Slow Wine 2014 Puglia

La Puglia non è più il “serbatoio d’Italia”. È questo uno dei dati che continuano a emergere anno dopo anno. Si assiste a una costante e importante diminuzione degli ettolitri di vino prodotti, con forte contrazione dei vini da tavola a favore di una crescita di quelli di alta fascia, Doc e Igt, premiata da una buona risposta del mercato. Aumenta anche l’attenzione dei media, con ricaduta positiva sul modo di agire degli operatori enogastronomici locali, un tempo distratti e attratti dalle etichette blasonate delle altre regioni. Nero di Troia, primitivo e negroamaro cominciano a essere sempre più presenti nelle carte dei vini dei ristoranti e nelle enoteche regionali.

Se da un lato sembra andare tutto bene per il comparto vitivinicolo pugliese, dall’altro continuano a emergere contraddizioni e incongruenze nella programmazione e nella visione d’insieme. La vera crescita qualitativa è dunque quella promossa dai produttori stessi, sempre più consapevoli e attenti, che con coraggio e determinazione hanno lentamente ma costantemente abbandonato le pratiche agricole invasive a favore di una viticoltura sempre più sostenibile. Cresce sia il numero dei vigneti certificati in biologico sia quello dei molti produttori che si “accontentano” di mettere la propria faccia a garanzia dei loro prodotti, senza fare ricorso alle certificazioni. Buone pratiche che si riscontrano nel profilo dei vini degustati: quel “buono, giusto e pulito” che vorremmo sempre più riscontrare.

Il Grande Salento rimane la zona più importante e costante, ma è dalla Daunia, dalla Puglia centrale e dalle Terre del Primitivo che arrivano le vere novità. Se il negroamaro continua a confermare le sue grandi potenzialità, soprattutto nelle zone a maggiore vocazione (Salice Salentino su tutte, nonostante la scellerata scelta di “manomettere” il disciplinare con l’autorizzazione di uve internazionali nella misura del… 20 per cento!), il primitivo di Gioia e Manduria continua a progredire e a dimostrarsi vitigno dal nobile lignaggio. È il nero di Troia, però, a rivelare i miglioramenti più sorprendenti. Continua a crescere l’attenzione sui rosati di Puglia, quest’anno non facilitati da una vendemmia poco felice per tale tipologia, eppure con notevoli punte qualitative riscontrate nelle nostre degustazioni. Annata, quella del 2012, non felice neppure per i bianchi, che registrano una piccola flessione generale rispetto allo scorso anno. Conferme arrivano invece dalla Valle d’Itria e dalla Daunia.
E finiamo, ahinoi, con un ulteriore esempio di mala gestione da parte degli organi di controllo: il minutolo, un tempo “fiano minutolo”, poi nobilitato con la menzione del solo “minutolo” per evitare confusione, muta ancora il nome e ripiomba nel calderone dell’equivoco come “fiano di Puglia”. Telenovela del genere potremmo francamente risparmiarcele.

VINI SLOW
Cacc’e Mmitte di Lucera 2011 – Alberto Longo, Torrevecchia
Capasonato 1985 – Vinicola Savese
Duca d’Aragona 2007 – Candido
Gioia del Colle Primitivo 2009 – Pasquale Petrera, Fatalone
Gioia del Colle Primitivo 16 2010 – Polvanera
Gioia del Colle Primitivo Riserva 2010 – Pietraventosa
Graticciaia 2009 – Agricole Vallone
La Signora 2010 – Morella
Primitivo di Manduria Dolce Naturale Passito 2009 – Attanasio
Riserva Nobile Brut 2009 – d’Araprì

GRANDI VINI
Crusta 2008 – Primis
Primitivo di Manduria Acini Spargoli 2011 – L’Antico Palmento
Primitivo di Manduria Es 2011 – Gianfranco Fino

VINI QUOTIDIANI
Castel del Monte Almagia 2012 – Giancarlo Ceci
Castel del Monte Bombino Nero Pungirosa 2012 – Rivera
Fiano 2012 – Conti Zecca
Five Roses 2012 – Leone De Castris
Fortuita 2011 – Paolo Petrilli
Girofle 2012 – Severino Garofano Vigneti e Cantine
Massaro Rosa 2012 – Masseria L’Astore
Metiusco Rosato 2012 – Palamà
Nardò Rosso Danze della Contessa 2011 – Alessandro Bonsegna
Nero di Troia 2012 – Botromagno
Passito Botrus 2012 – Sergio Botrugno
Primitivo Dolce Naturale 2011 – Masseria Ludovico
Rosa del Golfo 2012 – Rosa del Golfo
Sogno di Volpe 2012 – Cantina Ariano

Il Sur Lie Alpino e Il Metodo Interrotto di Matteo Furlani

Il famoso passaparola, non quello moderno fatto dai vari tweet o dai post dei social network, ma quello tradizionale, fatto dal gesto concreto e poco virtuale di un amico, Francesco Petroli, che ti porta una bottiglia e ti dice:"Prova questo, a me è piaciuto molto e penso che anche a te possa intrigare!!". 

Foto: http://blablablaetvins.blogspot.it

Sur Lie Alpino?? Che razza di roba è questa???

