A Roma, a febbraio, due sono gli appuntamenti fissi: quello con il freddo intenso e quello con i vignaioli naturali di Tiziana Gallo che con questa arriva alla settima edizione.
Come lo scorso anno siamo sempre al The Westin Excelsior Rome di via Veneto, cuore di quella che fu la "dolce vita" romana che questo fine settimana si è trasformata in un raduno di appassionati di vino e vignaioli naturali che, racchiusi tra le braccia di due sfarzose stanze, per alcuni anche troppo, hanno saziato la sete (fortunatamente per Tiziana) di tante persone.
Rispetto alle precedenti edizioni ci sono tante conferme e tanti volti nuovi, tutti potenzialmente interessanti anche se, come spesso mi accade, è francamente impossibile passare da tutti nell'arco di poche ore che scorrono via inesorabili tanto che il programma che ti eri fatto viene inesorabilmente sconfessato grazie anche alle tante chiacchere tra amici che stemperano, fortunatamente, l'ansia da prestazione del degustatore che è in me.
Basta tergiversare, veniamo al sodo. Tra i vini bianchi sono andato subito a botta sicura da due produttori che erano fianco a fianco: Ciro Picariello e I Clivi. Il primo va ricordato oltre che per il suo promettente Fiano di Avellino 2013, per ora meglio in bocca dove regala finezza e persistenza, anche per il suo Greco di Tufo da vigne prese in affitto da due anni e che solo ora, grazie alla mano di Ciro, stanno producendo uve all'altezza del vino che meritano.
Faccio un centimetro e mi sposto in Friuli da I Clivi che, come al solito, hanno una batteria di bianchi spettacolare dove svetta, a mio giudizio, un Brazan 2012 da urlo grazie alla sua esuberante mineralità, quasi sassosa, che al sorso si accompagna ad una persistenza quasi infinita. Ah, era presente anche una bottiglia di Brazan 2001 sui cui non esprimerei giudizi per non andare troppo fuori scala...
Tra gli altri bianchi da segnalare la garganega di Giovanni Menti che, per l'occasione, sfoggiava la t-shirt con scritto il suo credo aziendale: Vino Volutamente Declassato. Il suo Riva Arsiglia 2013, il suo cru di garganega, è davvero profondo e tira fuori tutto il territorio da cui proviene.
Non ho fatto in tempo a passar da loro ma mi dicono che, come al solito, i vini di Zidarich, Terpin e la selezione Sarfati erano tutti in splendida forma.
I rosati in degustazione non erano tantissimi ma, su tutti, è svettato il Cerasuolo d'Abruzzo "Le Cince" 2013 di De Fermo che mi ha davvero emozionato con i suoi profumi floreali e la sua beva terribilmente compulsiva. Stefano anno dopo anno migliora e, anche grazie ai suoi maestri, non può che diventare un nuovo punto (De) Fermo nel suo territorio. Giuro che questa non le sa sono preparata. P.S.: attenzione anche ai suoi bianchi a base chardonnay e pecorino e, ovviamente, al suo Montepulciano d'Abruzzo dal carattere intenso e minerale.
Tra i tanti vini rossi degustati, alcuni improponibili, le solite certezze vengono, come spesso accade, dai "soliti noti". Vogliamo parlare di ARPEPE? Isabella Pelizzatti Perego come sempre ha portato a Roma tutta la qualità del suo territorio rappresentata non solo dal grande Rocce Rosse 2002 ma anche, e soprattutto, dai vari Grumello "Rocca de Piro", Sassella "Stella Retica" ed Inferno "Fiamme Antiche" i quali, ognuno con le sue caratteristiche, forniscono luce abbagliante al panorama vitivinicolo della Valtellina.
Altre solite note sono Dora e Patrizia di Poderi Sanguineto che assieme a poche altre aziende di Montepulciano, stanno riscrivendo la storia del Nobile che spesso e volentieri così aristocratico non è stato. Degustate, se la trovate ancora, la loro Riserva 2011 e poi confrontatevi con gli altri Nobile di Montepulciano pari annata. Cambierete idea sul concetto di eleganza legata al prugnolo gentile.
Anche sul Boca delle sorelle Conti (Castello Conti) c'è ben poco da aggiungere se non che l'annata 2010 ha regalato un vino meno ricco ma più seducente rispetto alla precedente annata. Anche in questo caso, se già non lo avete fatto, il mio consiglio è quello di mettervi in cantina una bella cassa che andrà rigorosamente aperta tra almeno 5 anni.
Sempre in tema di classe e stile non posso non segnalare Stella di Campalto che col suo Brunello Riserva 2009, dal colore #ammericanograzie, ha regalato ai fortunati che sono riusciti a berlo un piccolo momento di contemplazione.
Il giro dei rossi prosegue facendo tappa dai Grifalco, che sfoggia come sempre una batteria di Aglianico del Vulture davvero interessante, e termina davanti a due "laziali" ovvero Damiano Ciolli e San Giovenale.
Il mio debole per il primo ormai è cosa nota così come è una certezza il Cirsium 2010 (100% cesanese di affile da unico vigneto di un ettaro) che, assaggio dopo assaggio, mi convince del suo essere una delle migliori espressioni di vino rosso prodotto nel Lazio, e non solo, degli ultimi 10 anni. Attenzione anche al Silene 2013, degustato in anteprima, che potrebbe rappresentare un'altra sorpresa per il futuro. Damiano è contentissimo di questa annata e, sempre sottovoce, mi confessa anche che il Cirsium......
Di San Giovenale e del suo Habemus avevo scritto tempo fa sul blog un piccolo articolo che terminava con un punto interrogativo circa il futuro di questa giovane azienda e del suo unico vino. Se, così come è accaduto, l'Habemus 2011 ha spiazzato più di qualche critico a causa della sua arrogante ostentazione strutturale, con l'annata 2012 i detrattori dovranno necessariamente ricredersi. Il motivo? Semplice, Emanuele Pangrazi e tutto il suo staff sembrano aver trovato prima del solito la quadratura del cerchio dando vita ad un vino maestoso ma, al tempo stesso, straordinariamente equilibrato in ogni componente. Qualcuno molto più bravo di me lo ha già premiato all'interno della guida AIS e, a posteriori, non posso che applaudire la scelta.
Come al solito le ultime righe le dedico a ringraziare Tiziana Gallo e tutto il suo staff che ha curato come al solito una organizzazione perfetta. Al prossimo anno!