e nei territori a nord di San Francisco che fanno capo alla Sonoma Valley AVA, Russian River  Valley AVA, Dry Creek Valley AVA e Alexander Valley AVA. Piccole parcelle, inoltre, si trovano anche nei dintorni di Paso Robles, a metà strada tra San Francisco e Los Angeles.


I principali vitigni piantati sono zinfandel, cabernet sauvignon, merlot, petit sirah, cabernet franc, chardonnay anche se non mancano piante di petit verdot, viognier e grenache e carignane.

Davanti a me, come dicevo e come potete vedere dalla foto, ho una piccola parcella dove lo zinfandel, uva principale a Lyttons Springs e dintorni, proviene da vecchie vigne ad alberello di oltre 100 anni. 


Se andate sul sito dell'azienda troverete delle fantastiche mappe dinamiche di tutti i vigneti, parcella per parcella, dove si può evincere, oltre alla localizzazione degli stessi, anche tipologia del suolo ed età delle vigne (vedi foto sotto).


Con James andiamo in cantina anche se, come detto, i ragazzi hanno iniziato la vendemmia per cui un rapido giro è quello che ci vuole per non dare troppo fastidio.


Così come accadeva nei vigneti, gestiti e certificati BIO, anche in cantina si segue una filosofia "naturale" visto che la fermentazione viene effettuata con l'ausilio di lieviti autoctoni senza ausilio di enzimi commerciali e anche la malolattica, se richiesta, avviene spontaneamente. 
L'anidride solforosa viene aggiunta in misura minima solo quando l'uva viene pigiata e dopo la fermentazione malolattica. E' evitata ogni tipo di filtrazione sterile perchè, se occorre, viene usata albumina. 


Un corridoio pieno di barrique non tutte di primo passaggio e non tutte di legno francese, rappresenta l'ultima tappa del mio mini tour in cantina prima di giungere di nuovo in terrazza per la degustazione dei vini che inizia con una bella sorpresa, almeno per me.



No, il colpo di scena non riguarda la tavola imbandita con formaggi artigianali e pane locale, ma il fatto che James abbia accolto il mio desiderio, espresso nella mail con cui ho prenotato la visita, di poter degustare qualche vecchia annata. Richiesta forse scontata per noi europei ma negli USA, abituati a bere vini giovani intensamente fruttati, non è così facile trovare una azienda disposta a mettersi in gioco facendo degustare vecchi millesimi dallo spettro aromatico e gustativo dominato dagli aromi terziari.

Detto ciò, il primo vino che mi viene presentato è lo Chardonnay che viene declinato nelle annate 2007 e 2013.  
L'azienda, come riporta il sito internet, ha prodotto il suo primo Chardonnay nel 1962 da vitigni piantati su terreno calcareo nel 1940 a Monte Bello. Gli impianti, trenta anni dopo, sono stati ampliati con alcune parcelle che situate nella parte bassa della collina e che, al tempo, non erano ancora state inglobate all'interno della storica tenuta. Da qui l'esigenza, che potete leggere anche nell'etichetta, di differenziare lo Chardonnay che, in questo caso, provenendo da vigneti più giovani, ha preso il nome della tenuta di  "Santa Cruz Mountains"


Il Ridge "Santa Cruz Montains Estate" Chardonnay 2007 odora di miele e agrumi, frutta tropicale e fieno. In bocca ha grande struttura che, fortunatamente, è ancora bilanciata da una grande vena acida. Snello, nonostante tutto.



Il Ridge "Estate" Chardonnay 2013 è grasso, ricco, ma fortemente bilanciato al sorso da una sapidità che deriva dai terreni calcarei della tenuta di Monte Bello. Non è forse il mio prototipo di Chardonnay ma, come per la 2007, bere la bottiglia è stato molto più facile di quello che immaginavo. Nota tecnica: il vino è affinato 11 mese in barrique di vario passaggio (7% nuove, 14% di un anno, 12% di due anni, 57% di tre, quattro e cinque anni). Un ulteriore riposo in bottiglia di almeno quattro mesi completa il processo di affinamento.



Passiamo ai rossi e iniziamo la batteria con il mitico Geyserville anch'esso declinato nella annate 2007 e 2013. Il Cru, come possiamo vedere anche dalla foto sottostante, è situato nei pressi della tenuta di Lytton Springs e fin dal 1966 da queste vecchie vigne di zinfandel, proviene un vino unico che, nel blend, si arricchisce grazie all'aggiunta di piccole percentuali di carignane, petit sirah e mourvedre.