Prima di aprire la bottiglia, come di solito, cerco di capire un pò di più dell'azienda produttrice, in questo caso Furlani, e del metodo di vinificazione per avere un quadro più completo della situazione. 
Spulciando tra le mie "fonti" scopro che Matteo Furlani rappresenta uno dei tanti vignaioli naturali italiani con la voglia di sperimentare creando prodotti alternativi. In particolare l'azienda possiede 6 ettari di vigneto e 4 di frutteto (ciliegie, mele e frutti rossi) divisi tra Vigolo Vattaro e Povo a due passi dalla città di Trento. 
I terreni sono coltivati naturalmente da 7 anni attraverso un totale rifiuto di erbicidi, pesticidi e concimi chimici e, da due anni a questa parte, si applicano le tecniche biodinamiche attraversi l'uso dei preparati 500 e 501.
I vitigni allevati sono sia a vocazione internazionale sia prettamente autoctoni: chardonnay, pinot nero, pavana, vernaccia, lagarino bianco, verderbara, müller thurgau rappresentano le uve a bacca bianca vinificate mentre quelle a bacca rossa sono rappresentate da lagarino rosso, marzemino, rosara, negrara, lagrein.
I vitigni autoctoni hanno una media di trenta anni mentre quelli internazionali hanno circa quindici anni.
In cantina si vinifica senza lieviti aggiunti e senza controllo delle temperature, non si aggiunge solforosa e si utilizza il freddo per illimpidire i vini, nessuna filtrazione, si seguono i cicli lunari per i travasi e tiraggio.

E' il momento di aprire il Sur Lie Alpino per capire se Francesco aveva ragione.

Il vino, da uve pavana, vernaccia, lagarino bianco e verderbara, è uno spumante prodotto attraverso metodo ancestrale ovvero rifermentando in bottiglia grazie allo zucchero residuo che non è stato trasformato in alcol in autunno a causa del freddo improvviso che ha bloccato la fermentazione del vino. 
Il colore, leggermente torbido visto che il vino non è stato filtrato, svela un naso assolutamente lineare, schietto, con sensazioni aromatiche di pera, mela verde, lime, anice stellato puntellate da profondi respiri minerali.
E' al sorso, però, che questo Sue Lie Alpino regala il meglio di sé. E' diretto, freschissimo, denso di sapidità minerale e dotato di beva dirompente. Per la sua assoluta leggiadria e semplicità l'ho paragonato mentalmente ad una ottima birra blanche prodotta in Belgio. 
Insomma, caro Francesco, con questo vino, che poi ho ricomprato più volte, durante l'estate mi hai fatto dissetare in modo egregio. A buon rendere!!

BREAKING NEWS!!!

Matteo Furlani, oltre al Sur Lie Alpino, produce anche un altro spumante che ha chiamato....Metodo Interrotto. La fortuna ha voluto, prima di pubblicare questo post, che riuscissi a trovare a Roma anche questo vino che, a differenza del precedente, è un vero e proprio metodo classico il cui tiraggio dura due anni al termine dei quali si decide non sboccare eliminando l'aggiunta di solforosa e della liqueur d'expédition. Insomma, una sorta di dosaggio zero che rispetto al Sur Lie, oltre che ad avere un uvaggio composto da 80% chardonnay e 20% pinot nero, si è fatto apprezzare per una maggiore finezza nella grana delle bollicine e per un profilo olfattivo prettamente minerale, quasi calcareo, e per un sorso austero e decisamente più lungo e avvolgente. 
Cavolo pure questo è premiato a pieno voti!



BREAKING NEWS NUMERO DUE

Per completezza di informazione, e per dare a Cesare quel che è di Cesare, voglio sottolineare che il vin viene prodotto grazie all'indispensabile collaborazione di Danilo Marcucci.

Tre Bicchieri 214 Veneto


Uno sguardo al solo dato numerico veneto non dà conto dei cambiamenti che soprattutto la Valpolicella sta registrando: l'Amarone più austero e serrato nel tannino, il Valpolicella Superiore che conquista un'identità più indipendente rispetto all'Amarone, con frutti selvatici, erbe fini e spezie. Rimangono in Pole i grandi blasoni dell'Amarone, ma si affermano anche altre realtà. Sul fronte dei bianchi capofila sono Soave e Custoza: vitigni tradizionali che regalano prodotti attuali e profondamente rispondenti alle tradizioni e ai luoghi. C'è poi Valdobbiadene, con una bella novità che si affianca ai nomi classici, e ancora fermento intorno ai tagli bordolesi che ribadisce il ruolo di primo piano dei Colli Euganei. Belle, bellissime espressioni anche per quel che riguarda Carmenère, Bardolino e Recioto.

Amarone della Valpolicella  Cl. Calcarole’09 Guerrieri Rizzardi
Amarone della Valpolicella Campo dei Gigli    ’08 Tenuta Sant'Antonio
Amarone della Valpolicella Cl. ’09  Allegrini
Amarone della Valpolicella Cl. ’06  Cav. G. B. Bertani
Amarone della Valpolicella Cl. ’06  Zymè
Amarone della Valpolicella Cl. Campolongo di Torbe ’07 Masi
Amarone della Valpolicella Cl. Pegrandi  ’09 Odino Vaona
Amarone della Valpolicella Cl. Vign. Monte Ca' Bianca ’08  Lorenzo Begali
Amarone della Valpolicella Cl. Vign. Monte Sant'Urbano ’09  Viticoltori Speri
Amarone della Valpolicella Ris. ’07  Brigaldara
Bardolino Cl. Brol Grande ’11 Le Fraghe
Cartizze V. La Rivetta Villa Sandi
Colli Berici Carmenere Oratorio di San Lorenzo Ris. ’09 Inama
Colli Euganei Rosso Gemola ’09  Vignalta
Colli Euganei Rosso Serro ’10    Il Mottolo
Custoza Sup. Amedeo ’11 Cavalchina
Custoza Sup. Ca' del Magro ’11 Monte del Frà
Lugana Sup. Molceo 11  Ottella
Montello e Colli Asolani Il Rosso dell'Abazia ’10  Serafini & Vidotto
Recioto della Valpolicella Cl. ’01   Giuseppe Quintarelli
Soave Cl. Campo Vulcano ’12  I Campi
Soave Cl. La Rocca ’11  Leonildo Pieropan
Soave Cl. Le Bine de Costiola  11  Tamellini
Soave Cl. Monte Alto ’11  Ca' Rugate
Soave Cl. Monte Carbonare ’11    Suavia
Soave Cl. Monte de Toni ’12    I Stefanini
Soave Cl. Staforte ’11    Graziano Prà
Soave Sup. Il Casale ’12    Agostino Vicentini
Valdobbiadene Brut Rive di Col San Martino Cuvée del Fondatore G. Merotto ’12 Merotto
Valdobbiadene Extra Dry Giustino B. ’12    Ruggeri & C.
Valdobbiadene Rive di Farra di Soligo Brut Col Credas ’12    Adami
Valpolicella Cl. Sup. Campo Casal Vegri ’11    Ca' La Bionda
Valpolicella Cl. Sup. Camporenzo ’10  Monte dall'Ora
Valpolicella Cl. Sup. Maternigo ’11  F.lli Tedeschi
Valpolicella Cl. Sup. Sanperetto ’11  Roberto Mazzi
Valpolicella Sup. ’09  Marion

Tre Bicchieri 2014 Basilicata

Sono quattro, quest’anno, i vini premiati in Basilicata. Uno in più della scorsa edizione, a testimoniare l’impegno, in questi anni difficili, delle migliori aziende di questa regione. Enologicamente la Basilicata ha una sua visibilità grazie al comprensorio del Vulture, che conta per
Otto decimi della produzione regionale sostanzialmente rappresentati da un solo vino, l’Aglianico del Vulture, da poco DOCG che saranno in assaggio per la prossima edizione. Un impegno da parte dei produttori che fa salire a quattro i premiati. Continuano a nascere nuove aziende, mentre le strutture cooperative, capitanate dalla Cantina di Venosa fanno un lavoro importante per il territorio e – quel che più conta – qualità.
La provincia di Matera manda segnali importanti, con molte aziende con programmi ambiziosi e un investimento in termini di strutture tecniche e tecnologiche per una produzione di livello. Il primitivo tra queste colline si esprime con personalità e un carattere peculiare, che comincia ad emergere nei nostri assaggi.

Aglianico del Vulture Don Anselmo   ’09    Paternoster
Aglianico del Vulture La Firma   ’10   Cantine del Notaio
Aglianico del Vulture Re Manfredi   ’10   Terre degli Svevi
Aglianico del Vulture Titolo   ’11   Elena Fucci

Slow Wine 2014 – i migliori Metodo Classico d’Italia

VINI SLOW
Franciacorta Brut – Clarabella
Lessini Durello Extra Brut Riserva 2008 – Casa Cecchin
Riserva Nobile Brut 2009 – d’Araprì
Il Brut di Clarabella – azienda virtuosa che non solo opera in regime di agricoltura biologica ma aggiunge valori sociali alla propria attività, con l’inserimento al lavoro di persone disabili e la promozione di attività di valorizzazione del territorio – è di impeccabile fattura, teso e fragrante: doti ancora più apprezzate in un economico vino “base”, non millesimato. Il Lessini Durello Extra Brut Riserva 2008 di Roberto Cecchin – da tutti chiamato “l’Ingegnere” – esprime in modo esemplare la rustica eleganza di questo tipico vitigno veneto, con un sorso avvolgente e minerale, ricco di note agrumate e speziate: un ottimo biglietto da visita per questa zona. Felice conferma infine dal territorio pugliese di San Severo: la cantina d’Araprì ci propone quest’anno una Riserva Nobile 2009 in eccellente forma, dal carattere profondo e ben definito, che conferma le grandi potenzialità del bombino bianco nella vinificazione con Metodo Classico.