Il Ridge California "Geyserville" 2007 sorprende per nitidezza di frutto scuro, succoso, la cui carica aromatica, a tratti imponente, viene smussata e resa più virile da soffi di mineralità scura ed echi di tabacco da pipa. Alla gustativa è un tappeto rosso di velluto che ti accompagna nel viaggio sensoriale per molto tempo. Bellissimo. Nota tecnica: il vino affina per circa un anno in botti di rovere americano (20% nuove, 30% di uno e due anni, il 50% tre, quattro e cinque anni).


Il Ridge California "Geyserville" 2013 è un vino dalla straordinaria complessità dove le sensazioni di frutta nera, fiori rossi, erbe aromatiche, spezie e nera mineralità sono perfettamente stratificate e disegnate. Al sorso è un vino che gioca tutto sull'eleganza e sembra dire CIAO CIAO a chi ancora ha dei pregiudizi su questo territorio.

L'altra coppia di vini è rappresentata dal Lytton Springs che mi è stato servito nelle annate 2013 e 2005. Come mi spiega James, questo è il vino della "casa" visto che proviene dai vigneti davanti a noi. La prima annata prodotta è stata il 1972 e, così come il Geyserville, anche questo rosso californiano è un blend dove lo zinfandel da vecchie vigne viene corroborato da sirah, carignane e mourvedre. 


I vigneti di Lytton Springs a sx di Geyserville
Ridge California "Lytton Springs" 2005 ha uno spettro aromatico autunnale dove le foglie secche e i legni pregiati la fanno da padrone. Al gusto rispecchia molto l'olfatto anche se, fortunatamente, il vecchietto è molto arzillo e non ha per niente voglia di cedere il passo. Nota tecnica: il vino affina circa quattordici mesi di botte di rovere americana (20% nuove, 60% uno, due e tre anni, il 20% di quattro anni).



Ridge "Lytton Springs" 2013: cosa cambia rispetto al fratellone Geyserville? Beh, se il primo è giocato tutto sull'eleganza, il Lytton Springs si caratterizza per una grande potenza. E' un vino di impatto e molto maschio. Vietato ai deboli di...palato.



L'ultimo vino in degustazione, come ovvio che sia, rappresenta la punta di diamante dell'azienda e non poteva che essere il Ridge Monte Bello presentato nelle annate 2012, 2011 e, rullo di tamburi, 1988. Ci troviamo sulle Santa Cruz Mountains dove, come già spiegato, nel 1886 è stata piantata la prima vigna di quella che negli anni '60, dopo varie vicissitudini, diventerà la moderna Ridge Vineyards. Il posto è magnifico: ci troviamo a circa 15 miglia dall'Oceano Pacifico ad una altitudine media di circa 500 metri con punte di oltre 800 metri s.l.m. 
Il terreno, anch'esso particolare, è formato da pietra calcarea ed argilla e le vigne piantate rappresentano per composizione il classico taglio bordolese dove, al prevalente cabernet sauvignon, si aggiungono merlot, cabernet franc e petit verdot.



Ridge "Santa Cruz Montains" Monte Bello 1988 ha una complessità ed una evoluzione da grande vino anche se l'annata di certo non l'ha aiutato. E' un taglio bordolese giocato sulle sfumature che a volte prendono la forma dello iodio, a volte dell'autunno, a volte dei legni orientali e delle spezie indiane. Ancora vibrante  e fresco in bocca, ha un tannino dalla trama vellutata ed una struttura ancora ben assestata. Chiusura persistente e dai toni iodati. Nota tecnica: il vino, mediamente, affina per circa 16 mesi in barrique di legno americano (98,5%) e rovere francese (1,5%).



Il Ridge Monte Bello 2012 è caratterizzato da un gradevole soffio balsamico che attraversa un bagaglio fruttato e floreale di notevole limpidezza. Bocca di agile freschezza e tannino di grana fine che ben si incastra in una struttura che sembra già aver raggiunto un lodevole equilibrio. Finale iodato, persistente. 



Il Ridge Monte Bello 2011 rispetto al precedente ha un naso più ricercato dove con dinamismo si mostrano le sensazioni di cassis, mora, ciliegia, torrefazione e spezie nere. In bocca sembra avere una veste meno rigida del precedente. L'annate più fresca dona al vino giovialità e spensieratezza tanto che, rispetto agli altri, è quello che vedo meglio a tavola come jolly. 

Grazie James e a presto, di nuovo, in Sonoma Valley!