GRANDI VINI
Brut 2009 – Monsupello

Franciacorta Brut Vintage Collection 2008 – Ca’ del Bosco

Franciacorta Extra Brut Vittorio Moretti Riserva 2006 – Bellavista

Franciacorta Pas Dosé Girolamo Bosio 2006 – Bosio
Franciacorta Pas Dosé Riserva 33 2006 – Ferghettina
Trento Extra Brut Riserva Lunelli 2006 – Ferrari
Monsupello si riconferma la migliore realtà dell’Oltrepò Pavese e un punto di riferimenti per tutta la produzione italiana di Metodo Classico: ci ha presentato un Brut millesimato perfetto, scorrevole e profondo, che rende onore alle potenzialità del territorio. Dalla Franciacorta quattro prodotti di grandissima stoffa: Ca’ del Bosco propone un ottimo e gustosissimo Brut 2008 (con un restyling dell’etichetta, che ricorda quella di un tempo); Bellavista da spolvero a un Extra Brut 2006 ficcante e incisivo, dedicato al fondatore dell’azienda; misura, tensione e profondità contraddistinguono il Pas Dosé Riserva 33 2006 di Ferghettina, qualità che ritroviamo anche nel più voluminoso e persistente Pas Dosé Girolamo Bosio 2006. Dall’altra grande zona spumantistica italiana – il territorio del Trentodoc – arriva, puntuale e convincente come al solito, un vino delle cantine Ferrari: rinviata l’uscita del Giulio Ferrari Riserva del Fondatore, il blasone è tenuto alto da questa raffinatissima, complessa, tagliente e profonda Riserva 2006 che porta il nome di famiglia. Quattro Grandi Vini su sei sono dell’annata 2006, che si conferma come una delle migliori tra le ultime in commercio, quanto meno per i Metodo Classico (in genere viene invece considerata un’annata mediocre, fredda e piovosa).
Segnaliamo inoltre due VINI QUOTIDIANI che, sebbene siano stati prodotti con il metodo della rifermentazione in autoclave (e non con Metodo Classico), rientrano nella tipologia dei vini spumanti.

Cuvée Brut Riserva – Cesarini Sforza
Bardolino Chiaretto Brut 2012 – Costadoro

In Franciacorta – oltre ai vini già segnalati con un riconoscimento – sono emerse altre etichette di grande pregio, che sostanziano l’evidente crescita qualitativa di questo territorio. Ci sono particolarmente piaciuti il Franciacorta Pas Dosé Dom 2004 di Mirabella, il Franciacorta Pas Dosé Nature 2009 di Barone Pizzini, il Franciacorta Satén 2009 di Gatti, il Franciacorta Brut di Faccoli, il Franciacorta Brut Milledì 2009 di Ferghettina, il Franciacorta Brut Cabochon 2008 di Monte Rossa e infine le due etichette di Ca’ del Bosco dedicate alla fondatrice Annamaria Clementi, ovvero il Franciacorta Brut 2005 e il Franciacorta Extra Brut Rosé 2005, che solo per qualche sfumatura ci sono sembrati inferiori al grandissimo Brut 2008.
Trento segnaliamo, oltre alla Riserva Lunelli, il Trento Brut Aquila Reale Riserva 2006 di Cesarini Sforza, il Trento Brut di Balter, il Trento Brut di Maso Martis e il Blanc de Blancs di Castel Noarna. Nell’Oltrepò Pavese ancora Monsupello, che propone grande qualità sia con il Brut sia con il Nature; e poi qualche convincente Cruasé, tipologia che ha visto in genere sensibili miglioramenti qualitativi: in particolare i Cruasé di I Gessi, di Torti e di Bruno Verdi. In Piemonte si segnalano due ottime etichette: il Brut Blanc de Blancs Francesco Galliano 2010 di Borgo Maragliano e il Pas Dosé Blanc de Noirs 2009 della storica azienda Contratto. In Alto Adige l’A.A. Brut Comitissa Gold 2002 di Lorenz Martini e l’A.A. Brut Riserva 2008 di Arunda. In Friuli il Brut 2009 di Piè di Mont e il Brut Etichetta Argento di Vigneti Pittaro. In Veneto il Durello Dosaggio Zero Leon di Masari, il Lessini Durello Brut Etichetta Nera 2007 di Fongaro, il Lessini Durello Brut Riserva 60 2007 di Corte Moschina e il Piave Raboso Brut Rosato Sui Lieviti Redentor 2009 di Tessère. Nelle Marche infine il Verdicchio dei Castelli di Jesi Brut Ubaldo Rosi Ris. 2007 di Colonnara e il Brut Delis 2010 di Garofoli.

Grifalco della Lucania: viaggio nell''Aglianico del Vulture - prima parte

Pian di Camera, da dove sto scrivendo, non dista molto dal maestoso castello di Venosa che in questa giornata di Agosto, con la luce dell'estate, sembra ancora più maestoso e possente. Assieme a me, Ciceroni di eccezione, ho tutta la famiglia "Grifalco", così amo chiamarla, composta da papà Fabrizio Piccin, fino a poco tempo fa uno dei soci della toscana Salcheto, mamma Cecilia Naldoni, il cuore commerciale e relazionale dell'azienda, e dai tre figli Lorenzo (giovane e promettente enologo) , Andrea e Francesca.


La famiglia Piccin. Foto: ilviandantebevitore.blogspot.com 
Grifalco nasce nel 2003, anno in cui Fabrizio e Cecilia decidono di abbandonare definitivamente la Toscana e il suo Nobile di Montepulciano perchè, mi confessa Fabrizio, non c'erano più le basi per produrre un vino così come lo intendeva lui. 
Viaggiando spesso verso sud rimane folgorato dalla Lucania, terra di ricca di storia e tradizioni, e dal suo principale vitigno, l'Aglianico del Vulture, così lontano eppure così vicino da quel sangiovese che una volta vinificava con amore.
Il colpo di fulmine è stato immediato e così, dopo aver valutato ogni singolo aspetto del terroir, Fabrizio e Cecilia entrano in punta di piedi in terra lucana creando le basi per una iniziativa di successo che oggi, a circa dieci anni di distanza, ha spazzato via tutti i pregiudizi locali che inizialmente avevano accompagnato il progetto.


Attualmente l'azienda possiede circa 16 ettari di vigneto, tutto certificato biologico, suddiviso in quattro territori ben diversi:
  • Ginestra: due ettari di vigneto di almeno 60 anni di età posti su un poggio aperto su tutti e quattro i fronti. Terreni a composizione tufacea argillosa posti a circa 500 metri di altezza. Resa per ha circa 60 quintali di uva;
  • Venosa: sette ettari di vigneto tra i 7 e i 25 anni posti su un altopiano ben ventilato e soleggiato. Terreno caratterizzato da forte componente di scheletro e ciottoli, di medio impasto argilloso. Altezza media di 400 metri. Resa per ha circa 75 quintali di uva. 
  • Maschito: parte dei vigneti ha circa 25 anni mentre un'altra è composta da piante di oltre 60 anni di età. Altitudine di circa 500 metri di altezza. Terreno caratterizzato da una buona composizione di argilla con presenza di scheletro. Resa per ha circa 75 quintali di uva.
Vigneti attorno alla cantina
In cantina, inaugurata nel 2007 con una grande festa, affianco Lorenzo Piccin per farmi spiegare come fanno il vino.

Il ragazzo, che ha studiato ad Alba, ha le idee chiarissime:"fermentiamo separatamente ogni particella dei nostri vigneti, dividiamo le botti prima di tutto per le diverse zone dei vigneti e poi per le diverse particelle, guardando all'età, all'esposizione delle vigne e alla maturità  delle uve. Le fermentazioni variano a seconda dell'idea di vino che vogliamo avere: per il Gricos durano circa 6 giorni, senza macerazioni sulle bucce. Per il Grifalco facciamo macerazioni che arrivano anche fino a 10-12 giorni. Per il Damaschito e il Bosco del falco le macerazioni sono ritenute molto importanti, le uve provengono dai vigneti più vecchi e i vini rimangono a contatto con le bucce anche per più di 18 giorni. In questi casi controlliamo più volte al giorno l'integrità  delle bucce. effettuiamo circa due/tre rimontaggi al giorni e alcuni délestage  durante tutto il processo di vinificazione. Dopo la svinatura con tutti i vini comincio a lavorare con le fecce. Ogni vino svinato produce nei primi mesi una grande quantità di sedimento, tolgo la parte "spessa" sgrossando le fecce dai residui come bucce e semi, il resto viene reinserito nella botte insieme al suo vino. Proseguo questo lavoro per molti mesi lavorando in maniera (sporca) ogni volta che sposto un vino da una botte ad un'altra, oppure nelle barrique mi preoccupo che le fecce vengano mantenute sempre in sospensione lasciandole poi decantare nuovamente nel giro di un paio di settimane per poi ripetere di nuovo l'operazione. Questo processo va avanti anche per vari anni, in maniera sempre più delicata ed oculata, fino a che non decido di aver raggiunto il risultato che cercavoQuesto modo di lavorare è nato provando a mettere in pratica un'idea che mi è venuta pensando ai vini francesi e al loro modo di lavorare. Mi domandavo come erano in grado di lavorare i loro vini utilizzando legni per cosi' tanto tempo riuscendo, nonostante tutto, a tirar fuori vini eleganti e profondi senza che i sentori di legno prendessero il sopravvento. La risposta che mi sono dato, caro Andrea, mi ha portato a questo modo di lavorare con le fecce, mantenendole insieme al vino fino a renderlo credo più profondo e rotondo".

Chapeau al coraggio e alla determinazione di un ragazzo poco più che ventenne!

Tornando alla struttura, questa si presenta essenziale e funzionale, divisa in due piani. Il primo accoglie la sala contenente le varie vasche in acciaio funzionali alla fermentazione in acciaio delle varie uve provenienti dalle varie parcelle. Come vedete dalla foto, il vino viene poi portato al piano interrato attraverso un semplice ma pratico sistema a caduta.


L'altro piano, interrato, accoglie la zona affinamento del vino. In particolare troviamo barrique, tonneau e botti di rovere di Slavonia. 

  

  

Un'altra piccola sala, ricavata in un interstizio della cantina, è adibita a spazio di affinamento delle bottiglie che attendono di essere immesse nel mercato. Si aspetta il momento giusto!



Girando tra le varie botti presenti non si poteva non chiedere a Lorenzo di farci degustare qualche vino in anteprima anche se, ovviamente, ancora in affinamento. Detto, fatto! Eccolo dirigersi verso la prima vasca e spillare un pò del futuro Grifalco 2011, un vin che oggi si caratterizza per una certa nervorsità giovanile che comunque non nasconde un equilibrio di fondo e una caratterialità davvero interessanti. 
L'altra anteprima, sorprendente, riguarda un Cru che l'azienda ancora non ha mai messo in commercio, il Ginestra, la cui prima annata di produzione è appunto la 2012. I terreni maggiormente argillosi in questo caso fanno la differenza e, nonostante il vino sia ancora in pieno affinamento in barrique, la struttura, la profondità e la persistenza del vino fanno presagire che questo sarà un grande Aglianico del Vulture. Lo seguirò con attenzione.

Per finire, in bellezza, Fabrizio Piccin ci apre un pezzo di storia dell'azienda, ovvero il Grifalco 2004.