Calabria e Basilicata - Tre Bicchieri 2018 Gambero Rosso

Calabria
Meglio nella viticultura calabrese non crediamo sia mai stata fatto prima. Ma i numeri non raccontano bene come sia velocemente aumentato anche il livello qualitativo dei vini di questa regione. Sono ben quattro quelli premiati quest'anno, mai erano stati tanti, ma avrebbero potuto essere ancor di più, visto che tanti altri hanno letteralmente sfiorato l'ambito traguardo. Da notare anche che aumentano le cantine che praticano o si stanno convertendo al biologico, e giovi sapere che tutte e quattro le aziende premiate quest'anno praticano un'agricoltura di tipo ecosostenibile, in un paio di casi certificata e nel caso di Ceraudo biodinamica. Due nuove cantine si aggiudicano per la prima volta i Tre Bicchieri, quella di Roberto e Maurizio Bisconte di Saracena, il loro Mastro Terenzio ‘14 è davvero un vino monumentale per complessità e armonia. Erano ben tre quelli di Saracena in finale e siamo sicuri che il professor Luigi Viola sarà contento tanto è stato il suo impegno negli ultimi vent'anni per valorizzare i prodotti e il territorio di Saracena. La seconda è Spiriti Ebbri. Un esordio col botto per Pierpaolo Greco, Damiano Mele e Michele Scrivano, i tre giovani protagonisti della cantina di Spezzano Piccolo, che col Pecorello Neostòs '16 hanno affascinato la commissione. Altre novità positive arrivano dal cosentino e persino dal reggino, mentre continua a rimanere preponderante il ruolo del comprensorio di Cirò da dove, grazie soprattutto al lavoro di Nicodemo Librandi, è partita la spinta propulsiva che ha messo in moto il circolo virtuoso che sta interessando la Calabria del vino negli ultimi dieci anni.
I vini della Calabria premiati con Tre Bicchieri:
Grisara ’16 - Roberto Ceraudo
Masino ’15 - iGreco
Neostòs Bianco ’16 - Spiriti Ebbri
Terre di Cosenza Pollino Moscato Passito Mastro Terenzio ’14 - Feudo dei Sanseverino


Basilicata
Le degustazioni di quest'anno ci restituiscono un'immagine sempre più a fuoco di una delle più belle regioni italiane, la Basilicata. Noi siamo da sempre innamorati dei suoi tesori d'arte, dei suoi paesaggi sconfinati e delle sue bellezze naturali, e da sempre coltiviamo un rapporto intenso e schietto con i vignaioli di questa regione. La Lucania è sempre stata una delle grandi promesse dell'enologia del Sud del nostro paese, e non parliamo solo del suo più celebre terroir, il Vulture. Questa terra è stata il terzo centro di domesticazione della vite più di 2500 anni fa, quando le ondate colonizzatrici greche vi arrivarono trovando già la coltura della vite, sulla quale innestarono il loro patrimonio di conoscenze e di varietà, che di qui si diffuse in seguito verso nord, via terra e via mare.
Finalmente oggi vediamo che quelle che fino a qualche anno fa erano promesse iniziano a tradursi in una nutrita pattuglia di vini d'eccellenza. Quest'anno, infatti, sono ben cinque le etichette da Tre Bicchieri, e soprattutto la nostra scelta è avvenuta da una rosa di ben quindici vini meritevoli di grande attenzione. Certo, il ruolo di primo attore è saldamente in mano all'Aglianico del Vulture, che sembra aver trovato in questi ultimi anni un nuovo slancio dalla Docg, ma non vanno trascurati i segnali incoraggianti che arrivano da Matera, prossima Capitale Europea della Cultura. Se a questi "fermenti" si sommasse uno spirito di maggior cooperazione tra aziende e denominazioni, cosa che la costituzione dell'Enoteca Regionale Lucana sta favorendo, si potrebbe puntare a traguardi sempre più ambiziosi. Ne sono coscienti i grandi gruppi enologici italiani, che sempre più frequentemente investono nella regione, a conferma del grande appeal dell'Aglianico del Vulture ma non solo. L'innesto di managerialità ormai sperimentate non può che giovare a questa piccola grande regione enologica, che deve parte del suo fascino proprio alla figura del vignaiolo artigiano. Ma è tempo di nuove sfide, e le aziende più strutturate e con esperienza dei mercati internazionali non potranno che riverberare nuova luce sulle realtà emergenti del territorio. Che non sono poche...

I vini della Basilicata premiati con Tre Bicchieri:
Aglianico del Vulture Don Anselmo ’13 - Paternoster
Aglianico del Vulture Il Repertorio ’15 - Cantine del Notaio
Aglianico del Vulture Sup. Cruà ’13 - Basilisco
Aglianico del Vulture Sup. Serpara ’12 - Re Manfredi - Cantina Terre degli Svevi
Aglianico del Vulture Titolo ’15 - Elena Fucci