Il vino si presenta ancora di un colore rubino profondo, compatto, impreziosito da un corredo aromatico ancora giovane che rilascia aromi di marasca, prugna matura, cuoio, liquirizia, cacao amaro e l'inconfondibile mineralità vulcanica. Classe e bilanciamento al gusto, vagamente morbido e dal timbro tannico ben definito e vellutato. La lunga persistenza lascia il palato con ricordi insistiti di mineralità e frutta nera. Un vino buonissimo che rappresenta un biglietto da visita di tutto rispetto per la famiglia Piccin che in queste terre, dalla Toscana, ha portato solo serietà e rispetto per il territorio. 


Grifalco è un'azienda giovanissima che va seguita. Io lo farò!

Tre Bicchieri 2014 Abruzzo

Regione di grandi numeri e, da tempo, anche di grande qualità. L’apripista è il Montepulciano d’Abruzzo, la seconda tipologia italiana, ma anche Trebbiano, Cerasuolo e i rampanti autoctoni fanno la loro parte. Tradizionalmente poco sensibile al fascino dei vitigni internazionali a favore della riconoscibilità territoriale capace di tradurre la grande varietà ambientale abruzzese: ghiacciai, colline, spiagge. In aumento i premiati, in crescita la qualità, con la spiccata predilezione verso un’enologia più contenuta e minimale, oltre che – come abbiamo imparato in tanti anni - naturale e tradizionale prima di tante tendenze attuali. Grandissimi nomi e piccole realtà si aggiudicano i favori nostri e del pubblico, con conferme di anno in anno e continue nuove scoperte: capaci, ognuno diraccontare il territorio e di dare nuove interpretazioni di grandi vitigni.


Montepulciano d'Abruzzo Cocciapazza '10 Torre dei Beati
Montepulciano d'Abruzzo Colline Teramane Adrano '10 Villa Medoro
Montepulciano d'Abruzzo Colline Teramane Neromoro Ris. ’09 Bruno Nicodemi
Montepulciano d'Abruzzo I Vasari ’10 F.lli Barba
Montepulciano d'Abruzzo Marina Cvetic ’10 Masciarelli
Montepulciano d'Abruzzo Nativae ’12 Tenuta Ulisse
Montepulciano d'Abruzzo Ris. ’09 Castorani
Montepulciano d'Abruzzo Ris. ’08 Contesa
Pecorino ’11 Luigi Cataldi Madonna
Pecorino ’12 Tiberio
Trebbiano d'Abruzzo ’11 Valentini
Trebbiano d'Abruzzo C'Incanta ’10 Cantina Tollo
Trebbiano d'Abruzzo V. di Capestrano ’11 Valle Reale

Cuprese, sette storiche annate ed una certezza chiamata 1991!

Verdicchio, sempre Verdicchio, fortissimamente Verdicchio e quando penso a questo vitigno la mia mente ed il mio cuore non possono che reclamare il Cuprese di Colonnara, soprattutto se bevuto con qualche anno sulle spalle.

Con un pò di amici, durante un'afosa estate romana, abbiamo messo in fila un pò di vecchie e nuove bottiglie perchè la voglia di (ri)provare certe emozioni, di capire fino a dove può spingersi questo Verdicchio dei Castelli di Jesi, è sempre tanta, troppa.

Cuprese 2011: è il più giovane della batteria e questa freschezza la si sente subito al naso che si apre su note quasi di linfa accompagnate da sbuffi di pesca, nespola e biancospino. L'olfatto non è particolarmente complesso così come il sorso che si presenta vivace ma non particolarmente ampio e progressivo. Probabilmente va aspettato ancora un pò, per ora è un Cuprese molto di testa e poco di pancia.


Cuprese 2010: sarà l'annata diversa, sarà una maturazione maggiore, ma questo Verdicchio ha connotati molto diversi rispetto alla 2011 essendo più coinvolgente nei profumi che si fanno più morbidi e setosi sciorinando fragranze di ginestra, mela e pesca matura, susina gialla e sprazzi di viva mineralità. Al sorso si nota un corpo che appaga senza strafare, la tensione acida accompagna tutta la beva il cui profilo agrumato e minerale ti accompagna fino a molto tempo dopo la deglutizione.


Cuprese 2004: l'annata in questione ha rappresentato un crocevia fondamentale per la produzione del vino perchè sino a questo millesimo per produrre il Cuprese si è adottata la tecnica dell'ossidazione dei mosti mentre dal 2005 si vinifica in riduzione. Le differenze? Nel primo caso si ottengono vini stabili adatti al grande invecchiamento mentre con la riduzione si guadagna si predilige l'immediatezza e la ricerca di profumi primari e secondari. Fatta questa importante ed opportuna premessa, il Cuprese 2004 mi è parso un vino dagli affascinanti tratti autunnali, il suo profumo di miele di castagno e mela cotogna lo rendono quasi spalmabile mentre al sorso si rivela esuberante, fresco e sapido. E' un vino che ha personalità, mi piace!


Cuprese 2002: prima di berlo Emiliano Bernardi, l'export manager di Colonnara che era presente con me alla degustazione, mi ha aveva confidato che probabilmente poteva essere una delle sorprese della serata. Scettico, avvicino il naso che non fa fatica a captare la coinvolgente ed inaspettata stratificazione olfattiva del vino che vira subito verso note idrocarburiche che ricordano molto alcuni riesling tedeschi a me cari. Ma non c'è solo quello. Il ventaglio aromatico, col tempo, si apre ed escono accenti di caramello, torroncino, zenzero, miele di castagno, nocciola. In bocca l'annata fresca dona una ventata di freschezza tonificante corroborata da una nota sapida che accompagna la lunga e commovente persistenza. Emilià, quanto c'hai ragione!!!



Cuprese 1999 (magnum): corredo aromatico di grande integrità dominato da una trama olfattiva dove le spezie orientali sembrano amalgamarsi con un corredo balsamico di erbe officinali di grande fascino e seduzione. Ossigenandosi, poi, escono anche note di gomma pane, grafite e miele di zagara. Al sorso è setoso ed aristocratico, potente e fresco, ricco e vellutato. Questa annata non delude mai, mettete in cantina questo Cuprese perchè riserverà ancora molte sorprese.


Cuprese 1995: rispetto alla '99 sembra di essere andati indietro di oltre 20 anni visto che il ventaglio olfattivo risulta contrassegnato da un'ossidazione e da una "pesantezza" che mai avevo riscontrato fino ad ora. La frutta si fa gialla e molto matura, primeggia l'arancia amara e il cedro candito, le spezie prendono la forma del curry e dello zafferano, il miele pennella contorni che si fanno col tempo tostati e autunnali. In bocca il vino è cremoso, suadente, ancora ben bilanciato dall'acidità e da un tocco sapido che si lascia apprezzare perchè contribuisce all'equilibrio finale. Questo Cuprese sta scollinando, pulite i vostri bicchieri e bevetelo il prima possibile.

Cuprese 1991: tempo fa, quando andai a visitare Colonnara, per questo vino scrissi le seguenti parole:"vino si apre su note salmastre, saline, per poi aprirsi su intensi effluvi di polline, cera, mallo di noce a cui seguono, col tempo e l’ossigenazione, sentori di spiccata mineralità ed erbe. Alla gustativa il vino è incredibilmente fresco, giovane, dotato di progressione salina che, come un mosaico, piazza i suoi tasselli a 360° all’interno del palato. Un vino immenso, un capolavoro di cui non solo Colonnara ma tutta l’Italia dovrebbe essere fiera. Francesi? Prrrrrrrrrrrr". 
Oggi, dopo due anni da quella bevuta, trovo questo 1991, non so come dirlo, più giovane. Quello bevuto qualche tempo fa a Roma aveva un corredo aromatico tipico dei grandi Verdicchio con tre/cinque anni sulle spalle. Non mi crederete ma c'ho sentito i fiori bianchi, la frutta quasi acerba, il melone invernale, la melissa, il sambuco, l'anice, la salinità del mare. Non può essere, eppure è tutto vero e confermato dalla bocca che ha l'acidità tagliente di una base per spumanti che amplifica il gusto incentrato su agrumi, sapidità minerale ed erbe aromatiche. Siamo di fronte ad un alieno dell'enologia italiana, un vino uscito dalla piscina di Cocoon. Vi prego, ditemi il segreto!




Tre Bicchieri 2014 Lazio

Da vini quotidiani a prodotti d'eccellenza, questa la sfida intrapresa dal Lazio, dove pur con qualche lentezza si continua l'opera di valorizzazione dei vitigni che più caratterizzano il territorio. Con il bel risultato della biancolella a Ponza.
In gran parte concentrato su vini di buona fattura, dal prezzo corretto e rassicuranti per il consumatore, il Lazio vitivinicolo - pur mantenendo un andamento costante e senza rivoluzioni – continua con impegno l'opera di valorizzazione di uve caratteristiche del territorio. Malvasia puntinata, bellone, aleatico, grechetto, nero buono di Cori fino ai vari cesanese, sono oggetto di riscoperta e di lavoro, anche da parte di diverse aziende biologiche e biodinamiche e piccoli produttori che presentano vini di carattere, anche se in alcune aree di produzione si combatte contro un'inveterata tradizione di vino quotidiano difficile da sradicare.

Molto si muove nella zona del cesanese, a cavallo delle province di Frosinone e Roma, il Viterbese stenta a prendere il volo come potrebbe, considerando anche la presenza di alcuni tra i migliori viticoltori della regione, mentre buoni risultati li sta dando la biancolella nella piccola Ponza. Segnaliamo invece, con curiosità e malcelata perplessità, la nuova denominazione di origine Roma.


Baccarossa 2011  Poggio Le Volpi               
Cesanese del Piglio Romanico 2011  Coletti Conti               
Ferentano 2011   Falesco           
Montiano 2011  Falesco    
Poggio della Costa 2012 Sergio Mottura     

La bottiglia di vino più vecchia al mondo?

Probabilmente questa, di origine romana e datata 325 d.C.. Si trova all'interno della mostra permanente del vino del Museo Storico del Palatinato di Speyer, piccola cittadina della Renania-Palatinato (Germania).

Foto:mediacenter.dw.de

La bottiglia è conservata magnificamente, presenta manici a forma di delfino ed è stata trovata all'interno di una tomba romana rinvenuta a Speyer attorno al 1867.
La cosa fantastica è che dentro, come si può vedere, c'è ancora del liquido anche se un pò....melmoso!!

Foto: http://www.dailymail.co.uk/
La bottiglia non è stata mai aperta perchè si ha paura che il contenuto possa soffrire notevolmente il contatto con l'ossigeno. Quello che si può vedere, quindi, è che all'interno è presente un liquido bianco trasparente, probabilmente quello che era vino, mischiato assieme a delle erbe e ad altre sostanze organiche. Gli esperti, vedendo la bottiglia, hanno stabilito che il contenuto si è mantenuto fino ad oggi in quanto sopra a tutto i romani avevano versato una grande quantità di olio di oliva che ha protetto il vino da ogni possibile ossidazione.

Conosco gente che farebbe pazzie pur di bere un solo goccio di questo (ex) vino romano. Vuoi mettere il vanto con gli amici sommelier?

Slow Wine 2014 Radda in Chianti superstar

Slow Wine 2014 è in piena continuità con le edizioni precedenti almeno per quello che riguarda il Chianti Classico, denominazione che ci è particolarmente cara sia per la qualità dei vini che il territorio riesce a esprimere sia per l’attenzione alla sostenibilità diffusa in tutto il comprensorio del Gallo Nero. Prova ne sia l’alta densità di chiocciole assegnate alle aziende di questa parte di Toscana. La bontà della produzione enologica è diffusa e mai come negli ultimi anni la voce dei vignaioli ci pare accordata in una polifonia di interpretazioni avvincenti e ricche di carattere. In questa coralità una voce solista si stacca per continuità e qualità: è quella di Radda in Chianti. Sarà per l’altitudine o la storica vocazione del comune oppure per un fantastico punto di riferimento come Montevertine che ha ispirato più di un produttore, fatto sta che negli ultimi anni ci sembra che questo versante della denominazione abbia davvero interpretato perfettamente gli andamenti vendemmiali. Proprio a Radda abbiamo assegnato una nuova chiocciola all’azienda Monteraponi  del bravo Michel Braganti e spazio a una realtà emergente come quella di Istine guidata dalla giovane e strachiantigiana Angela Fronti che fa il suo ingresso in guida. Un’ulteriore conferma viene da Poggerino, realtà di assoluto livello qualitativo capitanata da Piero Lanza che ottiene la bottiglia data la qualità diffusa su tutta la produzione.

Ecco, nel dettaglio, i vini selezionati quest’anno per il Chianti Classico.
GRANDE VINO
Castello di Rampolla  Sammarco    2009 
Felsina  Fontalloro    2010             
Isole e Olena  Cepparello    2010            
Monteraponi  Chianti Cl. Ris. Baron Ugo 2009   
Montevertine  Le Pergole Torte 2010     
Querciabella Camartina 2010                   
Rocca di Castagnoli Castello di San Sano Chianti Cl. Ris. Guarnellotto 2010  
San Giusto a Rentennano Percarlo 2010             

VINO SLOW 
Badia a Coltibuono  Chianti Cl. Ris.  2009                       
Bandini Villa Pomona  Chianti Cl. Ris.       2010 
Cacchiano  Chianti Cl. Myticum      2009  
Castello di Monsanto Chianti Cl. Ris.         2010  
Cigliano Chianti Cl. Ris. 2009                     
Cinciano  Chianti Cl. Ris.  2010               
I Fabbri Chianti Cl. Ris. 2010                    
Le Cinciole Chianti Cl. 2010           
Montemaggio  Chianti Cl. Ris. 2008          
Montevertine Montevertine 2010          
Poggerino  Chianti Cl. Ris. 2009 Bugialla            
Riecine  Chianti Cl. Ris. 2009                     
Val delle Corti  Chianti Cl. 2010                            

VINO QUOTIDIANO
Castellinuzza  Chianti Cl.  2011                 
Castellinuzza e Piuca  Chianti Cl. 2011     
Vallone di Cecione Chianti Cl. 2011
Querciavalle Rosso del Cavalier Tranquillo 2011          
Vecchie Terre di Montefili Rosso 2010         

Tre Bicchieri 2014 Liguria

Una regione che risponde sempre più agli interessi e ai gusti attuali. Tutta autoctoni di grande sapidità e complessità aromatica, che nonostante un 2012 complicato, conquista ben sette Tre Bicchieri.
Rappresenta lo 0,4 della produzione complessiva nazionale, ma la qualità, soprattutto dei bianchi, convince sempre più consumatori e sempre più al di fuori dei confini regionali. L'interesse diffuso per i vitigni autoctoni e il gusto attuale che predilezione sapidità e complessità aromatica piuttosto che dolcezza e frutto, fanno la fortuna di pigato e vermentino, rossese e ormeasco, bosco e albarola, fino a bianchetta genovese e lumassina.
Il riscontro c'è e interessa zone produttive, sia di nicchia, come le Cinque Terre, che più ampie, come i Colli di Luni o la Riviera Ligure di Ponente, e che riguarda anche, unico caso per i vini rossi, il Rossese di Dolceacqua; mentre ancora convincono poco altri rossi prodotti in tutta la regione.

Cinque Terre ’12 Samuele Heydi Bonanini 
Colli di Luni Vermentino Et. Nera ’12 Cantine Lunae Bosoni 
Colli di Luni Vermentino Il Maggiore ’12 Ottaviano Lambruschi 
Riviera Ligure di Ponente Pigato ’12 Maria Donata Bianchi 
Riviera Ligure di Ponente Pigato Cycnus ’12 Poggio dei Gorleri 
Riviera Ligure di Ponente Pigato U Baccan ’11 Bruna 
Rossese di Dolceacqua ’12 Terre Bianche